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Gay & Bisex

Educazione al cazzo 7


di pinghe69
11.01.2013    |    7.442    |    2 7.3
"Come ho già scritto, da una settimana non ero riuscito a mettermi in contatto con Fabio, fu del tutto occasionale che lo rincontrassi..."
Da quasi una settimana non avevo notizie di Fabio, non lo avevo visto sulla spiaggia e le volte che l’avevo chiamato al telefono avevo sentito da una impersonale voce femminile “l’utente non è al momento raggiungibile”.
L’avevo lasciato in quel parcheggio insieme a Desirèe e a Paolo circondato da guardoni arrapati. Me ne ero andato via perché ero sfinito e non sopportavo più quella strana situazione. Finita l’eccitazione che mi aveva dato il corpo burroso di Desirèe e la sua fica prensile che mi aveva svuotato fino all’ultima goccia i miei coglioni, mi sono sentito estraneo a quell’assurdo gioco; i volti dei guardoni, sfigurati dall’eccitazione, mi sembrarono orribili mascheroni che danzavano in un carnevale di balordi. Non ero protagonista ma semplice strumento della follia erotica di quei due improvvisati amici. Durante la lunga passeggiata piedi che, nel fresco della notte avevo fatto per raggiungere casa, mentre camminavo come una automa, con la mente sono andato a ritroso cercando di trovare nelle mie passate esperienze erotiche un filo conduttore del mio modo d’essere.
In quella serata avevo vissuto, in un groviglio di sensazioni, esperienze omo ed etero, senza che quello che facevo avesse veramente un senso, solo trascinato certamente anche dall’alcool che in grande abbondanza avevo bevuto, ma anche e forse di più dal bisogno di riempire la mia vita con qualcosa che mi allontanasse dalle delusioni quotidiane, ora però mi trovavo più vuoto ancora.
Mi erano tornate alla mente le mie prime esperienze, avevo quattordici anni, mi facevo le seghe spiando la Santina che si lavava, le sue grandi tette avevano una forza di attrazione irresistibile. Spiandola avevo scoperto che mio padre aveva una storia con lei.
Mio padre era un uomo robusto oggi lo si definirebbe un orso, aveva una grande carica vitale, mentre mia madre era il suo esatto opposto, sia nel fisico che nello spirito, chiaramente il loro matrimonio doveva essere stato un matrimonio combinato per tutelare e ingrandire il patrimonio di famiglia. Lei era il tipo che sessualmente assomigliava molto ad un semolino senza sale. La Santina era una donna di circa trent’anni, dal culo e dalle tette prorompenti, solare sempre allegra, grande lavoratrice, ormai in casa nostra da quasi dieci anni. Mio padre, avevo scoperto, le andava a fare visita ogni volta che riusciva a sfuggire dal controllo della moglie. Un giorno era un pomeriggio di maggio, mia madre era andata in chiesa per il rosario, sentii mio padre salire al piano superiore dove c’erano le camere mia e di Santina, ovviamente entrò in quella della cameriera, era così allupato che non si preoccupò di chiudere la porta. Non resistetti e nascosto dalla penombra del corridoio mi misi a spiare. I due erano nudi al centro della stanza, Santina inginocchiata teneva fra le sue grandi tette il cazzo paterno. Ebbi una scossa all’inguine, ero affascinato non solo dalle tette della Santina ma anche dal maestoso cazzo di mio padre.
La scena si spostò sul letto, Santina si mise a pecorina in attesa di essere impalata. In quel momento invidiai la nostra cameriera, assistevo ad una scena in cui avrei voluto essere uno dei protagonisti, non volevo essere mio padre ma Santina che accoglieva dentro di se quella focosa asta. Quel giorno incominciai a prendere coscienza della mia doppia natura. Non persi una occasione di spiare mio padre ma contemporaneamente mi feci coraggio e invece di spiare la Santina incominciai, in ogni occasione, ad abbracciarla a dirgli quanto la desideravo. All’inizio la Santina mi respingeva ridendo, poi una notte, datomi coraggio, mi presentai nudo nella sua camera. Santina rimase per un momento titubante su come comportarsi, poi ammirata dal mio cazzo in tiro, sorridendo, mentre me lo prendeva in mano , mi disse: “ guardandoti vedo che sei proprio il figlio di tuo padre.”
Da quella sera, divenni io l’amante preferito da Santina.
Non molto tempo dopo mia madre, all’improvviso morì. Non ne fui particolarmente addolorato perché non avevo mai ricevuto da lei un gesto di calore e al contrario mi sentii più libero di dare sfogo alla mie pulsioni, non dovevo più sentire le sue litanie sulla moralità, su i pericoli del sesso. Santina divenne sempre più importante nella nostra casa, fino al punto che mio padre le chiese di sposarlo. Ora avevo una nuova mamma ma soprattutto una appassionata amante. Mio padre era sempre più allupato, liberato dal moralismo oppressivo di mia madre, non si tratteneva più nella sua necessità di sesso, anche con me abbandonò ogni riguardo. Un giorno ero sotto la doccia, entrò nel bagno per pisciare, tirò fuori il suo grosso cazzo che sebbene ancora addormentato mostrava tutta la sua importanza. Io fui preso da quella fontana che non tolsi lo sguardo anche quando mio padre si girò e mi vide. Capì dove era diretto, scoppiò in una grande risata, “ti piace il cazzo di tuo padre?” disse divertito. Preso da una improvvisa idea, incominciò a spogliarsi e quando fu nudo entrò senza indugi nella doccia.
Mi guardava come fosse la prima volta, mi squadrò tutto, poi mi prese in mano il cazzo e con fare da intenditore : “hai un bel cazzo figliolo”.
Dopo quel giorno sempre più spesso accadeva di ritrovarci insieme nella doccia, prima per scherzo, poi il gioco si fece più serio, avevamo preso l’abitudine di segarci reciprocamente. Col passare del tempo mi feci più audace e un giorno mi inginocchiai e gli presi il cazzo in bocca.
Si era creata una così forte confidenza erotica con mio padre che si arrivò a romperci vicendevolmente il culo. Non avevamo dimenticato Santina, che continuava a ricevere l’omaggio del mio cazzo e quello di mio padre. L’ovvia conseguenza fu che rimase incinta. Mio padre era entusiasta, io ero perplesso, chi aveva ingravidato la mia nuova mamma? Santina mi giurò che il padre ero io, con il vecchio lei si era sempre cautelata rispetto a gravidanze inopportune mentre con me era sempre andata a ruota libera. Così a quindici anni ebbi una Figlia/sorella.
A quelle storie era ritornata la mia mente mentre tornavo quella notte a casa.
Come ho già scritto, da una settimana non ero riuscito a mettermi in contatto con Fabio, fu del tutto occasionale che lo rincontrassi.
Il pomeriggio di quel giorno tornando dal mare mi ricordai di avere il frigorifero quasi vuoto e trovandomi a passare davanti a un supermercato decisi di entrare. Camminando con il carrello lungo gli scaffali mi trovai davanti Fabio. Lui aveva solo un cestello di plastica e si stava avviando alla cassa.
“ciao” mi disse con fare imbarazzato.
“ciao” fu la mia laconica risposta.
Restammo fermi l’uno di fronte all’altro senza parlare poi fu Fabio a rompere quel silenzio:
“ho bisogno di parlarti, sono confuso, vorrei il tuo aiuto.”
“Non c’è problema, quando vuoi”
“Non qui, se non hai impegni puoi venire dopo a casa mia?”
Anche se mantenevo un atteggiamento sostenuto, morivo dalla voglia di sentire il suo racconto su quell’ultima settimana. Il fatto che mi chiedeva aiuto voleva dire che la sua avventura era stata piena di sorprese. Rapidamente chiusi quel colloquio:
“Va bene, appena mi libero vengo a casa tua”.
Ero seduto sul divano del suo tinello, mi ero sistemato comodo, le braccia appoggiate alla spalliera. Fabio in piedi si muoveva agitato, io aspettavo che incominciasse a parlare, lui sembrava cercare le parole per iniziare la sua confessione. All’improvviso venne a sedersi accanto a me sul divano, scoppiò in un pianto dirotto, mi abbracciò sussurrandomi “aiutami a capire”.
Mi fece tenerezza, a mia volta l’abbracciai, presi a leccargli le lacrime che gli scendevano sulle gote, dandogli di tanto in tanto piccoli baci sul viso. Passammo così in silenzio un lungo momento. Fabio si era calmato, solo allora gli feci l’ovvia domanda:
“Se vuoi che ti aiuti raccontami, ti avevo lasciato su quel piazzale felice e gasato per quello che era successo, a distanza di pochi giorni ti ritrovo moralmente a terra e svuotato dentro; cosa è successo?”
Fabio fece due lunghi respiri poi tenendo gli occhi bassi incominciò a parlare.
“In pochi giorni sono passato dal paradiso all’inferno. In un primo tempo ho pensato di avere trovato il più felice modo di vivere la vita; io che ho sempre avuto problemi nel rapporto con le donne, avere in Desirèe un corpo morbido appetibile sempre a disposizione mi sembrava di essere arrivato al paese dei balocchi, potere stare appoggiato, rilassato, a quelle tette morbide e abbondanti, trovare qualche buco accogliente ogni volta che il mio cazzo si irrigidiva mi ha elettrizzato.
Paolo, dimostrando di amare ogni forma di umiliazione, ci assecondava nella ricerca del piacere, la sua lingua prensile riusciva sempre a farmi rinascere il cazzo, preparava il buco della moglie che dovevo penetrare, con la lingua deliziava il mio ano e le mie palle mentre chiavavo Desirèe. Avevamo perso il senso del giorno e della notte, erano i nostri corpi le nostre fantasie i nostri sensi esasperati a guidare le nostre azioni. Vivevamo ventiquattrore su ventiquattro assecondando i nostri sensi, mangiando, bevendo, facendo ogni sorta di esercizi sessuali per poi piombare in sonni profondi. A tarda notte si andava in giro per trovare nuovi partener al nostro gioco sessuale, per provare nuove sensazioni, cercare il nostro limite che sembrava non esistere. Continuava la sfida fra me e Paolo per chi riusciva a succhiare più cazzi. Cazzi sconosciuti di ombre sconosciute.
Pensa mi disse con un sorriso mesto – dovrei essere orgoglioso perché alla fine ho vinto io, dopo tanti pareggi l’ultima sera ne ho succhiati ben due più di lui. Avevo il volto ricoperto di sborra che seccandosi dava l’impressione di una superfice da cui pendevano bianche stallatiti. Ho visto, gustato e succhiato cazzi di tutte le dimensioni, di tutti i colori, non mi ricordo nemmeno un volto di quelli che mettevano il loro membro sul finestrino aperto dell’auto, come fossero ad un bancomat del sesso.
La mattina del quarto giorno mi ha svegliato un odore dolciastro, ho aperto gli occhi mi sentivo vuoto, i miei due amici stavano fumando due spinelli per ritemprarsi, io ero nauseato da quell’odore, tuttavia accettai di fare una tirata. La conseguenza furono conati di vomito, ero così indebolito che quello che mi usciva dalla bocca si riversò, puzzolente sul mio petto. Desirèe e Paolo non trovarono di meglio di scoppiare in una grande risata. La cosa mi fece infuriare, rimanendo sdraiato, non avevo la forza di alzarmi, gli urlai con l’ultimo filo di voce, di andarsene, poi crollai come svenuto. Non so quanto sono rimasto in quello stato, era sicuramente buio quando ho riaperto gli occhi. In casa ero solo, puzzavo come una cloaca, il vomito si era rappreso, ancora le forze erano scarse, a gattoni mi portai seduto nella doccia, aprii l’acqua, lentamente quello scroscio sul mio viso sul mio corpo mi riportò al mondo. Finalmente ero riuscito a liberarmi di tutti gli indumenti intrisi di sudiciume, quell’acqua che scrosciava sul mio corpo nudo mi dette l’impressione di liberarmi, di purificarmi da quello che era diventato un incubo.”
Fabio aveva smesso di parlare, mi guardava come se volesse leggere sul mio viso il mio giudizio, lo aspettava con evidente ansia. Sicuramente si aspettava che gli dicessi: “te lo avevo detto”, oppure “me l’ero immaginato”. Il mio silenzio aumentava quell’ansia.
Quell’ansia che gli leggevo negli occhi mi spinse a parlare:
“Tu dovresti sapere che non è mia abitudine dare giudizi sul comportamento degli altri, sei tu che con il tuo atteggiamento contrito hai giudicato la tua settimana di fuoco. Credo il tuo attuale giudizio è altrettanto sopra le righe di quello che all’inizio ti ha fatto credere di avere trovato il paradiso terrestre. Il sesso è una brutta bestia che bisogna sapere gestire, con la testa e non con il cazzo. Quando è l’attrezzo che hai in mezzo alle gambe a decidere, puoi avere la sensazione di riuscire a volare ma poi come Icaro piombi, disastrato a terra. Se giustamente rifiutiamo quelli che vedono nel cazzo e nel sesso l’opera del diavolo, quelli che di fatto vorrebbero castrarci, non possiamo nemmeno cadere nell’errore opposto. La natura ha visto nella sessualità la molla per la procreazione, per la continuità della specie. Gli animali hanno in genere due periodi all’anno in cui vanno in calore. Fuori da quei periodi non hanno stimoli sessuali. L’uomo ha dirazzato, le sue pulsioni operano in tutto l’arco dell’anno, al semplice scopo della riproduzione ha aggiunto quello del piacere. Anzi quest’ultimo obiettivo è diventato l’obiettivo primario. A sostegno di questa scelta l’uomo si è dato, attraverso la tecnica strumenti che allontanano la procreazione anche come semplice pericolo. Il sesso è diventato piacere. Queste scelte hanno fatto crollare il tabù che il sesso deve essere etero. Senza l’antico preciso ancoraggio alla riproduzione della specie, il sesso oggi rischia di diventare un semplice prodotto commerciale, si tende ad accrescerne la quantità delle prestazioni senza porre la necessaria attenzione alla qualità delle stesse. Il cazzo con le sue pulsioni e non il cervello è la molla del nostro agire sessuale. Questo comporta che stiamo perdendo la capacità di un rapporto umano. Ormai il rapporto è cazzo/ cazzo, cazzo /culo o secondo dei gusti cazzo /fica, infine lingua/cazzo o lingua /fica. Il resto è 0 opzionale. Svuotate le palle, raggiunto l’orgasmo però si resta vuoti dentro. Se abbiamo condannato chi ci voleva ridurre a puri spiriti e abbiamo rivendicato l’importanza della fisicità nel rapporto con gli altri, dobbiamo essere coerenti affermando che il rapporto non è con un singolo organo ma con la persona che si ha tra le braccia. Il cazzo deve spingerci alla piena fisicità con gli altri, non diventarne il simulacro.”
Avevo smesso di parlare perché mi sono accorto che stavo facendo un comizio .
Avevo Fabio fra le mie braccia, lo strinsi più forte a me, sfiorai con le mie le sue labbra, lui subito rispose, la sua lingua cercò la mia, non potei che aprire un piccolo varco fra le mie labbra per ricevere quell’intruso desiderato. Era il segnale che ci eravamo ritrovati, le mie mani lo accarezzavano e Fabio prese a strusciare il suo corpo contro il mio, vibrava tutto, i suoi gesti erano dettati non solo da un impeto sessuale ma da qualcosa di più profondo, sentiva di appartenermi.
“Che facciamo con questi vestiti addosso” dissi in un momento in cui la mia lingua non era impegnata in una dolce tenzone con la sua.
“Vieni nella mia alcova” mi rispose con fare ironico. Sempre appiccicati l’uno all’altro si fecero i pochi metri che ci separavano dalla sua camera.
Mi aveva fatto sedere sulla sponda del letto, si era inginocchiato davanti a me: “lascia che ti spogli” mi disse guardandomi con due occhi fiammeggianti. Più che spogliarmi sembrava che fosse il celebrante di un rito, annusava ogni indumento che mi toglieva come se cercasse nel mio odore l’ambrosia degli dei, inspirava poi dalla sua bocca usciva un dolce lamento di estasi. Ero rimasto solo con i miei boxer, questa volta non aspettò di togliermeli prima di odorarli. Premeva il suo viso su quell’ultimo indumento con la conseguenza che il mio cazzo ebbe un sussulto, lui se ne accorse e alzando gli occhi verso di me fece un sorriso di complicità. Mi venne istintivo di portare una mia mano sulla sua nuca e di spingerlo con forza verso la mia bestia risvegliata, ubbidiente con la lingua prese a definire i contorni di quel coso che si stagliava sotto la stoffa. Con delicatezza prese l’elastico e lentamente abbassò la mia mutanda, leccava ogni centimetro di pelle che emergeva da quella operazione, quando arrivò a essere prossimo a denudare il mio cazzo si fermò, invece di tirare in basso l’elastico lo tirò per allargarlo e così permettendo alla mia cappella di emergere come un pesce che mette fuori la testa dagli abissi marini. Rimase per un attimo, come folgorato, a guardare quella apparizione, poi con un movimento lento portò la sua bocca su quella prugna rossa vibrante e prese a succhiarla mentre la sua lingua ne percorreva il perimetro.
Non volevo che quella cerimonia finisse in un ovvio pompino, lo tirai su in piedi e: “vedo che ricadi sempre nel banale vizio, non sono venuto per farmi fare un pompino ma per prenderti tutto, certo il tuo corpo ma attraverso lui anche la tua mente e le tue emozioni.
Troppe volte si confonde un rapporto sessuale con la necessità di svuotarsi i coglioni.
Avevi cominciato bene, odorare i miei indumenti significava che nell’approccio, un altro senso era entrato nel nostro rapporto, l’odore è una componente essenziale del rapporto; può allontanare quando è incompatibile o diventare elemento di richiamo perché stimola qualcosa che non si percepisce a livello di coscienza ma che esiste nel nostro profondo”.
Mi ero sdraiato sul letto nudo supino, rivolgendomi a Fabio: “ godi il mio corpo con lo sguardo, cerca i suoi odori.”
Era ancora vestito, prese a spogliarsi senza staccare lo sguardo dal mio corpo che gli si offriva, poi salì sul letto e come un cane da tartufi prese a strusciare il suo naso sulla mia pelle e a leccare prima il mio viso poi scese sul petto, sotto le ascelle inspirò profondamente e poi le leccò gustandone il sapore salino. Arrivato ai miei piedi aveva finito la perlustrazione, prima di risalire prese a succhiarmi gli alluci. Lo attirai verso di me, lui venne ad accoccolarsi sulla mia spalla lo strinsi forte, lui tremava cercando nel mio abbraccio un calore di cui sentiva il bisogno. Riprendemmo a baciarci, le nostre lingue erano insaziabili nel rincorrersi e nell’avvitarsi l’una con l’altra mentre le nostre mani presero a godere della consistenza della carne, ci pizzicavamo ogni parte del corpo raggiungibile senza doversi staccare dall’abbraccio. I nostri sessi erano incastrati fra i nostri corpi, mani fameliche li liberarono, avevamo i nostri cazzi tesi duri come il marmo che svettavano orgogliosi.
“ E’ bello guardare queste nostre propaggini testimoni del nostro desiderio” dissi guardandolo negli occhi che aveva spersi in quella visione di orgoglio mascolino.
Fabio non si trattenne: “non posso farci nulla il cazzo mi piace, mi risucchia anche l’anima”.
“Anche a me il cazzo piace, - gli risposi -quello che devi imparare e che anche, lo sguardo, l’attesa è piacere, Il piacere vero nasce dal cervello, se tu succhi un cazzo , l’orgasmo lo prova chi riceve l’omaggio della tua lingua e della tua bocca, eppure tu ne godi anche se non hai la vocazione del buon samaritano. L’orgasmo è una componente del piacere, ma il piacere vero è qualcosa di più complesso. La domanda che ti devi porre è: dopo l’orgasmo, quel corpo che è attaccato al cazzo appena goduto, che cosa è per te? Nelle tue nottate brave che c’era un corpo attaccato ai cazzi che succhiavi non ti è mai importato. Allora perché non cerchi nella tecnologia una soluzione ai tuoi problemi. Puoi comprarti una collezione di cazzi di tutte le dimensioni e colori e decidere la sera standotene tranquillo nel tuo letto da quale cazzo farti impalare. Pensa che quei cazzi finti non comportano il pericolo di malattie e nemmeno di eiaculazione precoce. Quando quell’arnese meccanico ti ha sfondato il culo e con lo sfregamento della prostata ti ha anche fatto sborrare, abbracci il cuscino per sentirti meno solo?
Ridiamo ai nostri organi sessuali, siano essi il cazzo la fica o il culo il loro giusto valore, sono i necessari coadiuvanti nella ricerca del piacere che si può raggiungere a pieno solo se dopo l’orgasmo hai più voglia di prima di stringere a te il tuo partener.”
La lezione era finita, ora volevo prendere il mio amico, e raggiungere l’estasi urlando con lui per il piacere che ci saremmo dati dati.

(fine del racconto - chi volesse discuterne [email protected])



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