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Il vicolo (2)


di crigio
11.02.2016    |    15.627    |    3 8.8
"Come ho fatto a non pensarci prima: solo lui ha la capacità di fottermi con un tale trasporto, di farmi godere senza la necessità di sbattermi con violenza..."
Adesso sono solo, qui sdraiato sul cavallo. Cerco di alzarmi, ma sono stremato. Decido di rimanere un po’ fermo a riposarmi. Sollevo il viso e appoggio il mento sull’attrezzo. Guardo verso il fondo del vicolo: il ragazzo stuprato è ancora appeso come un salame. Ogni tanto qualcuno gli si avvicina da dietro, lo penetra e lo scopa per un paio di minuti. Lui rantola e urla, tremando di godimento. Poi viene lasciato penzolante, finché qualcun altro non ripete l’operazione.
D’improvviso non vedo più niente. “Allora? Ti è piaciuto?”.
Conosco questa voce. Ma sì: è Hektor! Mi si è messo davanti impedendomi di vedere il fondo del vicolo.
Mi tiro un po’ su. È proprio lui! È completamente nudo e ha il cazzo in tiro. È bello come un dio greco e, nonostante abbia appena goduto ripetutamente, mi riaccende gli ormoni.
“Ma… sei qui?”, gli chiedo incredulo.
“E dove credevi che fossi?”.
“Io… veramente…”, balbetto.
“Pensavi che ti stessi cercando lungo la strada nella quale ci siamo dati appuntamento?”.
“… sì…”, ammetto ingenuamente, mentre lui mi gira intorno e si ferma alle mie spalle.
Si inginocchia e affonda la faccia tra le mie chiappe. La sua lingua mi penetra la rosellina e mi perlustra in lungo e in largo. “Sai… slurp!”, bofonchia mentre mi lappa. “Quello lì in fondo… mmmm… slurp… è Juan… slurp!”.
“Davvero!... Ah!”, esclamo incredulo.
“Sì… mmmmm… gli piace un casino venire in questo nuovo locale e farsi stuprare da stalloni cazzuti!”.
Locale??!! Come locale??!!
“Siamo in un locale?… ah!”, gli chiedo.
“Sì… slurp! È quello di cui ti avevo parlato… mmmmm!... Bello vero? Sembra di stare all’aperto… sluuuuuurp!”, e conclude con un lungo risucchio col quale si appropria di gran parte della sborra che mi riempiva lo sfintere. “Ne hai presa proprio tanta! E sei riuscito a fare venire Filippo per ben due volte! Enrico sarà orgoglioso di te quando glielo dirò!”.
“Enrico sa che sono qui?”.
“Certo! È stato proprio lui a suggerirmi di portarti qui. Ti conosce molto bene il tuo gigantone!”.
“Sì, è vero… mmmmm!”, rispondo, godendo di nuovo per la leccatina veloce che dà al mio anellino.
“Adesso voglio divertirmi un po’ io però. Ti va?”, mi fa, chiedendomi quasi il permesso.
“Certo!”, chioso di rimando, ammiccando spudoratamente.
“Ok. Vieni con me!”, mi slega e mi tira su, trascinandomi verso il fondo del vicolo, dove c’è anche Juan. Lo spagnolo adesso è solo ed il suo corpo è in preda a spasmi continui. Quando ci avviciniamo gira la testa e mi guarda. Mi fa un mezzo sorriso a denti stretti, mentre il piacere lo scuote ancora da capo a piedi.
Hektor mi afferra le mani e me lo solleva. Sento suoni di ganasce e mi ritrovo con i polsi serrati in due grossi ceppi di ferro. Sono appeso esattamente come Juan e probabilmente sarò sottoposto al suo stesso trattamento.
E infatti, non passano che pochi secondi e il tedesco mi prende per i fianchi costringendomi ad inarcare la schiena per offrirgli al meglio tutto il mio culo. Si sputa su una mano e me la passa nel solco. Poi si stringe il cazzo duro nel palmo e lo infila tra le mie chiappe. Una spinta secca e precisa e il glande mi squarcia la rosellina. Emetto un urletto e reclino il capo indietro spalancando la bocca in un profondo sospiro. Rimango così mentre l’asta percorre il mio budello, finché le palle dello stallone non sbattono pesanti contro le mie natiche. Quindi, Hektor afferra bene le mie anche e comincia a scoparmi senza pietà. Invece, di portarmi in avanti per sottrarmi a tanta violenza, mi chino e apro ancora di più il culo.
“Che troia che sei…uff!”, mi insulta lui. “Ti piace prendere il cazzo, eh? Lo sento che ti piace!”. Lungo le mie cosce cola quel che resta della sborra che gli altri stalloni mi hanno riversato dentro poco fa, tirata fuori a forza dallo stantuffo continuo del mio nuovo amico. Quelle gocce che scivolano giù sulla mia pelle, unite al martellamento incessante della prostata, mi provocano dei brividi di godimento indicibili.
D’improvviso, però Hektor si ritrae e mi lascia penzoloni a crogiolarmi nella mia libidine. Si sposta di lato e afferra i fianchi di Juan. Si sistema bene e gli affonda in corpo con un colpo di estrema violenza.
Un urlo straziante si diffonde nel vicolo (o dovrei dire nel locale?). E’ uguale a quelli che sentivo prima, quando ero sdraiato sul cavallo e venivo stuprato da diversi sconosciuti. Solo che adesso è più vicino e mi entra con prepotenza nel cervello passando per il mio orecchio sinistro. Le vibrazioni di quel grido alimentano il mio piacere e lo amplificano. Sono come pervaso dall’eccitazione stessa di Juan, che sembra trasferirsi dal suo corpo al mio.
Poi, una mano mi palpa una chiappa. Non è quella di Hektor, ancora impegnato a montare il suo boy. Mi volto, ma la penombra in cui è avvolto il fondo del vicolo non mi permette di distinguere i tratti del viso del mio nuovo stallone. Riesco solo a capire che è ben impostato: la sagoma del suo corpo è quella di un ragazzo muscoloso e di altezza media.
Le dita mi strizzano la natica e qualcuna si allunga fino al mio buco. Lo titilla un po’ provocandomi un altro brivido. Quindi, il ventre del tipo si accosta al mio e sento la sua virilità introdursi nel mio solco. È duro e pulsante: si fa un po’ indietro e appoggia la cappella alla mia apertura. Spinge con delicatezza ed io cedo alla sua pressione. Mentre Juan si strazia sotto i colpi irruenti di Hektor, io mi godo la dolcezza di questa nuova penetrazione. Posso distinguere ogni centimetro della minchia dell’energumeno trapassarmi le viscere: le sue mani risalgono lungo il mio corpo e si fermano al mio petto. Le dita giocano con le mie areole e poi pollici e indici si serrano sui miei capezzoli, avvitandoli e svotandoli lentamente. I muscoli del mio sfintere si rilassano di scatto e la verga mi precipita tutta dentro. La ingoio con voluttà nei miei intestini e lo stallone rimane qualche secondo immobile per lasciarmela gustare. Quindi, torna indietro con la stessa cadenza, fino al glande.
Quando mi spinge ancora in corpo la sua mazza, lo fa con tale intensità che mi strappa un singulto. Mi aggrappo alla catena che mi sorregge, inarco la schiena e mi irrigidisco. Inspiro a denti stretti, singhiozzando. Sento i muscoli delle gambe dell’uomo, premute contro le mie, guizzare per la tensione della sua eccitazione. Arrivato quasi alla fine della corsa, lo stallone mi dà un colpo forte alla prostata scatenandomi un principio di orgasmo.
Poi, si ritrae subito. La mia testa cade in avanti e, avendo perso per un attimo il controllo, spalanco la bocca e sbavo sul pavimento. Quindi, l’asta inizia a scorrermi dentro, avanti e indietro, con flemma salomonica. Godo tanto quanto Juan, che invece viene sbattuto come un tappeto da quel cavernicolo di Hektor. Il tedesco non si risparmia e sembra non avere accenni di cedimento.
D’un tratto, il petto caldo del mio energumeno si appoggia piano sulla mia schiena: la sua lingua si allunga sul mio lobo destro e lo solletica. Quindi, scende sul mio collo ed io reclino il capo a sinistra per offrirglielo completamente. Le sue labbra scendono giù sulla mia spalla e mi baciano la pelle con profondo trasporto. Il tutto mentre quella minchia poderosa continua a lavorarmi lo sfintere con lo stesso ritmo col quale ha cominciato.
Iniziano a tremarmi le gambe. Cerco di reggermi con le braccia, stringendo la catena dei ceppi, ma anche le mani si sono indebolite. Mollo la presa e rimango appeso per i polsi. Uno scossone più forte dei brividi già provati mi fa accapponare la pelle. Un fuoco mi pervade il cervello e un terremoto agita le mie membra. Una convulsione mi fa diventare rigido e strangolo il cazzo del mio stallone con i muscoli del culo. Lo pompo con frequenti contrazioni e dopo pochi secondi sento un potente schizzo irrorarmi le viscere.
“Ti riempio, puttana! Ti riempio di tanto latte!”, sbraita Hektor alla mia sinistra.
“Sì, amore! Dammi la sborra! Sborrami tutto, dai!”, lo esorta Juan, ormai stordito dal languore libidinoso del suo godimento. Si contorce come una vera baldracca e anche il suono della sua voce è diventato più femminile. Sporge il culo in fuori e di conseguenza si apre al massimo per accogliere tutto il nettare del suo stallone.
Il mio, intanto, si è steso del tutto sulla mia schiena e ansima per la fatica dell’orgasmo. Una sua mano mi afferra il mento e mi fa girare. Le sue labbra si incollano alle mie e la sua lingua apre una breccia tra i miei denti.
A questa distanza ravvicinata riesco finalmente a distinguere i tratti del mio toro. E lo riconosco.
Come ho fatto a non pensarci prima: solo lui ha la capacità di fottermi con un tale trasporto, di farmi godere senza la necessità di sbattermi con violenza.
Solo Knut è in grado di farmi provare un piacere così travolgente.
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