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Lui & Lei

la dirigente


di giuseppe1964
08.09.2013    |    12.997    |    0 6.2
"Ormai avevo deciso che volevo guardarle le gambe e adottai il sistema più classico e banale: lasciai cadere dei fogli di carta facendoli in parte scivolare..."
Erano passati ormai quasi due anni da quando era arrivata in sostituzione del vecchio direttore andato in pensione. Non era certamente una donna che quando la incontri per strada ti giri a guardare. Di media altezza, leggermente sovrappeso, occhiali da miope, non aveva nulla di particolarmente attraente, anzi negli inevitabili commenti spinti ed opinioni sul suo fisico he tra noi colleghi ci si scambiava, molti giuravano che non l’avrebbero sfiorata neppure con una canna.
Ciò anche a causa del suo modo di fare, eccessivamente formale e sobrio così come il suo abbigliamento che molti definivano “da suora”: gonne lunghe o pantaloni scuri e larghi, maglie o camicie accollate e per nulla attillate che niente lasciavano intravedere.
Dava insomma l’impressione di una donna fredda e algida dedita solamente al lavoro. Molti avrebbero giurato che pure al marito si sarebbe concessa malvolentieri, insomma era agli occhi di tutti la classica gatta morta.
Per quanto mi riguarda concordavo in linea di massima col giudizio degli altri, pur ammettendo che, malgrado tutto, aveva un non so che di intrigante forse proprio a causa di quella sua aria distaccata. In ogni ero convinto che anche lei, come tutte le donne, nella circostanza e con la persona giusta, doveva pur avere delle pulsioni sessuali.
Avevo diverse volte cercato, ovviamente in maniera sempre rispettosa, di prendere un poco di confidenza, di rompere il ghiaccio parlando di cose diverse dal lavoro, ma lei assumeva sempre un atteggiamento difensivo, cercando di riportare sempre il discorso entro i ranghi lavorativi, inoltre teneva sempre lo sguardo basso , e intuendo forse i miei pensieri su di lei, si copriva istintivamente con le mani il petto cercando di tirare ulteriormente su la maglia già abbondantemente accollata.
Quella mattina di dicembre, i più attenti notarono che la dirigente aveva un look diverso dal solito. Nulla di esagerato, per carità: si trattava di una maglia grigia morbida ed aderente che metteva in mostra le sue forma che non erano disprezzabili ed una gonna di media lunghezza che grazie agli stivali neri,, evidenziavano le gambe tornite ed avvolte nelle calze scure.
Rispetto al suo solito modo di abbigliarsi riusciva così a farsi notare. Non nascondo che, con varie scuse, andai più volte nella sua stanza per cercare di sbirciare il suo petto e, soprattutto le cosce.
La prima volta che entrai nella stanza l’operazione mi riuscì piuttosto agevole perché era con le gambe accavallate al computer che era sistemato di fianco alla scrivania e quindi, dalla mia posizione avevo una buona prospettiva.
Probabilmente lei capì le mie intenzioni perché istintivamente si coprì con le mano la parte di gambe non coperta dalla gonna che cercava di tirare su. Ciò provocò in me una piccola eccitazione. Nelle visite successive invece non riuscii a vedere nulla essendo le sue gambe completamente coperte dalla scrivania.
Avevo comunque notato che, oltre all’abbigliamento, anche l’atteggiamento era meno freddo e distaccato del solito, ma più intrigante e confidenziale.
In particolare notai che mentre le parlavo non teneva, come al solito, lo sguardo fisso sullo schermo del computer, ma mi guardava negli occhi, dopo essersi liberata dagli spessi occhiali, con uno sguardo strano e insolito.
Intanto si erano fatte le 17 e quasi tutti i colleghi erano andati via. Non riuscivo a togliermi il suo pensiero dalla testa. Volevo ancora andare a sbirciare. Salii così ancora una volta in direzione. Lei mi guardò negli occhi, dopo essersi tolti gli occhiali, con uno sguardo interrogativo, ma strano. Che avesse capito li miei pensieri? In effetti quasi mai ero andato così tanto frequentemente nella sua stanza.
Con dolcezza mi chiede cosa desiderassi. Cominciai così a parlare del nuovo orario di lavoro. intanto guardavo a distanza le sue gambe sotto la scrivanie. Mi sembrava veramente desiderabile, si era improvvisamente liberata da tutto ciò che la penalizzava, come i suoi occhiali, l’abbigliamento “da suora” o il suo modo di fare eccessivamente sobrio. Era più naturale, più sciolta.
Ormai avevo deciso che volevo guardarle le gambe e adottai il sistema più classico e banale: lasciai cadere dei fogli di carta facendoli in parte scivolare sotto la scrivania e subito mi accovacciai per raccoglierli, puntando, ovviamente lo sguardo verso le sue cosce. Lei, con mia meraviglia, anziché, come mi sarei aspettato, serrare le gambe, le apri leggermente consentendomi di intravede le sue mutande nere.
Fu un attimo. Mi rialzai e i nostri sguardi si incrociarono. Mi guardò ancora una volta in maniera strana, fra l’imbarazzato e il provocante arrossendo lievemente. Mi convinsi che non era così fredda come si diceva. Evidentemente aveva voglia.
Continuai così a parlare mangiandomela intanto con gli occhi, nel frattempo gli ultimi due impiegati si affacciarono nella stanza per salutare. Erano ormai le 18. Mi resi quindi conto che non c’era più nessuno nell’ufficio.
Senza pensarci cominciai a farle qualche complimento per il suo abbigliamento, facendogli capire esplicitamente che mi attraeva. Lei si schermì confusa dicendo che era da tanto tempo che nessun uomo le faceva dei complimenti. Aggiunse che anche suo marito era sempre più disinteressato a lei. Interpretai tutto ciò come una provocazione, un invito a provarci. Decisi di giocare il tutto per tutto.
Aveva le mani sulla scrivania, vicino alla tastiera Mi avvicinai e ne presi una sottolineandone la bellezza e girai dietro la sua sedia carezzandole la testa e i bei capelli. Cominciava a lasciarsi andare e così mi feci più audace scendendo con le mani fino al seno che cominciai a carezzare . non era grandissimo, ma sodo. Nel frattempo il mio uccello cominciava ad indurirsi e presi a strusciarmi sulla sua nuca per farglielo percepire. Poi condussi la sua mano che tenevo nella mia verso la patta e guidai il movimento per accarezzarmi attraverso i pantaloni
Le abbassai con difficolta la maglia e cominciai a insinuare la mia mano dentro il reggiseno nero, mentre con l’altra mano continuavo a passare la sua sul rigonfiamento visibilissimo sotto i miei calzoni.
poi abbassai il reggiseno mettendo in mostra le sue tette che si rivelarono più belle del previsto e cominciai a leccarle. Contemporaneamente mi abbassai la cerniera dei pantaloni e offrii in questo modo il mio cazzo eretto davanti al suo viso con sguardo invitante.
Ormai eccitata cominciò a masturbarlo e a leccarlo. poi lo prese in bocca cominciando a pompare mentre io le stuzzicavo i capezzoli bagnandomi, di tanto in tanto, le mani con la sua saliva.
Avrei voluto toccarle il culo e la fica, ma essendo lei seduta non mi era possibile. La presi per un braccio e la feci allora alzare delicatamente e lentamente.
In piedi continuai a baciarla sulle tette e a leccare e succhiare i capezzoli eccitati, mentre infilavo le mani sotto la gonna toccandole il culo caldissimo. Lentamente, mentre mi baciava con la lingua, ormai eccitatissima, conquistai con le dita la fica fradicia e calda e presi a masturbarla. Lei ansimava. Si vede che aveva proprio voglia. Mi baciava con la lingua come una forsennata mentre io la masturbavo e le stuzzicavo il culo. Intanto anche lei mi carezzava il cazzo.
Ad un certo punto, capendo che era pronta, la feci girare su se stessa facendola mettere a pecorina sulla sua scrivania e la penetrai senza difficoltà facendola gemere di piacere e tormentandole nel frattempo le tette con le mani. Stava godendo come una porca, altro che gatta morta. Quando sentii che stavo per venire la feci girare e le abbassai la testa delicatamente facendola così inginocchiare davanti al cazzo pulsante. Lei prese a leccarlo e a carezzarlo, masturbandosi nel frattempo con velocità. Venimmo praticamente insieme. Le schizzai in faccia e mi piaceva vedere il mio sperma colarle fino alle caldi tette, mentre lei continuava a toccarsi la fica, adesso lentamente, mugolando per l’orgasmo. Poi, mi ricomposi e, senza una parola, lasciai la sua stanza.
Dall’indomani i nostri rapporti tornarono ad essere quelli di prima senza nessun riferimento a ciò che era successo in quel meraviglioso tardo pomeriggio di dicembre.

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