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Sviluppi imprevisti - Barcellona (12)


di crigio
14.01.2014    |    8.739    |    1 9.9
"Lo stronzo, però, non si accontenta di torturare così il ragazzino e, allungando la lingua, raggiunge la sua rosellina..."
Il quinto giorno nella capitale catalana passa lentamente. Io, Pino ed Enrico ci raccontiamo le esperienze di ieri, mentre passeggiamo per l’ennesima volta in su e in giù lungo la Rambla.
“Il riccone sta cercando una brava troietta per svezzare il suo rampollo!”, dice, d’un tratto, Enrico. “Ed io ho pensato a te!”, aggiunge voltandosi verso Pino.
“Non starai mica diventando il mio pappone?”, gli chiede il biondino, scherzando.
“Vedrai che non ti dispiacerà!”.
“In che senso?”.
“Beh… prima di accettare ho voluto dargli un’occhiata. E devo dire che ha un buon potenziale. Certo: è inesperto! Ma è proprio a questo che servi tu. Devi dare il meglio di te! Il nababbo ha detto che, se ti comporti bene, ci sarà un premio per tutti!”.
“MMMMM, interessante!”, intervengo. “Anche per me?”.
“Sì sì! Gliel’ho detto che avevo a disposizione due puttanelle, ma secondo me Pino è più adatto in questo caso”.
“Ok, mi fido di te!”, gli rispondo.
“E quando…?”, fa Pino, impaziente.
“Domani sera!”, ribatte Enrico.
“Bene, così ho tutto il tempo per riprendermi dalla monta di ieri!”. Il braccio di Thor deve averlo scavato bene dentro e, naturalmente, il mio amichetto ha bisogno di fare riposare un po’ lo sfintere, altrimenti rischia di non provare il piacere che cerca.

L’indomani siamo tutti e tre eccitati per questo incontro, che, però, avverrà solo nel pomeriggio. Soprattutto, siamo curiosi di sapere quale sarà la ricompensa che il riccone ci darà per la prestazione di Pino.
Dopo pranzo io e il biondino ci diamo una bella pulita, pronti ad ogni evenienza. Ci vestiamo e usciamo diretti verso la nostra destinazione.
Il posto è veramente stupefacente: un cancello enorme ci introduce in un parco talmente grande da non permetterci di vedere la residenza del nostro ospite, se non dopo aver percorso almeno un paio di chilometri. Il taxi ci lascia nel cortile in ghiaia. Un maggiordomo ci apre la porta senza che noi suoniamo: ci aspettavano. Il padrone di casa ci accoglie dalla scalinata che porta al piano superiore. Indossa una vestaglia di raso e, mentre scende le scale, posso distinguere via via il suo personale. Non è un bell’uomo. Anzi, credo che non lo sia mai stato. È un po’ sovrappeso e tarchiatello. Si rivolge ad Enrico, dandogli il benvenuto, e poi si presenta. Io e Pino rispondiamo con quel poco di spagnolo che abbiamo appreso in questi giorni e poi tutti e tre lo seguiamo nel salotto.
Ci accomodiamo sul divano e il maggiordomo ci offre qualcosa da bere. Il gigantone scambia qualche battuta con l’uomo e poi entrambi si alzano. Io e il biondino ci guardiamo: ci siamo! Leviamo il culo dalla seduta e usciamo dalla stanza. Mentre saliamo per le scale, Enrico dice qualcosa all’orecchio di Pino. Una volta sul pianerottolo, il biondino viene invitato ad entrare in una stanza; noi tre, invece, entriamo in un’altra.
La nostra è veramente sontuosa: i tendaggi da reggia e i quadri alle pareti farebbero impallidire anche la regina Elisabetta! L’uomo va verso una parete: avvicina la mano alla cornice di un quadro e la tira a sé. Quella si apre come fosse una finestra e, una volta schiusa completamente, riusciamo a vedere dall’altra parte del muro.
“E’ uno specchio”, mi sussurra Enrico. “Noi vediamo nell’altra stanza, ma di là non ci possono vedere”. Aguzzo la vista e mi accorgo che, oltre la parete, seduto su una poltroncina, c’è un ragazzino, nudo, che si sta menando il cazzo lentamente. D’improvviso, si apre la porta e spunta la faccia di Pino. Nel vedere il tipetto, la sua bocca si spalanca per la sorpresa. Effettivamente, l’arnese del figlio del nostro ospite è di tutto rispetto.
Come ipnotizzato, Pino chiude la porta alle sue spalle e si incammina piano verso il ragazzino. Si inginocchia tra le sue gambe e si lecca le labbra fissandolo con lussuria. Quello lascia la verga, che inizia a dondolare e a contrarsi per la pressione del sangue. Il biondino si china verso l’asta e allunga la lingua. Partendo dalla base la lecca tutta fino al frenolo, dove si sofferma e chiude le labbra, dando un bacio al glande. Quindi, torna giù e ripete il movimento una seconda volta.
Il ragazzino guarda il mio amico con timore: man mano che la lingua risale la mazza, il suo corpo vibra sempre più e il suo petto si gonfia per l’aumentare della frequenza respiratoria. Le sue mani si portano ai lati della seduta e la stringono forte.
Arrivato in cima all’asta, Pino stringe di nuovo le labbra intorno alla cappella e comincia a succhiarla delicatamente. Le dita del ragazzino stritolano la poltrona e la sua testa si reclina. Con le guance incavate, il biondino inizia ad inghiottire il cazzo. Quando arriva in fondo, il suo stalloncino ha un sussulto.
Accanto a me, l’uomo si volta verso Enrico e gli sorride: sembra essere soddisfatto di quello che Pino sta facendo al suo caro figliolo. Infatti, Enrico mi guarda e annuisce. Andiamo bene!
Torno a godermi lo spettacolo. Pino sta risalendo con un sonoro risucchio e i buchi sulle guance indicano che sta aspirando voracemente l’aroma del ragazzino. Quando libera l’asta, quella rimane tesa e dura per almeno una decina di secondi. Poi, si accascia sul ventre. La troietta, allora, si avventa sullo scroto e lo lecca e lo succhia con avidità. La sua vittima spalanca le cosce e si contorce. Abbandona la seduta e porta le mani sul capo di Pino, tenendolo contro i suoi coglioni. Lo stronzo, però, non si accontenta di torturare così il ragazzino e, allungando la lingua, raggiunge la sua rosellina. La titilla con colpetti rapidi e il figlio del riccone inizia a mugolare di piacere.
Poi, Pino si succhia un dito e lo punta al buco. Si tira su e ingoia di nuovo il cazzo, spingendo contemporaneamente per penetrare il povero rampollo. Sorpreso dalla doppia stimolazione, quello si agita sulla sedia e si porta le mani al viso. Bofonchia qualcosa e respira affannosamente. Seguendo lo stesso ritmo, Pino pistona e spompina, e via via aumenta la velocità. Dopo un po’, spalanca la bocca e abbandona l’asta: un filo di bava collega le sue labbra al glande, che lo fissa minaccioso e sempre più rosso. La nerchia del ragazzino pulsa e si tende all’unisono con gli affondi della falange nello sfintere. Pino sghignazza e gode nel vedere che riesce a fare provare piacere alla sua preda con un solo dito.
Quando si stufa, se ne riappropria. Con la mano avvolge la base del cazzo e con un gesto repentino lo divora. Comincia un pompino violento e passionale che manda in visibilio il figlio del riccone, il quale, totalmente coinvolto dal godimento, si strofina le mani per tutto il corpo per cercare di smorzare la scosse che lo pervadono. La testa di Pino sale e scende velocemente, sempre di più. Gli fa un dentro e fuori con le fauci: la cappella scompare e riappare, lucida di saliva. Le guance del biondino si gonfiano ad ogni affondo e subito si incavano quando riprende a succhiare.
All’improvviso, il volto del ragazzino si contrae: la sua testa si tira su e digrigna i denti. Le sue mani vanno ancora alla seduta e la stringono. Il suo ventre si proietta in avanti e gli occhi di Pino si sgranano. Il biondino tossisce. Poi il gozzo sale e scende nella sua gola: sta inghiottendo la sborra che quel cazzone gli sta sparando dentro. Il corpo sulla sedia trema e dalla bocca esce un rantolo. Le labbra del mio amico si schiudono e la lingua penzola sul mento, ansiosa di ricevere l’ennesimo fiotto. Con una sega potente, Pino costringe la nerchia a schizzare di nuovo e il suo viso si insozza di quel nettare caldo e bianco. Lo raccoglie con una mano, che subito ripulisce infilandosela tra le fauci.
Quando si sazia, si alza e, in piedi di fronte al ragazzino, inizia a spogliarsi. Leva la maglia, sbottona i jeans e li cala. Tira via anche gli slip e rimane nudo. Il suo corpo candido e definito è una tentazione per chiunque e anche lo stalloncino non rimane indifferente. Pino si gira, dandogli le spalle, e quello allunga un braccio per accarezzargli una natica. Il biondino, però, si sottrae al contatto avanzando verso il letto. Quando si scosta, riesco a vedere meglio il rampollo: il suo cazzo punta dritto verso l’alto, ancora, nonostante abbia appena eiaculato. Il mio amico sa bene che a quell’età si è inesauribili, e infatti, raggiunto il talamo, ci sale sopra in ginocchio, offrendo al ragazzino la sua migliore pecorina. Allarga leggermente le gambe, inarca la schiena e protende il culo in fuori. Poi si gira e con lo sguardo invita il tipetto ad unirsi a lui.
Quello, ancora tremante, si leva e in un attimo gli è addosso. Armeggia per penetrarlo, ma Pino gli mette una mano in capo e lo spinge verso il basso, finché non cade in ginocchio. Saettando con la lingua gli fa capire che vuole essere leccato tra le chiappe. Si gira in avanti e guarda lo specchio. O meglio, guarda noi. Sogghigna: i suoi occhi si sgranano e le sue labbra si divaricano con uno scatto non appena riceve la prima lappata. Poi le palpebre si chiudono e inspira profondamente. Stringe le lenzuola e trema. Agita il culo e lo spiattella in faccia al ragazzino, che gli fruga nel solco, ubriacato dagli aromi che emette.
Carico di lussuria, il rampollo si solleva e, afferrandosi la mazza, la punta al buco di Pino, spingendo con foga. Il biondino si infila una mano tra le cosce per aiutarlo e, quando il glande attraversa l’anellino, il suo viso si contrae. Impaziente, lo stalloncino inizia a scoparlo con movimenti scoordinati. Ad ogni colpo, il biondino emette un urletto: alza un braccio come se cercasse soccorso in qualcuno. La sua faccia si gonfia e si arrossa. Sul labiale si legge: “E’ grosso! È grosso!”. Poi, la mano cade pesantemente sul letto e ci sbatte contro diverse volte. Viene afferrato per i capelli e le sue natiche vengono percosse violentemente dal bacino del ragazzo. Stretto per i fianchi, gli viene impedito di muoversi: deve sottostare alla frenesia incontrollabile di quel verginello che, avendo scoperto un nuovo gioco, non riesce più a staccarsene.
Preso com’è dal piacere, Pino inizia a strofinarsi la rosellina dilatata con una mano. Il massaggio si trasmette anche alla nerchia che ha in corpo, tanto che lo stalloncino si guarda intorno smarrito e meravigliato da tanto godimento. Si chiude su se stesso e vibra tutto. Poi trema, sempre più forte.
“Me corro! Me corro, puta!”, urla e si scarica le palle negli intestini di Pino, che non smette di strusciarsi il buco nella speranza di raggiungere un orgasmo anale. Purtroppo, la monta si arresta prima che questo possa avvenire e lui non può far altro che accasciarsi sul letto, mentre il ragazzino si sfila dal suo sfintere ed esce trafelato dalla stanza.
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