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Gay & Bisex

Emanuele 3.1


di honeybear
24.08.2015    |    10.015    |    3 7.4
"Si protendono uno verso l’altro, cercandosi..."
“Mmm… - la lingua di Emanuele fruga nella bocca di Serena. La ragazza geme sospirando - …Mmm…”
Sono mesi che ci sta provando con lei e, finalmente, complice la noia e la monotonia di un ferragosto in solitudine, il suo piano di conquista sta procedendo a gonfie vele.
Con una scusa nemmeno troppo originale, è riuscito a trascinarla a casa sua.
Due moine, iniziano a limonare sempre più duro sul divano, ed ora le sue mani stringono i due meloni della tipa così forte che a momenti glieli stacca.
‘Probabilmente anche lei non è indifferente al sesso un po’ spinto’ pensa il ragazzo, dato che lo lascia libero di divertirsi a mordicchiarle i capezzoli turgidi.
Lei del resto non si risparmia: gli apre la patta e, dopo aver frugato nelle mutande, afferra il grosso manganello iniziando a menarlo. Il bel calibro si pietrifica immediatamente. Liberi dai pochi indumenti che indossano, la giovane troietta può dedicarsi a succhiare il bel chupa chup’s.
“Mmm… Lo voglio tutto… – lo incita, piantandogli in faccia i suoi occhi nocciola - Riempimi la bocca... Mmmcosììì…”
Le dita di Emanuele sgrillettano il clitoride di quella cagna in calore, per continuare il viaggio del piacere nelle grandi labbra ed infine… È il momento di chiudere la partita! Anche lei è d’accordo: “Mmmm… Siii… Dai sfondami ora… Scopami! Scopamiii…”
La cappella bagnata di Emanuele è pronta ad infilarsi in quella fica umida e vogliosa… Quand’ecco, improvvisa, echeggiare nell’aria immota della camera, quella suoneria. Emanuele si blocca con la punta della cappella grondante liquido prespermatico, ad un passo da quell’antro così smanioso d’ispezionare…
“Perché ti sei fermato, stronzo? Mica vorrai rispondere!?!?”
“Scusami…” sa perfettamente che quando lo smarthphone squilla in quel modo, è il segnale... Il messaggio che legge, lo lascia a dir poco di stucco!

Ti ho fermato in tempo! La topa di quella troia te la scoperai un’altra volta, Schiavo. Ti aspetto tra due minuti fuori da casa tua.

Deglutisce.
‘Come fa il Padrone ad sapere che stavo per…’ non c’è tempo per perdersi in simili stronzate: due minuti passano in fretta!
‘E non ho la minima intenzione di essere punito prima ancora di cominciare a fare non so che…’
Con calma e risolutezza invita Serena a vestirsi: “Non dirai sul serio! – gli urla sempre più furibonda – Nessuno si è mai permesso di mollarmi così… A metà del lavoro…”
“Vorrà dire che sarò il detentore di questo triste record! - risponde serafico - Adesso muoviti, non ho tempo di ascoltare le tue stronzate da mocciosa viziata!”
“Brutto bastardo, frocio di merda… Io ti sputtano… Non immagini nemmeno…”
“Sì, sì… Vabene… Sputtanami dove e come meglio credi, ma adesso dobbiamo andarcene fuori dai coglioni tutti e due” e la spinge verso l’uscita.
Ha già visto l’auto del Padrone. Un ultimo ‘vaffanculo’ reciproco e si dirige da lui.
“Avanti, sali!!!!” e la macchina sgomma sull’asfalto bollente, lasciando dietro di sé una pazza isterica che urla insulti all’aria immota della sera.
Alberto parcheggia nel suo posto auto ed in pochi istanti sono nel suo appartamento:
“La divisa! – ordina severo – la trovi in camera mia! Poi mi aiuterai a prepararmi per la serata!”
Emanuele non fa domande: non gli è stato permesso. Nel luogo indicato trova solo un papillon di seta e la familiare corda bianca. Indossa il primo e comincia ad armeggiare con la seconda, quando il Padrone irrompe nella stanza.
“Non sei ancora pronta, troia? Quanto cazzo ti ci vuole? No, aspetta… Dammi qua: faccio io… Questa sera la livrea sarà leggermente diversa dal solito! Più elegante…” e sorride crudele iniziando un lavoro di bondage con un’abilità ed una manualità tali da affascinare la vittima. È completamente soggiogata, ipnotizzata da quanto sta accadendo. Quasi l’aguzzino non stesse lavorando su di lui.
Le dita agili passan un’estremità della corda alla base del cazzo fermandola con un nodo. La mano salda ruota l’anello facendolo passare sotto le palle: “Così la tenuta della tua nuova divisa sarà comoda e confortevole…” ironizza il Padrone.
È stupefacente la cura con cui si sta dedicando all’operazione: la corda viene lasciata leggermente larga (lo spessore di un dito) per favorire l’erezione ed evitare fastidi allo scroto. Quello sfregamento tuttavia, già sortisce i suoi effetti sulla pelle liscia e vellutata dell’asta.
Alberto avvolge con un paio di spire l’anello che ha formato per poi piegare la corda verso il basso, tra le sfere pelose, passandola da dietro. L’operazione viene ripetuta dall’altro lato imprigionando così i coglioni in tre giri di corda.
L’immobilizzazione viene completata avvolgendo ciò che rimane della corda nuovamente intorno al manico ormai barzotto, e fissando con due semplici nodi alla marinara l’estremità superiore.
“Mmmm… Ottimo lavoro! Tu che dici?” il Padrone invita lo Schiavo ad ammirarsi nello specchio. Gli aggiusta il farfallino per poi puntare deciso al cazzo imprigionato che comincia a soppesare e ballonzolare.
Lele si morde le labbra e deglutisce.
Padrone scompare per pochi istanti. Ricompare con un piumino per la polvere che comincia a far scorrere lungo tutto il corpo del ragazzo, solleticandogli la folta peluria che riveste il giovane corpo muscoloso.
“Alza le braccia…” ed il fastidioso prurito nell’incavo ascellare inizia a farlo tremare. Impercettibilmente.
Ma Alberto se ne accorge e rincara la dose, passando l’attrezzo con una delicatezza maggiore. La stessa che utilizza per le palle e la punta della cappella. Lo Schiavo si sente vibrare, ma è costretto a non muoversi a meno di volerne pagare le imprevedibili conseguenze. Il sangue pulsa nelle sue parti basse: l’erezione è imponente ma impossibilitata ad esprimersi pienamente a causa della sottile corda bianca che inviluppa il suo manganello. Guarda il Padrone che, attraverso lo specchio, gli restituisce uno sguardo ironico e sprezzante mentre continua imperterrito a solleticarlo con il piumino.
“Basta giocare… - s’interrompe di scatto - …Sono quasi le 20.00 e tra poco gli ospiti saranno qui! Aiutami a prepararmi, puttana!”
Rapidamente lo aiuta a sfilarsi la polo; gli slaccia i pantaloni che Alberto allontana con un calcio, prima di abbassarlo violentemente all’altezza del suo pacco.
“Annusa, troia… Assapora l’odore del mio cazzo! E dimmi quanto ti piace!” il Padrone ammira nello specchio la sua immagine: una mano titilla il capezzolo, l’altra comprime la testa di Emanuele contro la soffice stoffa degli slip.
“Signore… Mi piace annusare l’odore del suo cazzo… Io… - le sue narici s’inebriano di quell’odore di maschio che mandano in tilt l’uccello prigioniero - …Io adoro l’odore del suo cazzo… Mmmm… Mmmsììì, mi piace… Mi piace”.
Si sente afferrare per i capelli e sollevare. Ora il suo sguardo è a pochi millimetri da quello dell’altro. Si protendono uno verso l’altro, cercandosi. Il Padrone lo travolge con un bacio lungo e appassionato: lo sente frugargli in bocca ed infilarsi in gola, mentre con le mani gli allarga per bene le chiappe fino a fargli male.
Lo allontana di colpo, quasi schifato: “Vestimi Schiavo!” e gli indica la roba già pronta, preparata con cura su un servomuto.
Suonano alla porta.
Con l’uccello dolorante ma in tiro Emanuele va ad aprire.
È il suo coach.
Lo squadra da capo a piedi: “Complimenti, che bell’accoglienza! Bella divisa: è nuova!? – lo schernisce e, mentre gli porge un pacchetto, continua divertito - A quanto pare sono il primo! Tieni questo è per te, ma lo aprirà il tuo Padrone, troia! Tu limitati a ringraziarmi” e scaraventatosi sul divano, lo trascina con sé iniziando a limonarlo. Rapido si slaccia la patta dei pantaloni mentre spinge Lele verso il suo cazzo bramoso di attenzioni: “Leccalo tutto, lurida puttana… Ti piace… Eh, ti piace, succhiarlo? E allora fallo per benino!”
“Ah sei, tu… - commenta laconico Alberto – Vedo che ti sei già messo a tuo agio… Ricomponiti, sai che non possiamo iniziare fino a che tutti non sono qui… E tu, staccati da quella nerchia: non è ancora il momento di farci divertire, zoccola!” gl’infila un piede nella zona del perineo, mandandolo a tappeto. raccoglie la scatola-regalo appoggiata al tavolo, la apre e ne osserva distrattamente il contenuto prima di riporla.
Il campanello interrompe nuovamente l’idilio. Alla porta ci sono stavolta due persone che il ragazzo fa prontamente passare: il primo è il direttore della piscina presso cui si allena mentre il secondo è…
‘Papà!!!! Che cazzo ci fa mio padre qui????’ pensa sbalordito sbarrando gli occhi.
L’uomo si comporta come se il figlio fosse un emerito sconosciuto.
“Gran bella troia ci hai procurato stasera… E com’è?”
“Lo vedrai presto, così potrai giudicare tu stesso! Ma ora accomodiamoci a bere qualcosa! Schiavo… “e con un cenno del capo indica a Lele di far accomodare gli ospiti in veranda dove il vassoio dei cocktails attende di essere servito. Diligentemente si aggira tra agli ospiti porgendo loro i bicchieri e ricevendo in cambio pesanti palpate e pizzicotti da parte di ognuno.
“Che fai ancora lì? Vai a sederti laggiù in attesa di nuovi ordini!” annuisce, dirigendosi verso la postazione indicatagli dov’è stata allestita la sua poltrona: si tratta di un normalissimo sgabello in legno al quale è stato fissato un dildo di dimensioni ragguardevoli.
Avvicinandosi, Lele inizia a sudare freddo e a tremare: spera che i suoi spettatori non lo vedano. Non vuole essere punito. Vuole eseguire gli ordini del Padrone senza contraddirlo ma… Non riuscirà mai a farsi passare su per il culo un calibro simile… Almeno non senza un’adeguata lubrificazione dell’ano…
“Che fai stronzo! Non vorrai certo sederti lì sopra senza prima bagnarti il buco del culo!” lo schernisce il coach che pare avergli letto nel pensiero.
“Perché no!?” lo rimbecca il padre.
La sfida è lanciata… Non c’è modo di tornare indietro!
Lele si volta verso di loro. Lo sguardo fiero e sprezzante. Le gambe leggermente divaricate. I muscoli tesi. Si sputa su una mano e comincia a passarsela tra le chiappe. Ripete l’operazione varie volte, sotto lo sguardo interlocutorio degli spettatori che assistono interessati alla scena.
Dopo l’ultima ripassata inizia a lavorarsi il buchetto con le dita: deve fare in modo di renderlo elastico e dilatarlo il più possibile con i pochi mezzi a sua disposizione. Una. Due… Arriva fino a quattro. Sevizia per benino la fragile rosellina, ruotando e stantuffando quella specie di vibratore improvvisato, mentre si dimena con il bacino.
I suoi spettatori lo osservano ora in religioso silenzio.
Messosi carponi, con il culo ben esposto alla vista del pubblico, inizia a spompinare il dildo mentre con una mano continua a spanarsi il culo.
È il momento: si alza, si gira. Inizia a piegarsi sulle gambe. Sente la punta di gomma sfidare i petali della sua rosellina che lo lasciano passare senza opporre troppa resistenza. Al suo ingresso, anzi, riprendono a tendersi mentre sente il rumore di quattro zip abbassarsi praticamente all’unisono ed altrettante paia di pantaloni volare per la stanza. Ora quattro manganelli belli grossi, duri e scattanti si profilano attraverso la stoffa sottile degli slip.
Guarda i quattro uomini massaggiarsi. Il suo cervello registra un particolare, cui al momento non presta attenzione. Stringe i denti Lele. Il dolore è quasi insopportabile. Misteriosamente si fonde con il piacere che quella penetrazione così invasiva gli sta regalando: la cappella gli scivola dentro a fatica ma continua inesorabile la sua corsa all’interno delle sue viscere.
‘Ne manca meno della metà…’ cerca di farsi forza rilassando i muscoli dell’ano, mentre sente le gambe tremare. Si ferma un attimo. Per prendere fiato e per consentire a chi lo osserva (o forse solo a suo padre) di ammirare il diligente lavoro che sta svolgendo con impegno.
Afferra con le mani la seduta dello sgabello. Una smorfia indecifrabile si disegna sul suo viso.
“Aaaahhhhhmmmmhhh…” davvero non ce l’ha fatta a non lasciarsi sfuggire quel grido. Nessun commento o azione da parte del pubblico che, forse per osservare meglio, praticamente lo circonda.
Crolla autoimpalandosi: fischi ed applausi fragorosi accompagnano l’apparente fine dell’esibizione. Ma è solo la fine del primo atto: il Padrone infatti, approfittando della sua bocca spalancata, infila la cappella umida e gonfia fino all’ugola soffocando il secondo urlo.
“Mmmmmmmppphhhh... - il viso paonazzo - …Mmmmmmmmppphhh…” la difficoltà respiratoria è evidente.
“Ssshhh… Ssshhh…” lo rimprovera dolcemente Alberto, mimando il gesto del silenzio.
Mugola con l’uccello in bocca e senza muovere le mani dalla posizione assunta, Lele. Il coach si pone alle sue spalle per spingerlo definitivamente verso il basso, mentre suo padre ed il direttore gli afferrano una natica ciascuno allargandogli per bene il culetto sodo e peloso. I suoi occhi scuri sembrano schizzare dalle orbite quando anche gli ultimi centimetri del cuneo entrano.
Si sente squarciato, dilaniato. La testa pulsa, forse più di quanto non faccia il suo membro che percepisce moscio e di cui ricorda che le cui possibilità di espressione sono limitate dalla dannatissima corda.
Tutto il resto di ciò che prova se lo tiene dentro, nell’attesa che possa esplodere in tutta la sua violenza. Dentro come quel cannone che si è infilato per intero nel suo culo caldo.
Sembrano i personaggi di un quadro vivente, ora: tutti immobili nelle loro posizioni a guardare l’uccello del ragazzo che, dopo aver perso quasi tutto il suo vigore a causa dello sforzo per tenere quella assurda posizione, lentamente sta tornando bello duro all’interno del vestito aderente cucitogli addosso.
La lingua inizia a lambire il tronco di carne infilato in gola: ““Bene… Bene… Così…” e il Padrone inizia a muoversi avanti e indietro nella sua bocca mentre lui docilmente accoglie definitivamente quel cazzo accompagnando i movimenti delle labbra con quelli della lingua.
“Si sposti Dottore... Voglio sentire anch’io quant’è bravo…” la voce che formula la richiesta è quella di suo padre. Non riusciva a credere all’assurda situazione: entro pochi secondi avrebbe iniziato a spampinare proprio il suo genitore!!!
Sfilatosi il Padrone, lo Schiavo ruota immediatamente la testa di quel tanto che basta per imboccare un uccello che già conosce: quello del coach.
“Aaahhh che meraviglia!! – si complimenta - Che bocca!! Puro velluto… Forza troia, esprimiti al meglio… Mmmhhhsssìììì Senti che lingua… - ansima - …Molto bene… Carlo, senti anche tu com’è brava… Mmmhhh… Quasi quasi mi dispiace dovertela lasciare…”
Solo il direttore sembra sottrarsi al divertimento, preferendo continuare a massaggiarsi nella penombra della postazione.
“Adesso divertiti con la tua cappella, Schiavo!!” Lele esegue, ma il gioco perverso è soltanto un pretesto: gli ospiti infatti, si dilettano a farlo continuamente alzare e sedere con la scusa di ‘avere sete’, solo per il gusto di vederlo impalarsi. Nell’atto di accomodarsi per l’ennesima volta, qualcuno glielo impedisce.
“Fermati! – è la voce di suo padre ad ordinarglielo – Girati, ragazzo!” gli si avvicina lentamente. Si guardano; dagli occhi di entrambi escono scintille.
“Mettiti a pecora e facci vedere quel culo slabbrato, troia!! – si china su di lui. Agita le chiappe pelose e sode, prima di proclamare il verdetto finale - Povera creatura… Guardategli il buco… Guardate come si sta lentamente rilassando… Certo sarebbe un peccato se…”
“Certo che sarebbe un peccato! – lo interrompe il coach - E noi non possiamo permettere che la fatica fatta, vada sprecata, giusto Alberto?”
Il Padrone annuisce: “Avete perfettamente ragione! Arrivo subito. Voi divertitevi con il mio Schiavo come meglio credete, ma non permettete in alcun modo che quel buco si richiuda! – e, prima di sparire – A te do il permesso di godere!”
È così, lasciandolo carponi e dopo avergli intimato di succhiare il dildo, si preparano a valicare quella galleria...
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