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Gay & Bisex

IL GIOVANE COMMESSO - 1


di Foro_Romano
23.07.2015    |    26.822    |    7 9.6
""Certamente, è un piacere, per te questo ed altro", si arrischiò a dire ma, stranamente, gli sembrò che la frase era stata raccolta più che..."
1. La tavola calda

Era un tiepido aprile e si stava veramente bene sulla veranda di quel bar, sotto gli ombrelloni, se non fosse stato per tutta quella moltitudine di persone che vi si affollavano. Era la pausa pranzo e tutti gli impiegati dei vicini uffici si erano riversati lì a contendersi i pochi posti disponibili ai tavoli. Chi gridava al cameriere del bancone il piatto che desiderava, chi discuteva per una sedia, chi sparlava del direttore o della collega, quella così zitella e così vipera. Per questo Giacomo voleva starne fuori. Arrivava una decina di minuti prima della turba di gente proprio per potersi scegliere il tavolo, sempre quello, il più defilato di tutti. Non li sopportava. Lui poteva farlo perché era l'unico commesso di un vicino negozio di abbigliamento maschile. Anzi, lo gestiva da solo. Era lui ad aprirlo la mattina, il padrone veniva solo la sera per prendere l'incasso. Il negozio vendeva solo merce firmata e non è che fosse così frequentato, quindi bastava lui. A pranzo decideva lui quando chiudere, così, poteva arrivare al bar prima degli altri.
Giacomo aveva 22 anni, piuttosto magro, piccolino di statura tanto da dimostrare anche meno. Biondino, ma di quel biondo non tanto acceso, due begli occhi verdi, dolci che facevano tenerezza. Nessuno poteva immaginare che dietro quella tenerezza ci fosse l'energia sessuale propria della sua età, quando gli ormoni la fanno da padrone. Bastava poco per accenderlo e subito il fuoco divampava. In quei momenti sapeva trasformarsi subito in un incendio. I suoi gusti, però, in quel campo, non si rivolgevano alle ragazzine della sua età. A lui piacevano gli uomini, quelli maturi, virili, possibilmente con barba o, meglio ancora, con baffi e pelosi. Insomma, gli piacevano i maschi veri.
Col suo lavoro ne vedeva tanti ma quelli che piacevano a lui erano sempre accompagnati dalle mogli, che decidevano che cosa comprare e cosa no, oppure si comportavano come se lui non ci fosse. Invece era oggetto di attenzioni solo da parte di quelli veramente brutti od eccessivamente vecchi, che era veramente difficile scollarseli di dosso. Non che la bellezza fosse un requisito indispensabile per lui. Anzi, pensava che il vero maschio non dovesse essere per forza bello, tutt'altro.
Quel giorno, dunque, se ne stava seduto a quel suo tavolino isolato a mangiare la sua buona insalata mista ed a guardare con distacco quella bolgia umana che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Non era mai successo che qualcuno in particolare lo colpisse più di tanto, ma quel giorno accadde. Lo vide arrivare, in giacca e cravatta impeccabili, bruno, barba volutamente trascurata, alto anche trenta centimetri più di lui. Lo vide affrontare la bolgia, avvicinarsi al bancone, fare la sua scelta e aspettare. Non riusciva a togliergli gli occhi da dosso. Quello era proprio il maschio che gli piaceva, virile, serio, deciso. Istintivamente pensò come un bambino "Lo voglio!" ma la sua mente, la sua parte più razionale, gli disse che poteva solo sognarselo uno così. Che quello era sicuramente etero, innamorato e vittima di una moglie prepotente e sottilmente falsa. Che non poteva avere certe tendenze, perché subito preso di mira dalle donne, che non gli avevano dato certo possibilità di altre esperienze e quindi di fare una libera scelta.
Aveva la mente obnubilata da questi pensieri quando se lo vide davanti, col suo vassoio in mano, che gli chiedeva di potersi sedere al suo tavolo. Gli altri erano tutti occupati e lui era da solo, con l'unica sedia disponibile. Non poteva crederci. Si scosse dai suoi pensieri e rispose affermativamente, accompagnando il gesto con un sorriso, il migliore che potesse sfoderare. L'uomo ringraziò e si sedette, sorridendo anch'esso. Giacomo si sciolse nel desiderio che gli ribolliva dentro. Cominciarono a scambiarsi qualche parola, dapprima in convenevoli poi con qualche informazione. "Come ti chiami?", "Dove lavori?", "Sei di qui?", "Sei sposato?". Questo era inutile domandarglielo: la grossa fede nuziale saltava all'occhio. Figurati se uno così era sfuggito alle grinfie di qualche donna, che se lo teneva sicuramente bello stretto. Si chiamava Bruno, aveva 46 anni, una faccia maschia ed uno sguardo penetrante che sembrava trasmettergli qualcosa. Ma no, forse la sua fantasia correva troppo.
Quando terminarono di mangiare, "Ho ancora mezz'ora prima di dover tornare al lavoro, ti è possibile farmi vedere qualche vestito prima? Sai, non trovo mai il tempo per andare a fare acquisti, sempre chiuso in ufficio, mattina e pomeriggio". "Certamente, è un piacere, per te questo ed altro", si arrischiò a dire ma, stranamente, gli sembrò che la frase era stata raccolta più che positivamente dall'uomo.
Arrivati al negozio, entrarono e Giacomo richiuse subito la porta. Non voleva ancora aprire al pubblico per poter stare da solo con Bruno. Gli fece vedere alcuni capi, gli spiegò la bontà dei tessuti, quasi gli tremava la voce per l'emozione mentre lo faceva. Era comunque un timido ragazzo di 22 anni! Quando si trovarono in un angolo nascosto dalla strada, però, fu l'uomo a prendere l'iniziativa. Attirò e strinse a sé il giovane per dargli un bacio che più appassionato non si poteva. Quella fu la scintilla che gli serviva per il fuoco che lo avvolse immediatamente e rispose con altrettanta passione.
"Sei bellissimo", gli disse l'uomo, e lui "Mi piaci da morire". E via, altro bacio profondo e, mentre le due lingue si intrecciavano mescolando la loro saliva, le grandi mani del maschio andarono a coprire le tenere chiappette del ragazzo, stringendole e rilasciandole per poterne valutare la consistenza. Staccatisi, Giacomo gli scivolò lentamente davanti, accarezzandogli con una mano la cravatta ma solo per sentire la solidità di quel torace e per poter raggiungere la patta dei pantaloni. Quando ci arrivò, inginocchiato davanti, premette sopra più volte per valutarne il volume. "Che aspetti? Ok, ci penso io" e l'uomo si slacciò la cintura di pelle, aprì il bottone e il gancio, abbassò la lampo. Il grosso promontorio bianco delle mutande venne in avanti, strapieno di desiderio. Stava per tirarle giù quando "Aspetta, lo faccio io", ma prima vi strofinò sopra la faccia. Aspirò con voluttà un forte odore di sesso con una punta di urina che lo fece impazzire dal desiderio. Lentamente calò le mutande, sollevandone l'elastico per non ferire la bestia che vi si nascondeva, assieme ai pantaloni, fino alle ginocchia. Quelle erano le cosce più belle che avesse mai visto. Perfettamente tornite da giocatore di calcio e coperte da un consistente pelo scuro, che si infittiva sul pube.
Il grosso cazzo scattò a frustargli il viso. Il ragazzo rimase ammaliato a vederlo e l'uomo si eccitò ancor di più nel constatare il divario tra la sua mazza, dura, grossa, venosa, e la tenerezza delle giovani carni, la dolcezza di quel volto. Subito gli prese la testa tra le mani, le dita infilate nei capelli, mentre la bocca si apriva al suo piacere. Ma il piacere era anche di Giacomo, che lo avvolse con la sua lingua e, con impeto, cominciò a succhiarlo e pomparlo anche più velocemente di quanto l'uomo si aspettasse. Gli mise una mano sulla nuca per accompagnare il pompino e fargli sentire la sua piena partecipazione. Il cucciolo era bravissimo e ci volle poco per raggiungere il momento del piacere estremo quando "Shhh, oddio... oddio... cazzoooo" e la sborra inondò la piccola bocca che, per quanto dimostratasi capiente, dovette mandar giù più volte quel succo d'uomo che tanto gli piaceva.
Il giovane, quando tutto fu finito, si staccò, ripulì per bene quella mazza ormai ammorbidita ma non del tutto ritirata, assaporò per bene il sapore che aveva in bocca e guardò verso l'alto, tenendola aperta per fargli vedere che aveva mandato giù tutto, senza perdersene neppure una goccia. Poté così vedere il piacere ancora sulla faccia dell'uomo e non c'era per lui maggior soddisfazione di aver demolito la rigida virilità di un maschio ed aver avuto la meglio su di lui.
Si rialzò e l'uomo, col fiato che lentamente tornava normale, gli accarezzò i capelli. Si dissero molte cose con gli occhi, poi il ragazzo si sentì chiedere "Possiamo rivederci ancora?". Gli pareva incredibile, era un sogno che si realizzava. "Allora ti sono piaciuto! Certo che possiamo rivederci e, se vieni a casa mia, potrò darti anche altre cose". Nel dire questo, arrossì un po' e l'altro sorrise, continuando ad accarezzarlo. "Vivi da solo? Bene, ma mi dispiace per te perché non potrei trattenermi e rischierei di distruggerti". Risero. "Ma ho una famiglia e non sò se avrò la possibilità di venire da te".
Si rimise con difficoltà l'uccello nei pantaloni e si riaggiustò. Lui gli sistemò la cravatta, come la classica brava mogliettina. "Comunque, tutti i giorni sarò qui al lavoro, escluso il sabato, e ci potremo vedere sempre". "Si, certo, ma escluso anche il lunedì perché faccio riposo io. Ma ecco, ti dò il mio numero di cellulare". Prese della carta ed una penna, scrisse e glielo consegnò e scherzosamente "Imparalo a memoria e poi distruggilo, altrimenti tua moglie se ne accorgerà". Quasi si morse le labbra per avergli ricordato la moglie in quel momento.
"Ciao, mia dolce troietta". Gli dette un bacio sulla guancia e gli fece un leggero ganascino, come ad un bambino. Giacomo aprì la porta del negozio e lo fece andar via. Non se la prese per essere stato appellato al femminile, in fondo gli piaceva e quel ruolo di amante segreto non gli dispiaceva affatto, sembrava fatto apposta per lui. Stette lì, ad aspettare la clientela ma in bocca gli rimase il sapore di quell'incontro fortunato a ricordarglielo.

(segue)
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