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Gay & Bisex

Firenze Santa Maria Novella(Ultimo Volume)


di Mitchell
10.10.2012    |    5.932    |    11 9.8
"Il mio collega come sempre con quella faccia da ebete non mi risparmiò il concentrato del banale "Ma viene a cercarti anche qui? Che ci fai tu alle..."
"Non è possibile! siete sicuri che sia lui?" Ero ancora mezzo bagnato e nudo ma raggiunsi Martino cercando di capire i toni tesi di quella telefonata. "Cazzo, cazzo, cazzooo!! Ma quando è successo? Si, va bene, si, ti ringrazio. Si, domattina!". Dopo aver chiuso la conversazione mi guardo' prima serio liberando poi un sorriso splendente: "Sono già risaliti a lui. Si era staccata una targa nella discesa, pochi metri dopo il salto. L'auto ha fatto centinaia di metri, non è arrivata a fondovalle, si è fermata tra due alberi in posizione scomodissima.
I vigili del fuoco non hanno fatto in tempo a domare le fiamme, si sono calati giu' con le corde e i riflettori per vedere se magari il corpo era volato fuori ma non hanno trovato nulla. Le ricerche continueranno domani, alla luce del giorno, ma troveranno soltanto una carcassa di metallo fuso stracolma di cenere" "Andrai là anche tu?" "Si, dopo averti accompagnato al lavoro". "Riuscirai a rimanere lucido sul luogo del "delitto"?" "Si, il fattore predominante era salvare te dall'accusa di omicidio!" "Sono quasi le cinque, ormai è tardi per dormire" esclamai passandomi l'asciugamano in testa per asciugarmi alla bene meglio i capelli.
"Potremmo fare qualcos'altro..." gli dissi maliziosamente. Avevo fame di lui, a parte che ero a stomaco vuoto non avendo mangiato nulla. Ma era un altro tipo di fame, sicuramente reciproca.
"Hai ragione, è tardi per dormire!". Si scaglio' su di me facendomi cadere l'asciugamano, buttandomi subito sul grande letto che vidi come un rifugio su cui lasciarsi andare.Prese a passarmi la lingua su tutto il collo e il viso.Sembrava un cane quando lecca la faccia al padrone. Raggiunse la mia bocca con quelle labbra carnose che si stamparono come timbro sulle mie. Non mi ero sbagliato quel giorno nell'ufficio della Polfer quando mi immaginai un suo bacio. Era tale e quale, sensuale, travolgente e maledettamente erotico. Non è che mi fossi stancato della sua bocca ma la il desiderio di ciucciarlo nel punto più intimo divenne priorità assoluta. Con le mani mossi il suo corpo, un pò a fatica perchè non aveva ancora capito in che posizione avrebbe dovuto mettersi. Ma una volta assemblati i pensieri intuì la collocazione da me prescelta e si accomodò sedendosi sul mio petto. Il suo cazzo lungo e rigidissimo era lì davanti a me e imperava come uno scettro di potere. La mia mano si mosse e prese a masturbarlo,stringendo forte la cappella. Dalla punta uscirono delle gocce, una due, tre. Mi estasiarono e gliele leccai e ingurgitai quel sapore salato, segno della sua massima eccitazione. Ma non mi accontentai di così poco, presi il suo cono in bocca e sbocchinai alla grande con il canale uditivo pronto a percepire ogni suo singolo sibilo o gemito monitorando le sue espressioni in volto sul quale c'era scritto GODO.Il mio compito era proprio quello, di farlo godere e tanto fino all'esplosione, all'eruzione di quella panna non dolce ma un pò acida e piccante che mi entrò dentro senza chiedere permesso.
Degluttii riempendo, anche se poco, quel mio stomaco vuoto e lo succhiai ancora finche' non si accascio' perduto su di me. Ma dovevo completare il disegno, quello concepito a tavolino quando stavo dettandogli la denuncia quel venerdì maledetto.
Mi svincolai da quella posizione che mi stava attanagliando e lasciandolo a pancia in giù mi diressi verso il terzo punto più erotico dell'uomo. Il culo. Gli allargai le natiche e cominciai a leccare all'impazzata, lasciavo agire la lingua per suo conto, sputando e spargendo saliva su tutto il buco, un buco perfetto, con pochi peli e ben delineato. Sembrava fosse stato Giotto a farlo, o Caravaggio o Botticelli. Poi la lingua non basto' più. Dovevo sostituirla con qualcosa di piu' consistente e fare in modo che i suoi gemiti dodecafonici non finissero. Mi alzai appoggiandogli il cazzo già duro e già fradicio in corrispondenza del suo orifizio. E poi entrai stantuffando, prima lieve e poi meno. Glielo infilai del tutto e il verso che fece fu un mix che sottolineava il dolore, il piacere, la mancanza e la compiutezza. Ero eccitatissimo. Non mi ci volle molto per scaricargli dentro il succo della mia parte animale e sono sicuro che lui percepi' l'arrivo del mio magma rovente. Lo notai dai miagolii che fece attaccando quasi disperatamente le mani alla testata del letto.Ancora sconvolto ma pienamente realizzato mi lasciai cadere su di lui arrivandogli al collo e percependo l'odore meraviglioso della sua pelle. E poi, quel poco che rimaneva della notte ci prese. Ci svegliò il suono intermittente e fastidioso della sveglia che aveva puntato. Segnava le 7.20. Io ero nella posizione in cui ero rimasto. "Ciao amore -disse- dobbiamo alzarci!". Mi sollevai, sfilando la cappella che era rimasta dentro di lui per tutto il tempo.Si alzò e dopo avermi baciato le labbra dolcemente mi disse: "Vado a farti un caffè, resta a letto qualche minuto ancora!". Ero ancora confuso, inebriato, ma appagato.
Il caffè arrivò in fretta come la sua battutta:
"Meglio che ti rivesti! A vederti nudo così mi verrebbe voglia di ricominciare e soprattutto di mangiare
quella banana che giace tra i peli del tuo inguine!". Lo guardai sorseggiando il caffè con una mano, l'altra la portai sul mio uccello per nasconderlo, stava per crescere di nuovo. Mi tirai su, mi preparai e lui altrettanto. Eravamo pronti per andare. Non dicemmo niente mentre guidava l'auto per portarmi al posto di lavoro. Solo un saluto una volta arrivati e una domanda: "A che ora finisci?" "Alle 17!" "Sarò qui!".
Guardavo la macchina allontanarsi e mi prese già nostalgia, un senso assoluto di mancanza. Mi incamminai per passare il badge in portineria. Era il mio primo giorno di lavoro dopo un omicidio, un evento diffcilmente cancellabile da qualunque memoria. Il sangue che schizza ovunque dopo aver premuto un grilletto è una scena troppo eloquente per essere ammortizzata in fretta. Il collega di lavoro non perse l'occasione per sparare la battuta: "Salvatore! Che occhiaie hai oggi?!? Ti piace troppo la figa, eh??" Invece di scaraventarlo contro una parete sorrisi annuendo e finì lì. Fu meglio. Alle 10.30 circa l'altoparlante di servizio comunicò un avviso "Di Maggio Salvatore è pregato di recarsi urgentemente in portineria. Ripeto: Di Maggio Salvatore è pregato di recarsi urgentemente in portineria!". Il mio collega come sempre con quella faccia da ebete non mi risparmiò il concentrato del banale "Ma viene a cercarti anche qui? Che ci fai tu alle donne??" "Niente! -esclamai duro- ma non credo sia lei". Mi diressi all'ingresso, una volta giunto misi a fuoco: erano due agenti di Polizia in divisa che mi stavano aspettando: "E' lei Di Maggio?" "Si sono io, che cosa è successo?" "Avremmo alcune domande da farle, pura formalità". Ci spostammo alcuni metri più in là dall'ingresso e uno dei due iniziò: "Lei conosceva Conesti Martino? E' un nostro collega, un agente della Polfer". C'era qualcosa che non mi quadrava e fu quel "CONOSCEVA?" Allibito e un po' incerto risposi: "Beh, mi aveva portato in centrale, in stazione venerdì scorso per un controllo" "Questo lo sappiamo, ma vi siete risentiti o rivisti dopo quella occasione?" I tabulati Tim... c'erano arrivati! non avrei potuto mentire. "Si, ci siamo sentiti al telefono, e siamo andati a mangiare insieme ieri sera" "Ieri sera ha detto?" "Si ieri sera..." "E a che ora vi siete lasciati?" "Mah, dopo cena, saranno state le 22 e 30. Perchè mi fate queste domande??" "Martino Conesti è morto questa notte, presumiamo sia stato un incidente ma dobbiamo ancora valutare, è precipitato in una scarpata con la sua auto!". Non mi finsi stupito, lo ero davvero. MARTINO, avevano detto MARTINO e non FABRIZIO. Mi fecero una domanda ancora: "Che lei si ricordi, quando eravate a cena insieme: aveva bevuto molto?" "Si -risposi sicuro- aveva bevuto parecchio". "Bene, non abbiamo altro da chiederle per il momento, ma si tenga a disposizione, sono in corso delle indagini!". Mi salutarono e io quasi barcollante tornai verso il reparto con i pensieri che si stavano aggrovigliando tra loro con nodi stretti stretti e indistricabili. Avevano detto che era morto Martino e non Fabrizio! PERCHE'??? Il mio collega era lì bello e pronto con il suo solito sorrisino da ebete: "Allora? E' venuta a darti appuntamento per stanotte?" "VAFFANCULO -gli urlai- pensa a muovere le tue leve e i tuoi pulsanti e non farmi altre domande del cazzo! OK??". Il sorrisino da ebete si era trasformato in un'espressione da sconvolto, mi guardò quasi intimorito e non mi rivolse più parola per tutto il tempo. Non vedevo l'ora arrivasse la fine della giornata per sgomitolare la matassa. Forse Martino avrebbe potuto spiegarmi. Forse la Polizia aveva sbagliato, sbagliano anche loro. Si, sicuramente era andata così, avranno scambiato i nomi anagrafici nella fretta, pensai. Arrivarono poi le 17 anche se con fremente attesa e stato alterato del cuore. Mi diressi all'uscita. Vidi Martino da lontano e contavo i passi che mi dividevano da lui. Vidi anche una donna che scese dalla macchina e gli rivolse la parola. Mi fermai, non volevo farmi notare e rimasi quasi nascosto da una macchina a pochi metri da loro. Arrivò un uomo, abbracciò lei, salutarono
Martino e la loro auto si allontanò. Raggiunsi Martino che quando mi vide sembrò esplodere di gioia: "Ciao bello! Ti devo raccontare. Dai, sali. Durante il tragitto mi riferì quanto gli fu detto in questura. La morte del fratello sarebbe stata archiviata come incidente automobilistico e che le indagini sarebbero state sospese. Ma noto' il mio viso imbronciato: "Ma che hai fatto? Non sei felice per quello che ti ho appena detto? Sei salvo! Nessuno sospetterà mai di te per l'omicidio!. Sei ancora sconvolto, lo so, non capita tutti i giorni di premere il grilletto contro una persona...". Arrivammo alla villetta ed entrammo. Stava per abbracciarmi ma lo interruppi chiedendogli: "Chi era quella donna con cui stavi parlando?" "Una mia amica che non vedevo da tanto, è venuta a prendere il marito, lavora lì anche lui, si chiama Baldi, lo conosci?" "No, è molto grande il posto, ci sono tanti reparti. E non ti ha chiesto cosa facevi qui?" "Si, le ho inventato che a mio cugino gli si era rotta la macchina e sono venuto a prenderlo" "Non è nuova quella del cugino""Già, però funziona sempre" Sorrise. Io non avevo più alcun motivo per sorridergli. Stavo per bruciare con la domanda che gli avrei rivolto: "Mi sono avvicinato a voi solo quando vi siete salutati""Sei grande, l'hai fatto per non mettermi in imbarazzo?" "No! L'ho fatto per sentire quello che vi dicevate..." "E capirai, niente di interessante..."
"Sei sicuro? Un particolare interessante invece io l'ho notato! Ti ha chiamato Fabrizio quando si è avvicinata e tu non hai detto che si era sbagliata scambiandoti con tuo fratello. Tu conoscevi lei, e lei conosceva te!"
I suoi occhi divenirono due cerchi grandi con un puntino in mezzo, privi di espressività, pezzi di ghiaccio muti. Continuai: "Stamattina la Polizia è venuta in fabbrica a interrogarmi, mi hanno chiesto se conoscevo Martino Conesti, dai tabulati del server è emerso che ci siamo scambiati chiamate e sms. Mi hanno riferito che quello trovato morto non era Fabrizio. Era Martino...! TU SEI FABRIZIO!". Passarono eterni istanti prima della sua risposta scandita lenta, come quando metti il rallenty in un file musicale per cambiarne la tonalità. "Hai ucciso Martino. Non volevo rivelartelo per salvare il ricordo che avevi di lui. Lui era omofobo, lui odiava i froci e avrebbe fatto qualunque cosa per mettere le mani su di te, per sfogare il suo disprezzo. Non ti avrebbe mai chiamato perche' scendessi dal frecciarossa invece di ripartire. Io si che l'avrei fatto.
Lui non si è mai sostituito a me. Io mi sono sostuito a lui. Era Martino quello con cui hai parlato quel giorno in stazione, e lui ti ha violentato. "Hai fatto il doppiogioco solo per liberarti di lui. Tu lo odiavi!" "No, l'ho fatto per te, per te soltanto, non ti avrei mai fatto arrestare per colpa di un pazzo. Se per te sono solo uno sconosciuto puoi andartene e sparire per sempre, non verro' mai a cercerti, ma se credi che quello sconosciuto possa darti qualcosa, se credi che quelle parole dette da me ieri siano vere allora sono io che ti chiedo, resta con me!"
"Fammi vedere un documento!" "Conta qualcosa?" "NO! Ma fammelo vedere!" "Se ci fosse scritto Conesti Martino potrebbe essere che io gli abbia messo addosso il mio prima di gettare l'auto nella scarpata. Ma poi credi che uno riesca a sostituirsi a un altro per tutta la vita? Dovrebbe conoscere tutte le persone che erano amiche dell'altro, dovrebbe conoscere tutti i colleghi di Polizia dove lavorava l'altro e muoversi agilmente in un ruolo che non era suo! Credi sia possibile?" "A questo punto tutto è possibile! Per quanto avresti recitato la sua parte?" gli dissi aprendo il documento che mi aveva già sbattuto sotto il naso: Conesti Fabrizio. Professione Agente di Polizia stradale. Sbiancai. Lui mi prese la mano continuando a parlare, cercando di convincermi:"Avevi appena ucciso una persona. Farti credere che non avevi ucciso la persona in cui credevi avrebbe limitato la tua reazione, il tuo stato di shock!"
Iniziai a sbullonare a voce altissima "Uno shock? Uno SHOCK??? Cominciai a muovermi nervosamente per la stanza agitando le braccia in aria. "Di questo passo mi verrà un infarto!!!" La prossima sorpresa quale sarà? Quanti gemelli hai ancora in giro? Quanti fratelli verranno fuori? E tutti figli di un parto plurigemellare? E tutti con gli occhi azzurri e i capelli corti e il pizzetto e le labbra carnose e il cazzo di 20 centimetri??
E con la stessa macchina?? Avevate anche la stessa identica macchina! Non avevo neanche fatto caso a questo, ci ho pensato dopo! Eravate gemelli in tutto! Hai giocato anche su questo!" "Non ho giocato! Ho pianificato! Se le macchine fossero state diverse avrei dovuto cambiare piano!" "E io non ho neanche fatto caso ai numeri di targa" "Ed è stato meglio anche così!" "Dai, dimmelo! Quanti Fabrizio e quanti Martino ci sono ancora in giro per questa casa?? Dai tirali fuori! Vediamo dove si nascondono!" Iniziai a girare per tutte le stanze come un pazzo, aprendo tutti gli armadi, guardando in ogni angolo. Fabrizio mi inseguiva e continuava a gridarmi: "Salvatore piantala",ma io non la piantavo, dovevo trovare tutti i loro cloni! Mi tirò su a forza con uno strattone mentre scrutavo sotto un letto. "Ti ho detto di finirla!" mi urlò e contemporanemente alle parole mi arrivò un ceffone che mi girò la faccia. Lo fissai prima di cominciare a piangere come un disperato, buttandomi ai suoi piedi e stringendogli fortemente le gambe. "Diventerò pazzo"singhiozzai. "No,non te lo permetterò! è normale come ti senti, chiunque al tuo posto. Non ci sono altri gemelli, quello rimasto sono io e ti amo l'hai detto a me, a me! Martino è stato un bluff ma è stato il tramite per portarti a me. Tu non sei mai entrato dentro di lui se non come la forma di un pezzo di carne imperfetto, di un'anima errante attratta dallo stesso sesso! Lui era omofobo, un maledetto omofobo. Vuoi un'altra prova?? Di chi sono io veramente? I nostri zii quando ci facevano le foto da piccoli amavano scrivere dietro alla stampa il nome di tutti e due per non confondersi. Lo vedi questo neo che ho sull'avambraccio? Vieni! Ti faccio vedere!" Aprì un cassetto. Era pieno di polvere, di ricordi, di fotografie. Ne tirò fuori due e me le mostrò. In entrambe c'erano due bellissimi bambini che sorridevano e dietro le foto, scritti a penna i loro nomi.
Il bambino col neo sull'avambraccio corrisponeva a Fabrizio". Continuavo a piangere a singhiozzare balbettando..."E i tuoi zii dove sono, non mi hai detto niente di loro!". "Lo zio è morto qualche anno fa per una brutta malattia. La zia fu colpita dall'alzheimer dopo la perdita. E' in una casa protetta, ogni tanto andavamo a trovarla ma non ci riconosceva neanche. Qui finisce la storia della nostra famiglia. Non ho altri fratelli o sorelle, non ho più zii o cugini o nipoti. Non ho più nessuno adesso".
Mi guardava da quelle stelle che splendevano al posto degli occhi bagnate da enormi lacrime azzurre che lentamente scendevano, implorandomi di credergli, implorando pietà, implorando amore. Mi ero convinto. Mi aveva convinto, non credo avrebbero potuto esistere altre bugie o altre verità. Tutto era stato detto.
"Baciami -gli sussurrai- senza fermarti, per tutto il tempo che vuoi!".
Quella sera mi portò a mangiar fuori in una trattoria incantevole sopra Firenze, nei dintorni di Fiesole. Fu una serata indimenticabile. E anche i giorni che seguirono. Mi trasferii da lui abbandonando quello squallido appartamento che dividevo con quei tre studentelli sballati.
A volte anche i colpi di scena portano profitto, anche quando pensi che tutto sia perduto. Ero stato ingannato dall'opposto del contrario. Il seme che credi buono alle volte può essere maligno, ma te ne accorgi solo quando sono maturi i frutti. La vita ci può davvero insegnare di tutto, persino anche a uccidere ma può bastare un nulla per dichiarare a se stessi di essere innocenti.
Io sono innocente!



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