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Lui & Lei

L'ANZIANA AMICA DI MAMMA.


di RedTales
25.03.2015    |    67.249    |    6 9.8
"Quando, esausto, uscì e le si sdraiò accanto, le mani di Michela si impossessarono nuovamente dei suoi genitali che erano ancora perfettamente pronti all'uso..."
Era quasi un mese che Stefano passava qualche ora a casa di Michela, l'anziana amica di sua madre che, per un problema al braccio destro, era in difficoltà con l'uso dello stesso. Era stata la mamma a chiedergli se poteva dare letteralmente una mano e lui, considerando che le lezioni del primo anno di Università non erano così impegnative, aveva accettato. Ormai conosceva bene la casa e le abitudini della signora, o almeno così credeva. Lei lo aveva colpito fin dal primo momento. Le era sembrata una donna cordiale ma al tempo stesso decisa e giovanile nell'aspetto. Saranno stati i lunghi capelli biondi o il fisico asciutto e in forma o il dolce sorriso, ma si era trovato subito a suo agio alla sua presenza, nonostante i più di cinquant'anni di differenza.
Non sempre, ma quando lui era li, lei gli chiedeva di svolgere piccole faccende domestiche che il difficile uso del braccio destro le impedivano di fare come avrebbe voluto. Perlopiù chiacchieravano di tante cose, alcune legate al vissuto del ragazzo, altre a quello di Michela. Un giorno le chiese di portarla al supermercato perché, in mattinata, con la signora che la seguiva per le faccende domestiche, si era dimenticata di acquistare alcuni prodotti. Dopo pochi chilometri, girando la testa per interloquire con la sua passeggera, si accorse che, accavallando le gambe, aveva fatto aprire lo spacco della gonna e, al suo fianco, svettava una maliziosa calza a rete nera che l'occhio non si lasciò sfuggire.
Per il resto del tragitto cercò di guardare solo la strada, ma proprio non riusciva a non fissare, con la coda dell'occhio quella gamba, sentendosi quasi in imbarazzo. Arrivati a destinazione fu quasi sollevato e, tra le corsie, si dimenticò persino della cosa.
Terminate le spese, mentre lui finiva di scaricare il carrello, lei si sedette e, quando entrò, fu quasi colpito da lei che, sempre con le gambe accavallate, era scoperta fin a metà coscia. Si sedette un po' rigido e guidò sempre con gli occhi dritti davanti a se pur non perdendo mai di vista parte della sua vicina perché, anche senza volerlo, lo sguardo correva sempre li. Pensò che, per i suoi anni, era veramente giovanile nel vestire e nel modo di porsi e che le gambe non erano niente male...
Per altri giorni tutto passò come sempre, anzi, meglio, perché il problema muscolare si stava risolvendo e la funzionalità del braccio, giorno dopo giorno stava riprendendo la sua normalità.
Una mattina Michela lo chiamò per chiedergli se poteva aiutarla perché doveva andare a pranzo con delle amiche ma, non riuscendo ancora a guidare, aveva bisogno di un autista sia all'andata che al ritorno. Accettò di buon grado e fu sollevato nel vedere che la gonna non aveva spacchi e, una volta seduta saliva solo leggermente sopra il ginocchio. Inoltre le calze erano nere ma non a rete. Nel tardo pomeriggio lo richiamò perché passasse a prenderla e lui, in breve, la riportò a casa. Cominciò a raccontargli le ore trascorse con le amiche e i simpatici ricordi che, ogni volta che si incontravano, emergevano. “Ricordi anche di cinquant'anni fa!” sottolineò lei ridendo e accarezzandogli i capelli per sottolineare la sua giovinezza.
Tra una chiacchiera e l'altra si era fatta sera e gli chiese se poteva aiutarla a preparare qualcosa per cena, magari fermandosi pure. Lui accettò ed avvisò casa che sarebbe restato a mangiare li.
Furono altre due orette simpatiche in cui si aprirono ancora di più uno con l'altra. Ormai era ora di salutarsi ma Michela lo stupì con un: “mi aiuti a prepararmi per la notte, ancora non ce la faccio a togliermi e mettermi i vestiti come vorrei”. Lui, pur dicendo si, manifestò un palese imbarazzo ma lei fece finta di non accorgersi della cosa. Si spostarono in camera e lei, sfilatasi le scarpe e aperta la zip della gonna, la fece cadere a terra, restando solo con la camicetta bianca che copriva l'intimo. Non riuscì a non guardarle le gambe e le calze, sorrette da un reggicalze che faceva capolino da sotto la camicia. Alzando lo sguardo incrociò quello di lei e il rossore che gli aveva invaso le guance si trasformò in una vampata di fuoco. Sorrise: “ti faccio quest'effetto?” Non rispose, ma, bottone dopo bottone si aprì la camicetta e lo pregò di aiutarla a sfilarla. Il reggiseno ricamato, coordinato con il reggicalze e con quel minuscolo slip lo fecero trasalire. Non sapeva cosa gli stesse succedendo ma quel corpo di donna lo stava torturando. Appoggiato l'indumento rimbombò nelle sue orecchie un “mi puoi slacciare il reggiseno. Dietro non ci riesco proprio. Mi fa ancora male il braccio”. L'imbarazzo del giovane era così evidente che quasi si poteva toccare e strideva con le richieste che gli venivano fatte in modo semplice e all'apparenza innocente. Lei si girò offrendogli la schiena e lui, meccanicamente, si mise a trafficare per compiere quella semplice azione che gli risultava così difficile. Alla fine i due capi si staccarono e lei sorresse l'indumento con un braccio per non farlo cadere. Si girò, tenendo sempre il braccio sul seno: “mi slacci le calze... per favore?”. Cercò di non guardarla in viso e, abbassatosi, iniziò a trafficare con i gancetti a pinza finendo con aprirli. “Mi fai scendere la calza per favore” miagolò. Dopo un lunghissimo attimo appoggiò le mani sulla calza e la fece scivolare verso il basso, talmente lentamente che lei lo riprese con un “non ti ho chiesto di accarezzarmi ma di togliermi le calze. Ma cosa fai?” Ancor più paonazzo, invitato dall'altra gamba che gli si avvicinò, slacciò e spinse in basso il secondo setoso velo e si rialzò fermandosi a pochi centimetri dal suo viso che lo fissava divertita. Con un movimento dei piedi finì di togliersi le calze e poi si avvicinò al letto dandogli la schiena e, dopo aver lasciato cadere il reggiseno, fece scendere a metà coscia l'elastico degli slip, pregandolo di terminare. Stefano si piegò dietro di lei e afferrati con due dita i bordi ricamati, abbassò fino a terra quell'ultimo indumento. Si soffermò ad ammirare quel culetto tondo, sodo e sporgente, appena segnato dalla biancheria che non c'era più. Avrebbe voluto infilarci dentro il viso ma era ancora troppo insicuro su tutto quello che stava vivendo e non lo fece. Michela si girò, sbattendogli davanti al naso il suo sesso, completamente depilato, a parte un raso ciuffetto che sovrastava la clitoride e, afferrandolo per la nuca con tutte e due le mani, gli spinse la faccia contro. Anche se non lo aveva mai fatto, istintivamente, cominciò a leccare quel paradiso che gli era stato offerto, infilando, un po' a casaccio, la lingua dappertutto. Continuò a lungo, guidato vagamente dalle sue mani che lo indirizzavano nei vari punti dove desiderava sentire la sua lingua. Stefano si abbuffò a lungo di lei fin quando non ne venne scostato e invitato a rialzarsi. Le appoggiò le mani sui seni, minuti ma sodi e prese ad accarezzarli mentre lei gli sbottonò la camicia e gli accarezzò con le mani calde il petto. Senza dire niente si sedette sul bordo del letto e con le lunghe e scarne dita gli slacciò cintura, scostò il bottone e aprì la cerniera dei jeans, per farli scendere e, abbassati gli slip, si impossessò del suo pene, che esibiva un'imponente erezione. Si lasciò scappare un: “bellissimo” prima di ingoiarlo tutto per qualche istante, iniziando poi una lentissima fellatio piena di dolcezza, ritmo, costanza. Quella che lei stava attuando sembrava una danza, un delicatissimo valzer dove, in punta di lingua, sfiorava ogni millimetro di quel bollente e turgido sesso. Ma quel sogno idilliaco fu interrotto bruscamente da un improvviso fremito che lo fece scoppiare in un fiume di latte che lei riuscì prontamente a contenere all'interno della bocca, per non perderne nemmeno una goccia. Con la mano, che era rimasta inutilizzata, sollecitò l'eiaculazione, cercando di far schizzare anche l'ultima goccia di quel prelibato nettare che inghiottì con avidità, leccandolo quindi per essere sicura di non aver dimenticato nulla. Terminato, alzò la testa per guardare il suo giovane amante, senza lasciare la decisa presa sul suo pene, anzi, continuando a far scorrere la pelle in su e in giù.
“Ti è piaciuto?” “Tantissimo” sussurrò con un filo di voce. “Meglio delle tue ragazzine?” “Non... non so... è la prima volta” confidò sorprendendo anche lei. “Mai fatto un pompino?” “No” “Una scopata?” “No”. “Mai, mai?” “No”. Lasciando la presa si lasciò cadere di schiena sul letto e, dopo essersi spalmata un po' di crema proprio li, lo invitò, con gesti delle mani ad andarle sopra. Lui lo fece e, guidato dalle mani di lei, le si infilò tra le grandi labbra, per spingersi fino in fondo in quella invitante fessura. Come aveva visto fare, iniziò a scoparla con ritmo, mentre lei, stringendolo tra le braccia lo teneva schiacciato contro. Le bocche si cercarono e iniziarono a penetrarsi con le lingue mentre il bacino del ragazzo continuava ad imprimere il suo ritmo. Furono lunghi minuti di pulsioni erotiche che pervasero tutto il corpo di Stefano che schizzò nuovamente dentro di lei senza fermarsi anche se quasi non riusciva più a respirare. Quando, esausto, uscì e le si sdraiò accanto, le mani di Michela si impossessarono nuovamente dei suoi genitali che erano ancora perfettamente pronti all'uso. Un po' incerta le si accovacciò sopra, guidando nuovamente la punta di quell'instancabile uccellino verso il suo buchino più nascosto e, con pochi aggiustamenti lo fece penetrare completamente in lei. Provò a cavalcare quella forza della natura ma faceva fatica a farlo così gli chiese di muoversi da sotto e lui iniziò una nuova cavalcata che, questa volta, durò veramente a lungo. Finalmente anche la sua attempata amante iniziò a godere, manifestandolo con sonora urla e con decise incitazioni a continuare. Fu forse questo che scatenò il terzo getto, anche se di poche gocce, che le bagnò il retto. Ormai lui non ce la faceva più e lei, dopo essersi dimenata ancora un pochino, stando sempre sopra, decise di arrendersi e si tolse quel cazzo ancora duro dal culo. Lo pulì nuovamente con attenzione e poi prese atto che Stefano non ce la faceva proprio più. Restò a coccolarlo ed accarezzarlo nel completo silenzio prima di andare a farsi una doccia, lasciandolo li. Poco dopo comparve sulla porta del bagno: “vuoi che ti insaponi?” Michela sorrise, passandogli la spugna ed entrambi iniziarono a strofinare sui loro corpi quell'impalpabile nuvola di schiuma. "Ma il braccio..." "Sta passando..."
Sono mesi che Michela sta insegnando a Stefano tutto quello che lei sa sul sesso, ed è veramente tanto.
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