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Gay & Bisex

Le dissertazioni di un rotto in culo


di honeybear
26.08.2014    |    14.640    |    6 9.1
"La mitica frase ‘sei a o p?’ arriva puntuale come la cartella esattoriale..."
"Io non sono un rotto in culo…"
Ogni volta che mi scrutavano, istintivamente lo pensavo. Erano sguardi commiserevoli che mi rivolgevano, come se osservassero e giudicassero uno che ha commesso il peggiore dei crimini.
"A quello piace prenderlo…”
Era uno degli altri commenti che, regolarmente ‘sentivo’, quando mi posavano gli occhi addosso.
"Ti piacerebbe eh!? Ma la porta è chiusa: da qui non passa niente!" mi veniva da rispondere con aria di sfida. E invece li lasciavo proseguire nelle loro elucubrazioni:
"Non immagino il male che possa fare…" era come se me lo bisbigliassero, quasi si trattasse di un peccato inconfessabile.
E ancora: "Vabbè i gusti! Ma dare il culo proprio non lo capisco..."
La lista dei complimenti potrebbe continuare: nei discorsi da bar-sport, nelle conversazioni ‘impegnate’ durante le ore di lavoro. È un vero florilegio!
Del resto, come negarlo!? Il tema del rapporto anale porta sempre a discussioni partecipate.
Gli eterosessuali, in genere e soprattutto nelle piccole realtà locali (ma non necessariamente), se ne dichiarano schifati. Secondo il loro illuminato punto di vista, l’ano non è fatto per l'ingresso, ma solo per l'uscita.
Salvo poi, per qualcuno di loro, provare quel fastidioso prurito, riassumibile con l’espressione ‘scopare il culo (della propria partner o meno, poco importa)’. E anche qui, nei contesti sopra citati, i racconti di episodi più o meno coloriti, più o meno enfatizzati (e più o meno veri), si sprecano.
Morale: l’idea li attizza al pari degli omosessuali. Con la non trascurabile differenza che per questi ultimi il premio finale è visto come oggetto del desiderio (per gli attivi) ovvero come concessione goduriosa (per i passivi). C'è chi infine, prende i classici due piccioni con (è il caso di dirlo) una fava (i versatili).
E per non dimenticare nulla, in questa piccola dissertazione retorica, mi sembra doveroso ricordare che il tema del prendere o ricevere è sempre nella top-five delle prime dieci domande d’esordio in una gay-chat. La mitica frase ‘sei a o p?’ arriva puntuale come la cartella esattoriale.
Di tutti i luoghi comuni riportati sopra, mi è sempre importato poco o nulla. E per nulla intendo solo il leggero senso di frustrazione e pena che mi suscitano, in genere, quelli che usano il loro perbenismo come paravento… Salvo poi trovarli, con una certa regolarità, nei battuage o nei parcheggi dove si pratica il car-sex; rigorosamente dopo aver messo i bambini a nanna ed aver parcheggiato la moglie (o la compagna) davanti alla televisione o a letto con un buon libro (o l’amante). Io, che di battuage, ho tutto sommato una discreta esperienza, confesso che fino a pochi mesi fa, ho sempre pensato di rientrare nella categoria degli attivi: l'idea della penetrazione, con il conseguente carico di dolore, un po' mi impensieriva.
E' stata la frequentazione di Andrea a farmi scoprire il piacere del sesso anale nel ruolo di passivo.
Prima di lui infatti, gli incontri che ho consumato, si sono sempre limitati a soft-sex: masturbazione reciproca, fellatio e stimolazione anale. Non nego che, mentre ero impegnato ad ingoiare e slinguare le aste dei miei partner occasionali, a giocare con le loro cappelle o con le mie dita all’interno dei loro buchetti, la fantasia dell'essere dominato e posseduto non mi solleticasse…
Anzi.
Tuttavia m’immaginavo regolarmente di essere il master.
Anche in ambito di autoerotismo, non sentivo particolarmente forte l'esigenza di stimolarmi l'ano manualmente piuttosto che con un dildo o altri sex-toys. Le poche volte che comunque ci ho provato, il senso di eccitazione non aumentava e nemmeno raggiungevo l’orgasmo anzitempo.
Liquidavo la faccenda pensando semplicemente che non facesse per me.
Sino ad Andrea!
Ricordo ancora il gioco di sguardi in auto nel parcheggio poco illuminato e deserto, dove c’incontrammo la prima volta. In quell’occasione scattò subito qualcosa: capii immediatamente che non era come gli altri uomini che avevo conosciuto (nel senso biblico del termine o meno).
Andrea è certamente uomo da non buttare via: piuttosto alto, fisico asciutto e tonico, non esageratamente muscoloso. Capello e pelo chiaro, occhi ugualmente chiari.
Anche io mi difendo. A parità di prestanza fisica, sono castano con gli occhi chiari.
L’incontro occasionale dunque si trasformò in una frequentazione assidua rigorosamente ‘senza complicazioni’.
C’è voluto tuttavia del tempo prima che ci spingessimo a ‘quello’.
La primissima volta dunque, si concluse semplicemente con un pompino ed una sega.
Dopo essere scesi dall’auto, scambiammo quattro chiacchiere ed, esauriti gli argomenti di conversazione (insieme ad un paio di sigarette), decidemmo di dare libero sfogo alla libido che ciascuno lesse negli occhi dell’altro. Mi fece riaccomodare in macchina rivolto verso di lui, si abbassò i pantaloni e, dopo aver ammirato ciò che si stagliava da quella boscaglia di pelo chiaro, cominciai a praticargli il pompino più appassionato che avessi mai eseguito: mi piaceva succhiarglielo. Mi eccitava sentire quell’asta bagnata indurirsi ad ogni passata di lingua. Mi beavo nel sentirlo mugolare (non troppo forte; non sapevamo chi potesse esserci intorno a noi e, soprattutto, non volevamo attirare l’attenzione di soggetti indesiderati) mentre mi passavo la cappella sulla labbra, guardando dritto nei suoi occhi. Non riuscii a smettere di leccarlo e succhiarlo nemmeno quando la sua sborrata mi scese dritta in gola, costringendomi ad ingoiare tutta la calda crema prodotta.
A quel punto si sfilò, fermandosi ad osservare compiaciuto la mia masturbazione:
“Dimmi quando stai per venire. Voglio che tu lo faccia nella mia bocca!”
Sorrisi e presi a menarmelo con rinnovato vigore: non mi ci volle molto per accontentarlo.
Appena mi vide reclinare il capo e socchiudere gli occhi, s’inginocchiò con ancora i pantaloni abbassati, e bevve avidamente tutto ciò che il piccolo orifizio in cima alla mia cappella fece fuoriuscire.
Ci salutammo promettendo di mantenere i contatti. Così fu.
C’era solo un piccolo problema: nessuno dei due (almeno inizialmente) voleva ospitare; così il contesto non favoriva la concretizzazione dell’idea che lentamente, ma inesorabilmente, prese forma nella mia mente.
L’essere costretti a farlo in auto, in alcune occasioni, la fretta dovuta all’ora tarda in cui c’incontravamo, le varie ed eventuali rallentavano il raggiungimento della meta… Per farla breve, non riuscimmo a ‘consumare’ se non quando fu lui a prendere l'iniziativa: evidentemente anche Andrea sentiva il bisogno di ‘quello’…
C’incontrammo al solito parcheggio. Senza scendere dall’auto mi fece cenno di salire.
Ubbidii ed in breve tempo ci trovammo a percorrere una strada sterrata che si perdeva nel buio della campagna.
Non feci domande. Nessuno dei due parlò: l’aria era carica di tensione. Una tensione positiva, tuttavia.
In prossimità di una macchia di bosco, si arrestò. Spense il motore lasciando le luci di posizione accese. Scese di corsa per posizionarsi dinnanzi a me. Il tempo di abbassargli i pantaloni e liberare il suo uccello dagli indumenti, e mi prese dolcemente per il capo, premendomi contro il suo sesso.
Lo guardai come fosse la prima volta. Annusai l’odore di maschio che emanava il pelo. Assaggiai quella notevole mazza partendo dalla cappella per poi farmi voracemente sparire tutta l’asta in bocca. La succhiai, gli baciai e leccai il glande a lungo, godendo di ogni singolo gemito che riuscivo a strappargli. Come sempre, la mano libera scivolò sul mio uccello. Lo scappellava per poi iniziare a masturbarlo.
Raggiunsi la perfetta sincronia mano-bocca. Andrea raggiunse invece l’orgasmo e mi venne direttamente in faccia. Feci appena in tempo a chiudere gli occhi per non essere accecato dal denso liquido caldo che si mise a spalmarmi a dovere usando la cappella umida, mentre mi ordinava: “Avanti, continua! Fammelo tornare dritto e duro!”
Ripresi dunque a spompinarlo e dopo un paio di minuti di entusiasmante lavoro di lingua, sentii la sua mazza indurirsi nella mia bocca. Diventò sempre più lunga (e larga). Quando riprese le sue spettacolari dimensioni, me lo levò di bocca con un gesto brusco:
“È ora di passare qualcosa di più serio, non penserai di cavartela con così poco, vero!?”
Capii che era giunto il momento: mi voleva scopare.
Ora, giusto per chiarire: Andrea è piuttosto dotato in lunghezza, ma il diametro è sicuramente il suo punto di forza.
Immaginate dunque un verginello, ingolosito da siffatto salsicciotto…
Non mi mostrai particolarmente contrario, né spaventato dalla proposta. Con il senno di poi direi che ero anzi eccitato e voglioso di sentire quella nerchia anche nel mio culo.
Mi fece uscire dall’abitacolo ed appoggiare i gomiti sul cofano (ancora caldo) della macchina. Mi levò scarpe e pantaloni, suggerendomi di piantarmi saldamente con i piedi e, dopo avermi piegato leggermente in avanti, di sollevare bene il culo. Si sistemò dietro di me, cominciando ad accarezzarmi le natiche con le mani.
Arrivò a passarmi le dita sull'ano. Un solo dito si fermò proprio sul buco. Iniziò ad accarezzarne le pieghe ed il pelo circostante per poi spingersi all’interno. Entrò ed uscì giusto un paio di volte per abbandonarlo definitivamente. Fu a quel punto che sentii la grossa cappella, lubrificata dalla sua saliva, appoggiarsi sulla fessura tra le mie natiche.
La strusciò per diverse volte, passando e ripassando sull'ano senza soffermarsi:
“Adesso ti scopo… E scommetto che godrai come una vacca...”
Ascoltai ogni singola parola pronunciata (quell'espressione un po' volgare, aumentò l'eccitazione); il senso di stordimento prodotto da quanto stava per accadere, m’inibì qualsiasi risposta.
La punta della sua cappella si appoggiò stavolta sul mio buchetto.
Lo sentii allargarmi le chiappe con le mani. Il cazzo premere, ansioso di entrare… Ed infine l'ano cominciare a cedere. Mentre la cappella entrava, lenta ma inarrestabile, provai un dolore lacerante. Lo sentii aumentare per poi andare scemando nell’istante in cui l’accolsi per intero. La sentivo avanzare lungo le mie viscere. Arrivare fino a un certo punto. Poi fermarsi. E tornare indietro, per riaffondare più in profondità.
Ripeté il gioco per almeno un minuto. Gioco che, seppure frastornato, al momento mi parve un esercizio di puro sadismo, quasi una violenza. Credo che riuscii a maledire mentalmente tutti i miei detrattori perché, ne convenivo, avevano ragione a sostenere che prenderlo fa male… Malissimo!
Il dolore che mi pareva lenito, si ripresentava ad ogni affondo più intenso. Così acuto da costringermi a reclinare il capo e deglutire.
Mentre Andrea si avvicinò per baciarmi tra il collo e la spalla, sentii il pelo del suo pube contro quello del mio sedere: era entrato tutto! Rimase immobile dentro di me, continuando a baciarmi… Poi cominciò a fottermi lentamente: con un ritmo regolare, i suoi coglioni sbattevano contro le mie chiappe.
Poco alla volta anche il dolore diminuì, forse perché mi stavo abituando a quella presenza dentro di me. O forse perché cominciavo a provare qualche altra cosa: una sensazione debole, indecifrabile, che aumentava costantemente d’intensità.
Lui continuò a scoparmi, finché cominciai a muovermi a mia volta: era più forte di me.
Riuscii anche a dare una serie di nomi a quella sensazione che provavo: piacere, godimento. Ed il piacere, il godimento aumentavano prevaricando il dolore.
Il cazzo di Andrea ora entrava ed usciva senza troppa fatica; mi afferrò il bacino con entrambe le mani per tenersi meglio. Ogni volta che stava per venire rallentava fino a fermarsi. Rimaneva fermo il tempo necessario a ricacciare indietro il piacere, per poi ripartire con rinnovato vigore.
Quando ritenevo che l’attesa fosse troppo lunga, ero invece io a spingere il culo verso il suo bacino per accogliere quell’uccello enorme quanto più in profondità potevo.
Andammo avanti così per un buon quarto d'ora. Il mio cazzo divenne d’acciaio. Con la mano iniziai a masturbarmi e massaggiarmi, mentre Andrea aumentò il ritmo della scopata. Non riuscivo a trattenermi:
“Te l’ho detto che avresti goduto come una vacca…”
Annuii continuando a gemere di piacere. Lo sentii infine fermarsi. Di colpo. Il fiotto bollente m’inondò le viscere, nel momento stesso in cui provai l'orgasmo più intenso di sempre... Tutto sparso sul cofano dell’auto.
Estrasse il suo cazzo, ormai a riposo, e si appoggiò ancora ansante alla mia schiena, stringendomi forte e strofinando il suo mento lungo il mio collo. Sorrisi asciugandomi il sudore. E lui con me.
Dopo quella sera, dovetti ricredermi: pensavo che il godimento prodotto da una penetrazione anale fosse solo riconducibile ad un aspetto psicologico, tipo sentirsi posseduti, dominati... Invece, mi accorsi che anche fisicamente vi è una stimolazione che porta a fremiti culminanti nell’orgasmo. Impensabile per me, fino ad allora. E da lì capire che anche il ruolo di passivo è inaspettatamente ma decisamente appagante, fu un passo breve.
Dopo Andrea ho avuto altri rapporti nel ruolo di passivo. E ho scoperto che il piacere donatomi prescinde dalle dimensioni del tubo che m’infilano!
Davvero l'orgasmo legato alla stimolazione prostatica è fonte di estasi. Anche se, un dubbio permane...
Come spiegarlo...
Mi domando se anche la parte ‘dolorosa’ (e per dolorosa intendo la fase iniziale della penetrazione), possa classificarsi come fonte di piacere (e qui credo che entri in gioco l'aspetto psicologico della questione). Che si tratti di una traccia di masochismo (me lo chiedo dal momento che non mi pare proprio di essere masochista)?
Funziona così anche per voi?
Piacere e dolore sono due facce della stessa medaglia?
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