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Lui & Lei

L' ottico di fiducia (parte prima)


di sormejo
31.08.2015    |    7.984    |    7 7.8
"“Lady Million” faceva il suo compito, lo sentivo respirare (un po’ affannosamente) il mio profumo ed il sentivo il suo alito, dal lieve aroma di caffè..."


Mi chiamo Barbara e abito a Roma da otto anni: praticamente ho compiuto qui tutto il mio percorso universitario, quasi al termine, ormai.
Per me, calabrese di montagna, che arrivai nella capitale da ventiduenne, matricola (un po’ in ritardo, dopo altre esperienze lavorative) di medicina, Roma rappresentò la “liberazione”…
Quella piccola casa, acquistata come investimento dai miei, tutta per me, era un sogno di indipendenza, fuori dalle grinfie di quei grandissimi rompiscatole di mio padre e dei miei fratelli, e di mamma, che mi teneva a catena corta, ansiosa e preoccupata di quello che potevano pensare parenti e vicini, più che della mia virtù personale…

Iniziai alla grande, frequentando i corsi, prendendo appunti, studiando come una matta per prendere i voti più alti possibile, ma anche concedendomi qualche svago serale: palestra, musica, pub e qualche ragazzo, senza assolutamente desiderio di impegnarmi in storie serie, che mi avrebbero fatto perdere tempo nel mio percorso universitario già iniziato in ritardo, ma soltanto per fare qualche “sana scopata”, per rilassarmi e godere quando ne avevo voglia…
Ed avevo voglia spesso; sono una gran porca, a dir la verità.
Il sesso mi è sempre piaciuto e non ho mai avuto problemi a scoparmi anche “non belli” se mi ispiravano e li sentivo porcelli come volevo io.
Non era raro quindi che mi portassi ragazzi a casa, prendendo e dando piacere senza impegno, senza coinvolgimenti mentali e quindi senza distrarmi dallo studio, che era comunque il motivo primario della mia permanenza a Roma.

Avevo cominciato a “vivere” il quartiere dove abitavo e quindi ad utilizzare i negozi di zona, quindi, quando, a causa dello studio prolungato, cominciai ad avere i primi disturbi di vista, mi sembrò logico rivolgermi all’ottico sotto casa per un consiglio.
Massimo, un quasi cinquantenne simpatico ma anche molto professionale, mi fece un esame della vista e mi prescrisse un paio di occhiali che mi risolsero tutti i problemi di vista.
Gli occhiali mi erano utili, ma con i consigli di Massimo, che mi aiutò a scegliere con i suoi consigli maschili, mi stavano anche molto bene, dandomi un aria da studiosa ma, allo stesso tempo, rendendomi molto sexy, specialmente se io, da stronzetta qual’ero, li utilizzavo togliendoli e mettendoli in un certo modo, guardando al di sopra delle lenti e mettendo un astina tra le labbra quando volevo ottenere qualcosa da un uomo, professore o collega che fosse.

Mi era molto simpatico ,Massimo.
Diventò il mio ottico di fiducia, ma anche un po’ un amico.
Spesso andavo a trovarlo solo per fare due chiacchere e con lui c’era un rapporto piacevole scherzavamo e mi faceva molti complimenti.
Mi chiamava la sua ricciolona preferita e mi diceva che somigliavo ad una cantante degli anni passati, una siciliana che si chiamava Marcella Bella.
Io non la conoscevo, ma andai su internet a vedere chi fosse e devo dire che trovai molti punti in comune: entrambe more, ricce, carnagione mediterranea, due belle tette (io ho una bella quarta soda) e gambe magre e muscolose.
Evidentemente gli piacevo, perché in più di un occasione, specialmente se mi vedeva vestita un po’ in tiro mi diceva facendomi l’occhiolino: “Barbara!!! Avessi vent’anni e una moglie di meno…”.
Anche a me lui piaceva perché pur non essendo bello era un uomo interessante e molto virile, mi faceva ridere con le sue battute e inoltre doveva avere un gran pacco.
Pur non vestendo in modo vistoso i suoi pantaloni presentavano sempre un piacevole rigonfiamento della zona della patta.
Anzi, una volta entrai nel suo negozio all’ improvviso mentre era seduto al computer, e lui, un po’ impacciato, dapprima chiuse la pagina che stava osservando e poi si alzò con il viso lievemente arrossato.
Con il mio occhio esercitato ad osservare cazzi e con la vista perfetta a grazie agli occhiali che Massimo mi aveva venduto, notai un notevolissimo rigonfiamento nei pantaloni.
Era eccitato come un mandrillo…chissà cosa stava guardando, il porco…

La notte, a casa, ripensai a quell’episodio e mi masturbai selvaggiamente pensando a quel maschio di mezza età, dai capelli più sale che pepe ed un po’ di pancetta ma dal notevole sex-appeal e che doveva avere un gran cazzo in mezzo alle gambe…

Il giorno dopo avevo deciso… avevo voglia di un uomo maturo.
Me lo sarei fatto…
Mi presentai da lui pochi minuti prima della chiusura docciata e profumata, vestita con una gonna nera elasticizzata, abbastanza corta ed aderente sul sedere ed una maglietta scollatissima e semitrasparente con sotto un mini reggiseno di pizzo bianco che non aveva bisogno di reggere, in realtà, proprio nulla.
“Massimo, ti va di controllarmi la vista? Oggi ho avuto grossi problemi a vedere le slide ad un congresso… magari sono peggiorata…. Lo so che è tardi, e che potrei farmelo fare domani in ospedale, ma mi fido solo di te…”
“Vieni Barbara, lo faccio volentieri!” disse “ aspetta dieci minuti: chiudo e posso controllarti tranquillamente senza clienti che ci interrompano.”
Così fece poi andammo nel suo studio, che era dietro al negozio, e mi sedetti sulla poltrona che era molto simile a quella del dentista.
Lui iniziò a guardare nel mio occhio destro con una specie di lucina avvicinandosi a pochi centimetri dal mio viso.
“Lady Million” faceva il suo compito, lo sentivo respirare (un po’ affannosamente) il mio profumo ed il sentivo il suo alito, dal lieve aroma di caffè.
Poi, mentre cambiava punto di osservazione lo “beccai ” a sbirciarmi la scollatura.
Io strinsi leggermente le braccia al tronco facendo così salire ancora le tette come se volessero schizzare dalla scollatura.
L’effetto fu quasi istantaneo… il pacco, dietro ai leggeri pantaloni estivi con le pinces, fece capolino in modo prepotente e lui trattenne il respiro.
“O la va o la spacca” mi dissi.
Ero seduta sulla poltrona con i gomiti appoggiati ai braccioli ed il dorso della mano destra vicino alla sua erezione: allargai il braccio dapprima sfiorando col dorso il suo cazzo fino a capire che non avevo frainteso e poi girai la mano stringendo quel palo duro tra le dita.
La situazione era inequivocabile: ci stavo provando come una porca.
Solo lui avrebbe potuto dire no, ma mi guardò, premette ulteriormente con il suo pube contro la mia mano facendo un sospiro di godimento e con la sua mano destra prese delicatamente il mio seno da fuori alla maglietta.
“Guarda che non si rompe!” dissi “non sfiorare: tocca!!!”
Sollevai la maglietta e lui infilò la sua mano sotto e cominciò a toccare con mano esperta il seno ed il capezzolo.
Era una mano decisa ma delicata: esattamente quello che desideravo.
“Sono stupende!” disse in un fiato lui.
“Avrei sempre voluto leccartele!”
“Fallo, allora!”
Tolsi in un secondo maglietta e reggiseno e lui si tuffò letteralmente sul mio seno leccando toccando e baciando.
La sua mano destra, mentre la sinistra e la bocca si davano da fare sui capezzoli, scese fino al bordo della gonna, e poi risalì all’interno facendosi strada verso la figa, umida e calda.
Con la punta del dito sfiorò il profilo delle grandi labbra risalendo fino al clitoride strappandomi un gemito.
“Aspetta” disse, e abbassò la poltrona reclinabile sollevandomi con una mano dietro alla schiena (cazzo, non sembrava così forte quest’uomo) e sfilando destramente con l’altra le brasiliane già umide.
Mi fece scivolare con le chiappe sul bordo della poltrona, si inginocchiò davanti a me e iniziò a leccarmi portandomi verso una delle più fantastiche esperienze della mia vita sessuale.
Non aveva una lingua, quell’uomo, ma una saetta che ad ogni tocco mi dava scariche di piacere.
Ad un certo punto, faceva dei movimenti particolari con la sua lingua, portandomi a punte di nuovo godimento che gli dissi “ Cazzo come muovi quella lingua!” “Sto scrivendo il tuo nome !” ed allora capii.
B
A
R
B
A
R
A

All’ultima lettera pennellata con la lingua sopra la mia figa venni, la prima volta, improvvisamente e sorprendentemente per me che passavo per una duretta a godere.
E quell' orgasmo non fu certo l’ultimo!
Nella mezz’ora successiva godetti come non pensavo si potesse godere grazie ad una bocca… lui fu generosissimo, non si risparmiò (la lingua e le ginocchia gli fecero male per tre giorni, mi confessò poi…) ed io… beh fui egoista!!!
Cercai solo il mio piacere, sdraiata su quella poltrona dove i miei umori e la sua saliva si mescolavano.
Venni, venni e venni ancora.
Poi, appagata, mi venne il rimorso.
Pensai a lui con il cazzo gonfio ancora pulsante nei pantaloni e gli dissi: “Ora tocca a te”.
Mi alzai in piedi, malferma sulle gambe, e gli slacciai cintura e calzoni abbassandoli, mi sbarazzai anche dei boxer e vidi per la prima volta quello che a buon diritto si può definire un gran bel cazzo.
Ne avevo visti più lunghi, ma sicuramente non così grossi.
La mia mano non riusciva a chiudersi stringendolo.
L’asta era turgida e con grosse vene in rilievo e la cappella, rossa e gonfia con gocce di precum che facevano capolino.
Era durissimo…
La pulii per bene con la lingua ed allargai bene la bocca per accoglierlo…
Quando lo presi dentro e sentii le sensazioni che la cappella e le turgide vene sull’asta mi trasmettevano, direttamente alla figa, capii che la mia avventura con quel maturo cinquantenne dal cazzo di marmo era appena cominciata.
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