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Gay & Bisex

1: La Soluzione


di Anteo
12.07.2012    |    7.145    |    3 8.8
"- Scusa se ti ho disturbato pensavo avessi bevuto qualche bicchiere di troppo..."
(tratto da un fatto realmente accaduto)

PARTE 1 di 2: La Soluzione

Ettore è il classico uomo sicuro di sé, trentenne, belloccio e dalla battuta sempre pronta. Fin da piccolo si era distinto per una verve frizzante ed una "faccia tosta" che spesso giocava brutti scherzi ai più timidi. Avrete già capito che non era il tipo da rimpatriate fra compagni di scuola né da riunioni di famiglia ben che meno da matrimoni o festività del genere. "Agli estremi della società, solitario e cinico" - lo definì il suo psicanalista disperato per i ripetuti insuccessi.

E' proprio per questo motivo che bevendo l'ennesimo bicchiere di spumante, si chiedeva osservando il cielo stellato cosa ci facesse nel mezzo di un ricevimento di nozze e tra l'altro del suo più odiato zio. Lui, che non faceva altro che raccontare delle sue scopate facili, delle donne cadutegli ai piedi ad un semplice sguardo, delle serate di bagordi nei locali più strani. Poi, l'arrivo dello zio gli riportò alla memoria l'arcano motivo.

Zio Antonio aveva fatto fortuna con la vendita all'ingrosso delle arance, nei primi anni '70, quando l'Italia stava trascorrendo un periodo d'oro sotto quell'aspetto. Si era sposato per ben 4 volte e vantava figli sparsi lungo tutto lo stivale e forse anche oltre i confini nazionali, adesso stava celebrando con l'entusiasmo di un "giovane uomo" il suo quinto matrimonio, immerso fino al collo dal lusso e dalla tradizionale donna giovane vogliosa più che di cazzo, di soldi. Non era difficile la motivazione che spingeva gli invitati: accattivarsi le simpatie del "riccone" così da essere ricordati un domani e perché no anche nel testamento.

- Il testamento, sì, ero il suo nipote preferito - farfugliava confusamente Ettore osservando gli invitati tutti agghindati a festa - Forse prima che mi scopassi la sua prima moglie - si corresse subito.

Già, Antonio non gli aveva mai perdonato quella trombata. Sebbene fosse un uomo "aperto" e direi pure perverso, non digerì che SUA moglie venisse sbattuta sul tavolo della SUA cucina da SUO nipote più giovane; "era roba di mia proprietà, fosse stata una puttana"... ed infatti per scongiurare altri tradimenti le restanti quattro le sposò con tanto di attestato di facili costumi. Sebbene vecchiotto e sul punto di lasciare questo mondo, lo zio sembrava cavarsela piuttosto bene ad amministrare i suoi ultimi introiti.

- Non credo abbia dimenticato l'accaduto, non mi ha rivolto nemmeno la parola (...) Ho bisogno di soldi, al diavolo l'orgoglio deve citarmi in quel testamento!

Ettore si trovava in uno dei periodi più brutti della sua vita, non che gli altri fossero stati migliori. Era stato sfrattato dal lussuoso appartamento nel centro di Milano, aveva perso il lavoro come "presta volto" di una nota marca di intimi dopo aver mandato a quel paese la figlia ninfomane del capo e si ritrovava inseguito da una folla numerosa di creditori che volevano indietro un cospicuo ammontare di denaro. Insomma, gli serviva un colpo di fortuna e lo zio Antonio sembrava cadere a fagiolo. Inoltre gli serviva un posto dove nascondersi per qualche tempo, lontano dai problemi ma anche dagli aguzzini e quale rifugio migliore che una casa in Sardegna sponsorizzata dall'amatissimo parente?

- Si, farò così. Mi alzerò da questo gradino e andrò incontro alla sposa per congratularmi - si grattò in un gesto pensieroso la barba scura appena lunga - No, la sposa no! Potrebbe pensare male, tipo che voglia scopare. Andrò da lui allora, "Ciao zio, da quanto tempo!? Come stai? Mi ospiteresti nella tua casa in Sardegna magari con qualcuna di queste troie pompinare?" - rise di gusto alle uniche frasi paradossali che gli uscivano da quella testa pacata.

Si sedette nuovamente sul gradino portando la testa tra le gambe in un gesto disperato. Le soluzioni sembravano scarseggiare e l'idea di imbucarsi a quel matrimonio - qualche ora prima brillante - sembrò tutt'altro che fattibile anzi decisamente sciocca. Non gli restava che ritornare a Milano e bussare alla porta di qualche sua vecchia fiamma.

- Tutto bene, amico? Hai bisogno di qualcosa? chiese una voce fuori campo.
- Non sono tuo amico, gira al largo, sto bene! replicò tonante Ettore.
- Scusa se ti ho disturbato pensavo avessi bevuto qualche bicchiere di troppo. Lo spumante, come diceva mia mamma, è traditore.
- Fosse lo spumante il mio problema, dannato coglione! alzò la testa per focalizzare l'interlocutore che sembrava il personaggio "rincoglionito" di una commedia americana.
- ETTOREE! Sei tu?
- Si sono io, almeno credo. Ci conosciamo?
- Si che ci conosciamo, sono Andrea, tuo cugino!

ALT! Lo so che adesso state pensando "Che fortuna, il figlio dello zio ricco", ebbene siete lontani anni luce.

- Andrea? Non ho un cugino che si chiama così.
- Ma come no? Sei sempre il solito burlone. Possibile che non ti ricordi? Sono il figlio di zia Giulia, la sorella di tua madre. Dai che ti ricordi! - Andrea gli diede una leggera spinta sulla spalla, cercando di sciogliere il cattivo umore del cugino ma con risultati miseri.
- Ah si, Andrea. Come stanno le vacche? Perché ancora vivi in quella fattoria, ad inchiappettare le pecore? - rise con cattiveria e con l'intento di ferire il cugino. Ormai era in guerra col mondo e anche un povero passante innocente sarebbe finito nel suo delirio di aggressività.
- Si, proprio ieri sono nati alcuni vitellini. Si prospetta un'estate ricca - Andrea non sembrò cogliere la battuta maligna di Ettore e mantenendo il sorriso continuò nella gioia di rivedere dopo lungo tempo un parente.
- E come sta quella pidocchiosa di tua madre? Ha ancora l'alito pestilenziale?
- E' morta, purtroppo - l'espressione di Andrea cambiò improvvisamente rabbuiandosi. Gli occhi si abbassarono come colti dalla vergogna.
- Ah, capisco - Per la prima volta dopo giorni, Ettore sentì un tonfo al cuore. La sua malignità gratuita sembrò fuori luogo, quell'uomo alto e piazzato ma dall'animo tenero ed ingenuo sembrò scalfire la dura corazza di cinismo sorta nel corso del tempo. Il suo tono non riuscì a celare un certo dispiacere per la perdita che sembrava al quanto pesante.
- Ma non pensiamoci, viviamo e moriamo - Andrea tentò di riportare il sorriso ma maldestramente.
- Siediti Andre, qui. - gli indicò il gradino.
- Come vanno le cose, qui, al Nord intendo? Donne, locali e droghe? - rise con gli occhi pieni di entusiasmo come se stesse immaginando la vita mondana del cugino.
- Non mi lamento - chiuse fintamente modesto, nascondendo con arte fine la verità della sua vita - E tu invece, cosa combini tra olive, animali puzzolenti e trattori?
- Lavoro come al solito, mando avanti l'attività con buoni ricavati. Certo, è faticoso. Sveglia all'alba, pranzo veloce, sudate e fieno. Dirigere gli operai, pagarli. Ma è la mia vita.
- Mh, noiosetta come vita.
- Si un po' - Andrea sorrise amorevolmente - dopo la morte di mamma devo dire che sento di più la solitudine, mi capita di andare molto meno in paese e ho abbandonato anche gli ultimi amici che avevo al pubetto. La sera sono stanco e preferisco stare a casa a guardare qualche film. Alla fine se ti ricordi la fattoria è isolata e non mi disturba nessuno, se non sai dov'è manco la trovi.
- Eh già, è proprio nascosta - gli occhi di Ettore divennero due tizzoni ardenti, curiosi e allo stesso tempo avidi - Come si chiama il paese che non ricordo?
- Cariano, è la frazione. Ma perché non mi vieni a trovare, giusto qualche giorno? Almeno mi movimenti un po' il tempo libero, non ci vediamo da quanto... 15 anni?
- Si, certo. Ti verrò a trovare - il tono fu tale che suonò chiaro il rifiuto di Ettore, infondo come dargli torto la fattoria non era proprio il suo habitat.

Improvvisamente squillò il cellulare di Ettore, un numero sconosciuto. L'uomo si alzò di scatto e fissò per qualche secondo lo schermo come allucinato poi alzando l'indice si congedò dal cugino pronto a rispondere con lo stomaco stretto da una morsa di angoscia e paura.

- Ci diamo alla bella vita, coi miei soldi? disse sarcastica la voce dall'altro capo.
- Signor Tolmi, che piacere sentirla.
- Voglio i miei soldi entro i prossimi due giorni. Non scherzare con me, Ettore.
- Stavo proprio per ritirarli.

La comunicazione si interruppe. Ettore si girò di scatto per cercare il cugino, impaurito che avesse sentito qualcosa ma sembrò come sparito. L'angoscia si fece più martellante, tanto da generare un brivido violento lungo la schiena.

- Cazzo, questi mi ammazzano - pensò ad alta voce, digrignando i denti - Devo sparire, forse è meglio che la faccio finita, non gli darò questo sazio.

"Alla fine se ti ricordi la fattoria è isolata e non mi disturba nessuno, se non sai dov'è manco la trovi."
- Ma certo! Il Cielo mi aiuta e io manco me ne accorgo. Andrea!! Dove cazzo è finito!? Andrò da lui, figurati se mi verranno a cercare in una fattoria nel posto più inculato d'Italia?! - rise nervosamente - Si, si ora darò fondo ai miei ultimi risparmi e mi farò mantenere per qualche giorno da quel "bambinone". Oh cielo, grazie!

Inutile dire che Ettore non riuscì a trovarlo, quella sera. Forse era già andato via oppure si era spostato in qualche hotel vicino, pronto per ritornare a casa. La conferma giunse alla fine del ricevimento quando Ettore chiese informazioni in giro spacciandosi per un cameriere in cerca del proprietario di un portafogli smarrito. Ormai il gioco era fatto, sapeva il posto, il nome e il cognome (che poi gli giunse alla memoria dall'infanzia) non gli restava che fare il biglietto. A fine serata dopo essersi scolato la terza bottiglia di spumante decise di sdraiarsi sull'erba del parchetto annesso alla sala ricevimenti, nel buio quasi totale, la brezza primaverile baciava i suoi capelli scuri ed ondulati accarezzando i lineamenti appena duri e il taglio a mandorla degli occhi grigi. Preso dall'entusiasmo di aver trovato una soluzione sentì una voglia irrefrenabile di masturbarsi, prima sbottonò la camicia pesante ed aderente mostrando un petto appena villoso ma scolpito. Poi passò ai bottoni del cavallo liberando il cazzo già in tiro.

- Ho sempre festeggiato fottendomi una troia, questa volta lo farò fottendomi e basta. L'importante è non perdere le buone abitudini - rise di gusto sentendo l'eco tra gli alberi silenziosi.

Un profumo dolce di deodorante e maschio salì dai pantaloni, Ettore afferrò l'asta dura e flettendo la schiena vi sputò sopra lubrificando bene la cappella che non tardò a mostrarsi nel suo turgore rossastro. Lentamente cominciò a menarselo emettendo gemiti sommessi e rivelando di tanto in tanto qualche ciuffo di peli pubici, riccioluto e nero.

- Mh, come godo, sii - ripeteva nel pieno dell'eccitazione.

Non si preoccupava che potesse arrivare qualcuno, lui era così incosciente e spavaldo forse proprio queste sue "virtù" lo condussero nel baratro in cui si trovava che Andrea sembrava per il momento aver risolto.

Si afferrò i coglioni e cominciò a mungerli con la mano sinistra, poi smanioso si girò a pancia in sotto sull'erba sentendo il fresco del terreno e ancora si posizionò a carponi simulando una scopata e ripetendo parole volgari che lo eccitavano.

- Si puttana, ti piace. Lo senti quant'è duro? Ti sfondo troia, prendilo!! Cazzo, quanto godo!!

Poco prima di venire si sdraiò sull'erba e dedicò la sega:

- A te cugino, mia unica salvezza.

Venne abbondante sull'erba emettendo un urlo di piacere che senz'altro colsero fin dalla sala ricevimenti.

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