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Il collega albanese 2 - la vendetta di Adan


di 85bisexcouple
17.07.2014    |    22.970    |    8 7.4
"Adan abbassa la tavoletta e me la preme sulla testa, provocandomi dolore..."
Avviso: non consiglio la lettura di questo racconto a chi è debole di stomaco o è particolarmente sensibile. Questo racconto contiene situazioni estreme.
Questo racconto è il seguito de "Il collega albanese" e ne è la conclusione. È una storia che ho vissuto nell'estate del 2012. Nomi e luoghi sono stati cambiati per la privacy delle persone che ne sono state coinvolte. Buona lettura.


La sveglia sul mio comodino suona alle quattro e mezza. La spengo e apro gli occhi, intontito. Prendo il cellulare appoggiato in carica vicino alla sveglia, schiaccio il tasto home e mi alzo a fatica dal letto, facendomi luce col display dell'iphone. Guardo Marika dormire... Non accendo mai la luce per non correre il rischio di disturbarla... Lei si sveglierà fra qualche ora. Deve essere in ufficio alle 9, io alle 6. Esco dalla camera e richiudo la porta, lentamente. Scendo le scale, vado in cucina e accendo la macchina del caffé, poi vado in bagno... Alzo la tavoletta e mi siedo sulla tazza... Sono frastornato...
Ora realizzo quello che mi è successo ieri pomeriggio: Adan! Il mio collega albanese.
Sono andato con lui per aiutarlo a far dei lavori nel suo appartamento, ma lui ha scoperto le mie inclinazioni bisex e ne ha approfittato. Adan, il superdotato con 25 centimetri di cazzo, mi ha scopato la gola, mi ha sodomizzato duro, mi ha pisciato in bocca. Adan mi ha strappato la promessa di sottomettermi a cose abberranti: vuole cagarmi in bocca! Mi viene la nausea. Sento ancora dolore al culo e ripensando a quello che ho fatto mi faccio schifo.
Vaffanculo! Cosa mi è saltato in mente? Sto male, ho male e ci sto male. Ma in quel momento ero in estasi, e non ho potuto fare a meno di fare ogni cosa...
Oggi non andrò da lui. Non ci andrò più. Può arrangiarsi a fare i lavori e può andare a farsi fottere! Non mi faccio trattare così da nessuno, men che meno da un albanese!
Finisco in bagno, mi lavo le mani e mi do una sciacquata al viso. Mi guardo nello specchio: sono uno straccio.
Vado in cucina e mi preparo il caffé, mentre cerco nel frigo qualcosa da mettere nello stomaco. Ma non ho fame, ho un nodo nella pancia ed è difficile che qualcosa vada giù. Prendo il caffé. Torno in bagno, mi spoglio e mi infilo nella doccia. Pochi minuti. Mi asciugo e finisco di prepararmi. Poi esco di casa. Salgo in macchina e vado al lavoro.
Lavoro in uno stabilimento enorme, grande come un paese, a circa 35 chilometri da casa mia. È il sito di una multinazionale. Io lavoro in un laboratorio di ricerca e sviluppo, con una squadra di altre tre persone. Nel turno sucessivo lavorano altri quattro tecnici che porteranno avanti il lavoro lá dove lo lasceremo noi. Il mio compito in questo periodo è di verificare se vi è margine di miglioramento su processi già in produzione. Per l'azienda margine di miglioramento significa utilizzare materie prime meno costose senza compromettere troppo la qualità del prodotto. Più il mio team lavorerà con successo, più l'azienda incrementerà il suo margine di profitto sulla produzione dei lotti futuri.
Arrivo in ufficio, accendo il pc e leggo le mail della posta interna. Ogni giorno sono almeno un centinaio, ma quelle che per me hanno qualche interesse non sono mai più di una ventina. Rispondo, a chi merita risposta. Poi mi infilo il camice e vado in laboratorio. Quando sono sul lavoro in poco tempo mi concentro solo su quello. Totalmente. Lavoro maneggiando sostanze classificate come tossiche, nocive, pericolose per l'ambiente, cancerogene, reprotossiche... Liquidi, polveri, olii... Le conosco bene e so come maneggiarle. Ma certi processi non permettono distrazioni.
Intorno alle nove e trenta suona il telefono sulla mia scrivania. Risponde una collega, mi bussa dalla vetrata che divide l'ufficio con le otto scrivanie dal laboratorio e mi fa il gesto della cornetta. Le faccio un gesto per chiedere chi è, ma lei fa spallucce facendomi capire che non lo sa. Mi tolgo i guanti in nitrile e li faccio volare nel contenitore dei rifiuti pericolosi. Entro in ufficio e rispondo, come di consueto, pronunciando il mio cognome.
«Hey ciao! Come va?» è Adan. Anche lui lavora in questo turno. È una tuta blu, lavora in produzione in uno degli otto grandi reparti produttivi. Il suo reparto si trova di fronte allo stabile dove lavoro io, al di lá del grosso piazzale dove transitano i tir diretti in un'altra area del sito dove sono stoccati i prodotti finiti e dove si trovano le baie di carico. Di quando in quando lo incontro in una delle aree relax sparse per il sito, quella più vicina al posto di lavoro di entrambi, dove ci sono distributori di bibite e snack e dove, in piccoli locali appositamente aspirati, è possibile fumare. Lo incontro anche a fine turno: utilizziamo lo stesso spogliatoio. Ce ne sono quattro in tutto lo stabilimento. Uno dedicato alle donne, gli altri tre ai ragazzi. Adan e io ci cambiamo a pochi armadietti di distanza. È lì che Adan si è accorto di come lo guardavo quando, finita la doccia e tornato agli armadietti, si toglieva l'accappatoio e rimaneva completamente nudo...
«Hey! Ci sei?» Adan mi ridesta dai miei pensieri.
«Si si, scusa... Ciao! Stavo guardando un appunto vicino al telefono...» dico mentendo.
«Ti va un caffé?» il tono di Adan è allegro e cortese. Quasi affettuoso. Contrasta con quello sfacciato che ieri mi stava ricattando.
«Ok... Fra cinque minuti?» replico.
«Ok! A tra poco»
«Ciao!»
«Ciao!»
- clik -

Cinque minuti dopo entro nell'area relax. È abbastanza piena di colleghi. C'è anche Adan, che mi sorride e mi saluta, dandomi una pacca sulla spalla. Inserisce la sua chiavetta nel distributore e mi invita a prendere il caffé. Seleziono la bevanda e aspetto che la macchinetta faccia il suo lavoro. Anche Adan lo prende, poi mi fa cenno di spostarmi in un angolo meno affollato.
«Ho bisogno un favore...» mi dice. E continua:
«Hai di quei guanti che usate voi in laboratorio?»
«Quelli usa e getta o quelli resistenti?» chiedo, informandomi su quale tipo di guanto gli interessa. Ne usiamo due tipi: i classici usa e getta e altri simili a quelli per lavare i piatti, ma di materiale diverso.
«Quelli resistenti... Me ne puoi mica dare quelche paio per favore?» mi chiede gentilmente Adan.
«Che misura? Servono a te?»
«Si»
«Allora il 9 andrà bene... Quanti te ne servono?»
«Tre o quattro paia se puoi...»
«Si si, nessun problema... Passa più tardi da me e ti li do»
«Puoi portarmeli tu oggi... Intanto vieni da me, giusto?» mi dice sorridendo.
«No, non credo... Oggi ho da fare» rispondo... Il mio tono non è il solito.... È quello di una persona che cova un malcelato rancore. Adan lo percepisce, e si sposta davanti a me dando le spalle a tutti gli altri, che comunque si fanno i fatti loro e ci ignorano, come noi ignoriamo loro.
«No tu vieni!» mi dice Adan sottovoce, fissandomi con quello sguardo quasi diabolico identico a quello che mi ha lanciato ieri da sotto il cappuccio dell'accappatoio e con cui mi ha fatto raggelare il sangue nel piccolo bagno di casa sua, dove mi aveva appena chiavato.
«Vieni a portarmi i guanti e a prenderti questo e anche il resto!» nel dire queste parole, si prende con un mano il pacco e lo strizza nella mia direzione. È diventato in un attimo un'altra persona: perfida e perversa. Non esito a dire che mi intimorisce. Non sono a mio agio. Ho paura che qualcuno ci stia osservando e abbia sentito quello che mi sta dicendo... Sono quasi impietrito dal terrore.
«Ok d'accordo...» - taglio corto - «Grazie del caffé, scusa ma ora devo andare...»
«Di nulla, figurati... Ci vediamo dopo»
Guadagno l'uscita e Adan dietro di me. È tornato gentile e sorridente...

Alle 14 mancano pochi minuti... Invio l'ultima mail con il rapporto del turno al mio collega del turno sucessivo e al mio capo. Mi avvio allo spogliatoio. Nel mio zainetto ho il cambio di biancheria e 5 paia di guanti per Adan. Ho deciso che glieli darò nello spogliatoio e dopo il lavoro me ne andrò dritto a casa mia.
Pochi minuti dopo sono sotto la doccia... Mi lavo e mi insapono... Quando mi passo la mano fra le natiche sento ancora bruciore. Ripenso al giorno prima... A differenza della mattina il pensiero del suo cazzo nel culo mi eccita... Ma poi penso al resto, e provo schifo e disagio... Mi avvolgo nell'accappatoio e vado a vestirmi. Lo spogliatoio è molto affollato... Trovo Adan, davanti al suo armadietto. Deve esserre uscito poco prima di me dalle doccie... Si sta asciugando i capelli. Mi vede e mi sorride. Poi apre l'accappatoio e se lo toglie. Rimane nudo e mi guarda, cerca il mio sguardo e alla fine scova i miei occhi. Ci fissiamo... Continua a sorridermi, sembra una gara a chi abbassa lo sguardo per primo, e il mio sguardo scende sul suo sesso... Lui da un leggero colpetto con i lombi, e il suo cazzo guizza verso di me... Lo guardo in faccia, e di nuovo il suo sorriso col lampo di lingua. Ancora quel sorriso. E ancora mi ha stregato. Gli guardo di nuovo l'uccello, che pende grandioso fra le sue palle. Penso che venti ore prima mi stava scopando. Mi sto eccitando. Mi infilo velocemente i boxer e i pantaloni prima che qualcuno se ne accorga, ma Adan se n'è già accorto:
«Ci vediamo dopo...» mi sorride, mentre chiudo i miei armadietti.
«Ok» dico io, e mi avvio all'uscita.

Alle 14 e tre quarti sono sotto l'appartamento di Adan. Sono già sceso dalla macchina. Ho lo zainetto su una spalla, con dentro i guanti che mi ha chiesto e la biancheria che mi sono cambiato poco fa in azienda.
Adan arriva dopo pochi minuti... Mi saluta sorridente e apre la porta. Anche lui ha il suo zainetto, bello pesante...
Ci avviamo su per le scale, lui davanti io di dietro:
«Riesci a salirle bene le scale?» mi chiede rivolgendomi uno sguardo sarcastico. Evidentemente allude al trattamento che il mio di dietro ha ricevuto ieri, ipotizzando che far le scale possa provocarmi fastidio.
«Si si. Riesco ancora a salirle, malgrado tutto» rispondo io.
«Bhe! Vedremo se piú tardi riuscirai ancora a scenderle! Ahaha» ridacchia Adan con una vena di cattiveria.
Arriviamo nell'appartamento. Adan tira fuori dallo zaino una radiolina, la attacca a una presa in corridoio e la sintonizza su radio deejay. Il volume è medio. Lui mi guarda e esclama:
«Copre i rumori... Non vorrei che i vicini di sotto sentano...»
«Ok...» dico io. Intanto apro il mio zaino e gli do le cinque buste, con un paio di guanti ognuna. Lui le prende e sorride:
«Grazie, mi serviranno...» e li appoggia su una scatola con dentro materiale elettrico.
«Dai, adesso spogliati nudo e vai in bagno!» il suo tono è perentorio, e con un cenno mi indica il piccolo bagno con la doccia dove mi aveva scopato ieri. Mi spoglio completamente nudo, appoggio i miei vestiti piegati sul mio zaino, che ho messo su uno scatolone in corridoio e vado in bagno.
Sento Adan nel salone... Sento che sta cercando qualcosa... Torna con un rotolo di sacchi neri per l'immondizia e un paio di forbici da elettricista. Me li da:
«Prendi un sacco e taglialo, aprilo e stendilo li» mi ordina, indicandomi lo spazio fra i sanitari e il mobile del lavandino, dove vuole che stenda il sacco. Lo faccio, mentre lui si denuda completamente.
«Adesso stenditi a faccia in su! Dai, sbrigati che non la tengo più».
Obbedisco, mio malgrado. So cosa mi aspetta. Lui è teso. La voce quasi incazzata. Non è ne gentile ne giocoso, è autoritario e arrogante. Io ho il cuore che batte a 1000. Tremo... Mi sento il viso in fiamme. Mentre mi appresto a sdraiarmi incrocio il mio volto nello specchio: sono paonazzo.
Sono sdraiato e Adan mi si accovaccia sulla faccia. È messo al contrario rispetto a ieri, la sua schiena verso il mio petto. Può guardarmi negli occhi, e lo fa:
«Leccami il culo frocio!» mi intima.
Inizio a leccargli il buco, come ieri pomeriggio.
«Mettici la bocca come facevi ieri» mi dice Adan.
Lo faccio, la bocca a ventosa attaccata al suo ano. Lo sento palpitare, dilatarsi, mentre la mia lingua lo massaggia. Una lunga scorreggia mi riempie la bocca e mi provoca un forte conato.
Adan mi schiaccia la testa al pavimento col suo peso... Ricaccio il conato e metto la mia bocca come prima.
«Ti è piaciuta? Ahahaha» mi schernisce.
Ora riprende a spingere. La mia lingua è appoggiata al suo ano... Lo sento di nuovo palpitare, muoversi, dilatarsi...
«Ohhh siii...» dice Adan.
Il suo buco del culo si sta dischiudendo sulla mia lingua. Un grosso pezzo di materiale fecale viene espulso dal suo culo direttamente nella mia bocca. Me la riempie, lo sento sulla lingua. È caldo, è amaro, è schifoso. Ho un conato violento e cerco di divincolarmi, ma Adan mi blocca con una mano saldamente premuta sulla fronte e con il peso del suo corpo sul petto.
«Ingoia! Ingoia la mia merda, pezzo di merda di un italiano!»
Sto quasi soffocando... Ho le lacrime agli occhi. Cerco nella mia mente un posto dove rifugiarmi, ma non lo trovo... Mentre una marea di paure e fobie mi attraversano il corpo, mi rendo conto di averlo ingoiato.
«Bravo!» mi dice Adan. I suoi occhi sono carichi di odio. Non capisco nulla.
«Non hai ancora finito, cesso! Rimetti a posto la bocca».
Ubbidisco, e in pochi attimi sento di nuovo il buco del culo di Adan che si apre. Un altro pezzo mi riempie la bocca. Altri conati... È più grosso... Lo devo spezzare premendolo fra la lingua e il palato per inghiottirlo. Non voglio masticare. Lui ride...
«Brava troia! Piangi e mangia! Ahahaha! Vedrai dopo...» mi sfotte Adan, che sembra godere delle mie lacrime.
Il suo cazzo sta andando in tiro, e svetta vicino al mio volto, frapponendosi fra il suo sguardo e il mio...
«La bocca!» mi dice di nuovo.
La apro e lui spinge. Il suo ano si schiude. Uno stronzo grosso e lungo viene espulso con forza dal suo sfintere e quasi mi si conficca in gola... Adan ride, e mi dice di masticare. Chiudo gli occhi e inizio a masticare il grosso pezzo di materiale fecale che mi occupa la bocca. Al primo morso, la parte che mi esce dalla bocca si stacca e rotola sul mio viso, cadendo accanto alla mia testa sul sacco nero. Mastico a occhi chiusi... Ricaccio i conati di vomito. Il sapore e l'odore della merda di Adan mi riempiono completamente i sensi... Sento solo le mie lacrime bagnarmi la faccia mentre mi scendono lungo le guace, fino alle orecchie. Inghiotto l'ultimo pezzo... Deglutisco e riapro gli occhi. Adan ha in mano il cellulare, e sta riprendendo la scena.
«Bravo mangiamerda! Adesso ti ho filmato» - mi dice con tono minaccioso - «Se ti permetti di dirmi ancora che qui non vieni, questo lo vedono tutti in azienda. Se mi dici che una cosa non la vuoi fare, questo lo vedono tutti! Ti tengo per le palle, frocio di merda. Se non fai quello che ti dico e come te lo dico, ti sputtano! Italiano finocchio del cazzo!»
«Ma, io...» sono sorpreso e spaventato. Cerco di dire qualcosa, con la bocca impastata dagli escrementi di Adan. Ma lui mi interrome.
«Tu un cazzo! Tu sei uno stronzo come tutti quelli della tua razza di merda! È da quando sono piccolo che mi sento insultare, trattare male, trattato come uno di serie B perchè sono albanese. A scuola, a calcio, al lavoro. Ovunque. Siete tutti uguali! E adesso tu la paghi per tutti! Con tutta la merda che ho dovuto ingoiare in 20 anni stando zitto, adesso la faccio letteralmente ingoiare a te!»
«Ma io... Io ti ho sempre trattato bene...» cerco di giustificarmi.
«Tu mi tratti bene perché hai una cotta per me, finocchio! Ti ho sentito quando parli di rumeni, o sudamericani, o slavi. Sei un razzista come tutti gli altri. Non mi prendi per il culo!»
Queste parole mi feriscono provocandomi il dolore di una pugnalata al petto. Rifletto e mi vengono in mente frasi e battute a sfondo razziale alle quali ho riso o che io stesso ho detto nel corso degli anni. Non mi reputo razzista, ma forse lo sono. Anche ripensando a stamattina, ricordo di aver pensato che nessuno mi può trattare male, men che meno un albanese! Adan mi tiene in scacco ora... E sembra intenzionato a rifarsi su di me per tutte le angherie subite.
Si alza... Ringrazio i miei santi che ha finito... Ma non è così:
«Lì ne è rimasto un pezzo... Mangialo!»
Lo prendo fra le dita e, ricacciando i conati, lo ingoio. Lui ride, e poi mi intima di sciacquarmi la bocca. Io cerco di rialzarmi e di avvicinarmi al lavandino, ma lui mi blocca:
«Cazzo fai? Io qui mi ci lavo i denti!»
Guardo il bidè... No, lui mi indica la tazza:
«Infila la testa li dentro e sciacquati con l'acqua del cesso».
Ormai sono completamente avvinto. Non provo neppure a protestare. Mi inginocchio vicino alla tazza e infilo una mano per portarmi l'acqua alla bocca...
«Oh, allora sei ritardato! Non con la mano! Ti ho detto di infilarci la testa». Adan è spietato e mi schiaccia la testa nel wc.
Ubbidisco e inizio a sorbire l'acqua dalla tazza. Adan si piazza alle mie spalle.
«Bevi e non muoverti!» mi ordina.
Non so cos'abbia in mente, ma un attimo dopo lo capisco. Adan mi sta pisciando sulla nuca, sta usando il suo wc con la mia testa conficcata dentro. Il suo piscio è caldo e si va a mischiare con l'acqua che sto bevendo, colorandola. Il flusso si interrompe... Uno, due schizzetti che mi bagnano le spalle. Adan abbassa la tavoletta e me la preme sulla testa, provocandomi dolore. La mia fronte, il mio naso sono premuti contro la ceramica del wc, e Adan tira l'acqua, ridendo.
«Dai, esci da li, merda!»
Me ne tiro fuori, e trovo Adan di nuovo col cellulare in mano che mi riprende...
«Devi ancora pulirmi il culo. Dai, sbrigati!» mi dice appoggiandosi con i gomiti al mobile del bagno con le gambe un po divaricate e mostrandomi i suoi glutei. Penso che è la stessa posizione che ho assunto io ieri mentre lui mi sodomizzava.
Mi avvicino e gli lecco il buco del culo, ancora sporco di merda. Lo lecco a fondo, ripulendolo e inghiottendo la mia saliva. Ho lo stomaco letteralmente pieno della merda di Adan...
Non ho più conati...
Non ho più eccitazione...
Non ho più simpatia per questo ragazzo...
Non ho più fremiti davanti al suo corpo nudo...
Non sono felice...
Lo disprezo...
Mi disprezzo...
«Bravo frocio!... Bel lavoro! Adesso succhi!» mi apostrofa.
Sono gia in ginocchio. Lui mi afferra la testa con una mano e con l'altra me lo guida in bocca.
Io non la apro, girandomi di lato... Non so perché l'ho fatto.
Mi arriva un ceffone violento! Il suo palmo mi colpisce fra la guancia e l'orecchio facendomi quasi cadere.
Sono spaventato! Lui mi guarda incattivito e mi minaccia:
«Oh, stronzo! O fai tutto quello che ti dico o prima ti pesto e poi faccio vedere a chiunque i video che ti ho fatto! Quindi succhiami il cazzo come hai fatto ieri e non fare più il mongolo!»
Mi assesta un altro colpo meno forte del precedente afferrandomi la testa, e mi infila il cazzo in bocca.
Spinge, vuole che lo prenda in gola... Mi impegno e lui mi scivola fino in fondo.
Mi afferra con entrambe le mani la testa e inizia a fottermi la gola. I colpi sono violenti, e io non riesco a respirare. Un conato violento di vomito e il suo uccello è espulso dalla mia bocca. Ma con l'uccello è uscito parte del contenuto del mio stomaco. La merda di Adan mi è tornata in bocca e il suo uccello è sporco della stessa sostanza. Senza riflettere inghiotto quello che ho in bocca...
«Cazzo! Che schifo!» esclama guardando il suo cazzo enorme sporco per metá di escrementi.
Mi guarda, mi assesta un altro ceffone.
«Lecca e pulisci. E succhia! E non provare più a sboccare!»
Me lo rimette in bocca, quindi in gola... E ricomincia a chiavarmi come prima. Ricaccio un conato dietro l'altro, finché anche il mio corpo, come ormai la mia mente, si arrende ad Adan e si adegua a quel grosso corpo estraneo in gola.
Adan continua. È infoiato. Violento. Il suo cazzo mi scorre in bocca e in gola rendendomi difficile respirare. Mi tiene la nuca serrata con una mano, mentre i suoi lombi si muovono con un ritmo incalzante. Io emetto suoni sempre piú osceni...
Apro per un attimo gli occhi, bagnati di lacrime e sudore, e mi accorgo che Adan sta ancora riprendendo. Rallenta i colpi, quasi a fermarsi, e con la mano sulla mia testa me la spinge all'indietro. Ora è immobile, dentro di me... Mi guarda... Muove le labbra e le guace, emettendo un forte rumore di gola, e mi sputa in faccia. Il suo sputo mi colpisce vicino al naso e mi cola su un occhio. Sento il cellulare che emette un suono. Ha scattato una foto. Subito dopo lo posa. Mi toglie il cazzo dalla bocca.... Con la cappella fa scorrere il suo sputo verso le mie labbra... Io capisco e apro la bocca. Lo sputo mi cola sulla lingua e lo bevo.
«Bravo! Riapri la bocca!»
Lo faccio, e Adan di nuovo si riempie la bocca di saliva a mi sputa in gola... Poi mi rimette di forza dentro il suo uccello.
Ora mi chiava sempre più forte. Ormai da almeno un paio di minuti il suo cazzo entra e esce dalla mia gola, e una cascata di saliva e muco mi cola dal mento.
Il sapore del suo sesso ha quasi sostituito quello dei suoi escrementi nella mia bocca.
Adan si irrigidisce... Esce dalla mia gola ma rimane fermo con la cappella nella mia bocca. Con una mano mi tiene la testa, e con l'altra si masturba veloce. Pochi istanti e mi esplode in bocca, eiaculando abbondantemente. La mia bocca è di nuovo piena, ma questa volta del suo sperma... Mi libera la bocca dall'enorme ingombro della sua cappella, e io ingoio tutto... Quel sapore, per un istante, mi ha di nuovo provocato un fremito di eccitazione.
«Datti una sistemata. Lavati la faccia» mi dice Adan, sempre aggressivo, indicandomi il bidè.
Seguo le sue indicazioni e, sempre in ginocchio, apro il miscelatore del bidè e inizio a lavarmi la bocca, il viso e la testa... Adan è uscito dal bagno. Lo sento che fruga fra le cose accatastate in corridoio.
«Adan... Perché fai così? Perché mi tratti così? Ieri eri diverso...» dico, rivolgendomi a lui, mentre mi detergo l'acqua dal capo...
«Vuoi saperlo? Ieri più ti scopavo, più andavo oltre, più ti mettevo sotto e più ci godevo. E più mi veniva voglia di farti male! Se lo vuoi sapere, ci godo a trattarti peggio di una troia di merda!». Mi dice queste parole tornando in bagno e appoggiando sul mobile del lavandino un paio dei guanti che gli ho portato, alcune spesse fascette nere da elettricista ed una bottiglia che non capisco cosa contenga.
«Alzati e voltati» mi intima. Io ubbidisco.
Adan prende una fascetta e me la serra intorno al polso destro. Poi ne fa passare una seconda all'interno della prima e me la chiude attorno al polso sinistro, legandomi le mani dietro la schiena. Non mi ribello. Non protesto. So che con quelle foto e i video sul cellulare mi tiene in scacco. Cerco solo di farlo ragionare, mentre ho le gambe che mi tremano per la paura e il disagio:
«Adan... Ti prego... Lasciami andare via... Non ti ho fatto niente...».
Per risposta ricevo un ceffone sulla nuca.
«Cazzo! Ma vuoi state zitto? Coglione!».
Nell'apostrofarmi così adan esce di nuovo dal bagno e torna in corridoio. Rientra con altro materiale. Un pezzo di cavo elettrico e una bindella di metallo di sezione quadrata, di circa 4 cm di lato, lunga un metro e con una precisa sequenza di fori a un paio di centimetri di distanza l'uno dall'altro. Direi che è il montante di uno scaffale o qualcosa di simile. Adan ha in mano qualche altra cosa... Capisco cos'è quando me lo preme sulle labbra e me lo conficca in bocca. È un suo calzino di spugna, fradicio di sudore e maleodorante. Me lo caccia in bocca e poi mi stringe fra i denti legandolo dietro la nuca il pezzo di cavo elettrico. Sono imbavagliato.
«Così non sento più le tua cazzate!» mi dice in un orecchio.
«Ora giù! Vai a terra». Nel dirmelo mi spinge verso il basso prendendomi per le spalle, e poi con un colpo sulla schiena mi fa capire che mi devo mettere a pecora. Con le mani legate dietro alla schiena sono costretto con la fronte a terra... Mi giro su una guancia, per sbirciare cosa combina Adan dietro di me...
Afferra la bindella e la mette sopra i miei polpacci, appena sotto le cavità poplitee. Poi armeggia con altre fasciette da elettricista. Ne fa passare due in altrettanti fori alle estremità della bindella e mi lega le gambe, stringendo le fascette esattamente sotto le ginocchia. Sono completamente immobilizzato. E sono terrorizzato.
«ehehehe» - ridacchia Adan - «Qualche altra foto e poi ti spacco». Riprende il cellulare e mi scatta altre foto in quella posizione, immobilizzato mani e piedi e con il culo completamente esposto ad ogni suo desiderio.
Adan posa il telefono, accanto ci sono i guanti. Li prende, li tira fuori dalla busta e li calza:
«Perfetti! Ahaha».
Prende anche la bottiglia che ha portato poco prima insieme ai guanti... Intravedo l'etichetta e mi sembra di capire che si tratta di gel lubrificante siliconico da elettricista, di quello che si usa per facilitare l'uso della sonda tiracavi nelle canaline di corugato.
Se ne versa parecchio sui guanti, fregandosi le mani per lubrificarli in modo omogeneo. Poi me ne versa fra i glutei e mi inserisce il beccuccio nell'ano, spremendomene dentro parecchio. Li legato, penso che trattandosi di olio siliconico non dovrebbe causarmi problemi. Sono le intenzioni di Adan a preoccuparmi da morire.
Inizia subito a infilarmi indice e medio nel retto, masturbandomi senza riguardo. Poco dopo aggiunge indice e medio dell'altra mano... Riesco a reggere le quattro dita malgrado un po di bruciore, ma sono teso e preoccupato... Sento il rumore dello sfregamento baganto delle sue dita nel mio culo.
Adan torna a masturbarmi il culo con due dita, mentre con la mano libera vuota altro gel siliconico. Ora aggiunge prima il pollice, poi anulare e mignolo. Con la mano chiusa a cono inizia a spingere fortissimo. Mi provoca un bruciore intenso, ma il mio corpo resiste alla sua pressione e gli impedisce di penetrare. Adan bestemmia, e cerca una posizione per far peso con tutto il corpo sulla sua mano, ormai dentro di me quasi fino alle nocche. Io mi trascino in avanti col corpo, cercando di fuggire, ma raggiungo quasi subito il termosifone e mi ci trovo schiacciato contro.
Adan continua a spingere, sempre più forte. Ad un tratto sento i miei sfinteri cedere, di schianto. Un dolore intenso e acuto. Grido, ma il calzino conficcato nella mia bocca soffoca la mia disperazione. La mano di Adan mi è entrata nel retto, di colpo, fino al polso. Lo sento sghignazzare sopra di me:
«Puttana sfondata! Ahaha».
Sto soccombendo al più lancinante dolore che abbia mai provato. Mi toglie il fiato. Ho la nuca schiacciata fra il pavimento e il termosifone. Gli occhi pieni di lacrime. Tutto il mio corpo sta tremando, per il dolore, per la paura, per lo shock. Sento qualcosa di caldo scendermi dalle gambe. Apro gli occhi e, a fatica fra le lacrime, guardando da sotto fra le mie gambe vedo che un rivolo di sangue mi cola lungo la coscia destra, formando una piccola chiazza attorno al punto dove il ginocchio tocca il sacco aperto sul pavimento.
Adan ride. Estrae la mano dal mio culo, ma subito la riinfila. Capisco che è chiusa a pugno. Lo fa con violenza ma nulla oppone più resistenza e il suo pugno mi si conficca nel retto. Ride ancora, compiaciuto. Da sotto intravedo il suo corpo. È in ginocchio dietro di me e il cazzo gli è ritornato di marmo. Sta godendo per quello che mi sta facendo subire.
Adan mi sta fistando. Mi ha letteralmente spaccato. Sanguino dal culo, ma a Adan non importa. Inizia a pomparmi violentemente il culo col pugno, ridacchiando soddisfatto. I colpi sono duri, profondi, veloci, incessanti. Ad ogni colpo mi manca il fiato. Ad ogni colpo mi sento mancare e desidero solo che tutto finisca. Ma Adan continua senza pietà.

Sto vivendo un incubo.
Non so da quanto tempo Adan sta andando avanti... Forse 5, forse 10 minuti.
All'improvviso estrae il suo pugno. Ringrazio Dio, ha finito! Apro gli occhi e vedo fra le mie gambe che si è alzato in piedi... Vedo che dal culo mi cade del liquido... Sangue, gel, non so che altro. Ho le narici piene di odore di sangue, così intenso da coprire il puzzo di piedi che si sprigiona dal calzino che ho bloccato in bocca, bagnato di sudore di piedi del mio aguzzino e della mia saliva.
Vedo un guanto cadere a terra... Poi i piedi di Adan si riavvicinano al mio culo esposto.
Una mano mi afferra per i polsi legati e mi solleva la testa da terra. Mi procura dolore alle spalle...
Adan mi passa davanti. Ha nella mano sinistra liberata dal guanto il callulare e sta facendo l'ennesimo video. Non dice una parola, solo mi riprende in primo piano... Immagino il mio viso sconvolto, sfigurato dal cavo che mi lega la bocca, con gli occhi pesti di lacrime...
Lo guardo negli occhi, supplicandolo con lo sguardo... Poi la mia attenzione scivola sull'altra mano. Il guanto verde gli copre la mano destra, quella che ha usato per fistarmi. Il guanto è sporco di sangue fino a metà del suo avambraccio. Ora ho paura per la mia incolumità. Ho paura che i danni che mi sta procurando siano gravi... Lo guardo di nuovo negli occhi, ma non sto più supplicando, sono terrorizzato! Lui ride...
Adan mi torna alle spalle, mi spinge di nuovo con la faccia a terra e reintroduce il suo pugno nel mio culo, lentamente. Poi lo sfila, e lo ri infila. Dopodiché ricomincia a pompare, più forte di prima. Capisco che sta filmando tutto. Dalla mia gola stanno continuano a uscire versi gutturali di dolore, intervallati dai singhiozzi. Adan non si ferma, anzi accelera il ritmo.
«Sei solo un povero finocchio di merda! Scommetto che ti piace! Se sei tornato qui oggi, dopo quello che ti ho fatto ieri, è solo perché ti piace farti spaccare il culo! E ti piace farti pisciare in bocca! Non saresti tornato se fossi un uomo vero... Ma sei solo un finocchio! Siete tutti finocchi voi italiani. Ti è piaciuto il cazzo albanese e sei tornato. E tornerai. Tornerai perché ti piace anche il pugno albanese. E ti piace mangiare la merda! Ahahaha! Voi non vi mangiate le tartarughe, vi mangiate la merda! Ahaha» mi apostrofa Adan con l'intento di umiliarmi ancora di più.
Poi si appoggia con l'avambraccio sinistro ai miei lombi, e con la destra aumenta la velocitá... Sempre piú veloce... Io sto gridando, spaccato dal dolore, ma il mio grido continua a rimanere soffocato dal calzino nella mia bocca. Lunghi istanti ad altissima velocitá, e poi Adan mi stura il culo, estraendomi il suo pugno dalle viscere.
Sento cadere altro liquido...
Adan si alza e mi lascia solo... Chiudo gli occhi, sto quasi per svenire. Il dolore è atroce. Da quando la sua mano è entrata nel mio culo il mio corpo non ha smesso di tremare per un solo istante. Sento di essere completamente sudato, ma ho freddo. Sento di nuovo Adan in un'altra stanza cercare qualcosa, e non oso immaginare con cosa ritornerá.
Sono un paio di bottiglie di plastica, da acqua naturale. Vuote. Sono di colore blu scuro. L'acqua che contenevano era di marca Levissima, frizzante. Hanno una forma cilindrica, con un pronunciato restringimento a tre quarti della loro altezza. Adan ne butta una nel lavandino. L'altra la cosparge di gel siliconico... Mi mette la parte con il tappo nel buco devastato e inizia a spingere. Il mio culo, ormai completamente sfondato, cede. La bottiglia entra e il mio buco si richiude intorno al restringimento. Adan di nuovo ride compiaciuto. Mi lascia lí, con la bottiglia piantata nel culo. Mi scatta altre foto...
Prende la seconda bottiglia e le forbici da elettricista, e la taglia proprio lungo il restringimento, poi toglie il tappo dal collo filettato. Non capisco cosa vuole fare, cos'altro la sua mente perversa ha deciso di farmi subire...
Finito il suo lavoro torna a occuparsi di me. Mi estrae la bottiglia dal culo e la butta a terra... Quindi sento che si allontana di un passo, ma rimanendo dietro di me... Vedo quello che fa solo con la coda dell'occhio, e non riesco a capire le sue intenzioni. Ora vedo solo che mi guarda, con le mani appoggiate sui fianchi.
Passano diversi secondi, poi parte di scatto e mi da un calcio, fortissimo, fra le cosce. Mi colpisce con una violenza spaventosa i genitali con un calcio di collo pieno, sollevandomi letteralmente dal pavimento.
Se credevo che il dolore provato prima fosse irraggiungibile, Adan mi ha di nuovo dimostrato che avevo torto. Rimango di nuovo senza fiato nei polmoni... Dilaniato dal dolore...
«Spero di averti spaccato le palle, frocio. Così non corri il rischio di mettere al mondo un altro coglione italiano razzista come te!» mi dice sprezzante Adan.
Il dolore è enorme... Faccio fatica a respirare... E inizio a convincermi che Adan non smetterá finchè non mi avrá ammazzato.
Scivolo col corpo sul pavimento, e rimango buttato come uno straccio sul sacco nero che lo ricopre. Anche le gambe, lì dove sono strette dalle fascette di plastica nera, iniziano a farmi male, così come le braccia, ormai legate dietro la schiena da lungo tempo.
Adan mi è di nuovo addosso. Mi prende ancora per le braccia e mi solleva di peso, procurandomi una fitta alle spalle. Mi vuole rimettere a pecora, e con pochi strattoni e spinte riesce nel suo intento.
Ora prende dal lavandino il collo della bottiglia che ha tagliato e a cui ha tolto il tappo e mi infila la parte filettata nel culo. La spinge dentro con facilità, e io rimango con il culo aperto da questo imbuto improvvisato. Sento che si piazza dietro di me inginocchiandosi e rimanendo con i lombi all'altezza delle mie natiche. Afferra il suo uccello e appoggia la cappella all'interno della bottiglia. Non impiego che un istante per comprendere le sue intenzioni. Adan inizia a pisciare e il getto dalle sua urina, favorito dal collo della bottiglia, inizia a scorrermi nelle viscere riempendomi l'intestino.
Di nuovo un dolore acuto. Un bruciore intenso. E non posso in alcun modo difendermi da esso.
Il piscio di Adan, che ieri avevo bevuto eccitandomi, e che prima era stata fonte di umiliazione mentre mi trovavo con la testa nel cesso, ora è l'ennesimo supplizio al quale vengo sottoposto... La pisciata è lunga... La sento scorrere nel mio intestino e sento il bruciore avanzare con essa.
Di colpo Adan toglie il suo cazzo e il suo improvvisato imbuto dal mio culo. Solo il tempo di riprendere la prima bottiglia, quella intera, e riconficcarla nel mio buco fino alla scanalatura che le impedisce di uscire.
«Ehehe! Così non ne esce una goccia! Goditi il clistere, pezzo di merda!» mi deride Adan.
Mi riprende per le braccia e mi mette in posizione seduto. Il fondo della bottiglia preme contro il pavimento e la sento spingere nelle mie interiora. La bindella di metallo a cui sono legate le mie gambe mi procura dolore ai polpacci e alle cosce, per cui cerco di tirarmi un po su. Adan me lo impadisce, appoggiandosi con le mani sulle mie spalle e premendo il mio corpo verso il basso... Tento di ingobbirmi per limitare la pressione, ma Adan se ne accorge e mi pianta un ginocchio in mezzo alla schiena, obbligandomi a raddrizzarmi. Continua a premere e la bottiglia penetra ancora di piú nel mio culo, finché non sento il rumore del pet che si deforma. Adan è soddisfatto e smette di impalarmi.
Prende le forbici da elettricista e mi si mette davanti. Con un colpo di forbici taglia il cavo elettrico che mi assicura il suo calzino in bocca, e mi dice di sputarlo... È un istante di sollievo svuotarmi la bocca da quel calzino...
«Ti prego... Basta...» sussurro con un filo di voce.
«Oggi non ti inculo... Intanto con quel buco spanato non ci godrei neanche. Ma la tua gola me la fotto di nuovo. Avanti succhia».
Adan mi ripresenta il cazzo duro a metá davanti alla bocca. La apro senza resistena, e lui entra. Mi afferra la testa, ma non riesco a succhiare... Adan mi insulta, poi mi toglie il cazzo dalla bocca e con quello mi colpisce sulla faccia. Una, due, tre volte. Non sento dolore, per quanto i colpi che mi impartisce siano forti. Il dolore che mi procura la bottiglia conficcata nel mio culo martoriato annulla ogni altro dolore. Poi me lo rimette in bocca, e cerco di succhiarglielo. Forse prima riesce a godere, prima finisce la mia tortura.
Lo pompo di nuovo con vigore, cercando di resistere al dolore intenso... Il suo cazzo torna duro, e di nuovo cerco di ingoiarlo. Riesco facilmente, senza forti conati, e di nuovo Adan mi chiava la gola. Ancora con forza, ancora violento...
Non è molto che ha goduto, per cui ci impiega molto tempo a sborrare. Mi tiene la testa serrata fra le mani, immobile, e con i suoi lombi entra ed esce dalla mia gola con un ritmo sempre più frenetico.
Non sento nulla... Non sento sapori, non faccio caso alla saliva che mi cola dalla bocca, sopratutto non provo nessun tipo di eccitazione.
Dopo diversi minuti percepisco il sapore di liquido pre eiaculatorio. Adan si irrigidisce, poi mi toglie il cazzo dalla gola e inizia a menarselo davanti alla mia faccia. Con un lungo mugolio di godimento mi sborra in faccia. Anche se ha goduto da poco, gli schizzi sono abbondanti. Li sento caldi, colarmi sulla faccia.
In un attimo riprende il cellulare e mi fa altre due foto. Un altra freccia all'arco del suo ricatto.
Posa il cellulare, con la cappella mi guida in bocca gli schizzi del suo sperma che ancora sono sulla mia faccia... Li ingoio, senza neanche farci caso...
Poi Adan si rimette i guanti... Temo che non sia ancora sazio... Prende la metá inferiore della bottiglia da cui ha ricavato quella specie di imbuto e mi viene alle spalle. Mi spinge in avanti e mi rimette a pecora. Prende la bottiglia intera conficcata nel mio culo e mi stura. Dopodiché appoggia in corrispondenza del mio ano la bottiglia tagliata.
«Adesso spingi, se ce la fai! Ahahah».
Adan ha ragione... È una parola spingere. Provo... Sento uscire dal mio culo un liquido caldo. È il piscio di Adan che ancora non è stato riassorbito dal mio intestino. Spingo ancora... Altro piscio.... E poi ancora...
«Ahaha! Che schifo!» ride Adan divertito.
Mi rialza, mettendomi in ginocchio. Torna davanti a me. In mano ha mezza bottiglia, piena per tre quarti di quello che mi ha appena fatto espellere dalle viscere. Me la mette davanti alla faccia in modo che la possa vedere. È quasi tutto piscio, sporco di sangue. Alcune tracce di gel siliconico galleggiano... Qualche traccia di muco...
«Adesso bevi... A te piace un sacco il piscio!»
Mi afferra per la mandibola piegandomi il collo all indietro. La pressione delle sue dita mi costringe ad aprire la bocca... Lentamente inizia a versarmi in bocca il liquido nella bottiglia. Il sapore è quello del suo piscio, ma distinguo anche il sapore ferroso del sangue.
Inghiotto senza resistere... Spero solo che tutto sia finito...
Adan torna alle mie spalle. Sento che con le forbici taglia le fascette che mi legano i piedi e toglie la bindella, appoggiandola fra il mobile e la doccia. Poi mi taglia le fascette che mi legano le mani.
Finalmente sono slegato. Ho il corpo intorpidito, sopratutto le spalle. Sono distrutto e dolorante. Mi metto carponi, poi cado su un fianco, in posizione fetale...
«Ahaha! Sei veramente una merda! Solo una merda! Ahahaha!».
Non ho la forza di replicare, neppure di alzarmi...
Rimango lì immobile qualche minuto, mentre Adan riporta ogni strumento che ha utilizzato per torturarmi lá dove lo aveva trovato. Ogni volta che mi si avvicina ho un fremito, e mi rannicchio ancor più su me stesso. Ho paura. Ho paura di questo ragazzo, del quale fino a ieri avevo una cotta di cui ero ben conscio.
«Alzati da lì e datti una sistemata» mi ordina.
Raccongo le forze e provo ad alzarmi. Ma ho le gambe che mi tremano e un'azione così semplice diventa per me un calvario. Mi infilo nella doccia e chiudo la porta del box, ma Adan arriva e la riapre. Io d'istinto mi schiaccio contro la parete opposta alla porta, il più possibile distante da lui.
«Che cazzo fai? La doccia te la vai a fare a casa tua. Datti solo una sistemata. Non voglio che se qualcuno ti vede uscire da qui immagini qualcosa!» mi dice ringhiando.
«Passami il doccino».
Glielo passo. Si allunga con un braccio nella doccia e apre il rubinetto, spostando la leva sull'acqua fredda. Mi punta il getto e inizia a bagnarmi, ridacchiando divertito.
L'acqua è gelida. Adan mi dice di passarmi le mani sulla faccia, dirigendoci il getto... Poi mi fa lavare le gambe, dove una sottile striscia di sangue rappreso si scioglie sotto il getto d'acqua. Con cautela mi passo una mano fra le natiche, e sento il disastro che ha lasciato Adan. Sento sotto le mie dita il mio sfintere gonfio, deformato... Ogni minimo sfioramento mi procura fitte di dolore....
Pochi secondi, poi Adan richiude il rubinetto. Rimango lì, e malgrado il caldo di luglio sto tremando per il freddo.
Dopo poco si riaffaccia Adan, con un rotolo di scottex casa. Ne strappa diversi pezzi e me li da:
«Asciugati e esci di li. Devi ripulire qua fuori».
Esco dalla doccia, asciugato alla benemeglio. Adan mi da un sacco nero, e io ci metto dentro quello che avevo tagliato e aperto prima. Ci butto le due bottiglie, quella intera e quella tagliata. Quella intera è sporca di sangue per oltre la metá della sua lunghezza, e nel resto ci sono gocce che sono colate verso terra e ora sono coagulate. Butto i guanti, anch'essi insanguinati. Butto la carta con cui mi sono asciugato. Butto le fascette e il pezzo di cavo elettrico. Butto il calzino....
«Quello no! Tieni!» mi dice Adan, tirandomi in faccia anche l'altro calzino sporco, che dopo avermi colpito cade a terra. «Portali a casa e lavali. Poi me li riporti puliti! Ahaha».
Li raccolgo entrambi e li tengo in mano... Mi guardo intorno, e tutto è in ordine. Non sembra il posto della mattanza che ho subito. Ripiego il sacco e aspetto di sapere se me ne posso andare.
«Adesso vestiti e vattene! Domani pomeriggio, puntuale alle 3, fatti trovare qui sotto, che si ricomincia! E se non vieni i tuoi video e le tue foto fanno il giro dell'azienda e poi le metto su internet! Quindi non fare il furbo!».
Annuisco, completamente annientato...
«Fuori dalle palle adesso!» mi intima.
Vado in corridoio, con il sacco della spazzatura e i calzini in mano. Sfilo il mio zaino da sotto i vestiti e ci infilo dentro i calzini di Adan... Intanto lui è entrato nel box doccia ed ha iniziato a lavarsi. Nella tasca dello zaino ho un pacchetto di fazzolettini. Ne tiro fuori un paio e, mentre mi infilo i boxer, me li appoggio nella zona anale. Spero che servano nel caso dovessi perdere sangue, in modo da non sporcare i vestiti. Finisco di vestirmi, faticosamente. Ogni movimento mi provoca sofferenza. Ora sono pronto per andarmene finalmente via.
Guardo in bagno.... Adan è sotto lo doccia... Sto per andarmene, quando vedo sul piano del mobile del bagno il suo cellulare. Il cellulare che contiene le foto e i video che mi ritraggono subire ogni tortura. Le foto e i video con i quali mi ricatta. È un istante. Capisco che è la mia opportunità. Faccio due passi nel bagno e lo prendo. Poi guadagno l'uscita dell'appartamento. Sono le 17 e cinquanta. Sono trascorse tre ore, in cui ho subito ogni tortura gli sia venuta in mente. Sono trascorse tre ore da quando avevo salito le scale, ed Adan mi aveva domandato se riuscivo a salirle senza problemi, prevedendo che non sarebbe stato lo stesso per scenderle. Adan aveva ragione: nel ridiscenderle ogni passo è una atroce sofferenza.
Mi guardo indietro. Ho il terrore che Adan esca dalla doccia e si accorga che gli ho preso il cellulare.
Arrivo alla porta principale del palazzo. Esco e mi dirigo verso la mia macchina. La apro, butto dentro zaino e sacco nero, poi faticosamente mi siedo al posto di guida. Infilo la chiave e parto.
Solo quando sono uscito dal quartiere mi sento più tranquillo... Mi fermo in un area di sosta lungo la tangenziale e tiro fuori dalla tasca il cellulare di Adan. Nessuna chiamata. Il cellulare è sbloccato... Controllo i suoi messaggi e le chiamate delle ultime 24 ore. Non ci sono chiamate e nei messaggi non fa accenno a quello che è successo ieri. Controllo la cartella con i file. Li trovo subito... Sono 26 tra video e foto salvati nelle ultime tre ore, e sono salvati sulla memory card. Controllo anche le impostazioni generali: nessun cloud. Bene! Lo spengo, faccio scorrere il guscio posteriore e tolgo la la batteria. Poi mi riavvio verso casa. Adan non sa dove abito e il mio nome non è in elenco. Lì mi sentirò al sicuro...
A casa mi dirigo in bagno e mi accovaccio vicino al vater. Vomito... Vomito violentemente... Ancora e ancora... Poi mi risciacquo e mi lavo i denti... Due volte, e poi butto lo spazzolino. Vado sotto la doccia... Una doccia lunga, con la quale cerco di riprendermi... Non sanguino più, ma il dolore è insopportabile... Cerco nell'armadietto dove conserviamo i medicinali e prendo una bustina di tachidol... La sciolgo in un bicchiere e la bevo: spero funzioni... Prendo uno specchietto da uno dei cassetti, mi chino e cerco di guardarmi dietro: quello che vedo mi mette i brividi. Il mio ano è gonfio, e intravedo diverse lacerazioni. Forse dovrei mettere qualche pomata, ma per ora non ho intenzione di toccare quella parte del mio corpo... Mi rivesto con i vestiti da casa...
Mi dirigo nello studio e accendo il mio pc. Prendo il cellulare di Adan e ne estraggo la memory card... La inserisco nel pc e ne guardo i contenuti... Ci sono foto di Adan con gli amici, mentre gioca a calcio. Altre in qualche locale. Foto da solo. Foto con la sua ragazza.
Continuo a scorrere, finchè non mi imbatto in diverse foto della sua ragazza mentre lo spompina, altre mentre lui la scopa. Lei è quasi sempre visibile in volto e ben riconoscibile. Bene! Altre foto, qualche video. Poi un bel video: è la sua ragazza che glielo succhia finchè lui gli viene in bocca, e la cocca ingoia. Molto bene!
Altre foto e, alla fine dei file, quelle che mi riguardano. Non ho la forza di guardarle...
Cerco fra le mie cose... So di avere una memory card come quella del cellulare di Adan. La trovo, la inserisco nel pc e la formatto. Sopra non c'era nulla di rilevante per me. Completata la formattazione ci copio dentro i contenuti della memory card di Adan, tralasciando le mie foto. Le estraggo entrambe dal pc, e inserisco quella in cui ho appena copiato i file dell'originale nel telefono di Adan. La sua invece resterà a me.
Rimetto la batteria e riaccendo il cellulare. Niente codice di sblocco, niente pin... Il ragazzo non è molto prudente.
Dopo meno di dieci minuti il cellulare suona. Rispondo, ed è Adan:
«Pezzo di merda! Il mio cellulare» ringhia...
«Scusa tanto.... Devo averlo preso per errore.... Ero un po confuso, prima» rispondo sarcastico.
«Stai tranquillo, domani mattina te lo ridò...»
«Ti conviene, stronzo!»
- click -
Chiudo la chiamata e spengo il cellulare. Spengo anche il pc e mi stendo sul divano...
Intorno alle 19 rincasa Marika... Con lei mi sforzo che tutto sia a posto, anche se lei si accorge che sono turbato. Taglio corto, raccontandole che ho qualche grattacapo sul lavoro e che è tutto il giorno che ho mal di testa. Forse un giorno le racconterò tutto. Ma non stasera...

Quattro e mezza... Suona la sveglia. Oggi sono più frastornato di ieri... Seguo il mio rituale, accendo il caffè e vado in bagno. So che cosa è successo ieri... Ogni muscolo del mio corpo me lo grida, e star seduto sul wc mi procura un dolore assurdo... Due giorni fa il mio collega albanese, per il quale ho sempre nutrito una profonda simpatia e per il quale covavo una cotta, mi ha portato nell'appartamento che sta ristrutturando e in modo del tutto inespettato mi ha aperto le porte del Paradiso, facendomi suo e portandomi in estasi. Subito dopo mi ha indicato la via per l'Inferno, dove mi ha condotto ieri sottomettendomi a dolori indescrivibili e umiliazioni.
So cosa è successo e ho chiaro quello che deve succedere: oggi chiudiamo la storia.
Mi reco al lavoro. Come ogni giorno. Ma oggi sto davvero male... Arrivo con qualche minuto di ritardo e vado negli spogliatoi. So che lo troverò la. E infatti non sbaglio. Lo spogliatoio è ormai deserto e Adan mi sta aspettando davanti ai miei armadietti. È furibondo.
«Il mio cellulare!» mi dice incazzato, allungando una mano.
Senza far trasparire emozioni, glielo consegno. Sembra volermi aggredire, ma si trattiene. Anche se al momento non c'è nessuno, potrebbe arrivare qualche altro ritardatario. E se lui fosse sorpreso a farmi del male sarebbe cacciato oggi stesso dall'azienda, e la sua azienda somministratrice di lavoro interinale difficilmente le offrirebbe un altro posto. Fa per andarsene, ma la mia voce lo ferma, quando è gia a qualche metro da me:
«Oggi non vengo, e non verrò mai più...»
Si volta, guardandomi sogghignando:
«I video e le foto...» mi dice.
«Quelli non ci sono più. Non li ho cancellati, perchè sarebbe facile recuperarli comunque. Ho copiato la tua memory su una nuova, che ora è nel tuo cellulare... La tua la tengo io... Quella con le mie foto... Con i miei video... Quella con le foto e i video che fai alla tua ragazza... Ehehe...»
Adan cambia espressione. Da incazzato a preoccupato. Sa che ora sono io a poter diffondere le immagini della sua ragazza che ci da dentro...
«Finisce qui Adan... Per te non esisto più. Non cercarmi... Non mi fai paura. Se mi cerchi ti farò davvero male. Più di quanto tu ne hai fatto a me». Il mio tono è grave. Tranquillo. Monotono.
«Adesso togliti dal cazzo!» gli dico. Adan è sconcertato... Si volta, senza dire una parola, e se ne va...

Tre settimane dopo andammo in ferie per la chiusura estiva. Adan non mi cercò più e io, ovviamente, non cercai mai più lui. Seppi che il suo contratto di somministrazione sarebbe scaduto l'ultimo venerdì prima della chiusura. E così fu. A settembre non venne richiamato, perchè aveva ormai raggiunto il limite massimo di contratti di somministrazione presso la nostra azienda. Al suo posto arrivò semplicemente un altro interinale. In produzione le risorse sono solo numeri. Nessuno è insostituibile.
Non so che fine abbia fatto e non mi interessa saperlo.
Per me è stato per lungo tempo un ideale di bellezza e un desiderio irrealizzabile. È stato per meno di due ore una finestra di Paradiso in terra. E resterà per tutta la vita la violenza e la sofferenza dell'Inferno. E forse è la che lo rivedrò...
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