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L'estate dopo la scuola


di yamada
28.03.2013    |    15.553    |    0 9.4
"Mi piacque subito, forse per la sua carnagione così chiara, tanto diversa da quella che abitualmente vedevo..."
Ormai da qualche anno d’estate io e la mia famiglia ci trasferivamo in una località balneare a Terrasini dove papà aveva preso una villa.

Lì ci trasferivamo la mattina dopo l’ultimo giorno di scuola per far ritorno in città alla vigilia della ripresa delle lezioni.

Io avevo già fatto le mie prime esperienze sessuali proprio a scuola. Avevo consumato le mie labbra a far pompini a Luciano e il mio buco era stato aperto da un gruppo di compagni.

Mi sentivo diverso dall’anno prima. Trascorrevo il mio tempo con altri coetanei, ma in me ribollivano strani desideri.

Vivevo l’età di mezzo: il mio corpo era ancora sottile e glabro. Lunghi capelli scuri incorniciavano il mio viso imberbe.

Sapevo di piacere e mi credevo speciale perché avevo scoperto di poter dare piacere ad altri maschi.

Non volevo un coetaneo, ma un uomo. Mi eccitava il pensiero e mi faceva sentire più troia di quanto già non mi sentissi.

Vicino alla villa stava una coppia matura con una grande casa dove ospitavano i loro figli con relativi coniugi e prole.

Un giorno giunse da Trieste una lontana nipote con il bambino di pochi mesi e il marito.

A me sembravano grandi, ma oggi credo non avessero più di 30 anni.

Il marito mi fece girare subito la testa. Era istruttore di arti marziali.

Mi piacque subito, forse per la sua carnagione così chiara, tanto diversa da quella che abitualmente vedevo.

Il contatto fu immediato, perché i miei genitori erano molto amici dei vicini e la sera stessa cenammo tutti insieme per festeggiare i nuovi arrivati.

Io la sera riuscì ad attirare l’attenzione di Fabio, così si chiamava il bel triestino, e chiacchierammo per un bel po’.

Mi raccontò della sua attività da istruttore e della disciplina che insegnava.

Ero attratto dal suo corpo perfetto e asciutto e imbambolato nell’osservare le sue labbra rosa e carnose che pronunciavano parole in un insolito accento.

Il pomeriggio spesso stavo solo perché mio padre tornava la sera dopo il lavoro. Mia madre andava invece al mare con una sua amica, preferiva il sole del tardo pomeriggio, piuttosto che quello cocente del mattino.

In quei giorni approfittai di questa solitudine per stare un po’ con lui che spesso a sua volta si trovava solo perché la moglie andava a trovare qualche amica in vacanza da quelle parti.

Uno di quei pomeriggi mentre parlava lo fissai più intensamente del solito, tanto che mi chiese: “Che c’è?”

Io con sorprendente rapidità e sfacciataggine risposi: “Mi piaci… mi piaci molto!”

Lui esitò e poi disse: “Anche tu…”

Rimasi sorpreso dalla risposta. Credevo che non gli interessassi e che s’intrattenesse con me solo perché non aveva di meglio da fare.

Lo guardai e lo condussi verso casa mia.

Quando entrammo, richiuse la porta e mi baciò. Sentì la sua calda e morbida lingua dentro la mia bocca e le sue braccia forti che mi stringevano.

Era la prima volta che baciavo e non rimasi affatto deluso.

Lui era molto eccitato. Credo più di me.

Lo condussi in mansarda, dov’era una grande camera, la mia, e mostrai l’intenzione di fargli un pompino.

Lui mi fermò. Carezzò il mio viso con le sue labbra di carne e mi baciò nuovamente.

Poi iniziò a spogliarmi. In verità non avevo molto addosso. Una t shirt, un bermudino e un paio di insignificanti scarpe di pezza.

Mi pose sul letto.

Iniziò col baciare i miei piedi e lentamente salì con la sua bocca su per le gambe.

Ai baci alternava carezze con la lingua.

Mi sentivo totalmente suo e provai qualcosa di nuovo: avevo conosciuto il sesso di consumo dei miei coetanei, quel pomeriggio iniziai a scoprire il piacere.

La sua lingua salì sino al mio buco. Che leccò con pazienza e profondamente.

Io ero molto eccitato e ancor di più quando mi penetrò delicatamente con le sue dita iniziando un lungo ditalino.

Io ero in estasi ed emettevo mormorii di piacere.

Ad un certo punto si fermò e si mise in piedi. Mi alzai e questa volta fui io a baciarlo.

Si svestì e si adagiò su letto.

Aveva un grosso pene duro come il marmo.

Mi misi cavalcioni sopra lui e succhiai i suoi capezzoli.

Scesi lungo la linea del suo addome piatto.

Affondai il mio viso nel folto del suo pube e trassi un respiro profondo per carpire tutto il suo odore di maschio.

Presi fra le mani il lungo e possente pene e lo scappellai delicatamente.

Desideravo conoscere il sapore del suo sperma.

Gli succhiai le palle, mentre con le mani bagnate di saliva gli carezzavo la cappella.

La mia impaziente lingua salì su lentamente lungo il nodoso tronco.

Infine presi in bocca la cappella e iniziai a succhiare.

Lui godeva, lo sentivo dal respiro e dalla sua mano delicata, ma ferma sulla mia testa.

A lungo feci su e giù mentre carezzavo con la lingua quel corpo liscio e caldo e con le mani accompagnavo il movimento.

Ad un tratto schizzò ripetutamente nella mia gola.

Assaporai il suo caldo nettare dolce e lo bevvi tutto.

Lui rimase a letto. Io mi posi accanto. Mi strinse a sé e io posi il mio viso sul suo petto.

Ero ancora molto eccitato e quando entrambi fummo riposati ripresi a stimolare il suo pene, prima con le mani e poi con la bocca, ma lui voleva altro da me.

Mi divaricò le gambe e riprese a leccarmi sapientemente il buco. Dopo introdusse le sue dita, prima una, poi due e infine tre e lo dilatò per bene.

Fabio aveva un gran bestione, ma quando mi penetrò ero così aperto che non provai alcun dolore.

Stava sopra di me. Vedevo il suo corpo maschile fra le mie gambe aperte e sentivo quel grosso arnese che entrava e usciva.

Ogni tanto si fermava, mi baciava e poi riprendeva a fottere con maggiore lena.

Quel pomeriggio sborrò dentro di me per ben tre volte e continuò a possedermi anche nei giorni seguenti finché venne il giorno del doloroso addio.

Non ne seppi più nulla di lui, ma in me rimane ancora forte il ricordo di quell’estate resa meravigliosa da un incontro tanto speciale.


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