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Gay & Bisex

50 incredibili secondi: la fottuta di Emanuele 1.2


di honeybear
08.09.2014    |    12.126    |    0 9.3
"Allarga le gambe ed inizia a toccarsi il pacco attraverso il camice abbottonato..."
La vita di Emanuele tornò a scorrere entro i soliti binari: lezioni da frequentare, esami da preparare, allenamenti in piscina, qualche uscita con gli amici.
Il ricordo di quanto successo al centro medico tuttavia, tornava a stuzzicarlo con una certa frequenza. Soprattutto sotto la doccia. A casa come in piscina. Qui tra l’altro, faceva regolarmente in modo di essere l’ultimo a lavarsi: aveva infatti preso l’abitudine di toccarsi e masturbarsi sotto la rilassante pioggia d’acqua bollente. E le sue mani non si limitavano certo a lisciare il suo pelo ed il bell’uccellone. Le dita birichine, una volta finito di tormentare la cappella, prendevano la strada per il buchetto sul retro. Indugiavano a lungo, da sole o in compagnia, dentro, fuori e roteando, fino a che il suddetto pisellone non rispondeva venendo… Spesso non gli occorreva nemmeno terminare l’opera a mano: l’eiaculazione era conseguenza della stimolazione anale.
Gli incontri con Alberto dunque avevano lasciato il segno… E non solo fisicamente!

È al termine dell’ultima vasca giornaliera che Mauro, il suo allenatore, lo convoca in ufficio:
“Tieni – e gli porge una cartelletta – queste sono le ricevute delle vostre visite mediche, vidimate e firmate dalla società. Dovresti gentilmente portarle al centro medico e lasciarle alla segretaria”.
“Va bene, nessun problema. Quando…”
“Anche ora se puoi. Se non sbaglio sei di strada mentre torni a casa – guarda l’orologio - Ce la dovresti fare, l’orario di chiusura è alle 19.00. Ma in genere c’è sempre qualcuno che si ferma fino a tardi…”
E lui sa bene che è così… Sarà per questo che il cuore sussulta. E che anche più in basso qualcosa si muove. Emanuele comincia a sperare…
“Levati quell’espressione idiota dalla faccia!” lo rimprovera Mauro. Ma il ragazzo non lo sente: è già altrove…

Ore 18,30 centro medico. Sveva, la segretaria, compone un numero interno: “Dottore, se non ha bisogno di me, io andrei. Mi ha chiamata mio marito dicendomi che il bambino non si sente bene.”
“Vada pure signora. Finisco di compilare le cartelle degli ultimi due pazienti in attesa e me ne vado anch’io. Sì… sì, penso io a chiudere, come al solito. A domani… E mi faccia sapere di suo figlio”.
‘Bene, ed ora finiamo con le scartoffie, così poi mi levo dai coglioni…’
Seduto alla scrivania, Alberto si mette a compilare l’ennesima serie di moduli. Inavvertitamente la sua mano scende a toccarsi. Ha già una mezza erezione.
Pone sui documenti le firme necessarie e li porta ai pazienti in sala d’attesa per consegnarglieli.
Salutandoli calorosamente li accompagna alla porta. Che pensa di richiudersi alle spalle… Solo che sulla soglia compare Emanuele. Il suo fisico prestante è vestito di un paio di bermuda blu ed una polo azzurra attillata: nell’insieme davvero molto molto sexy.

L'aria si fa improvvisamente afosa e caldissima; eppure dalle finestre aperte soffia una leggera brezza che agita le cime degli alberi nel tramonto incandescente.

Lo fa entrare nella sala e dopo aver chiuso la porta a chiave lo guida nel suo studio:
“Dottore, perché ha chiuso la porta a chiave?” chiede il ragazzo con un pizzico di ironia ed imbarazzo.
“Perché la segretaria se n'è andata!” - risponde quasi seccato. Poi con la (s)cortesia ed il distacco che gli sono propri - Accomodati pure...” e chiude anche la porta dello studio alle sue spalle.
Emanuele preferisce rimanere in piedi. Sembra un po' teso.
Alberto invece si siede nella grande e confortevole poltrona in pelle scura. Lo guarda in faccia senza profferire verbo. Forse è un po' imbarazzato, ma cerca di dissimulare. L’altro non sa invece dove guardare. Gli occhi di entrambi giocano a sfuggirsi, ma è perfettamente tangibile che Emanuele vuole trovarsi esattamente dov’è. E anche Alberto è intimamente felice della sorpresa... Tant'è che, passandosi una mano sul mento, nasconde a mala pena un sorriso indecifrabile.
Per un attimo si fissano di sottecchi. Il cazzo di entrambi s’indurisce in pochi secondi, almeno a giudicare dai bozzi nei rispettivi pantaloni.
“Sono venuto a portare questa – gli allunga la cartelletta – E...” silenzio.
“Ebbene? - il giovane continua a rimanere muto. Senza distogliere lo sguardo Alberto lo incalza – Avanti parla, cosa c’è?”
Nello sguardo timido, si disegna un mezzo sorrisetto: “Ecco… Vede...”
Il medico comincia a spazientirsi: “Allora!? Vuoi venire al dunque o pensi di metterci tutta la sera? – guarda l’orologio - No perché, avrei di meglio da fare!!”
“…Ho uno strano prurito sotto i testicoli. Cioè... fra i testicoli e...”
“Fra i testicoli e l'ano? – chiede sorpreso e con un tono quasi canzonatorio - Si chiama perineo quella regione del corpo. E se si tratta di pruriti, nei, foruncoli o dio sa cos’altro, la competenza è del dermatologo… Non certo del medico sportivo!”
“Ecco… Lo so…”
Sa anche che la scusa è tra le più banali, quasi presa da uno di quei filmetti di serie ‘B’, ma non gli è venuto in mente nient’altro per attirare l’attenzione dell’uomo. Che certo non lo incoraggia.

Alberto infatti si limita ad osservarlo. O meglio, fissa ancora quel sorriso strano... E ascolta quella voce fra l'imbarazzato e il divertito... Come se gli stesse giocando uno scherzo. Scherzo che probabilmente sarebbe molto divertente ed eccitante se lui decidesse di stare al gioco, ma che potrebbe risultare compromettente nel caso accettasse la provocazione. Del resto, negli incontri precedenti, aveva fatto in modo di definire dei ruoli ben precisi. E non intende transigere!
Il dilemma richiede tuttavia una soluzione rapida. Su un piatto della bilancia, un fisico da urlo con un faccino sorridente che, apparentemente, richiede una sorta di consulto medico.
Sull’altro, il sospetto (quasi una certezza, in realtà) di una scusa, e che Emanuele, venuto al centro per assolvere al compito assegnatogli, ora creda di farsi toccare le palle e il culo e magari riuscire a divertirsi con il dottorino.
‘Mmm… - avvicina gli indici con aria meditabonda – Mmmm…’ elucubra, mentre sente il suo cazzo bagnarsi. Comunque fossero andate le cose, qualunque idea avesse in testa, una cosa era certa: Emanuele si sarebbe dovuto spogliare ancora una volta, mostrandogli, come sempre, il suo lato migliore!

“Dottore!? Dottore… Mi sta ascoltando!?” la voce del ragazzo lo riporta alla realtà.
“Sì… Sì… Dicevi che senti questo prurito…”
“Sì, in genere mi viene dopo l’allenamento. Forse è colpa del cloro… Però se gratto il… Il perineo mi si riempie di puntini rossi… E questo è anche quello che mi è stato fatto notare mentre…”
“Mentre?”
“Vede Dottore… - Emanuele è visibilmente imbarazzato e ad Alberto eccita vederlo arrampicarsi sugli specchi: sente le dita scricchiolare pericolosamente (metaforicamente parlando) – Sì insomma, Dottore, ogni tanto pratico del sesso orale, e capita di mettersi nella posizione del 69… Quindi...”
Alberto sta per scoppiargli a ridere in faccia: mai sentita una sequela di banalità e cazzate come quella…
“E qual è la posizione del 69?” chiede dissimulando un tono freddo e distaccato, tenendo gli occhi puntati addosso al ragazzo. Per enfatizzare il tono interlocutorio, si sporge in avanti appoggiando i gomiti sulla scrivania.

Emanuele è disorientato: quello sguardo diretto e il rossore sulle guance di Alberto possono significare che quell’uomo così virile ha deciso di stare al gioco. Tuttavia le parole ed il tono usato, non lo mettono affatto a suo agio… Ed il fatto che lui rimanga impassibile dietro la scrivania…
“No niente... Mi scusi Dottore… Volevo solo dire... – è visibilmente in difficoltà: si dibatte inutilmente come un pesce appena pescato che cerca di ritrovare l’acqua – Niente. Forse è meglio che torni a casa e segua il suo consiglio: andrò dal mio medico di base…” risponde infine con un filo di voce, balbettando.
Un sorriso quasi crudele si allarga sul viso di Alberto. Emanuele riesce solo ad intravederlo in quanto ancora nascosto dalle dita che picchiettano tra loro:
“Non ti ho dato il permesso di andare. Adesso invece definisci al tuo Signore l’espressione ‘posizione del 69’! E se la spiegazione non sarà esauriente, ti aspetta una bella punizione!”
Alberto fatica a dominarsi. Fatica a non lasciarsi travolgere dall'eccitazione e dalla passione suscitatagli da quell’aitante ragazzo. Che, probabilmente vuole soltanto provarci, ma che, come sempre, è bellissimo avere in pugno. È bellissimo soggiogare.

Emanuele intimorito, prova ad ubbidire. L’atteggiamento è quello di chi, dopo uno spavento, corre alla cieca: senza guardarsi indietro e senza domandarsi dove va.
“Il 69 è quando due persone si spogliano completamente e una lecca il sesso dell'altra…”
“Prosegui…”
“In genere la ragazza succhia il membro maschile…”
“Non è quello che voglio sentirti dire!”
“Ciascuno dei due uomini succhia il cazzo dell’altro…”
“Prosegui…”
Silenzio.
“Prosegui ho detto!”
Emanuele suda. Non fa freddo eppure…
“Ecco… Se poi uno dei due… O entrambi avessero voglia di farsi leccare il culo…”
Alberto torna ad appoggiarsi allo schienale, allontanando la poltrona dalla scrivania. Allarga le gambe ed inizia a toccarsi il pacco attraverso il camice abbottonato. Con discrezione, ma non senza che Emanuele se ne renda conto:
“E tu cosa preferiresti: farti succhiare il cazzo o leccare il culo, eh?! Rispondi, rispondi al tuo Signore!”
Sulla faccia di Emanuele ricompare quel mezzo sorrisetto: continua a metterlo a disagio questo atteggiamento… È come se i ruoli si stessero invertendo e fosse il ragazzo a voler dettare le regole… O, più semplicemente, Emanuele ha definitivamente compreso le regole del gioco e provava ad applicarle:
“Signore… mi piace farmelo succhiare, e mi piace anche quando giocano col mio culo... – esita – Forse… Forse lei…”
Il suo uccello sta diventando duro: Alberto lo vede dibattersi dentro i pantaloncini. Le sue guance s’imporporano leggermente. È il momento di alzarsi e, sempre rimanendo dietro la scrivania, porsi di profilo. Si sbottona il camice e l’appende: è soltanto un altro mezzuccio per mettere in vetrina la sua vistosa erezione. Il cazzo è perfettamente teso e forza contro l'elastico delle mutande ed il tessuto dei pantaloni chiari indossati. Il sudore e il liquido prespermatico fanno il resto, ovvero indicarne esattamente la grossa forma e la posizione.
Ad Emanuele non sfugge un dettaglio di quello spettacolo: dal suo sguardo scompare ogni timore mentre, con un sorriso malizioso, s’aggiusta il cazzo attraverso i vestiti.
Ormai entrambi si domandano quale sarà l’epilogo del gioco intrapreso.

“Vai verso il lettino. Resta in piedi!” gli ordina.
Emanuele esegue prontamente. Alberto lo raggiunge. Si ritrovano uno di fronte all’altro. I volti a pochissimi centimetri di distanza. La tensione e l’eccitazione sono alle stelle.
“Togliti i vestiti!” gli ordina mentre si leva la cravatta, arrotolandosi le maniche della camicia.
Emanuele si slaccia la cintura, guardandolo quasi con aria di sfida. Si sbottona lentamente i bermuda abbassandoli fino alle caviglie. Nel chinarsi passa a pochi centimetri da quel pacco che tanto desidera, umettandosi le labbra mentre si sofferma ad ammirarlo.

L’esito dell’operazione lascia il giovane con un paio di boxer aderenti di cotone bianco con l'elastico nero. Gli disegnano un sesso grandioso, di cui s’intravede la sagoma già nota: un'asta lunga e decisamente larga.
In corrispondenza della cappella, una chiazza umida. Anche lui è talmente eccitato che la punta del suo uccello si è bagnata: l'odore di sesso, di maschio è quasi palpabile nell’aria. Un’aria che sta veramente diventando bollente. Almeno a giudicare dal sudore prodotto sui due corpi, effetto del gioco praticato.
Lo spettacolo del resto toglie ancora una volta il fiato: le cosce esibite sono grosse, robuste, muscolose e coperte di una bella e fitta peluria scura.
Mancano i boxer. E ovviamente la polo…
“Bravo. Adesso girati, su! - ordina Alberto sedendosi sullo sgabello: le braccia appoggiate alle ginocchia leggermente divaricate. Osserva con la solita aria di sufficienza. - Allarga un po' le gambe e piegati con la pancia sul lettino, forza. Che cazzo stai facendo? – parte una potente sculacciata che lascia cinque aloni rossi sulla coscia destra di Emanuele - Mettiti in piedi accanto al lettino su questo lato, e appoggiaci la pancia sopra.”
“Sì… Sì Signore!” l’effetto della pacca è quello di fargli indurire l’uccello ancora di più: l’accesso al suo didietro è ora libero! Lui non può farci assolutamente nulla se non lasciarsi ammirare.

Ed è esattamente ciò che sta facendo Alberto. Ammirare un culo che già conosce, e di cui, ancora una volta, deve riconoscere la perfezione. E da quella posizione lo può apprezzare in tutto il suo splendore. Bello grande, ma non esagerato. Sodo duro e tondo. Con ancora indosso le mutande.
Il respiro di Emanuele è affannato: un misto di eccitazione, imbarazzo, divertimento ed un po' di soggezione e rispetto per il suo Signore. Tuttavia si sta divertendo: quel gioco gli piace. E lo stesso vale per colui che lo sta conducendo:
“Toglile…”
“Cosa… Cosa Signore?” arriva una seconda, sonora sculacciata.
“Cosa secondo te? Posso forse visitarti il culo attraverso le mutante?”
“Le devo togliere Signore?” un’altra pacca. Più forte. Alberto non ama essere preso in giro, soprattutto quando la memoria va al copione recitato la prima volta...
Emanuele si abbassa dunque i boxer, rimanendo girato verso il lettino. La punta del suo cazzo eretto le blocca un istante premendo contro l'elastico. Stavolta Alberto glielo libera velocemente con uno strattone:
“Aaahhh...” si lamenta l’altro senza ottenere considerazione.
Fantastico. Quel culo così sexy, ricoperto dal vello scuro ricompare davanti agli occhi sbarrati del dottore per la terza volta. E per la terza volta quell’odore di maschio così penetrante, inconfondibile, per niente sgradevole, torna ad inebriargli le narici. È un odore al quale sa di non resistere a lungo. Forse è per questo che la cerniera dei pantaloni si apre per estrarre il membro.
Senza dire una parola, senza ancora toccarlo, Alberto, con quel gran culo davanti alla faccia, inizia a masturbarsi lentamente ammirandolo estasiato.

I secondi scivolano via velocissimi: Emanuele, visibilmente eccitato e irrequieto, non fa e non dice nulla. Sa di non poterlo fare… E sa benissimo che il suo Signore vuole tenerlo sulle spine. E, ancora, sa che la cosa alletta entrambi.
Un alito di vento: Alberto si è alzato per avvicinarsi a quei glutei marmorei. Li colpisce con una pacca tanto forte da far sobbalzare Emanuele, a cui allarga le chiappe per ispezionare la zona incriminata: ovviamente non c’è alcun arrossamento o brufolo… Niente di niente.
‘Come immaginavo: questo figlio di puttana si è inventato tutto…’ pensa sorridendo meditabondo.
Non solo: aveva ottenuto quel che voleva (incontrarsi nuovamente con lui)… L’unica cosa che non poteva fare, era d’inventarsi le regole del gioco.
“Puoi parlare…”
“Volevo… – si schiarisce la voce. Il tono tenta di essere languido, seduttivo – Volevo sapere se è tutto a posto.
“Non lo so ancora, non ho ancora cominciato col tuo culo.”
Rispose con un mugolio… Memore di cosa significa per il Dottore quell’affermazione.

“Chiedimelo…”
“Signore… Non capisco…” e, mentre si sente afferrare violentemente per i capelli, parte una scudisciata a cinque dita.
Ansimando, con gli occhi rovesciati, prova a formulare la giusta richiesta: “Signore… Signore, mi sono inventato tutto… Quella del prurito era solo una scusa! Solo una scusa…”
“È un buon inizio… - sogghigna – Ed ora vai avanti. Sta’ attento a ciò che dici. A ciò che chiedi!”
“Io volevo solo… Vorrei… - non sa come chiederlo. Per fortuna l’altro aspetta pazientemente – Oh cazzo! Signore, la prego! La pergo, per una volta ancora, giochi col mio culo!”
Alberto sorride: il trattamento può iniziare. Preme contro il viso contro i glutei ed inspira il suo delizioso profumo. Prosegue facendo scorrere fra le chiappe la barba di qualche giorno: su e giù, lasciando sospirare l’altro di piacere. Infine estrae la lingua e lo lecca dal basso verso l'alto, soffiando tra i peli. S’interrompe di colpo:
“Hai altro da aggiungere – sempre tirandolo per i capelli – Eh!? Hai altro da aggiungere?”
“Per favore Signore, ne ho voglia – lo supplica agitandosi - Ne ho voglia da quando l’ha fatto la prima volta. E poi la seconda. Da quel giorno ho sempre cercato un modo per tornare da lei… Dal mio Signore… Per farmi toccare, per sentire la sua voce… I suoi ordini… E per assecondare i suoi desideri…”
Alberto si schiaccia sopra di lui: i corpi leggermente sudati sono ora uno sull’altro. Il profumo acre della pelle del giovane schiavo gli riempie le narici. Le sue mani iniziano a toccarlo.
“Continua…” gli torce i capezzoli turgidi, tanto da fargli male.
“Aaahhh! Adesso… - un sospiro - Adesso però non mi basta più!”
“E cosa vuoi allora?”
Lo monta per fare in modo di guardarlo dritto negli occhi e sentirgli rispondere:
“Quel che il mio Signore desidera…” e china la testa. Non in segno di sconfitta, ma di totale sottomissione a quell’aguzzino che tanto lo affascina. E che ricambia il desiderio espresso con un sorriso di diabolica soddisfazione.
Alberto solca con la lingua la linea tra le chiappe. Insaliva copiosamente il bel fondoschiena, concentrandosi sull’anellino rosa che spicca nell’intrico di peli ed inizia ad insinuarvi le dita:
“Sai cosa devi fare ora, vero?” chiede mentre ne infila una per intero.
Emanuele serra le mascelle per il dolore. Le dita diventano due. Tre. Entrano insieme o da sole: il dolore sembra accecarlo.
“Vero, che ricordi ciò che ti ho insegnato?” ribadisce.
“Sì, Signore” ed inizia a contare fino al numero fatidico mentre le sente girare dentro, e subito dopo, ondeggiare velocemente da una parte e dall'altra. Quel buchino stretto che cinge le nocche di quella mano delicata o violenta, lentamente si sta dilatando.
Tra infiniti spasmi.
A volte le spinte sono tanto energiche da spingere il corpo del ragazzo in avanti con una tale forza da spostargli il bacino. L’azione di Alberto prosegue senza crudele e sfrenata, incurante delle reazioni provocate, per una decina di minuti: il Signore si gode tranquillo lo spettacolo. L’uccello gli s’indurisce ulteriormente nell’ascoltare la respirazione di Emanuele, a tratti interrotta, a tratti accelerata. È conscio del fatto che quel tormento procura sofferenza, ma è altrettanto sicuro che i gemiti emessi sono di puro godimento…
L'altra mano, mentre l’enumerazione continua, non resta certo inoperosa: masturba i due uccelli, gli accarezza le cosce o sfiora leggermente solo il cazzone di Emanuele, sul punto di esplodere.
“Quarantanoveee… Cinquantaaahhh…”
- Continua 1.2 -
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