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Il vicolo (1)


di crigio
01.02.2016    |    13.197    |    7 9.1
"“C’è un nuovo locale un po’ fuori città..."
“Pronto, Giò? Ciao, sono Hektor! Come va?”.
“Ciao. Bene, grazie! E tu?”.
“Bene, bene. Ascolta: so che Enrico è fuori città. Ho pensato che questo finesettimana, piuttosto che stare da solo, potremmo divertirci un po’ insieme”.
“Sì… Perché no! Dove andiamo?”.
“C’è un nuovo locale un po’ fuori città. Magari ci troviamo in centro e poi ci andiamo insieme, ok?”.
“Ok!”.
“Allora ti faccio sapere dove ci vediamo. Ti passo a prendere io. Buona serata, intanto!”.
“Grazie. Anche a te!”.
L’indomani ricevo un messaggio su Whatsapp da Hector nel quale mi dice di farmi trovare in una determinata strada, ché lui mi passerà a prendere con Juan.
Nel giorno pattuito, mi dirigo verso il luogo dell’appuntamento e, una volta arrivatoci, aspetto i miei nuovi amici. Il tempo passa, ma loro non si fanno vedere. Comincio a preoccuparmi e decido di chiamare Hektor.
La voce campionata dell’operatore mi dice, però, che il suo cellulare non è raggiungibile.
Quando, ormai persa ogni speranza, mi volto per tornare a casa, succede qualcosa di inatteso: vengo braccato alle spalle da due braccia forti, mentre una mano mi tappa la bocca. Sento un forte odore di alcool e pochi secondi dopo perdo i sensi.
Da quel momento in poi, ricordo solo del trambusto e i sussulti dell’auto o del furgone sul quale vengo trasportato da qualche altra parte. Echi di voci che mi rimbombano in testa, senza che ne riesca a capire le parole. Poi, di nuovo buio.
Riprendo conoscenza che sono steso prono su qualcosa di arrotondato: ho le mani legato sotto quest’affare, un cerotto sulla bocca e gli occhi bendati. Sento dell’aria su tutto il corpo: sono nudo. Le mie gambe pendono oltre il bordo del sostegno che mi regge (dalla forma, sembrerebbe un cavallo per esercizi ginnici). A svegliarmi è stata la pressione di qualcosa di caldo, duro e pulsante tra le mie chiappe.
“Ah! La bella addormentata ci sta degnando della sua attenzione, finalmente!”, dice una voce alle mie spalle. Da qualche parte mi giungono alle orecchie delle urla cavernose. Sembrano grida miste di sofferenza e di piacere e non sono molto distanti. Intanto, l’affare tra le mie natiche preme più forte e la mia rosellina cede. Emetto un lamento.
“Che c’è? Non ti piace?”, mi chiede la stessa voce di prima. Io mi limito ad ansimare, senza rispondere, e il tipo continua ad affondarmi in corpo. Quello che ormai ho capito essere un cazzo, peraltro di notevoli dimensioni e particolarmente eccitato, mi dilata il budello e prosegue incessante la sua corsa verso il fondo delle mie viscere.
“Ma quanto è lungo?”, mi chiedo tra me e me. Infatti, passano diversi secondi prima che avverta il pelo pubico dell’uomo solleticarmi le natiche. È vero che ha proceduto lentamente, ma comunque il mio stupratore ha una dotazione impressionante. Quando è quasi alla fine, dà un colpo secco col quale mi colpisce la prostata. Un altro lamento esce dalla mia gola, stavolta più lungo e intenso.
“Che c’è? Godiamo?”, mi provoca lo stallone. Si appoggia con le mani sui miei fianchi e comincia a muoversi avanti e indietro. L’asta mi scorre dentro per tutta la sua lunghezza e mi percuote negli intestini. La foga dell’uomo aumenta via via che mi monta e sento il suo respiro farsi sempre più pesante. Col passare del tempo non si risparmia: si dimena dietro di me scopandomi come un ossesso e offendendomi con le parole più sconce che conosce. Nonostante non voglia, inizio ad accaldarmi. Non so chi ho dentro e non so che intenzioni abbia.
Dovrei avere paura, ma la situazione sembra eccitarmi. Più vengo colpito, più la mia temperatura aumenta. Quando l’uomo si abbatte sulla mia schiena, grugnendo come un maiale, anch’io sono pronto ad esplodere in uno dei miei orgasmi anali, soprattutto perché un lungo schizzo di sborra bollente mi sollecita talmente la prostata che non riesco a sottrarmi al mio stesso piacere.
Tuttavia, l’uomo, dopo aver goduto nel mio ventre, con un violento strattone mi libera lo sfintere che, però, viene immediatamente riempito da un altro attrezzo di pari proporzioni che mi lacera le pareti anali. Il dolore che sento arresta improvvisamente il mio orgasmo ed urlo come un agnellino sgozzato.
Una voce diversa mi sussurra all’orecchio: “E ora mi diverto io!”, e il nuovo stallone inizia una cavalcata da fantino esperto. Il suo cazzo, però, è entrato male fin dall’inizio e non riesco a provare piacere. Spingo in fuori e rilasso i muscoli interni per favorire il più possibile lo scivolamento della nerchia, ma inutilmente. Almeno finché qualcuno non mi strappa via il cerotto dalla bocca e mi riempie le fauci con un altro arnese spaventosamente grosso.
“Succhia, puttana!”, mi fa una terza voce. La cappella che mi colpisce la gola mi inebria di desiderio e uno spasmo al bassoventre mi fa aprire più di quanto potessi fare volontariamente. In questo modo, la minchia che ho in culo trova la sua giusta collocazione ed inizia a scorrere con più facilità.
“Ma questo buco è vivo!”, sbraita il tipo alle mie spalle, continuando a fottermi di buona lena. “Si apre e si chiude… Sembra che mi stia succhiando il cazzo!”.
“E’ perché sta godendo!”, gli fa notare quello che mi sta davanti. Deve essersi seduto a cavalcioni sull’attrezzo ginnico ed ora mi sta scopando la bocca a ritmo intenso. Sono stantuffato davanti e di dietro da due pali di tutto rispetto ed il mio corpo risponde ad entrambe le sollecitazioni, anche se quel senso di paura iniziale non mi abbandona ancora.
Penso ad Hektor che mi starà cercando su è giù per la strada, preoccupato di non vedermi. Forse mi sta chiamando al cellulare.
A proposito: ma dov’è il mio cellulare? E dov’è la mia roba, dove sono i miei vestiti? Mentre penso questo, tre rantoli cavernosi in breve successione, provenienti da non molto lontano, mi perforano le orecchie. Poi, un urlo più profondo e prolungato, tipico di chi sta godendo ma anche soffrendo. I miei due stalloni sghignazzano, rallentando un po’ la monta. Quindi, ripartono come e più di prima, sfondandomi tutti i buchi.
“Sta troia mi fa sborrare!”, fa, d’un tratto, il tipo dietro di me.
“Era ora!”, interviene una nuova voce. “Così possiamo divertirci anche noi!”.
Anche noi??!! Ma quanti sono??!!
La mia paura aumenta, ma, invece di spegnere i miei bollori, si trasforma in eccitazione e si trasferisce tutta al mio sfintere, che inizia a pulsare e a pompare il cazzo che lo riempie.
“Merda! Veeeeeengoooooooo!!”, annuncia lo stallone che mi sta fottendo, e anche stavolta un abbondante fiotto mi allaga le viscere. La pressione sulla prostata fa ripartire il mio orgasmo, spezzato pochi minuti fa. Il mio ventre sbatte contro il cavallo e sputa fuori la nerchia. Un po’ di sperma cola tra le mie cosce, mentre il cazzo mi spennella l’interno delle natiche.
Vengo riempito nuovamente e sbattuto con la stessa energia di poco fa. “Avevi ragione, amico! E’ un culo stupendo!”. Da queste parole, capisco che non è la stessa minchia di prima a penetrarmi, ma un’altra ancora. Le unghie di due mani che mi stringono i fianchi mi penetrano nelle carni e questo ennesimo stallone si serve di me senza alcun ritegno.
Altre mani, poi, toccano le mie sotto il cavallo. Mi slegano i polsi, nei quali, finalmente torna a scorre il sangue. Da un lato e dall’altro qualcuno mi solleva le braccia finché sfioro con le dita due oggetti duri, pulsanti e caldi.
“Menali, troia!”, mi esorta una voce. Il tutto, mentre ho ancora la bocca piena di un gran bel pezzo di carne che non perde smalto, anzi mantiene il suo vigore e stimola la mia salivazione.
“AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH!!!”. È sempre lo stesso urlo di poco fa che torna a penetrarmi le orecchie. Non sono il solo ad essere stuprato. Questi porconi stanno banchettando con almeno un altro ragazzo, che, a quanto pare, non disdegna le loro attenzioni. Tra l’altro, il piacere dell’altra troia sembra trasferirsi a me, per un gioco di empatia. Inizio, allora, a masturbare energicamente le verghe che stringo tra le mani e a incavare le guance per ciucciare più intensamente il cazzo che ho tra le fauci. Allo stesso tempo, inarco la schiena e mi offro completamente allo stallone che mi sta montando, agevolando il suo movimento.
“Questa puttana ha capito con chi ha a che fare!”, mormora qualcuno. “Guardate come maneggia le nostre aste!”.
“Sì… mmmmmm… e come succhia!”, fa il tipo che sto spompinando.
Poi, improvvisamente, la benda che mi copre gli occhi vola via. Subito faccio fatica a mettere a fuoco. Capisco solo che c’è poca luce. La prima cosa che vedo è il pelo che sormonta l’asta che sto aspirando con voluttà. Quindi, le vene che percorrono il cazzo che ho sotto il naso catturano la mia attenzione: sono grosse e gonfie. Alzo lo sguardo e un ragazzo barbuto e sghignazzante mi sovrasta. Vedendo i miei occhi spauriti, mi mette una mano sulla nuca e l’altra la appoggia dietro sul cavallo. Si solleva un poco e comincia a fottermi la gola con violenza. Mi soffoca: schiudo le labbra e sbavo.
Mi volto a destra e a sinistra e ho conferma delle dimensioni delle minchie che sto masturbando.
Sgrano gli occhi per lo stupore. “Che c’è?”, mi chiede il tipo che sto spompinando. “Sono grossi, vero? Chissà ch’è bello sentirli in culo!”. Lo dice proprio mentre l’uomo che mi sta scopando accelera il suo andirivieni nel mio sfintere appoggiando tutto il suo peso sui miei lombari.
Approfitto di essere stato sbendato e mi guardo intorno. Sono circondato da due muri in mattoni e, sbirciando oltre il corpo dello stallone che mi siede davanti, scorgo sullo sfondo un terzo muro sormontato da del filo spinato.
Capisco che si tratta di una strada chiusa, di un vicolo simile a quello nel quale mi trovavo mentre aspettavo che Hektor e Juan mi venissero a prendere. Sotto il muro in fondo vedo una sagoma che si agita: ha le braccia stese in alto. Sembra che sia appeso come un salame e ogni tanto si scuote. Facendo più attenzione, mi rendo conto che è da lì che vengono quel rantolo e quelle urla che sento di tanto in tanto. D’un tratto, gli si avvicina un tale che lo afferra per i fianchi e, armeggiando un po’, con un colpo secco lo penetra e inizia a scoparlo. Allora, il povero ragazzo appeso ricomincia a sbraitare come un ossesso e a tremare, finché l’uomo alle sue spalle si stacca da lui. Quindi, la povera vittima si lascia andare, penzolando a destra e a sinistra, mentre, ad intervalli irregolari, le sue membra vengono scosse da convulsioni.
Vengo richiamato all’ordine dai miei stupratori. Quello alle mie spalle sta godendo: “Ti sborro tutta, puttana!”, e mi schizza dentro. Solo che uno spasmo lo fa strattonare indietro e il cazzo esce dal mio sfintere, finendo di eiaculare sulla mia rosellina e sulle mie chiappe.
La nerchia che stringo nella mano sinistra mi sfugge. “Lèvati, ché tocca a me!”, dice il ragazzo che stavo masturbando e in un attimo sono di nuovo pieno di carne calda e pulsante. Questo nuovo cazzo, però, mi penetra più in alto degli altri e capisco il perché solo quando anche il tipo alla mia destra si sottrae alla mia mano. Gira anche lui dietro di me e punta la minchia al mio buco, proprio sotto quella del suo compare. Spinge e, con sorpresa di tutti i presenti (e anche la mia!), mi scivola dentro. Il primo ragazzo si sdraia sulla mia schiena e si muove lentamente, mentre l’altro, più comodo, mi fotte con gran foga.
“Se fate così, però, mi fate sborrare, stronzi!”, esclama il tipo che sto spompinando. E difatti, dopo qualche secondo, le mie fauci si riempiono di una densa e saporita poltiglia. “Ingoia tutto, puttana!”, mi esorta il ragazzo, sciogliendosi nel suo orgasmo. Quindi, scende dal cavallo e mi lascia in balia dei due che si stanno approfittando del mio culo. Mi aggrappo all’attrezzo e lascio che mi lavorino ben bene.
I loro ventri sbattono ripetutamente contro le mie chiappe burrose, ma non resistono molto, sia per la gran lena con cui scopano, sia perché, naturalmente, il cazzo di uno sfrega contro quello dell’altro, oltre che contro le pareti del mio budello, stimolandosi a vicenda. Alla fine vengono insieme, e insieme decidono di esplodermi dentro spingendo le loro verghe fino in fondo. Così facendo, all’atto dell’eiaculazione, le mazze si gonfiano e sbattono entrambe contro la mia prostata, provocandomi una dilatazione impressionante, col risultato di accendermi un fuoco che percorre tutto il mio corpo fino al cervello. Con uno scatto, reclino la testa indietro e struscio il petto contro il cavallo per stimolarmi i capezzoli induriti. Vibro tutto per la tensione dell’orgasmo e scoppio in un urlo simile a quello della troia in fondo al vicolo.
Quindi, uno spasmo mi fa contrarre lo sfintere e stringo entrambe le minchie. “Che cazzo fai, puttana!”, grida uno dei due stalloni.
“Sta’ buono, ché mi fa venire ancora così!”, dice l’altro. E infatti, dopo pochi secondi, sento un altro fiotto colpirmi in fondo all’intestino. Questa ennesima stimolazione mi fa si nuovo rilassare il culo e uno dei due ragazzi riesce ad estrarre il cazzo. Il secondo, invece, mi rimane in corpo finché non si svuota completamente i coglioni. Si tratta di quello sdraiato sulla mia schiena che, contento di aver sborrato per ben due volte, si strofina contro di me, gongolando e baciandomi la pelle per ringraziarmi del piacere che gli ho fatto provare.
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