Lui & Lei

Agnese


di grossacappella1975
16.05.2009    |    23.260    |    1 7.8
"" "No! Fermo! Hai sbagliato! Dovevi contare tre!", "L'ho fatto! Sono stato forse troppo veloce?" "Sì" E via di questo..."
Questo è il mio primo racconto di semi-fantasia. Infatti si basa su persone reali che conosco e incontro tutti i giorni. Non ho cambiato i nomi. Primo perché non credo sia necessario, secondo perché...beh se lo scoprono visto mai che non si passi dalla fantasia alla realtà.
Spero vi piaccia.

Nel coro della chiesa della mia parrocchia, canta Agnese. Trentanni, alta un metro e 30, un po' cicciottella. Nel suo viso, rotondo e paffutello, rimane ancora traccia della bimba che fu.
In un certo senso, questo le dona una bellezza strana, eterea: è matura ma non lo sembra.
Purtroppo questa maturità, viene messa in forte dubbio dal suo modo di esprimersi, sembra una sciocca, una bimba invecchiata solo esteriormente.
Io non vado spesso in chiesa, ma quella figura femminile mi ha intrigato da un po' di tempo. Tanto che pure io ho iniziato a frequentare il coro.
Non ho una bella voce, sono un basso naturale; ha detto la responsabile Tosca, una quarantenne separata e tutta curve. Tosca, il nome adatto per una soprano che dirige un coro, anche se è quello di una piccola chiesa di periferia.

Comunque Agnese è la mia preda, quella che mi voglio scopare, quella che voglio veder nuda e leccare, baciare, stringere e sborrare. Me la immagino alle prese con la mia grossa cappella mentre mi fa un pompino, chissà poi se sa cos'è e se riesce a farli, oppure me la immagino a gambe oscenamente aperte con la figa pelosa mentre brama il mio cazzo. Troppo grosso per la sua piccola fica.

Una sera dopo le ennesime prove, e dopo il solito caziatone di Tosca, che capisce benissimo che non mi applico, Agnese mi si accosta e con la sua vocina mi fa: " ma non ti alleni a casa?", io falso come Giuda "sì che mi alleno, ma una cosa è cantare da soli, un'altra è in coro. Finisco col seguire gli altri e mi perdo". In realtà non sapevo neppure io cosa dicevo.
"Se vuoi", mi fa lei accendendosi come deve aver fatto il buon Samaritano della omonima parabola, " Se vuoi, ti posso aiutare io! Studiamo assieme". Il cazzo m'era già diventato duro, e forse per la mancanza di sangue al cervello risposi secco "Sabato, alle due, da te?". La risposta fu affermativa.

Sabato, arrivò più lentamente del previsto. Per tutta le settimana, immaginandomi chissà cosa, non conclusi mai la sega con la sborrata. Arrivavo sul punto, sentivo la sborra quasi risalire dalla palle, ma li mi fermavo. Volevo sborrare con Agnese e farlo in modo copioso, la sognavo con la faccia imbrattata completamente dalla mia sborra.
Alle due precise ero a casa sua, mi aprì sua madre; la mandai in malora mentalmente. Il fatto che fosse a casa rovinava tutti i miei piani, se mai ne avessi avuti.

Agnese sbuca subito. Aveva una tuta da ginnastica, che la rendeva simile ad un fagotto. Ogni desiderio sparì.
Iniziammo a studiare le parti.
"Santa madre che voi fate...", "che le pia..."
"No! Fermo! Hai sbagliato! Dovevi contare tre!", "L'ho fatto! Sono stato forse troppo veloce?"
"Sì"
E via di questo passo per almeno un'ora.
"Ragazzi, noi andiamo a fare un giro. Comportatevi bene".
"Certo mamma", cinguetto Agnese, "Arrivederci", risposi io con una voce roca per lo sforzo.
Schiarii la voce e dissi "Facciamo pausa? Ho sete".

In cucina, Agnese mi verso un bicchiere d'acqua, "Non ho altro, spero vada bene". Lo bevvi con gusto, leniva la mia gola riarsa.
"Posso chiederti una cosa?", "Certo" annuisco io.
"Hai mai avuto una ragazza?", la domanda mi fa ricordare perché ero lì. "Sì, l'ho avuta, ma come mai questa domanda?".
"Così, per curiosità!" e sorride mostrando i dentini bianco perla. " Tu, sei mai stata con un ragazzo?" chiedo io con un voluto doppio senso.
"No, non ho ancora trovato quello giusto", arrossisce. "Quindi sei ancora vergine!" ribatto sperando in un sussulto, in un qualcosa che mi permetta di arrivare al punto.
"Ma cosa dici...", la guardo "Almeno avrai bacio qualcuno!", ben sapendo che la risposta sarebbe stata negativa.
"Beeee...ecco...mio cugino una volta", "Ancora con la scusa del cugino? Ma chi ci crede ancora!" la canzono io.
"No, no è vero!", "Se è vero dimostralo!" la sfido sorridendo.
"E come?", "Baciami!"

Finisco appena la frase che me la ritrovo accanto con gli occhi chiusi.
E' molto più bassa di me, mi devo piegare, raggiungo quella bocca piccolina, stringo quel corpo piccino al mio.
Il mio cazzo è gonfio e preme contro il suo stomaco, con una mano cerco le sue tettine. Son più grosse di quanto credessi, sento i suoi capezzoli duri nel palmo della mia mano.
Il bacio, non dura molto, la mia lingua trova sempre i suoi denti.
"Wow che bacio! E' stato fantastico", da questo capisco che deve essere il suo primo. "Beh, insomma" faccio io "se tu aprivi la bocca sarebbe stato anche meglio!".
Il mio cazzo è sempre contro di lei e la mia mano è sempre sulla sua tetta. Richiude gli occhi. La bocca è aperta.

Faccio scivolare la mano sotto la maglia della tuta. La sua pelle è liscissima, calda e tenera sotto le mie dita bramose del suo corpo. Arrivo presto alle tette, libere da ogni reggiseno. Afferro la maglia con entrambe le mani e la sollevo mentre continuo a baciarla:
"Questa la leviamo", non dice nulla, mi guarda un po' impaurita.
"Tranquilla, non farò nulla se tu non vuoi", butto li questa frase per tranquillizzarla ma credo che arrivato a quel punto giocherei il tutto per tutto. Ho troppa voglia della sua fica.
"Andiamo in camera è meglio!", "Va bene Agnese, basta che non cantiamo ancora!"
"Non ne ho più voglia, voglio che tu continui a baciarmi come hai fatto ora. Sento un calore che mi piace".

In camera continuammo a baciarci per minuti, lei con le sue tettine al vento, io ancora completamente vestito. Le sue ascelle pelose mi facevano sperare che anche la fica lo sia.
"Come va il caldo?" chiesi tra un bacio e un altro "Aumenta!".
"Se aumenta...allora togliamo anche queste", i pantaloni della tuta vennero via senza problemi, "E tu? Non ti spogli?" mi chiese con una voce che sembrava improvvisamente più matura.
Mi sbottonai la camicia mentre continuavo a baciarla. I polsini li aprii con la lingua sui suoi capezzoli.
Inizia ad aprirmi i pantaloni che baciavo il suo ventre. Una piccola pancia ben tornita che si muoveva ritmicamente. Il calore della sua fica mi bruciava nel petto.
"Ti prego fermati", "Agnese non aver paura, mi hai chiesto se mi spogliavo e farò solo quello", alla fine della frase i miei coglioni e il mio cazzo erano esposti alla luce del sole.

Mi sedetti vicino a lei e la tirai su ricominciando a baciarla.
Pian piano presi una sua manina e la portai sul mio cazzo "Segami. Fammi sborrare" le chiesi senza pietà. "Non l'ho mai fatto, ma com'è grosso" replicò con gli occhi fissi sul mio cazzo. Forse il primo che vedeva.
La presi per la mano e la aiutai a segarmi.
Iniziai io il movimento. Imparò subito.
Ogni tanto dava un colpo più forte e lo scappellava del tutto.
"Ti piace la mia cappella?", "Come?" disse lei. Credetti non mi avesse sentito "La punta del cazzo, la cappella, ti piace la mia?", "Ah si chiama così?" fu tutto quello che disse scappellandolo un'altra volta. "Com'è rossa e grossa!", "Assaggiala Agnese! Fammi un pompino!" si chinò verso il mio cazzo ed istintivamente lo lecco.
La sua linguetta ruvida mi fece venire i brividi. Non mi apsettavo da lei un gesto così naturale.
Non si stacco più dal mio cazzo. Continuava a leccarlo come l'avesse sempre fatto. O come l'avesse sempre desiderato.

"Metti la cappella in bocca e succhia un po'!" le ordinai. Per farlo si sporse un po' in avanti, il suo culo era a portata di mano. Cellulitico della consistenza del burro. Non era certamente bello, ma in quel momento mi sembrò armonioso. L'accarezzai e infilai una mano nelle sue mutandine.
La sua bocca abbandonò subito il mio cazzo. Con la mano continua a stringerlo e riprese a segarmi: "Ma che fai?", mi chiese forse impaurita che volessi infilarle qualcosa nel culo, "Ora sei tu quella troppo vestita. Pensavo che potevi toglierle". Mi sorrise, si staccò da me, scese dal letto e le tolse senza timore.

Mi apparve la sua fica. Un cespo di pelo nero, arruffato e bagnato. La mutande a terra erano pregne dei sui umori. "Ti piaccio?" mi richise con la solita voce da bambina, le risposi con un sorriso e tendendogli le mani. Il calore del suo corpo mi raggiunse subito. La sa carne contro la mia. Mentre la baciavo scesi con la mano verso la sua fica. Spalancò le gambe, non mi fermò.

"Sì, toccami, ne ho voglia" disse mordendosi un po' il labbro. Il massaggio della mia mano le piaceva e i suoi umori grondavano copiosi e densi.
"Agnese, posso?" gli chiesi spingendo un dito dentro di lei. Non so perché lo feci, ma il chiederlo mi venne naturale. La trovai più aperta di quanto credessi. Due dita entravano senza problemi e tre richiesero solo un po' più di pressione.
"Sì, mettimi le dita dentro, non ti preoccupare non sono vergine". A queste parole il cazzo sussultò reclamando l'attenzione che gli era mancata in questi attimi. "Con chi hai scopato?" gli chiesi incredulo e voglioso. "Con carote, cetrioli e melanzane" mi derise lei. Chissà se diceva la verità, ma sicuramente quella fica era stata già visitata da un grosso ortaggio.

Mi alzai e mi misi con la testa tra le sue gambe. Il buco della sua fica era enorme per le dimensioni dl suo corpicino, anche la mia cappella sarebbe entrata senza problemi. Mi limitai a leccarla non avendo condom con me.
Il suo sapore migliorava ad ogni leccata, lei si mordeva le labbra o le dita.
"Godi Agnese. Godi e grida"
A queste parole esplose in un "Sì, cazzo! Sto godendo porco d..." e finì la frase con una bestemmia che detta da lei mi eccitò ancora di più.
"Dammi la tua sborra! Dammi la tua sborra!" mi incitò.
Come incantato da questo richiamo mi alzai e precipitai il mio cazzo sul suo viso. Mi segai furiosamente "La vuoi? La vuoi sul viso?" gridai.
"Sì, sbiancami il viso, dio ca..." nel momento in cui finiva la seconda bestemmia il primo fiotto della mia sborra si schiantava sul suo visino.

Ci distendemmo ansimanti uno vicino all'altro. "Agnese, mi fischiano le orecchie", "Anche a me. Ha un buon gusto il tuo...", non finì la frase. Era ritornata la pudica di prima.
"Mi spiace che non abbiamo scopato, ma sai senza preservativo, non mi sono fidato", "Sarà per la prossima volta" rispose con un sorriso baciandomi e impiastricciandomi con la mia stessa sborra.
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