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Lui & Lei

La necessità e il desiderio...Martin


di 4occhi
07.10.2015    |    7.055    |    10 9.1
"Dietro la siepe di lauro, lui sotto e lei su a cavalcarlo..."
Amava leggere, i libri erano la sua compagnia.
Ovunque fosse e col tempo che aveva a disposizione, lei leggeva.
Aveva divorato i suoi libri, aveva amato il protagonista delle sue storie:
Martin, tedesco, capitano della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale.
Lui era cosi…integro, ironico, appassionato e colto, nato in un momento sbagliato come tanti altri.
Lo immaginava bello, castano, capelli corti, quasi rasati ai lati del volto.
Alto il giusto, non troppo muscoloso , longilineo... in divisa militare.
Avevano passato cosi tanto tempo assieme, in giro per là città, sui mezzi pubblici e anche a casa, a letto, sul divano, in vacanza e durante le pause lavoro.
Lui era diventato una presenza durante le sue interminabili giornate lavorative, si immaginava dialoghi, avventure da vivere con lui, una presenza continua, un amico?
Chissà, certo che nella sua mente occupava parecchio spazio e tempo della sua giornata.
Fu così che diede vita ad una presenza.
Era meglio, molto meglio: lui la accompagnava in macchina ovunque, pranzava con lei seduto su una panchina da qualche parte, con lui chiacchierava, rideva e commentava tutte le stranezze che vedeva o che le capitavano in una città pazza come Milano.
La cosa era piacevole e soprattutto funzionale al fatto che la sua giornata lavorativa era parecchio solitaria. Una domenica che era a casa da sola, vuoi la stanchezza o il fatto che non fosse riuscita ad organizzarsi con le amiche per uscire, distesa sul letto, una voglia di rilassarsi si impossessò di lei.
Una luce tiepida filtrava attraverso le tende, c’era una gran pace.
Iniziò sfilandosi le mutandine.
Piegò le gambe e le aprì, allungò la sua mano e accarezzò il suo pelo nero ispido.
Abbassò il reggiseno esponendo i capezzoli alla sua vista e li accarezzò sfiorandoli leggermente, erano molto sensibili, non aveva bisogno di massacrarli strizzandoli a mungitura… ' Si '.
Brividi le percorsero il corpo, allargò il raggio d’azione delle sue carezze alla sua pancia, alle sue cosce, mentre con una mano si coccolava con l’altra si insinuò tra le labbra del suo sesso, allargandole…l’aria fredda la colpì facendola sorridere, anche quello era piacevole, le sembrava che la sua passera respirasse dopo tanto tempo passato chiusa, al buio, nei pantaloni. ‘Cavolo! ‘
La sua voglia cresceva, si bagnò con la saliva il dito medio e lo passò sul bottoncino gonfio che anelava attenzioni e la sua mente spaziò immaginandosi il clitoride come un bambino a scuola che alza la mano urlando “Qui !!! Maestra, io!! Io !!”…eccomi, arrivo, ti do attenzione, ti accarezzo.
I muscoli laggiù si irrigidivano e lei invece si rilassava, abbandonandosi al piacere senza reagire, anche quando due dita in più si aggiunsero alle sue…erano più grosse, lunghe.
Che importava!? Stava così bene, era così bello, si sentiva sciogliere e la tensione correva via dal suo corpo. Due labbra si posarono sul suo capezzolo, un bacio tenero, poi uno sfiorare di lingua, un leggero succhiare…'Che meraviglia'...si stiracchiò allungandosi, a godersi la situazione.
Due dita tenaci entrarono in lei aprendola, scivolose di umori, non provò dolore ma l’intensità con cui la scopavano era troppo da sopportare, non voleva venire subito ma godersi lentamente la sua pausa sessuale. Così aprì gli occhi e lo vide: nudo, bianchissimo, chinato sulle sue tette che leccava, ciucciava ad occhi chiusi come se si gustasse una prelibatezza a lungo agognata.
L'occhio scese e restò senza fiato, lo scoprì parecchio eccitato. Un pene eretto sbucava da un ciuffo di peli scuri. ‘ Oh signore!! Martin !! ’ .
Con la mano continuava a tormentarla, le stimolava clitoride e passera e lei era quasi al limite.
Gli mise le mani sulle spalle…sul collo…sul viso e lo tirò a sé. Stop.
Ora tutto era fermo, solo respiri affannosi, una goccia di sudore scese dalla tempia di Martin.
Gli sguardi fissi, occhi a occhi. Mille parole, domande, stupore e l’odore di corpo, di sesso.
Lui spostò la sua mano e la portò alle labbra di Vittoria, con l’indice umido e colante umori , ne seguì le linee, ne tastò la morbidezza.
‘Il mio odore…’ aprì la bocca e si impadronì del dito, voleva sapere anche del suo sapore. ‘mm…’ lo assaggiò sorprendendosi del gusto salato. Martin rise.
Pensò che l’aveva visto ridere spesso ma mai gli aveva fatto quell’effetto.
Era come se quella risata le avesse attraversato il corpo, fosse arrivata fino alla passera come una parola d’ordine a farla aprire, a farle desiderare di averlo dentro di sé. Cribbio! Lo voleva.
Voleva la sua sostanza a renderlo vero e vivo, bramava il suo pene, a riempire, soddisfare.
Voleva che la facesse godere…come se avesse espresso un desiderio alla lampada di Aladino, lui si infilò tra le sue gambe e prendendosi il cazzo tra le mani lo dispose in posizione, ma si fermò.
Lo vide abbassare il viso sul suo a cercare la bocca e lei gli andò in contro, le sembrò di correre verso qualcosa, una corsa in discesa senza freni.
Senza paure, si incontrarono. Un bacio. Pressante, urgente ma gentile.
Complicità, affetto, confidenza già c’erano, quello era solo il passo successivo.
Si attaccarono come lamprede, succhiandosi l'anima, attaccati , bisognosi l'uno dell'altro.
Una necessità fisica, una compensazione mentale.
Completamente staccata dalla realtà lo sentì entrare, si sentì gremire e il piacere di sentire il suo membro che si sfregava in lei la fece urlare di piacere.
Gli cinse i fianchi con le gambe e con i talloni gli premette il sedere per tenerlo più dentro.
Lo udì dirle qualcosa in tedesco, "Ich will dich!!! Meine liebe...",
'Oh cazzo! No!’ le veniva da ridere !!! Non ora che le mancava poco per godere !!!
Ma lui continuava ad emettere grugniti germanici e questa cosa le ricordò ‘Un pesce di nome Wanda’ , il film, questo la fece staccare sempre più dall'amplesso...poi non ce la fece più e scoppiò in una risata liberatoria, sguaiata, irrefrenabile! Mai le era successo di interrompere una scopata per ridere così di gusto!
La stanza. Vuota.
Si riprese e si accorse che era sola, sul letto. ' Martin ? ' Sparito.
Oh cristo! Lo aveva offeso!!! Si sentì in colpa e la sua passera in fiamme la riportò alla mancata occasione di goduria. Ma restò interdetta anche dall'accaduto: aveva fatto sesso con Martin.
Non riusciva ancora a crederci!!
Si guardò i capezzoli e li trovò bagnati, si toccò le labbra tumide di baci, si toccò là sotto e la sentì come al solito dopo un rapporto, bollentemente 'usata'.
Lo ritrovò , un giorno, finito un lavoro in un giardino, stava per cambiarsi nel locale attrezzi quando lui apparve, sorridente a scherzare su quale comodità poteva contare per mettersi gli abiti puliti.
Risero insieme come se nulla fosse accaduto, poi presa da un impulso improvviso lo abbracciò. Lo tenne stretto e lo annusò, l'odore di Martin...non ne aveva, c’era l'odore del locale.
Gli baciò il collo e lo leccò. Niente. Nessun sapore, non ci aveva fatto caso quando lo aveva baciato.
Eppure sentiva il suo calore, il suo respiro, la sua carne...il bacino gli si fregava contro e lei sentiva la sua erezione aumentare. Marò!! Che sesso gli faceva quell'uomo!
Veloce, invece di vestirsi, si tirò giù gli slip, slacciò i pantaloni di Martin, tirando giù tutto, lasciando il suo pene duro e svettante libero.
Tenendolo stretto in mano si sedette sul tavolo dietro di sé, allargò le gambe avvicinandoselo alla fica che sentiva pronta e dolorosamente vogliosa di prenderlo.
“ Scopami Martin!!” , ma lui non capì l’espressione colorita. La visione della sua passera pelosa e rosa lo spinse a muoversi e ad entrare in un botto, a non perdere tempo, questa volta l’avrebbe soddisfatta e lui si sarebbe sfogato vendicandosi un po’ per averlo interrotto la volta scorsa.
Lo vide infilarsi velocemente, tutto accadde in un attimo.
Scopavano come ricci, ansimando, nessuna parola, mi raccomando, ma mentre si venivano incontro scontrandosi, unendo i loro corpi, si guardavano fissi, seri.
Basta risate, ora si faceva sul serio.
Il tavolo tremava sotto i colpi di Martin, lei lo sentiva muoversi col sedere tutte le volte che lui le affondava dentro.
Il ritmo divenne frenetico, le voci non riuscivano più a trattenersi ma si lasciavano andare a gemiti, sospiri, mugugni.
Lei era cera sciolta, si sentiva liquefare e tutto il suo essere liquido si concentrava intorno al suo opposto, che la pervadeva con la sua consistenza, la sua durezza.
Poi come alla fine di una corsa, urlarono arrivati al traguardo, si strinsero in un abbraccio soffocando il proprio grido.
Lei si lasciò cadere indietro, appoggiandosi al muro. Restò ferma, sfinita.
Dalle gambe a penzoloni sentiva colare qualcosa, giù fino alle caviglie.
Si tirò in piedi e controllò, sperma. Sembrava proprio sperma…e lui, dov’era finito? Mistero.
Da quel giorno, quasi ogni giorno, nelle situazioni più strane, facevano sesso.
Lui appariva e spariva come sempre.
Era decisamente imbarazzante, perché lui era invisibile alla gente ma lei no.
Come quella volta che lui la prese da dietro appoggiata, sedere al vento, al bagagliaio della macchina, le sfilò i pantaloni, tutto e senza darle tempo di replicare la baciò, infilando la sua faccia direttamente nella fica, senza vergogna come se fosse casa e cosa sua.
Ed era bravo, la sua lingua la leccava senza tregua, si infilava ovunque, come poteva opporsi a tale magnificenza! Si lasciava andare e godeva di quegli attacchi. Per fortuna erano in un parcheggio privato e non c’era nessuno in giro.
Dietro la siepe di lauro, lui sotto e lei su a cavalcarlo. Sul terrazzo mentre lei sistemava la centralina di irrigazione, lui la prendeva da dietro. Sulla panca ottocentesca nel giardino storico di una villa antica, lei seduta su di lui dandogli le spalle, lui la abbracciava e le mordicchiava la schiena.
Sveltine quando non si poteva fare altrimenti durante il giorno, ore di preliminari a letto a casa, addormentandosi alla fine, spossata senza risorse.
Passavano i mesi e tutto filava liscio, era diventato il suo amante. Le sue amiche videro la differenza e le chiesero, tormentandola, chi fosse il fortunato ma lei non sapeva cosa dire : che si scopava un sogno?
Fu dopo una di queste occasioni che lei si fermò , di rientro a piedi , sulla Darsena.
Si fermò sul limite dell’acqua a guardare delle papere coi loro piccoli scivolare sui riflessi dei palazzi adiacenti e lì si sentì incredibilmente, inesorabilmente, sola.
Sola, sola…questa parola le riempiva la mente. Che cavolo stava facendo?
Da quando se la raccontava senza confrontarsi con la realtà?
L’effetto doccia fredda arrivò implacabile e di colpo si svegliò, si guardò intorno come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno.
Sbatté le ciglia e si riappropriò della sua esistenza, ora la vedeva con altri occhi.
Come aveva potuto staccarsi in quella maniera, crearsi un’altra vita?
Corse a casa. Entrata lo vide seduto sul letto, con la divisa sbottonata, i capelli sempre in ordine erano arruffati e la sua espressione triste. “Martin…”,
“Nicht meine liebe Sorgen…non ti preoccupare, ho capito. Ma sono triste”.
Lui sapeva sempre cosa le passasse per la testa, le leggeva dentro.
La sua pronuncia con la cadenza tedesca di solito la faceva sempre ridere, in quel momento la straziava.
Si accostarono e si abbracciarono stretti, sapevano che era l’ultimo contatto che avrebbero avuto.
I volti si avvicinarono, si sfioravano, naso a naso, labbra a labbra e un bacio era inevitabile, essenziale.
Fu come bere da una sorgente: fresco, umido ed emozionante, durò un tempo interminabile…poi nulla.
Si ritrovò in camera da sola, con le labbra gonfie e la voglia di amare addosso.
Riprese la sua vita col suo lavoro solitario, i suoi libri gialli, le sue amiche.
Un pomeriggio che era all’Expo con loro, girando per il padiglione del Giappone, si scontrò con un turista!
Che scontro! Si era girata di furia e lo aveva travolto, sbattendolo a terra. Che maldestra!!
Lo aiutò a risollevarsi e…gli occhi.
Li conosceva: verdi, limpidi e furbi come quelli di…sorrise tra sé pensando che il destino a volte era proprio strano e bastardo…ma anche generoso a volte.
Era la sua occasione, fece un bel respiro e alzando il viso sfoderò il suo migliore inglese per presentarsi al tedesco che aveva appena investito.
Lui la guardò rassettandosi, sorridendo si presentò a sua volta e poi come se fosse una cosa naturale, come respirare, la seguì e insieme, fianco a fianco, continuarono la loro esplorazione degli stands…e non era un sogno, non più.
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