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L'emiro V - Il viaggio


di Foro_Romano
13.05.2015    |    11.702    |    4 9.3
"Le loro leggi non permettono i rapporti omosessuali ma di fatto la pratica è diffusissima e l'emiro era una personalità di altissimo rilievo ed era impensabile..."
(segue)

Tirandolo fuori lentamente, l'assistente mi sussurrò all'orecchio "Non ho mai trovato una troia porca come te". Durante il ritorno, per ringraziarlo del complimento, gli feci il ricco pompino promesso. Con ingoio, naturalmente.
Dopo dunque una settimana di estrema goduria venne il momento dei saluti che non furono dolorosi, sapendo che presto lo avrei raggiunto a Dubai, mi avrebbe mandato il biglietto aereo. Inutile dire che, naturalmente. anche il giorno dell'arrivederci facemmo scintille a letto.
Nella mia famiglia seguirono giornate memorabili. Non era poi così normale che un figlio se ne andasse per lavoro in un paese così lontano. I miei erano divisi da una parte dal dolore dell'allontanamento, la paura che questo lavoro non fosse tutto rosa e fiori come lo avevo loro descritto, l'ansia perché andavo in un paese dagli usi, tradizioni e mentalità non completamente comprensibili a noi occidentali, dall'altra dal fatto che si trattava di un lavoro amministrativo, non pesante, e ben remunerato e dalla mia felicità (che mi si leggeva in volto) che loro attribuivano all'esigenza giovanile di affrontare un'avventura (mentre era di tutt'altra natura). Si sà, i genitori sono felici se i loro figli sono felici e trovano la loro strada. E poi, se tutto fosse andato male, c'erano sempre loro che mi avrebbero riaccolto in famiglia senza problemi.
Il biglietto arrivò quasi subito ed ebbi pochi giorni per salutare amici e parenti e per preparare i bagagli. Assai scarsi, in verità, perché ben sapevo che lì ci avrebbe pensato il mio emiro a rivestirmi come più gli sarebbe piaciuto. Solo al mio amico più caro, anche lui segretamente gay, confessai come stavano veramente le cose e non poté che esserne invidioso ma felice per me.
All'aeroporto, baci, abbracci, pianti. Finalmente solo, in aereo, in prima classe (naturalmente), mi sentii libero di poter esprimere la mia natura. Non sono tipo da scheccare, sono abbastanza normale agli occhi degli altri, ma qualche occhiatina a quello stewart veramente bono non volli lasciarmela scappare. Fu così che quel lungo viaggio fu allietato da un ricco pompino nella toilette d'alta quota. Che c'è di male? Ho solo sigillato la mia nuova libertà prima del matrimonio. Era alto, baffuto, con un fisico ben piazzato (doveva fare palestra) e, quando lo tirò fuori, anche quella sua appendice non era affatto male, tozza e, anche in erezione, più grossa che lunga che, mentre non mi dette problemi alla gola nel prenderlo tutto, li dette alle mie mascelle. Anche lui mi riversò addosso, a bassa voce per non farsi sentire, una cascata di "troia, porca, bagascia, pompinara, frocio schifoso, ecc." che soddisfò il mio piacere e dette maggior slancio a quello che stavo facendogli. Lui era arabo ma chissà perché le prime parole che si imparano delle lingue straniere sono quelle porche.
Problemi, invece, li ebbi all'arrivo. Avevo appena agguantato la mia valigia dal nastro del ritiro bagagli che fui fermato da due guardie in divisa che, in inglese, mi chiesero di seguirle. Mi portarono nel loro corpo di guardia dove un funzionario di polizia mi interrogò sul perché di quel mio viaggio di sola andata. Io, tranquillamente, dissi che ero lì per diventare la moglie dell'emiro Omar XXX. A sentirne il nome i tre uomini trasalirono. Le loro leggi non permettono i rapporti omosessuali ma di fatto la pratica è diffusissima e l'emiro era una personalità di altissimo rilievo ed era impensabile creargli difficoltà.
A quel punto il funzionario, non sò se per avere una certezza su quello che dicevo o perché ero un bel ragazzo dalla carnagione chiara che poteva essere un'occasione da non perdere, mi chiese di dimostrargli in qualche modo se le mie affermazioni erano vere. Anch'io non persi l'occasione. Mi inginocchiai tra le sue gambre, strofinai il viso sulla patta dei suoi pantaloni, continuai con la mano guardandolo negli occhi e potei sentire che qualcosa (!) si stava rapidamente indurendo e, quando era evidente che non riusciva più a rimanere chiuso lì dentro, tirai giù la lampo e gli feci prendere aria. Bello, come può essere un bel cazzo in tiro, lo rimirai un poco e me lo ficcai in bocca sfoderando tutta la mia arte di convinzione.
Lo convinsi tanto che, ad un certo punto, staccò la mia testa e mi disse di darne una dimostrazione anche alle due guardie che erano lì, in piedi, con la bava alla bocca. Obbedii immediatamente e, prima l'una e poi l'altra, e poi ancora il primo ed ancora il secondo, mi alternavo a farli gemere e tremare di piacere. Nel frattempo il funzionario mi calò i pantaloni, accarezzò con voluttà le mie chiappette sempre vogliose, tanto che, come vennero delicatamente aperte, il mio buco roseo si mostrò con una contrazione come a richiamare con un bacio il nuovo venuto.
Inultile dire che fui montato selvaggiamente sia dal funzionario che dalle due guardie e tutti riversarono il loro gradimento dentro di me. Avrebbero voluto anche fare il bis ma non c'era tempo: qualcuno mi stava aspettando all'uscita. Il capo, comprendendo che erano andati oltre il loro mandato, mi chiese scusa pregandomi di non dire niente all'emiro e di non denunciare l'accaduto. Io sorrisi e gli detti un bacio sulla guancia e lo confortai dicendogli che, benché mi avessero usato violenza, non mi avevano violentato, nel senso che tutto era stato di mio pieno gradimento (oltre che loro). Non avrei detto niente a nessuno e mi sarei tenuto tutto dentro, come il loro sperma che in quel momento avevo nel culo.
Felice e soddisfatto uscii da quell'ufficio e raggiunsi l'uscita dove mi aspettava Hammed con una grande Bentley d'epoca, nera con rifiniture d'oro (vero naturalmente). Salii dietro e già mi sentii come un principe (od una principessa, come preferite).

(segue)
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