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Gay & Bisex

RESORT ESOTICO PER SOLI UOMINI


di RedTales
04.07.2015    |    19.780    |    1 9.2
"Gli fece cenno di seguirlo e, prese le chiavi dell'alloggio, vi si recarono..."
Ferdinando è un bell'omone sulla quarantina alto quasi un metro e novanta e vicino al quintaletto, anche se in buona forma e... senza pancia. Lo ho conosciuto una sera a casa di un amico e ha monopolizzato l'attenzione con le sue avventure in giro per il mondo. Chiaramente sempre “spedizioni” alla ricerca di sesso. Beato lui che se lo può permettere...
Era la seconda volta che tornava in quel resort ed era eccitatissimo. Ormai aveva deciso di venirci ogni tanto perché ci trovava proprio tutto quello che voleva. Era il massimo dell'erotismo che riusciva ad immaginarsi. Purtroppo si trovava lontanissimo da dove abitava ma, fortunatamente, era facilmente raggiungibile con l'aereo, anche se erano necessarie ben dieci ore di volo più un'altra di trasferimento al complesso. Chiaramente la cosa non era particolarmente a buon mercato ma, per tutto quello che riusciva a fare in quella settimana, riteneva che la spesa fosse assai proporzionata, anche perché tutto, ma proprio tutto quello che c'era nel villaggio era compreso nel prezzo. E, a dirla tutta, le mance erano vietate, ma aveva scoperto che con qualche piccolo “contributo” extra riusciva ad avere veramente il massimo...
Ecco, finalmente il bus navetta varcò l'ingresso del luogo che desiderava tanto. Perfetto, ad un primo sguardo tutto era rimasto come l'aveva lasciato diversi mesi fa e ciò prometteva molto bene.
Alla reception, splendidi ragazzi con la loro divisa gli assegnarono la sua residenza. Gli chiesero anche i risultati del test HIV che li era obbligatorio. Lo aveva scoperto la prima volta. Per accedere era necessario avere tale documento, e anche recente, altrimenti lo si poteva fare direttamente li, con i risultati comunicati in giornata. Quella volta ci restò male e, nell'attesa scoprì anche di essere un po' preoccupato, anche perché non lo aveva mai fatto. Fortunatamente l'esito fu buono e poté trascorrere una splendida settimana. Tale precauzione era necessaria, gli spiegò un addetto alla reception perché all'interno del resort non sono richieste precauzioni, in quanto veniva garantita la salute degli ospiti e di chi ci lavorava con costanti controlli.
All'interno dell'albergo ogni visitatore disponeva di una piccola casetta indipendente con un ampio giardino circondato da una fitta siepe che garantiva la più totale privacy anche all'esterno. Nello spazio verde, si trovava pure la zona attrezzata per prendere il sole e un'ampia vasca con idromassaggio.
Ovviamente c'erano anche molte zone comuni dove, desiderandolo, si poteva godere di intrattenimenti collettivi.
Ma, finalmente, era arrivato il momento di scegliere l'accompagnatore perché li, ad ogni ospite veniva messo a disposizione un ragazzo che rimaneva con lui per tutto il tempo del soggiorno e che, come facevano quasi tutti, in qualsiasi momento si poteva cambiare con un altro. Credo sia bene precisare che questi ragazzi erano li per loro scelta ed erano regolarmente assunti e adeguatamente compensati per le loro prestazioni. Purtroppo quasi tutti parlavano solo la lingua locale, alcuni addirittura esclusivamente dei dialetti, e pochi riuscivano ad esprimersi in inglese. Altre lingue con cui comunicare con loro si contavano sul due mani.
Ferdinando varcò la soglia della stanza dove si sceglieva “il proprio giocattolo sessuale” e, anche questa volta restò ammirato da tanta gioventù. All'interno del salone c'erano una ventina di giovani, tutti attorno alla ventina. Indossavano soltanto delle infradito e una specie di poncho di cotone leggero, praticamente un telo rettangolare largo come le spalle con un'ampia apertura per la testa. Aveva una cintura fissata sulla schiena che si poteva annodare davanti per non lasciare al vento le zone dove di solito... non batte il sole. Ma qui tutti le avevano sciolte proprio per farsi osservare in quei posti. Il poncho davanti arrivava a coprire mezza coscia e dietro scendeva un pochino sotto le chiappe. Era rosso chiaro e indicava che chi lo portava era... libero. Infatti, come uno veniva scelto doveva indossare un abito simile ma color crema. Questa era, per così dire, la tenuta del resort. Anche gli ospiti, se lo volevano, trovavano tale indumento in camera e potevano usarlo per recarsi a mangiare, per passeggiare nel parco o per frequentare le zone comuni. Chiaramente non era obbligatorio, ma gradito farlo. Quest'ultimo poncho era verde.
In quel momento nella stanza c'erano altre due persone che stavano scegliendo, abbastanza anziani. Si fermò un attimo sulla porta per osservare meglio. Uno dei due uomini stava passando in rassegna ogni steward in modo capillare. Lo guardava in viso poi sostava il poncho e controllava, toccando con cura genitali e culo, se era di sua soddisfazione.
Si mise a cercare pure lui e decise subito per un ragazzetto che gli sorrideva. Gli sembrò simpatico, così, a pelle, in quanto sembravano tutti uguali, un po' per i capelli neri o per i lineamenti del viso simili o per l'altezza quasi la stessa per tutti o semplicemente per quella divisa che li rendeva... irriconoscibili, anche se poi la carnagione spaziava da un bianco ad un deciso olivastro. Gli fece cenno di seguirlo e, prese le chiavi dell'alloggio, vi si recarono.
Lungo il sentiero provò con il suo scarso inglese un “what's your name?”-come ti chiami?-
“Sunan. But if you prefer you can call me Sunee” -Sunan, ma se vuoi puoi chiamarmi Sunee-.
“Ok. I like most Sunee” -Ok, preferisco Sunee-.
Gli sorrise, guardandolo dal basso perchè forse non raggiungeva il metro e sessanta e, con i suoi 186 centimetri lo superava di un bel po'.
Poichè sembrava parlare bene l'inglese provò anche un: “how old are you?” -quanti anni hai?-
“I'm nineteen” -ne ho diciannove-.
Ma era il suo inglese che non era molto... buono e dovette pensarci per arrivare a... diciannove, aiutato amche dalle mani di Sunan che gli indicarono gli anni.
Buttò li un “I'm fortyone years” -io ne ho quarantuno-, ma non era sicuro di aver detto la frase giusta.
In ogni caso gli rispose: “It is a beautiful age” -è una bella età-.
Ormai erano arrivati davanti all'ingresso della casa, ben indicato dal cartello al bordo della siepe. Appena entrarono non seppe resistere e gli sfilò subito il poncho per ammirarselo. Era proprio ben fatto quel ragazzetto. Gli tastò il sedere e gli diede due schiaffetti sul pisellino. Passò le grandi mani su quel corpicino esile ed ebbe una tremenda voglia di prenderselo. L'eccitazione crebbe come pure il desiderio e si spoglio di fretta, sfoderando una gran bella erezione e, senza più dire una parola, lo fece sdraiare a pancia in giù sul letto. Il giovane sapeva cosa stava per succedere e, da vero porcello, si mise un cuscino sotto la pancia per far sporgere di più il culetto. L'uomo, ancor più arrapato, dopo avergli bagnato il buchetto con la saliva, gli si sdraiò sopra e se lo fece, In quel momento desiderava tanto appagarsi sessualmente, forse per scaricare la tensione o chissà per cosa. Di certo, sarà stato il lungo viaggio, la troppa eccitazione o il clima, ma Ferdinando raggiunse la meta in brevissimo tempo, lasciandosi cadere quasi subito al fianco del ragazzo che, probabilmente felice di essersi tolto di dosso quella novantina abbondante di chili, girandosi verso di lui, gli offrì un gran sorriso e si avventò con un espressione maliziosa su quel pisello che stava già cominciando a penzolare tra le gambe e con un “I'm hungry , I eat“ -ho fame, te lo mangio-, se lo infilò tutto in bocca.
Dio se ci sapeva fare con quella piccola bocca e come “lavorava” con la lingua! In poco riuscì a farglielo tirare di nuovo e quando era nuovamente al massimo dell'erezione, scostandosi e guardandolo gli chiese “we do it again? Put me in the ass?“ -lo facciamo ancora? Me lo metti in culo?-.
Come rifiutare un'offerta simile. Senza rispondergli fece di si col capo e, muovendosi goffamente si mise in piedi e fece alzare anche lui. Voleva scoparselo in piedi, ma il buchetto era troppo basso. Senza esitare lo fece salire su una sedia e lo sistemò con la schiena verso di lui. La posizione era buona e se se Sunan allargava e piegava un po' le gambe diventava perfetta. Appoggiò la cappella rosso fuoco sul buchino e ci scivolò dentro. Gli strinse le mani sui fianchi e iniziò una veloce danza, infilando e sfilando il suo bastone in quel caldo anfratto. Il ragazzo cominciò ad ancheggiare leggermente per farglielo sembrare ancora più aderente e stretto ed aumentando ancora di più il piacere che provava. Questa volta era instancabile ed assai resistente. Infatti volle anche cambiare posizione. Fece girare il ragazzo e gli fece capire che voleva continuare a scoparlo tenendolo in braccio. Il giovane gli cinse il collo con le braccia per sorreggersi mentre lui lo penetrò nuovamente e poi, facendo mezzo passo indietro gli fece staccare i piedi dalla sedia facendogli passare le mani sotto le cosce per poterlo spingere verso l'alto fin quasi a fargli sfilare il cazze per poi lasciarlo ricadere in giù e sprofondare completamente dentro di lui. Come lo afferrò si accorse che era leggerissimo e così questa fantasia che aveva sognato da tanto gli riuscì alla perfezione. Inisitette per un quarto d'ora fin quando, spossato dalla fatica e madido di sudore, nonostante la stanza climatizzata, se lo tolse, letteralmente, dai coglioni. Sunan allungò le gambe e... scese mentre Ferdinando, che non era ancora venuto, veramente stanco, si lasciò cadere sdraiato sul letto. Non soddisfatto di essere stato scopato per quasi mezz'ora si mise a succhiarlo e a masturbarlo, usando mani e bocca e, in breve, riuscì a farlo schizzare. Al culmine lanciò un roco urlo di piacere mentre quella boccuccia, oltre ad inghiottire tutto quello che aveva ricevuto, si mise a baciare e a leccare tutti gli umori che c'erano li attorno, quasi esplorando con la punta della lingua ogni siongolo riccio di peli. Poco dopo si addormentò. Si svegliò alcune ore dopo perchè Sunan si era messo a giocare con il suo cazzo, sicuramente per svegliarlo. Si mise seduto: “ma quanto ho dormito?” Non gli rispose ma lo guardò in modo strano, facendogli il gesto con le mani che non capiva. Per forza, aveva parlato in italiano.
“What time is it“ -Che ore sono?- “It's the twenty-one. It's time to eat” -Sono le ventuno. E' ora di mangiare.-
Effettivamente aveva fame. La cena era servita dalle diciannove e trenta alle ventuno e trenta. Bisognava darsi una mossa. Il ragazzo era fresco e profumato. Evidentemente si era lavato. Raggiunse il bagno e, dopo una lunga pisciata, si mise sotto la doccia. Il giovane si appoggiò li vicino, come se aspettasse di essere coinvolto in qualcosa e, quando uscì, gli porse l'accappatoio. Poi, mentre stava per disfare la valigia per cercare qualcosa da mettersi, gli porse il poncho verde. Pensò che andava bene. Annodata la cintura si accorse che gli stava un po' corto, ma... poteva andare. Con tutti e due i pollici gli fece ok e si infilò pure lui il suo abito.
Si avviarono verso il ristornate. Quando ci arrivarono era già mezzo vuoto. Mancava poco alla chiusura della cucina e quindi si affrettarono ad un tavolo e ordinarono. Si guardò attorno osservando che, con i suoi quarant'anni, forse era uno dei più giovani della sala, naturamente tra gli ospiti. L'età media era sulla cinquantina, stimò, con qualcuno che sembrava aver abbondantemente passato i sessanta. E certi erano veramente molto... abbondanti. Dopo cena si recò ad assistere ad uno spettacolo di burlesque, dove alcuni avvenenti travestiti danzarono per loro, restando, alla fine del numero, anche se in parte coperti da trasparenti foulard o sciarpe completamente nudi.
Ma ormai si era fatto tardi e quel primo giorno, oltre al viaggio, era stato stancante e preferì tornare in camera per... dormire. Lo disse chiaramente” Now you sleep” -adesso si dorme”. Si tolse il poncho e tutto nudo si sdariò con Sunan che, altrettanto nudo, gli si mise accanto. Lo fece sistemare contro di lui nella classica posizione a cucchiaio, lo abbracciò e, poco dopo, si addormentò pensando a come sarebbero state le altre giornate.
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