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Lui & Lei

Dio del Peccato [Prologo]


di Membro VIP di Annunci69.it ConteMax1968
20.01.2016    |    3.455    |    1 6.8
"Mi alzai dalla scrivania e spensi il computer, per quella giornata poteva bastare..."
Stanco, non ne potevo più di questi ritmi forsennati, il lavoro mi stava distogliendo da ogni mio piacere, ormai le scorribande notturne, gli aperitivi e gli incontri casuali erano unblontano ricordo. Mi alzai dalla scrivania e spensi il computer, per quella giornata poteva bastare.
Mi affrettai ad attraversare il piazzale salendo verso il parcheggio, il buio si avvolgeva intorno a me, mentre minuscole gocce di pioggia mi accompagnavano fino all'auto. Salii accendendomi una sigaretta, il suono cupo e sordo del motore si fece padrone del silenzio, la luce dei fanali squarciò la buia serata autunnale. Mi avviai con la testa ancora immersa nel lavoro, scesi la rampa e mi immisi sulla larga statale, diretto verso il centro della città.
Dovevo staccare, da troppo avevo represso i miei istinti, i miei divertimenti, le mie distrazioni.
Restavano solo sfocate immagini di quelle serate tra aperitivi e ristoranti con compagnie spesso discutibili e immorali, questa era la vita a cui mi ero opposto ma a cui madre natura mi aveva votato. A nulla serviva oppormi, avevo imparato con gli anni a reprimerne il richiamo ma non a dominarlo pienamente. E questa era una sera in cui il mio essere interiore stava affiorando prendendo il sopravvento sulla mia rigida volontà.
Ne sentivo il bisogno, era una necessità impellente, mi lasciai trasportare e ben presto la mente iniziò a focalizzarsi sull'esigenza di sfogare questa mia dannazione, a cui madre natura mi aveva condannato, disegnandone abilmente ogni minimo dettaglio, ogni letale supplizio.
Affondai il piede sull'acceleratore, il rombo sordo della cavalleria al passo divenne furia al galoppo, la velocità aumentava mentre l'adrenalina cresceva inesorabile in me.
Arrivai sul lungomare, parcheggiai al solito posto, e con rapidi passi mi diressi lungo il molo, alla ricerca di qualcosa che sapevo avrei trovato.
Lì, sulle panchine nel piazzale alla fine del molo, davo appuntamento a quelle che sarebbero state lo sfogo della mia natura, giovani e meno giovani donne in cerca di emozioni sopite dalla routine di noiosi fidanzamenti e monotoni matrimoni. No, non ero fatto per i lunghi legami, più brevi erano e più mi davano soddisfazione, nulla avrebbe mai potuto farmi cambiare idea, e la cosa mi piaceva oggi come negli anni passati.
Mi sedetti nel silenzio assoluto, rotto solo da un leggero fluttuare dell'acqua che si andava ad infrangere delicatamente sugli scafi delle barche ormeggiate. Mi guardai intorno, nessuno in vista, nessun orecchio indiscreto. Presi il cellulare e composi il numero, la sua voce rispose squillante, non poteva avere questo numero, ne cambiavo continuamente per sviare ogni possibile contatto indesiderato.
“Ciao, come stai?” nulla, istanti di silenzio, sapevo che ascoltava.
“Sono in città, ti va un aperitivo?”
“Bastardo, non posso, non voglio, sei sparito, non voglio sentirti e ancor meno incontrarti”
“Lo immaginavo ma sono qui, al solito posto, ruoli invertiti, sono io a cercare te, liberati e arriva o vengo a prenderti sotto casa, questo non piacerà a qualcuno…….”
“Figlio di puttana, non ti azzardare, so che lo faresti ma ti consiglio di non andare oltre”
La interruppi con voce decisa e ferma, tono irremovibile
“Smettila, sai come vedo le cose, inutile che ti incazzi e serbi rancore, gli accordi li sapevi fin dall'inizio, ci sono motivi che non capiresti per ciò che ho fatto. Preparati, esci, devo vederti, devo parlarti.”
“Dammi mezz'ora stronzo, arrivo”
Mi sedetti sulla panchina e mi accesi una sigaretta, ritornando con la mente a mesi indietro, quando Lucy era diventata più di un semplice gioco erotico, più di uno stupido orgasmo sessuale.
I nostri rari incontri serali in pochi mesi divennero abituali e fugaci unioni, a qualsiasi ora, in qualsiasi momento eravamo l'uno pronto ai desideri dell'altra.
Troppo oltre la mia regola numero uno, non potevo permettermelo, non avrebbe mai potuto resistere al mio fianco, nessuna donna poteva farlo, madre natura era stata generosa con me, ma allo stesso tempo maledettamente letale.
Mi alzai andandole incontro, si muoveva sinuosamente pronta a sferrare il suoa attacco, sapeva che per me poteva essere fatale. Si avvicinò fissandomi come se avesse visto un fantasm.
“Vedo che fare il bravo manager ti si addice, hai anche messo qualche chiletto”
“Le diete sai che non fanno per me, nemmeno sport e palestra”
“Sì, adesso raccontami che sei sparito perché hai troppo lavoro e non potevi gestire più il tuo giocattolo”
“No, sai bene che non mi voglio legare a nessuno, sai bene che è impossibile, e tu sei riuscita in tutto quello che nessuna donna è mai riuscita a fare”
“Pfui, mi hai solo usata per il tuo divertimento e quando hai trovato di meglio sei sparito come un vampiro all’alba. Scema io credendo di averti fatto mettere la testa a posto”
“Lucy, io….Non posso avere una donna al mio fianco, non posso vivere con una donna come te né con nessun’altra”
“Tutto qui quello che dovevi dire? Speravo in qualcosa di più convincente”
La fissai negli occhi forse anche troppo:
“So che non mi credi e mai mi crederai ma te lo farò capire, dammi solo il tempo di dimostrartelo e vedrai che capirai”
“Tempo…….No, non ho più tempo per te e per i tuoi segreti motivi, non ho intenzione di ascoltarti oltre”
Fece per girarmi le spalle ma la immobilizzai trascinandola a me, il cuore mi balzò in gola nell’istante in cui la toccai, eccitazione e adrenalina iniziarono a pulsarmi nelle vene colpendomi dritte come una fucilata, i suoi occhi nei miei, fissi, immobili.
Cercò di opporsi, sforzi inutili, era una donna almeno quindici centimetri più bassa di me e con una quarantina di chili in meno. La sua bocca era vicina alla mia, la sentivo ansimare per lo sforzo, ma capii subito che quello era uno sforzo involontario, la bocca era schiusa e senza alcun indugio, avvicinai le mie labbra alle sue, penetrandola senza pietà con la mia lingua.
La baciai come non avevo fatto mai, mi sentivo attratto e risucchiato dalla sua bocca, la mia già precaria forza di volontà lasciò spazio all’eccitazione del momento che causava in me quella donna.
Non era un’ammaliante fattucchiera, ma era la donna più sensuale ed erotica che avessi mai incontrato, quarant’anni passati, un corpo da far sgretolare di vergogna le statue di Adone e Venere del Canova, un matrimonio piatto ma che le consentiva una vita alquanto agiata e un marito che la teneva come un soprammobile tra un rientro e l’altro dai suoi viaggi d’affari.
Tra noi non c’era mai stata un’intesa particolarmente profonda finchè tra un incontro e l’altro non iniziammo a frequentarci scoprendo che non era solo per l’interesse reciproco dei nostri corpi che tutto funzionava. Nemmeno per quei soldi che mi lasciava dopo ogni amplesso, consumato spesso in ricche suite di lussuosi hotel. Mi attraeva quella donna come nessuna mai aveva fatto, in genere si servivano di me al massimo due volte poi se ne andavano anche grazie al mio tremendo modo di possederle e farle sentire degli oggetti utili al solo scopo di vuotare il mio sesso.
Con lei questo sistema non funzionò, divenne ben presto la mia cliente più assidua, sempre più affamata della mia carne, almeno questo era quello che credevo.
Era sempre stata fredda e distaccata, ai più sembrava acida e scontrosa, una donna austera che celava abilmente una perfetta amante, femmina e puttana ma non per questo esente da emozioni e sentimenti profondi. Me ne accorsi tardi, quando ormai, come abile incantatrice di serpenti, aveva sapientemente saputo riempire i miei freddi vuoti, colmandoli con un pensiero fisso, il suo, solo lei.
Dovetti così sparire, non potevo e non ero in grado di sostenere quel rapporto trasformato da occasionale ad un rapporto necessario, ne sentivo il bisogno così come sapevo che non avrei potuto sostenere una relazione del genere con qualsiasi donna.
Mi staccai da lei in preda all’eccitazione totale, la desideravo oltre ogni confine, questo lei lo sapeva e sapeva anche manipolarne gli effetti a suo piacimento.
“Andiamo a cena, parliamo”
“Come vuoi tu, ma non ritenerti perdonato per quello che hai fatto, non saranno un bacio e una cena a farmi perdonare”
Salimmo in auto, mi diressi fuori città, la mano destra stretta alla sua lungo tutto il tragitto mi trasmetteva calore interiore.
“Allora di che vuoi parlare?”
“Lucy, ho smesso di fare quello che facevo e mi sono dedicato al mio lavoro giorno e notte, ho cercato di non pensarti e di reprimere le mie voglie insistenti, eppure, a distanza di mesi, tu sei ancora dentro di me, una cosa impossibile, ma ci sei e non te ne sei mai andata. Ti chiamo e tu riappari”
“Pensavi che andandotene via così, sparendo, mi sarei dimenticata di te e delle nostre trasgressioni?....Sì, in parte, le trasgressioni erano solo il contorno a quello che ho sempre voluto con te in realtà”
“Non sono un uomo facile da amare, come puoi amare me?”
“In te ho trovato quello che non ho mai avuto, quello che non mi è mai stato concesso né permesso da nessun uomo, tu eri mio già prima che ti conoscessi, era destino scritto il nostro incontro, stava scritto”
“Lucy, tu non sai nulla o quasi di me, non sai chi sono né da dove vengo, sono capitato qui per caso e mi sono ricostruito una vita dopo averne buttate via almeno altre mille, credimi, non può essere come dici tu”
“Mille vite, non hai cinquant’anni e ne hai usate così tante?” si mise a ridere
“Ho molto più dell’età che dimostro”
“Non ti credo proprio…”
Arrivammo nel parcheggio del ristorante , scendemmo dalla macchina, la presi per mano e mi girai, sguardi incrociati non resistetti, la baciai nuovamente e staccando leggermente le labbra le sussurrai poche parole.
“Tu coinvolgi il mio istinto, i miei sensi, la mia mente e la mia cultura, sei il mio profumo, la parola in più, la parola in meno, la mano che mi sfiora, l’ombra più scura tra le ombre bianche.
Tu sei ancora qui con me con la mia passione, il mio desiderio, il mio erotismo”
Allargò le gambe e la mia mano inizio a toccarla, affamata del suo sesso, in cerca di quel piacere che solo i suoi aromi sapevano darmi. Scostai leggermente le mutandine e la penetrai con le dita, era bagnata e la sentivo rilasciare umori che riempivano la mia mano. Gli occhi erano fissi e in lei leggevo il desiderio di avermi completamente. D’improvviso tolsi le dita.
“Basta, questo non è il posto per soddisfare i nostri desideri”
Notai una nota di stizza nel suo sguardo, ma così decisi, riluttante ma non sconfitta mi strinse a se e ci incamminammo verso l’ingresso del ristorante.
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