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Lui & Lei

la vicina: il sogno erotico


di brendon_7
24.07.2016    |    4.895    |    1 7.7
"Una volta che il granturco fosse stato alto, concedendo privacy e proteggendo da sguardi indiscreti, sarebbe stato veramente così..."
Una cascata di capelli biondi e lisci, che attirano l’attenzione e fanno sembrare tutto più luminoso, che lei scostava con eleganza dietro le spalle con la mano o un colpo di nuca. Fisico atletico, longilineo come piaceva a me, seni non troppo grossi, ma che facevano notare la loro presenza. Una terza direi oggi. Ma all’epoca non sapevo quantificare.
La mia “dirimpettaia” di casa. Più o meno. Non proprio dirimpettaia, vivevamo in case che non si guardavano, ma ciò che stava di fronte a casa mia era il portone del cancello di cortile e garage, un portone a doppia anta, più alto di una persona, a listoni verticali che lasciavano intravedere oltre solo piccoli pezzi di figure. A separare c’era una strada comunale larga cinque metri, in quegli anni molto poco trafficata perché conduceva solo alla campagna vicina e alle case delle famiglie che l’abitavano.
Io ero un adolescente, dodici o tredici anni…. L’età in cui non sai esattamente cosa dovresti fare con una donna (forse oggi lo sanno molto meglio e molto prima…) ma in cui ogni dettaglio di femminilità basta a scatenare un’erezione istantanea…per non parlare di un paio di belle gambe… per non parlare di un seno intravisto in una maglia…
Il seno non ero riuscito mai a intravederlo, lo immaginavo e basta. Ma le gambe….quelle sì. Le sue gambe dominavano molte delle mie fantasie erotiche.
Lei è un po’ più grande di me, qualche anno. Aveva già la patente e guidava l’auto del padre. Con quella usciva nel pomeriggio, per andare chissà dove. Immagino in centro città, dove andavano tutti i giovani, probabilmente il suo ragazzo del momento lo trovava lì.
Se le gambe erano una delle chiavi delle mie fantasie, le uscite pomeridiane ne erano la causa prima, l’episodio da cui scaturiva il resto. L’orario era più o meno sempre quello, io ero già rincasato da scuola, avevo pranzato con calma , in casa si svolgevano le attività più varie del pomeriggio, e nei minuti critici della sua uscita cercavo di non essere in cucina, stanza troppo frequentata, ma nella tranquillità del soggiorno, per non essere disturbato, non essere scoperto, e poterla sbirciare dalla finestra che dà sulla strada, verso il cancello di casa sua. Il rumore di apertura del cancello era inconfondibile, uno sgancio elettrico di molla che avevo imparato a captare nel silenzio o a filtrare dai rumori di sottofondo. Era il momento in cui mi affacciavo, senza farmi notare, e attendevo qualche secondo. Sapevo che dall’interruttore lei doveva fare alcuni metri a piedi, sollevare un gancetto che bloccava un’anta a terra, e aprire le due ante del cancello. Questa parte era tranquilla, ma me la gustavo ugualmente, prima vedevo le ombre oltre i listoni, poi mi serviva per vedere com’era vestita quel giorno, per rivedere la sua chioma bionda, per aumentare l’effetto dell’erezione che già era stata innescata dal rumore della molla…e fantasticare sui secondi seguenti, i miei preferiti. In quei secondi succedeva che lei rientrava nel garage e si occultava alla mia vista, ricompariva in auto, in retromarcia, fermava l’auto fuori dal cancello… sì…. freno a mano.. sì, quasi…potevo sentire il rumore del motore variare quando metteva in folle e sollevava i piedi dai pedali…sì, ancora poco…la portiera si apre e lei scende…. si dirige verso il cancello….dai,dai…. il mio sguardo la seguiva, la mente la seguiva, tutti i sensi erano per questa piccola passeggiata, per me meravigliosa….accompagnava con una mano la prima anta del cancello. Sono in paradiso: è “il” momento…. E se indossava la minigonna, il paradiso era ancora più bello. E la adoravo, perché lei adorava portare la minigonna. “Il” momento era quando doveva abbassare il gancio … allora sollevava il piede…piegando la gamba… io potevo vederla di profilo, vedere la maestosità della sua coscia… la mia mente era in estasi, le mie mani accarezzavano la calza , palpavano il muscolo di quella gamba sublime… andavano oltre , dentro il buio ignoto celato dalla minigonna attillata; ignoto che un pochino si dipanava quando la gamba era sollevata per effetto delle grinze che faceva la mini… “alzati, alzati di più” la imploravo con la forza della mente… ma non era mai abbastanza per vederne le mutandine… pochi istanti, quel tanto necessario a premere il gancio a terra, poi la gamba tornava composta, la mini anche, le bellissime gambe in verticale, il sedere fasciato dalla mini, le cosce che sporgono, belle, bellissime, i polpacci un po’ formati dal tacchetto delle scarpe, pur sempre audace per una poco più che diciottenne in quegli anni. Prende la seconda anta del cancello, la tira verso di se e chiude. Sale in auto. Retro. Prima. Gas. Fine.
Io rimanevo con l’estasi di un dodicenne che ha visto una dea bionda in minigonna, con la voglia matta di premere il mio corpo contro il suo, di farle sentire quanto duro è il mio pisellino, e strofinarlo sulle sue gambe…
Tutta quest’eccitazione trovava sfogo nell’autoerotismo, ripensando a quanto visto, rivivendolo istante per istante, e poi giocando di fantasia e variando in mille modi la realtà…
Lei invece andava verso il ragazzo di turno che avrebbe goduto di tanta fresca bellezza, le avrebbe messo le mani ovunque, anche dentro la maglia, anche sotto la gonna….
A giudicare dalle facce che le stavano accanto di sera, seduti sui gradini nelle vicinanze di casa, che cambiavano frequentemente, direi che era una ragazza a cui piaceva variare, oppure un caratterino troppo turbolento e ingestibile per restarle accanto a lungo, nonostante l’indiscutibile bellezza.
Dopo l’adolescenza, la scoperta di altre ragazze e le mie scelte di vita mi han portato lontano dalla casa natale e dal rituale voujerismo delle gambe della mia cara vicina… tuttavia è una pietra miliare nella mia formazione erotica, un ricordo e un desiderio che ha indelebilmente attecchito nella mente. Nel corso degli anni seguenti ho sempre sbirciato con ammirazione quella ragazza divenuta donna e non mi sono ritratto dallo spiarla ancora quando capitava l’occasione di vederla uscire con l’auto, come ai vecchi tempi. In un paio d’occasioni ho anche immortalato il momento sublime della coscia alzata, con la macchina fotografica appena acquistata e l’aiuto dello zoom, che mi consentiva di riprenderla bene, come se fossi vicino a lei, e lei posasse per me. Per il resto un saluto, due battute un po’ di circostanza se ci si incontrava per strada.
Sono passati gli anni, ma in quella zona la vicinissima campagna è sostanzialmente rimasta campagna (il ragazzo della via Gluk sarebbe felice di saperlo), ed è ancora oggi luogo per le passeggiate lungo il fiume e tra campi e vigneti insieme ai cani. Il più delle volte si passeggia in totale solitudine, altre volte si incrociano famigliole, qualche altro paesano col cane, o dei pescatori quando legge e stagione combaciano.
Una domenica, verso l’ora di pranzo, mi sono invece inaspettatamente imbattuto nella mia vicina, dopo una curva resa cieca dai filari delle viti, anche lei a spasso col suo piccolo miglior amico dell’uomo, lei sulla via del ritorno, io appena all’inizio della passeggiata. Inizialmente lo stupore mi ha tolto la parola, poi ne è uscito un saluto, sufficientemente naturale e che rifletteva il mio stupore, ma anche la gioia di vederla. I cani monopolizzano la scena in questi casi, così i primi minuti se ne vanno osservando e commentando le fasi di conoscenza tra i due, lo scodinzolare, il ritrarsi spaventati guaendo, domandandoci e fornendoci informazioni sull’età, il carattere, aneddoti eccetera eccetera dei cosetti pelosi che proseguivano col farsi feste. Poi domande di rito su come si sta e cosa si fa… intanto lo stupore va scemando, mi godo la conversazione con quella bella donna e comincio a scandagliarla quando parla e mentre parlo…già avevo notato che negli ultimi tempi si stava un po’ ingrossando di fianchi e sedere… oggi la potevo osservare con attenzione, ed i leggins attillati mi facilitavano il compito. Non è più quel sederino a mandolino che spiavo dalla finestra, e nemmeno le cosce sono più quei fusi deliziosi di carne che bramavo poter accarezzare… ed anche sul viso il tempo ha lasciato il segno del suo passaggio…. “il tempo sì che è un vero assassino”, si citava in celebre film comico…e, mannaggia! è proprio vero! Che peccato vedere quella bellezza che sta sfiorendo. Però, non ha più diciott’anni, ma è ancora una bellissima donna: sostituisco, o forse solamente sovrappongo, il ricordo di allora con l’immagine della donna che mi sta di fronte adesso, e la voglia riemerge… il mio sguardo si posa ancora sul suo corpo, forse in modo più deciso e insistente di prima. Le vorrei dire “sdraiati, facciamo sesso qui, subito…ti desidero” e invece le chiedo ulteriori dettagli del suo recente viaggio a Londra. Lei ne parla con gioia, la conversazione è ora fluida e piacevole, lei non mostra segni di volerla chiudere ed anzi sembra volerla prolungare per racconta tutti i bei ricordi che si è portata a casa. Già da un po’ il mio manico si è destato e preme nei pantaloni, castigato in una posizione innaturale, senza che possa in questo momento metterlo comodo. Forse l’ingrossamento si nota? Forse la giacca della tuta lo copre completamente? So solo che è duro, che vorrei spogliarla, che vorrei affondarlo nella sua bocca e tra le sue gambe, e che sento che è il mio sguardo a spogliarla sempre più e staziona sempre più a lungo sui seni e sul bacino….e quando riesco a distoglierlo fisso i suoi bellissimi occhi chiari e le sue labbra che si muovono sensuali scandendo le parole…. “ora chinati, prendilo in mano, succhialo, ti supplico, usa le tue labbra su di me…” …e invece la ascolto e offro nuova linfa alla conversazione viaggi, argomento nel quale c’è molto da scavare e conversare.
Ad un certo punto, di malavoglia, mi informa che scusa, purtroppo devo andare, sono ospite a pranzo e adesso sono già molto in ritardo…
L’eccitazione e l’erezione mi accompagnarono per tutto il resto della passeggiata. Avevo una voglia matta di farmelo succhiare da lei…di penetrarla… ma lei se ne era andata… allora avrei almeno voluto sfogare quella voglia impressionante facendomi una gran sega …lì, nel verde della campagna, tra sentieri erbosi, filari d’alberi e campi…ma il mais era appena spuntato, la vista era aperta fino alle case del paese… non mi andava di rischiare di dar spettacolo così, “tra poco non ci penserò più e mi calmerò”.
Invece rincasai sentendo ancora l’ingrossamento tra i pantaloni, il pensiero non aveva mollato un secondo quell’incontro e ci fantasticavo ancora sopra. E’ impressionante il potere della mente, il delirio che può scatenarsi dal ritorno di desideri antichi rimasti inesauditi.
La mente era solo lì, l’unica cosa che potevo fare era accendere il pc e andare alla ricerca tra le cartelle sparse di miscellaneo vario e molto confuso di quelle foto “paparazzate” di lei al cancello. Con un gran colpo di fortuna, o buon sesto senso, le trovai in breve tempo, ingrandii la sua figura a tutto schermo e mi misi in contemplazione. Slacciai i pantaloni, e quando liberai il manico dalla stretta dei boxer si eresse come fosse a molla, maestoso e con la cappella gonfissima….guardare la foto, sfiorare la cappella e poi stringergli la mano attorno fu una sensazione di godimento e sollievo che pervase tutto il corpo. Iniziare con ritmici lavori di mano mi alleggeriva la tensione e rigenerava corpo e spirito. Non sarei durato a lungo, lo sapevo, la voglia era tantissima e i miei colpi erano fatti per farmi venire in fretta, mentre solleticavo anche i testicoli.
“Ti scoperò…finalmente ti scoperò….ora abbiamo un luogo…un orario…un motivo….” Così pensavo guardando la foto, mentre il mio piacere culminava in numerosi caldi e abbondanti fiotti , che idealmente riversavo sul suo corpo nudo, disteso, felice di riceverli e farsi inondare …
“Ti scoperò…”, pensavo.
Una volta che il granturco fosse stato alto, concedendo privacy e proteggendo da sguardi indiscreti, sarebbe stato veramente così. Le sue cosce si divaricarono per accogliermi…per darci reciproco piacere… il sogno erotico che diventa realtà.
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