Racconti Erotici > Lui & Lei > Il satiro
Lui & Lei

Il satiro


di crowley71
16.05.2016    |    7.603    |    0 8.3
"L’ambientazione e i personaggi di questo breve racconto si ispirano proprio a quell’affascinante antichità: ci troviamo in un bosco vicino a quella che oggi è..."
Ci raccontano le leggende mitologiche dell’antichità classica romana e greca di fantastiche creature, esseri mitologici che popolavano i boschi ma soprattutto la fantasia di scrittori di quell’epoca. Non solo gli scrittori, ma anche cantori ambulanti, attori di teatro classico e tradizioni orali hanno fatto arrivare fino a noi le gesta dei personaggi di quel mondo.
L’ambientazione e i personaggi di questo breve racconto si ispirano proprio a quell’affascinante antichità: ci troviamo in un bosco vicino a quella che oggi è Roma. Ipazia era una vestale della dea Diana, votata alla castità e al servizio della dea; viveva nelle vicinanze di un grande tempio immerso nel verde e come ogni giorno, con una grande anfora, andava alla fonte per prendere l’acqua: aveva indosso una bianca tunica di lino e ai piedi un paio di calzari. Camminava nell’erba bassa e fresca di una tiepida mattina di primavera. Mancava poco ad arrivare alla fonte: l’erba era già più umida: Ipazia si sfila i calzari e cammina a piedi nudi nell’erba. Un cespuglio si muove: Ipazia si guarda intorno un poco timorosa…
«Finalmente: aspettavo questo momento da molte lune»
«Chi sei?» chiese spaventata Ipazia
«Non aver paura, non ti voglio fare del male, sono Scamandro, un satiro, volevo solo ammirare la tua bellezza: ora posso tornarmene nei boschi» Detto ciò, il satiro dai piedi caprini corse nel bosco sparendo dalla vista di Ipazia.
Un po’ turbata dall’incontro, Ipazia andò alla fonte, prese l’acqua e si incamminò verso il tempio.
Il giorno seguente Ipazia andò ancora alla fonte: il satiro non c’era.
Pensò di aver sognato e si incamminò verso il tempio.
Mentre si incamminava, ecco muoversi le foglie e il cespuglio: il satiro era lì e guardava Ipazia.
Tra i due uno sguardo: Ipazia era un po’ spaventata da quella figura, mezzo uomo e mezzo capra e soprattutto la spaventava un particolare anatomico… l’enorme pene del satiro.
Questa era un'altra caratteristica che caratterizzava queste creature.
«Non temere Ipazia, non ti voglio fare male: siediti qui accanto a me»
Ipazia si sedette nell’erba accanto a Scamandro.
«Tu vivi qui nei boschi? E mi hai notata da molto tempo?» chiese Ipazia. Scamandro risposse: «Si, vivo qui nei boschi intorno al villaggio da molti anni: i miei occhi hanno visto tante ragazze e donne scappare via terrorizzate alla mia vista. Sono così diverso dagli uomini ma solo come forma fisica. Il mio animo è sensibile e…»
«Non serve che tu aggiunga altro» disse Ipazia «Io l’ho capito subito… La tua sensibilità ti rende bello ai miei occhi, sebbene la tua parte animale mi spaventi un po’»
Al che Scamandro prese la mano di Ipazia, la baciò e le disse: «E’ vero, ho una parte animale… visibilmente animale: a differenza di molti umani che hanno la parte animale non visibile, ma a volte lo sono più di me». A sentire queste parole Ipazia rimase stupita: ma quanto erano vere quelle parole? Come aveva fatto quella creatura a toccarle così l’anima e il cuore da farle dimenticare il voto di castità delle vestali? E soprattutto, come poteva lei, vergine e timida, fare ciò che stava per fare… con un essere mezzo animale? Ipazia guardò in viso Scamandro e la sua mano si portò verso l’enorme pene del satiro. Iniziò un movimento lento e delicato… il satiro guardava Ipazia e, stupito, si godeva quell’attimo piacevole mugolando. La mano di Ipazia continuava quel dolce movimento portando il satiro al culmine del piacere.
Era davvero enorme quel membro quasi animale.
Ipazia lasciò la mano, si alzò in piedi spogliandosi della candida tunica rimanendo nuda davanti a Scamandro.
Scamandro, con entrambe le mani, prese i piccoli seni di Ipazia portandone uno alla bocca iniziando a leccarne il capezzolo.
In quell’attimo Ipazia guardò Scamandro, distendendosi nell’erba soffice e umida con le gambe aperte: «Dai Scamandro… leccami! Dissetati alla mia dolce fonte». Il satiro guarda Ipazia, le bacia i piedi e le gambe portandosi verso quella bellissima vagina vergine.
Qualche leccata a quel dolce fiore poi Ipazia: «Dai Scamandro, fammi tua… voglio sentirti dentro»
A quelle parole, Scamandro guardò Ipazia e le disse: «No Ipazia, tu sei vestale e vergine. Sarebbe un’unione non umana ma bestiale. Nulla abbiamo in comune se non l’aver unito per qualche attimo due solitudini. Torna alla tua vita nel tempio e io tornerò nei boschi. E’ stato un incontro meraviglioso che continuerà a vivere nella nostra memoria per sempre: unire le nostre vite sarebbe impossibile». Detto questo, Scamandro fuggì nei boschi: non si videro più. Ipazia tornò al tempio, senza poter dimenticare quel satiro così umano.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 8.3
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Il satiro:

Altri Racconti Erotici in Lui & Lei:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni