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IL GIOVANE ISPETTORE


di Foro_Romano
20.09.2016    |    18.792    |    6 7.9
"Certamente era stato qualcuno della sede centrale ad aver spifferato quel suo diminutivo..."
Giacomo era un ragazzo milanese di 23 anni ma ne dimostrava decisamente meno, tanto da essere chiamato da tutti Giacomino. Magro, di bassa statura, biondo scuro. Due erano le caratteristiche che lo rendevano molto attraente: gli occhi verdi iridati, che colpivano immediatamente, ed un culetto da far venire una voglia immediata di sfondarlo.
Dal punto di vista sessuale era ancora molto indeciso. Aveva avuto molte ragazzine ma anche molte esperienze omo. Si era imparato a fare bene i pompini ma dietro era ancora vergine. Non si sentiva pronto proprio per quella indecisione che lo confondeva e non aveva mai voluto darlo. Si, certo, si sentiva attratto forse di più dagli uomini ma se fosse riuscito a sopprimere quelle pulsioni avrebbe potuto farsi una famiglia e sentirsi “normale”, almeno secondo le regole comuni della società.
Attraverso le conoscenze del padre, era stato appena assunto da una grossa industria multinazionale che aveva interessi in branche diverse dell’economia. Tra le società dipendenti ve n’era una che estraeva carbone e che aveva sede in Sardegna.
Bisognava mandare qualcuno a fare una relazione sulla situazione ma nessun dipendente di quell’industria voleva andarci. Sarebbe stato un viaggio troppo snervante così, essendo il più giovane assunto, fu lui ad esserne incaricato. La cosa non gli pesò più di tanto anzi: un bel viaggio, anche se di lavoro, era sempre meglio che stare dietro una scrivania ed il suo “sacrificio” sarebbe stato visto di buon occhio dai superiori.
Appena sbarcato, fu accolto da un operaio che lo avrebbe accompagnato alla sede con un furgoncino della società. L’operaio era un maschio prestante, sui trent’anni, con grossi baffi alla mongola e vestito di una tuta da lavoro che lo rendeva ancora più attraente, per non dire, poi, di come metteva in evidenza il pacco di tutto rispetto.
“Signor Giacomino, ben arrivato” e gli strinse la mano. Che mano grande e forte! La sua parte gay fece fatica a contenersi. Quello che gli fece rabbia fu perché lo aveva chiamato Giacomino. Così confidenziale. Certamente era stato qualcuno della sede centrale ad aver spifferato quel suo diminutivo.
Viaggiarono per quasi un’ora per raggiungere la meta durante la quale, di nascosto, ogni tanto, lanciava un’occhiatina al pacco dell’operaio e si sentiva ribollire. Quasi sentiva che a quel uomo avrebbe dato volentieri la verginità ma era lì per motivi di lavoro e doveva mantenere un contegno degno del suo ruolo.
Quando arrivarono, dapprima raggiunsero quello che sarebbe stato il suo alloggio per lasciare i bagagli poi, senza perdere tempo, fu condotto alla miniera dove avrebbe incontrato il direttore. L’eccitazione che aveva accumulato nello stare accanto al suo autista passò in secondo piano quando si presentò al capo.
Era un uomo che avrà avuto poco più di 50 anni, anche lui con i baffi, ma di taglio normale, molto folti e brizzolati. Sarà stato alto 1,90 e molto muscoloso. Si vedeva che anche lui aveva lavorato molto in miniera prima di arrivare a dirigerla. Anche gli altri uomini che vide erano tutti estremamente forti e virili. Capì che stare tra loro per alcuni giorni sarebbe stato veramente difficile. Avrebbe messo a dura prova la sua resistenza. Lui era un ispettore ed avrebbe dovuto mantenere degnamente il suo ruolo.
Cercò quindi di mettere da parte certe sue pulsioni e si buttò a capofitto nelle questioni di lavoro. Il direttore gli spiegò l’andamento dei lavori, gli fece vedere documenti, conti, grafici ma non sempre lui riusciva a seguirlo, specialmente quando, per vedere alcune carte, ci si chinava sopra vicino a lui, la testa accanto alla sua. Non aveva profumi ma la sua pelle odorava di maschio autentico. Non gli era mai capitato di sentirne uno così forte. Riuscì a stento a trattenersi dal buttarglisi addosso e farsi fare tutto ciò che quello avrebbe voluto.
Lo stesso autista lo accompagnò a visitare l’interno della miniera. Scesero con il montacarichi per centinaia di metri. Ovunque operai in canottiera od a torso nudo, pieni di muscoli, sudati. Non poté non vederli, il suo sguardo ne era magneticamente attratto e più di uno si era certamente accorto delle sue attenzioni e gli sorrise. Si era accorto che anche molti di loro lo osservavano. Era perché era un estraneo, per di più ispettore, o per quel suo maledetto culetto? Ma no, che andava pensando! Quelli erano uomini veri e non avevano di sicuro certe tendenze. Quasi tutti, poi, erano sposati, avevano la fede al dito.
Al ritorno l’autista gli disse che la sera, dopo cena, la sala mensa si trasformava in una specie di pub dove si beveva, si cantava e ci si divertiva con battute e barzellette. In quel posto non c’erano altri divertimenti. Arrivato al suo alloggio, ordinò a sé stesso di lasciare da parte certi pensieri assurdi però, sotto la doccia, non resistette e dovette tirarsi una mega sega pensando a tutti quei maschi favolosi, sperando che ciò bastasse, almeno per il momento, a calmare i suoi bollori.
Si ricredette quando, a cena, sedette alla tavola del direttore e tutta la sala era piena di quegli uomini… e dei loro sguardi. Sarebbe stata veramente dura. Dopo anche lui si lasciò andare a bere tutti i cicchetti e le birre che gli venivano offerti e si ritrovò a parlare forse troppo, rischiando di superare il limite che si era imposto. Il direttore spesso gli metteva il braccio sulle spalle avvicinandolo a sé. A volte anche la mano sulla gamba. Resistette ma decise che quella sera, a letto, prima di dormire, si sarebbe dovuto fare un’altra sega.
Ad un certo punto, a causa del troppo bere, sentì l’impellente bisogno di urinare. Chiese dove erano i bagni e, con andatura un po’ incerta, riuscì a raggiungerli. Entrò in una cabina e, per l’urgenza che aveva, non richiuse la porta dietro e si abbandonò con sollievo ad una lunga pisciata.
Appena finito di sgrullarselo e prima di rimetterlo dentro sentì di avere qualcuno alle spalle. Si voltò e si trovò davanti il direttore che lo dominava con tutta la sua possanza. Quello chiuse la porta e rimasero soli in quello spazio angusto. Si vedeva che anche lui era un po’ brillo.
“Adesso, bel ragazzino, ci divertiamo un po’”, disse con la sua voce baritonale.
Prima che Giacomo riuscisse a dire mezza parola, gli mise le grosse mani sulle spalle e lo costrinse a sedersi sulla tazza, col viso all’altezza del voluminoso pacco. Gli schiacciò la testa contro e gliela strofinò sopra poi, con tutta calma, si slacciò i pantaloni e se li calò assieme alle mutande fin sotto le palle pendenti. Un grosso cazzo semieretto, profumatissimo del tipico odore pungente delle parti intime di un uomo, gli si parò davanti. Sarà stato l’alcool o quella sua tendenza fin troppo repressa ad esplodere ma il giovane non ci pensò due volte ad aprire la bocca e ad avvolgere con le labbra e la lingua tutto quello che riusciva a far entrare. Agguantò la parte restante dell’asta e si aiutò a pompare ed insalivare quel membro fantastico, pieno di vene in evidenza.
“Ahhh… Si… Sei bravo… Si vede che ne avevi voglia. Non mi ero sbagliato, piccolo frocetto. Succhia… Così… Si… Ahhh” e spingeva cercando di ficcarglielo più in fondo possibile, ma lui resisteva tenendolo ben stretto in mano in modo che non potesse andare oltre. Già gli toccava le tonsille in quel modo, figuriamoci se fosse entrato tutto. Lo avrebbe soffocato. Non mancava però di gustarselo per bene e coprendolo dell’abbondante saliva che produceva.
“Ahhh… Che bocca calda… Siii… Siii… Potrei fartela bere tutta… Ooohhh… ma voglio il tuo culo” e glielo sfilò di colpo dalla bocca. Lo tirò su, lo girò di spalle e gli calò le braghe fino al ginocchio.
“Mmmm… Che bel culetto che hai. Nudo è ancora meglio”.
Gli agguantò le natiche con i pollici sepolti nello spacco all’altezza del buchino rosa e gliele separò, estasiandosi a quella visione.
“No, no, la prego, lì no. Non l’ho mai preso. E’ troppo grosso. La faccio venire in bocca ma lì no”, disse piagnucolando.
“Sei vergine? Meglio ancora. Non posso più fermarmi. Devo romperti il culo. Devo assolutamente”. Puntò la grossa cappella alla sua rosellina e, con una spinta, gliela mise dentro deflorandolo. Nonostante fosse completamente insalivata, il dolore fu grande.
“AAAIAAAHHH… Oooohhh… Fa maleee…”, urlò e sicuramente lo avevano sentito tutti. Forse sperava che qualcuno lo andasse a salvare. Forse, ma forse no. Presto il dolore si incontrò col piacere sempre più crescente man mano che i colpi che riceveva diventavano più fitti e profondi. Poi fu il piacere a prendere il sopravvento e le sue urla si trasformarono in gemiti di goduria che non passarono inosservati al maschio.
“Ecco… Lo vedi? Ti piace… Vero che ti piace prenderlo al culo?... Dillo, puttana… Ammettilo”.
“Si, si, mi piace… Non smetta… continui”.
“Dillo forte”.
“Mi piace, siii mi piace”.
“Più forte, più forte”.
Lo gridò più forte che poteva, mentre sborrava sul pavimento. Le contrazioni dell’ano appena spanato portarono anche l’uomo al momento di non ritorno.
“Siii… Ti sborro in culooo frocio schifoso” e si scaricò completamente i coglioni nel più profondo di quel corpicino ormai inerme. Ci volle del tempo prima di riprendere fiato. Non era più tanto giovane. Poi lentamente si sfilò. Una rapida pulita con la carta igienica e richiuse tutto nei pantaloni.
“Accidenti. Erano anni che non facevo una sborrata simile. Alla prossima”. Aprì la porta ed uscì.
A Giacomino girava la testa. Era stato appena sverginato e nemmeno con cautela eppure, alla fine, doveva ammettere a sé stesso che gli era piaciuto. Si tirò su ma si accorse che fuori della porta si era creato un assembramento di maschi arrapati, eccitati da quello che avevano sentito. Lo si leggeva sulle loro facce ma lo si capiva anche dai loro membri ritti e duri che si tenevano tra le mani.
Non ebbe tempo neppure per rendersi conto della situazione che il vice direttore, cazzo in resta, entrò lasciando aperta la porta affinché tutti potessero vedere. Le forti mani lo costrinsero a sedersi sulla tazza e, mentre la sborra gli colava fuori dal buco, ebbe la bocca invasa dalla nuova mazza che cominciò subito a fotterla. La cappella andava velocemente dalla gola alle labbra, senza mai uscire e, dopo dieci minuti di quel trattamento, gli sparò dentro continui schizzi di sborra che il ragazzo ingoiò voracemente.
Gli altri maschi rumoreggiavano impazienti. Ad uno ad uno, secondo un ben preciso ordine gerarchico e di anzianità, approfittarono di lui scaricandogli tutti dentro, in culo o in bocca, una quantità infinita di sperma. Beh, a dire il vero, gli ultimi, che non ce la facevano più di aspettare se lo fecero due per volta mettendolo a 90 gradi. Anzi, per ben tre volte, mentre uno glielo metteva in culo stando seduto sulla tazza, un altro glielo metteva dentro contemporaneamente da dietro, nel suo culo ormai irrimediabilmente sfondato.
Tutti godettero come animali, trattandolo da vera puttana, senza alcuna remora. Erano mesi che non vedevano una donna ed erano carichi da scoppiare. Rimasto solo, la sborra gli colava copiosa lungo le gambe e quella fuoriuscita dai lati della bocca gli si andava seccando sulle labbra e sul mento. Ma era infinitamente felice. Anche lui aveva goduto molto e capì così quale era la sua vera natura.
Si pulì con la carta e si lavò con l’acqua come poté. Si ricompose e si avviò verso la sala. Camminava a fatica, a gambe larghe. Il culo gli faceva male ed era certo che non si sarebbe potuto sedere senza dolore per un po’. Si sentiva aperto. Poteva sentire l’aria che gli entrava nel buco slabbrato.
Col viso rosso attraversò la mensa. Tutti erano seduti a gruppi ai diversi tavoli, con le loro birre davanti. Ridevano e scherzavano come se non fosse successo nulla. Ridevano di lui, certamente. Saranno stati una trentina, tutti maschi molto virili, tutti con le loro lucenti fedi al dito, tutti avevano partecipato al suo stupro di gruppo. Tirò dritto verso l’uscita facendo appena un cenno di saluto dovuto al direttore. Quando fu sulla soglia sentì dietro di sé gli uomini, quasi in coro, gridargli “A domani ispettore Giacomino” ed un brivido di piacere lo avvolse. Sarebbero stati giorni molto difficili quelli.

(Le stesse cose si possono fare con le precauzioni. Non fate mai l'amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela).


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