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L'uomo ideale


di Foro_Romano
06.07.2015    |    17.718    |    7 9.2
"Si masturbava quasi tutte le sere, prima di dormire, pensando di essere preso e violentato da uno così..."
Ogni giorno era assolutamente libero. Paolo, 18 anni appena compiuti ma ne dimostrava meno per la sua esile corporatura, era in vacanza ad Ibiza praticamente da solo. Dico praticamente perché era partito con la sorella, più grande di lui di cinque anni, ed il ragazzo di lei. I genitori lo avevano mandato con loro con l'idea che sarebbe stato attento a quei due, ma la sorella se ne stava sempre col suo cicisbeo, qualche volta in spiaggia ma più spesso in camera. Paolo lo sapeva che facevano quei due, mica era scemo, ma voleva tanto bene alla sorella e sarebbe stato muto come un pesce.
Beh, forse avrebbe un po' voluto stare al posto di lei. Si, perché Paolo aveva già le idee piuttosto chiare in materia e sapeva che lui preferiva i maschi. Però non proprio come Andrea, il ragazzo di lei, quello era troppo giovane, ma li desiderava più maschi, cioè più maturi, più virili. Si masturbava quasi tutte le sere, prima di dormire, pensando di essere preso e violentato da uno così. Si, certo, essere violentato non doveva essere poi così bello, diciamo piuttosto con una certa forza, espressione appunto di quella virilità tanto ammirata. Ora una foto sul giornale esposto in edicola, ora nella vetrina di un barbiere, ora un attore in televisione, ora un uomo che gli passava accanto, è così che reclutava i soggetti dei suoi sogni serali ad occhi chiusi.
A casa, ogni tanto, di nascosto, si metteva qualcosa su per il culetto per prepararlo al primo uso piacevole. Qualunque cosa gli capitasse a tiro che vi potesse entrare. Paolo si aggirava per Ibiza nella speranza di incontrare il primo uomo della sua vita. Ormai credeva che il suo buco era pronto per essere usato, non ci sarebbero stati problemi. Ne era certo.
La sera loro tre andavano in giro per i bar che affollavano le terrazze che scendono gradualmente dalla città vecchia al mare. Tutti, dico tutti questi bar erano affollatissimi di gay, più o meno evidenti. Paolo aveva l'occhio lungo, mica era scemo. Li vedeva, anche uomini fatti che guardavano apertamente altri uomini. Si divertiva a vedere Andrea che, in mezzo alla folla, abbracciava stretta sua sorella per difenderla dai tanti sguardi voluttuosi quando, invece, sarebbe stato lui a doversi difendere. Ogni tanto qualcuno lo guardava, con alcuni riusciva anche a scambiare qualche parola. Alcuni erano abbastanza vicini al suo ideale maschile, molti non proprio, se non addirittura completamente diversi, ma la voglia di fare quel passo importante della sua vita era tanta e, forse, avrebbe accettato chiunque si fosse fatto avanti, bello o brutto. E andare in giro per quelle terrazze non faceva che aumentargli quella voglia. Ma c'era sempre sua sorella presente!
Una mattina, passando davanti ad un edicola, vide, in grande evidenza sulla prima pagina di un giornale locale, la foto di un maschio che veramente rappresentava il suo ideale. Era in divisa militare della Marina, pieno di gradi e decorazioni. Aveva la barba di grandezza normale, leggermente brizzolata. Doveva avere un cinquantina di anni ed era nero. Ne rimase subito affascinato. Era quello, era proprio quello che andava cercando e, strano, lui non aveva mai pensato che potesse essere nero, ma quello era proprio lui.
Credette di capire, dall'articolo, che era il capitano della grande nave ammiraglia americana che aveva appena attraccato al porto. Eh si, un personaggio così, quando mai avrebbe potuto incontrarlo! Decise che sarebbe stato certamente il suo sogno serale che avrebbe accompagnato la sua sega solitaria. La sua immagine gli si era ormai stampata nella mente e non se la sarebbe più dimenticata.
Continuando a passeggiare lungo il porticciolo, dove si affacciavano decine di botteghe le più disparate, si fermò davanti alla vetrina di un gioielliere. Lui non era effemminato, non si sentiva un effemminato, però i gioielli lo avevano sempre affascinato. Avrebbe voluto indossarli, avrebbe voluto che glieli regalasse il suo uomo favoloso. Adorava gli smeraldi. Il verde gli era sempre piaciuto, in tutte le tonalità. Così rimase incantato davanti ad una parure esposta di una bellezza straordinaria. Tanti smeraldi e diamanti, splendenti così come erano colpiti dalla luce del Sole, che componevano collana, orecchini pendenti e persino un piccolo diadema. Oh, come avebbe voluto provarli, anche solo una volta sola.
Era talmente preso da quella visione che non si accorse che accanto a lui si era fermato un uomo, anch'esso preso dallo stesso incanto. "Wonderful", disse quello. "Oh, si, come vorrei indossarli", rispose lui istintivamente, dando voce al suo pensiero, senza discostare lo sguardo dalla vetrina. Oddio, che aveva detto! Si rese conto subito della gaffe, divenne rosso, si girò verso quell'uomo senza avere idea di che scusa portare per la sua frase ma non riuscì a pronunciare che un verso strozzato. Le parole (ma quali parole?) gli rimasero in gola. Quell'uomo era proprio il capitano americano. Questo lo guardò, sereno, come se non avesse sentito niente di strano, gli sorrise e quei denti bianchissimi brillarono al sole, come se non fosse tutto lui a brillare, benché nero, negli occhi del ragazzo.
"Ti piacciono i gioielli?", gli disse in buon italiano. "Sssi", riuscì a rispondere. "Ti starebbero bene addosso, anche se pensavo di comprarli per mia moglie, tu che ne dici?". Il suo rossore non diminuiva di certo. "Beh... dico che sono molto belli... mi piace il verde... come, come i suoi occhi", si sentì dire dalla sua bocca che non riusciva a tacere al momento opportuno. E' vero, in quel momento si era accorto che l'uomo aveva gli occhi verdi. Se ne era accorto e lo aveva detto subito. Mannaggia alla linguaccia lunga.
"Anche tu sei molto bello, sai?", si sentì dire. No, non era possibile, era la sua fantasia che correva, aggrovigliandosi alla realtà. "Cooome?". "Dico che ti trovo molto bello". Lo aveva ripetuto. Paolo si sentiva svenire e, forse, lo stava facendo perché il capitano lo sostenne con le sue braccia. "Anche a me lei piace molto". Mannaggia alla linguaccia. Quello lo strinse a sé, trasformando il sostegno ad un mancamento in un abbraccio tra vecchi conoscenti, almeno per quelli che, passando, potevano vedere la scena.
"Che dici di venire a farmi compagnia nella casa che ho qui? Hai da fare?". No, non era possibile. Aveva sentito bene? Il gran sole gli aveva certo dato alla testa. "Allora? Vieni?", incalzò l'uomo. Quasi in trance rispose "Si". Quello gli mise il braccio sulla spalla, come un vecchio amico, e lo condusse via.
Dopo un breve tragitto in motoscafo, arrivarono ad una villa posta in una baietta isolata, dalla sabbia fine ed incontaminata da passi umani, cui si accedeva solo via mare. Appena in casa fu spinto contro il muro. L'uomo lo guardò intensamente e poi, improvvisamente, data l'altezza, si abbassò a baciarlo. Paolo stava ancora per svenire, era convinto di vivere nella fantasia che si era sempre fatto, ma rispose subito con la sua piccola lingua a quella più grossa dell'uomo dei suoi sogni, accompagnandola in un amplesso vorticoso che neanche la sua immaginazione era mai arrivata a fare.
Il ragazzo sapeva cosa fare, mica era scemo. Scivolò in basso fino ad avere la patta dei pantaloni della bianca divisa all'altezza della faccia. Vi si strofinò sopra come una gatta in calore e potè sentirne la massa e la consistenza notevoli. Convito che l'uomo fosse già completamente eccitato, allungò le dita per aprire i pantaloni e dare soddisfazione al tanto desiderato attributo. Sono indescrivibili le tante emozioni che provò contemporaneamente. Era il primo cazzo che vedeva da vicino, non era ancora in tiro ma era già enorme, era tutto nero e roseo sulla punta, era coperto di grosse vene, aveva una gossa cappella, andava insomma oltre ogni fantasia avesse mai fatto.
Alzò gli occhi per guardarlo in viso e poter trasmettersi il desiderio che ambedue provavano. Allungò la lingua e ne toccò appena la punta da cui usciva una goccia di pre-sperma, lo assaporò con gusto, gli piacque subito e fece subito il tentativo di prenderne in bocca il più possibile. Era troppo grosso e non avrebbe mai potuto farlo ma allargò la bocca e riuscì ad inserirne almeno la cappella che avvolse di saliva. Istintivamente l'uomo spinse in avanti il bacino ma si rese subito conto che il ragazzo, con la sua piccola bocca, non avrebbe potuto prenderne oltre e, spingendolo verso il muro contro il quale si trovava, se avesse usato la forza, gli avrebbe rotto la mascella.
Si trattenne, lo lasciò fare per un po' ma poi non ce la fece più. Lo tirò su, lo portò in camera da letto, lo spogliò rapidamente, cosa che fece anche lui, e lo sdraiò sul letto a pancia in giù. Stette un po' a guardarlo, a rimirare quel culetto perfetto ricoperto da una leggera peluria, eccitandosi fino a non poterne più, mentre il cucciolo aspettava di subire la sorte tanto dolorosa ma anche tanto desiderata. Con le mani prese le due chiappette, i pollici nel solco, e le allargò mettendo in mostra il più bel fiore che avesse mai visto, il più bello che avrebbe mai deflorato. Anche lui stava per realizzare un suo desiderio nascosto.
Doveva prenderselo subito. Non resistette più. Ci sputò sopra, puntò la sua enorme minchia nera di almeno 25 centimetri, e spinse con una certa delicatezza. Il piccolo Paolo gemette ma il desiderio anche per lui era fortissimo quindi subito alzò il culetto verso il maschio che lo stava per violare, dimostrando così il suo desiderio di proseguire e di essere sverginato. Bastò questo perché l'uomo non si trattenesse più e spinse con forza. Metà del lungo bastone penetrò come il burro nelle tenere carni di quel corpicino indifeso, un urlo risuonò nella stanza ma non servì a fermare l'inevitabile. Altra spinta ed altro urlo e cominciò subito la monta animalesca. L'uomo continuò a fotterlo con forza, sfondandolo di brutto. Ogni spinta un grido ed ogni grido del giovane sembrava dargli ancora più carica. Ma erano ormai tutte grida di piacere.
Lo montò in tutte le posizioni e fu goduria pura per tutti e due. Il giovane era il paradiso, perdeva bava dalla bocca e fu duramente scopato per quasi mezz'ora da quel palo scuro. Le chiappette suonavano ogni volta che entravano in contatto col pube del maschio. Gli era seduto sopra mentre l'altro dava dei potenti colpi dal basso, le cosce si irrigidivano nel dare la spinta, quando l'uomo, con un ruggito feroce, si scaricò i coglioni dentro di lui, continuando a battere, imperterrito. Subito si sentì rumore di sciacqìo dal buco profanato, la sborra colava lungo il fusto rigido del grosso cazzo, non potendo trovare tutta spazio dentro, un odore di sperma inondò l'ambiente mescolandosi con quello di maschio in calore che già lo impregnava.
Per Paolo fu l'apoteosi. Anche lui, che fino a quel momento era combattuto tra il forte dolore ed il sublime piacere, si lasciò andare e venne sul vello che ricopriva il possente torace sotto di lui, per poi sdraiarcisi sopra. Quando riprese fiato, l'uomo gli accarezzò la testa e se lo strinse a sé, riconoscente e soddisfatto. Intanto, l'ancor consistente membro sciovolò via dal buco profanato, sporco di umori, sborra e sangue.
Dopo un po' gli alzò la testa per guardarlo in viso e lo vide rigato di lacrime. Ne ebbe un colpo. "Ti ho fatto tanto male. Scusami, non mi rendevo conto, mi sei piaciuto subito e tanto e, quando ti ho avuto tutto per me, ti ho preso e usato solo per appagare il mio piacere, senza considerare le dimenzioni del mio cazzo. Scusami". "No, no", lo interruppe Paolo, "No, è che sono felice. Non mi sembra vero. Lei ha appagato il mio sogno più segreto: essere sverginato con forza dall'uomo più bello del mondo". "Non esagerare, ci sono uomini più belli di me". "Per me lo è. E' il mio sogno realizzato". Paolo si strinse ancora a lui, respirandone con voluttà il sudore che lo imperlava.
"Sei un bel ragazzo e con te ci starei volentieri per molto tempo. Visto che ti piace, ti fotterei continuamente, fino all'ultima goccia di sperma nei coglioni. Purtroppo devo tornare sulla nave e domani si riparte". Fu come un cazzotto allo stomaco del giovane che lo portò a vedere con maggiore pragmaticità la cosa. "Eh, già, voi marinai, avete un cuore da rompere in ogni porto!". L'uomo ebbe uno scatto, forse non si aspettava questo, non voleva far soffrire quel dolce ragazzino. "Non dirmi che, per una volta che lo abbiamo fatto, ti sei innamorato! Mi è piaciuto molto farlo ma, perdona, non era mia intenzione sedurti e poi abbandonarti. Ma è così. Io ho moglie e figli anche più grandi di te...". "Ma si, certo, non si preoccupi per me. Credo che ci vorrà meno tempo per me a riparare il mio cuore che il mio culo".
Sorrisero insieme. Paolo rivide i bei denti bianchi spuntare dalla nera barba brizzolata di quel nero meraviglioso. Si attardarono a coprirsi di baci e bacetti a non finire. Poi venne riaccompagnato al porto, si salutarono affettuosamente, come vecchi amici di famiglia e se ne andò di malavoglia, girandosi di tanto in tanto per vederlo allontanarsi verso la grande nave. Ebbene si, si rese conto solo allora che, oltre alla grande voglia di sesso, era anche un tenero romantico. Prima o poi avrebbe anche lui trovato la sua anima gemella, che non doveva per forza essere l'ideale di uomo che si era fatto. In fondo aveva tutta la vita davanti e... un gran buco dietro.

(Fine. Ditemi se vi è piaciuto)
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