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Lui & Lei

In ospedale


di mezzasuora
18.09.2012    |    33.614    |    3 7.6
"E’ più forte di me, è la mia figa che comanda, che obnubila la mia mente..."
Ecchecazzo! Sono in camera da letto, ho caldo. Le mie ghiandole sudoripare sono in piena attività. Stringo un lembo del lenzuolo per sfogare il nervoso da inattività ospedaliera. Mi piace il cotone, ruvido e morbido allo stesso tempo. Con la mano destra scendo a sfiorare il cerotto enorme che copre la ferita del taglio cesareo. Cesareo, cazzo, quante volte in questi giorni l’ho sentito pronunciare “cesario” o “cisario”? Odio l’ignoranza in tutte le sue forme.
Sono le 2 dopo mezzanotte, sono ancora coricata e non sopporto più la mia compagna di stanza. Sta russando come un boscaiolo canadese. Non si direbbe che è un’insegnante di liceo quarantenne e neomamma. Dal corridoio non giungono rumori. C’è una pace indicibile. Nessun neonato piange, sembra che tra questi muri ci sia etere al posto dell’aria.
La porta della stanza è socchiusa. Io e la mia compagna di stanza siamo nel buio totale. Dall’anta che sfiora il telaio della porta giunge un filo sottile di luce. Cerco di intravedere nel buio il viso delicato di mio figlio Matteo, ma non riesco. Non voglio accendere la luce per non svegliare il mio piccolo, la mia compagna russante e la sua Vanessa. Voglio essere gentile, non voglio stuprare le loro palpebre con il barlume bianco giallognolo che la luce delle lampade al neon accese creerebbe, violentando lo scuro sfondo dato dal buio.
Cosa mi tiene sveglia? Quel diavolo che si è impossessato di me da tempi remoti. Devo fare sesso, ho una voglia incredibile di sentire un bel cazzo penetrarmi e di godere delle di lui movenze e forme. Ma sono nel regno della figa inattiva, reparto di ostetricia dell’ospedale. Come posso fare? Ho voglia di scopare e qui è impossibile!
Allungo le braccia per afferrare il triangolo di acciaio per sollevarmi. Ha un nome questo aggeggio? Mi metto seduta e il mio corpo mi omaggia con un’intensa fitta di dolore all’utero. Forse non potrò arrampicarmi per le grondaie o scavalcare ringhiere con la mia agilità di gazzella, ma riesco a mettermi in piedi in modo stabile e a muovere qualche passo. La volontà prende il sopravvento sulla necessità e riesco ad uscire dalla stanza. Apro la porta e la luce delle lampade al neon mi violenta gli occhi. Come un pipistrello mi ero piacevolmente abituata al buio. Faccio qualche passo nel corridoio… Chissà se c’è un ginecologo di turno che non si deve rendere reperibile e con una gran voglia di infilare il suo speculum di carne nelle mie viscere? In questi giorni, a parte i papini su di giri per la nascita delle loro creature, ho visto solo donne: ostetriche, operatrici socio sanitarie, infermiere, dottoresse… Uomini 0. Quindi passività sessuale per la mia amichetta… Niente che mi ispiri un po’ di voglie libidinose. Beh, questa mattina l’ostetrica ha lavato la figa alla mia compagna di stanza ed, essendo lei di fronte a me, ho potuto ammirare per quel poco che riuscivo a intravedere le sue grandi labbra e un accenno di ano. Ma non sono lesbica e questo è stato l’unico accenno al sesso. Ma io ho voglia, e tanta…
Faccio qualche faticoso passo, si, riesco. Non posso fare una maratona di 40 km, ma un giro riesco a farlo senza tanti (?) problemi (che la mia mente bacata inizia a crearsi: e se cadessi? E se mi si riaprisse la ferita? E se l’ammasso di miei organi si spaparanzasse sul pavimento uscendo dalla ferita aperta?). Mi avvicino al bagno ed entro nella toilette più vicina. Apro il rubinetto e mi lavo le mani. Bevo un goccio di acqua e poi mi allontano. Rieccomi nel corridoio. Mi siedo su una seggiola. La mia camicia da notte è corta, da seduta il bordo si solleva esageratamente e si intravede un angolo di slip. E di enorme assorbente.
Ad un tratto lo vedo… Un uomo sui 45 anni esce da una camera da letto e si avvicina alla porta di uscita ed a me. Mi passa vicino e si ferma.
-Cosa fa lei qui tutta sola?-, mi chiede.
Lo guardo bene prima di rispondere: capelli biondi screziati di grigio, occhi azzurri e stanchi, un sorriso veramente affascinante… Una ruga appena accennata sulla fronte e quelle fossette ai lati, tra bocca e guance… Almeno lui ha le rughe al posto giusto. Le mie uniche rughette sono ai lati del naso e mi fanno sembrare ad un macaco. Molto carino il dipendonato Ma è l’astinenza coatta che ragiona per me?
- Lei è un medico?-, gli domando.
- Lo sa che è maleducazione, estrema maleducazione, rispondere a una domanda con un’altra domanda?-, ribatte.
- Allora perché mi risponde con un’altra domanda?-, rispondo piccata.
- No, non sono un medico. Mia moglie ha partorito oggi pomeriggio e sono rimasto qui con lei per starle accanto nelle prime ore posto partum. Come mai qui sola? Si è persa?-, mi chiede.
Sollevo leggermente il bordo della camicia e divarico le gambe. E’ più forte di me, è la mia figa che comanda, che obnubila la mia mente.
- Mi stavo annoiando nella mia stanza. Fa un caldo insopportabile e la mia compagna russa come un minatore sudamericano. –
- Ha partorito?-, chiede lui.
- Chi?-
- Lei!-
- Lei chi?-
- Tu!-
Pietà, qui non si riesce a comunicare. Mi sembra un dialogo tra imbecilli. Mi metto in piedi e, incurante di essere vista, sollevo la camicia da notte.
- Taglio cesareo-, esclamo.
- Wow… Mia moglie ha scelto quello naturale, lo spontaneo. Posso toccare il cerotto?-, mi chiede.
C’è o ci fa?
Con due dita sposta l’elastico dei miei slip e guarda in direzione della mia figa depilata da un’ostetrica ieri prima del taglio cesareo.
- Cosa guardi?- chiedo eccitata all’idea.
- Una fighetta che potrebbe fare grandi cose invece viene lasciata lì bellamente a cazzeggiare.-
Divarico le gambe e lui ha rapido accesso alle mie oscenità. Lo sento penetrarmi con due dita, poi inizia a muoverle lentamente come se avesse due piccoli pistoni. Che meraviglia! Mi bagno tutta… Inizia a titillarmi il clitoride. Avvicino la mia mano alla sua patta e gli calo la zip. Faccio uscire dai suoi boxer il suo beagle (il suo pene. Dopo che ho partorito, ho slanci fantasiosi sull’uso di peni umani nella sperimentazione farmaceutica al posto dei cagnolini di Green Hill). Lo porto in bocca e inizio a sfiorarlo con le labbra. Lo lecco dall’attaccatura al glande. Per sua fortuna, la mia lingua non è troppo ruvida oggi. Con una mossa di bacino, allontana dalle mie labbra il suo bel pene. Mi prende per i polsi e mi mette contro il muro. Sento il freddo contro i seni. Lui solleva la mia camicia da notte e mi penetra. Come se fossi leggera come una piuma, sbatto contro il muro. Il suo beagle mi trafigge e lui inizia a muoversi. Sento il suo fiato lungo il collo, caldo e umido. Si muove dentro di me. Riesco a infilare tra il mio corpo e il muro il mio braccio e con la mano mi titillo il clitoride. Sento l’orgasmo arrivare violento. Le pareti della mia vagina strizzano il suo pene e lo sento aumentare la foga nel penetrarmi. Lui eiacula con forza. Io mi sento svenire di piacere. In tutto questo tempo non ci siamo detti una parola.
Avvicina le sue mani alle mie tette e le prende. Le avvicina e dai capezzoli esce del latte.
- Wow, che roba! Che ben di Dio!-, dice, portando il palmo della mano contro i pantaloni e pulendosi velocemente. –Hai due tette da urlo!-
- No, aspetta. Cosa vuoi fare?-, chiedo.
Si china di fronte a me e inizia a succhiare il capezzolo destro. Le sue mani forti mi bloccano le braccia parallelamente al mio corpo. E’ una sensazione strana, innaturale. Il mio latte è destinato a un'unica persona, al mio fagottino Matteo. Strano, ho un moto di avversione verso quell’uomo. Di cui non so neanche il nome.
Scappo di corsa dalla sua presa. Corro in camera sbattendo la porta. Ora so che il mio bimbo dolce e paffuto viene prima di ogni altra cosa. Anche degli uomini e del loro pene.
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