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Gay & Bisex

Temporale d'Estate


di bifelice
03.10.2015    |    10.573    |    18 9.4
"Nell’aria iniziava a spandersi un profumo inequivocabile, quello di una cappella uscita da poco dal suo prepuzio..."
Una mattina in cui ero in ferie nell’estate del 1995, decisi di andare a prendere il sole in una spiaggia vicino a Trieste detta “I Filtri”, così chiamata perché lì una volta esisteva una stazione di pompaggio dell’acqua potabile che filtrava acque del fiume Timavo che li affioravano sulla terraferma, ma anche in mare, e che poi sarebbero state usate nel vicino capoluogo. Generalmente in quelle spiagge stanno tutti completamente nudi e iniziai a frequentare quel luogo sin da adolescente, imparando il piacere di stare all’aria aperta senza vestiti e dove ebbi i miei primi rapporti sessuali. Vissi lì le mie prime scopate con coetanee, ma anche i miei primi amori con maschi, anche più maturi di me, che mi fecero scoprire la gioia del sesso tra uomini, il piacere di farselo succhiare e di succhiarlo, di suggere del buon sperma appena munto. Per molti anni le mie uniche esperienze con i maschi furono legate al sesso orale e alla masturbazione, qualche bacio e rari rapporti anali da attivo. Solo tardivamente scoprii il sesso anale da passivo, ma questa è un’altra storia. Certo che anche inculare qualche bella ragazzetta sulla spiaggia non fu un’esperienza da disprezzare.
Niente di speciale come spiaggia, dicevo, solo tanti sassi belli tondi, molti scogli sui quali non stendersi causa le aguzze punte di roccia e pochi posti dove poter stendere il telo a terra; e una bella camminata da fare sugli scogli prima di raggiungere il posto. Arrivai presto, quella mattina, anche perché chi arriva tardi, lì non trova posteggio nemmeno per un monopattino e persino in spiaggia bisogna attendere il "cambio di turno" per sistemare il telo. Eravamo sicuramente in pochi, e decisamente tutti maschi, come spesso accadeva.
Trovato un posto tranquillo e privo di asperità, sistemai il telo e mi misi a leggere un bel romanzo di Daniel Pennac intitolato “la Prosivendola”. Preso da improvvisa stanchezza, mi addormentai beato, con una splendida giornata di sole e con un mare bello calmo a farmi compagnia con il suo lento sciabordio. Dopo un bel po' che dormivo, complice sicuramente la serata danzante del giorno precedente terminata alle 3 del mattino, mi svegliai con un panorama molto cambiato. Tutti i pochi presenti al momento del mio arrivo erano spariti. Il perché mi fu chiaro molto rapidamente. Un improvviso cambiamento del tempo, come spesso accade da queste parti, aveva completamente mutato le condizioni meteo, che si presentavano di burrasca. Il mare era già imbiancato dal vento di bora e neri nuvoloni iniziavano ad avvicinarsi alla riva, forieri di violente precipitazioni e di mareggiata. Iniziai a raccogliere velocemente le mie cose, ma un fulmine rischiarò il cielo scuro per i nuvoloni e un tuono molto forte mi fece capire che il temporale era ormai vicinissimo. Se anche fossi riuscito a tornare sulla strada, avrei appena dovuto prendere lo scooter per bagnarmi abbondantemente per circa una decina di chilometri. Non potevo nemmeno ripararmi sotto gli alberi, perché si sa che questi attirano i fulmini.
Mi apprestai pertanto a prendere una bella bagnata, magari anche il successivo raffreddore, quando una voce con timbro molto basso, ma di suono dolce, richiamò la mia attenzione. Era un uomo bruno, alto forse come me e chiaramente palestrato, addominali a vista “modello tartaruga” e bicipiti ben disegnati, natiche sode, che mi invitava ad arrampicarmi per un sentierino stretto che finiva in un piccolo spiazzo tra gli alberi a ridosso della spiaggia. Presi lo zainetto e mi diressi verso quell'uomo, giovane e assolutamente depilato, completamente nudo, che m’invitò a entrare in quella che sembrava una specie di baracca fatta di legname di risulta e teli di plastica per la copertura. Intanto aveva iniziato a piovere e grosse gocce mi avevano già inzuppato la maglietta e i pantaloncini di cotone che indossavo.
"Ciao!”, disse molto gentilmente l'uomo, "mi chiamo Stefano, entra nella capanna!" mi disse, accompagnando le parole con un gesto d’invito. Entrai in quella specie di rifugio improvvisato e mi meravigliò la grande precisione con la quale era stata eseguita la costruzione e l'assoluta mancanza di umidità all’interno, nonostante fuori scrosciasse ormai una pioggia a dirotto e il vento ululasse non poco.
"Grazie per l'ospitalità", dissi a Stefano, "Mi chiamo Flavio", aggiunsi porgendogli la mano. Un fuocherello ardeva in un barilotto di latta nel centro della capanna, emanando un gradevole tepore. La tempesta aveva anche abbassato notevolmente la temperatura.
Il mio gentile ospite, completamente nudo, m’invitò a togliere i vestiti bagnati e a stenderli vicino al fuoco. D’estate, sotto l’abbigliamento per il mare, non porto mai biancheria, che mi è inutile e fastidiosa. Mi spogliai, e rimasi come il mio ospite, in completa nudità.
La cosa mi parve da subito speciale. Eravamo rimasti da soli in quel tratto di costa, in balia della natura, protetti da un'umile capanna di fasciame e teli di plastica, noi due soli sulla costa aggredita da un mare rabbioso che mandava a riva tonnellate d’acqua spumeggiante. E, devo dire, m’incuriosì subito quell'uomo così gentile e delicato nei modi, ma maschio nella voce e nel portamento. Bello, sui trent'anni, io ne avevo meno di quaranta, atletico e completamente glabro, a differenza di me che, a parte le palle e il buco del culo che mi depilavo regolarmente, indossavo una specie di pelliccia bruna. Non c’era nemmeno un pelo a interrompere la deliziosa abbronzatura della sua pelle. Iniziai a sentirmi attratto da quella voce profonda e da quei modi gentili. Mi offrì del vino Malvasia, garantendomi fosse un prodotto locale genuino, oggi si direbbe a Km. 0. Bevemmo un paio di bicchieri dopo un brindisi sincero, quasi affettuoso, con i calici che tintinnarono sonori nella rumorosa tempesta mentre li toccavamo brindando.
Ricordo che, a un certo punto, mentre si chiacchierava, mi trovai, non so come, a stretto contatto di pelle con il mio ospite. Mi sentii bruciare a quel tocco. E iniziai a provare una sensazione nota nelle parti basse. Un'erezione stava prendendo forma nel mio pisello, mentre flirtavo con quel giovane e bell’uomo. Ebbene sì, me ne accorsi solo in quel momento, stavo cercando di trovare un’apertura con Stefano, come in genere facevo con le troione che raccattavo nelle varie balere e discoteche dove andavo a ballare latino-americano e caraibico.
Il fatto è che Stefano rispondeva al mio flirtare. Fu un attimo: iniziai a baciarlo sulle labbra, dapprima delicatamente, quasi fosse una delle solite ragazze che intrippavo la sera dopo il ballo, ma subito dopo con foga. Non si negò ai miei baci, rispose quasi timido. La mia lingua iniziò a leccare le sue labbra carnose. Presi a spingere con la lingua su quelle labbra, prima barriera di difesa, che cedette di lì a poco. Oltrepassate le gustose labbra, raggiunsi due fila di denti ben allineati, che si dischiusero al tocco della mia lingua, la fecero entrare danzante per intrecciarsi con la lingua che lì abitava. Poi, l’altra lingua volle conoscere la mia bocca e fece una rapida incursione nel mio cavo orale, dove la intrappolai tra le labbra e iniziai a succhiarla con avidità. Amoreggiammo per alcuni minuti, entrambi con il fiato corto e vinoso. Le nostre lingue danzarono nella bocca dell’altro, generando poderose ondate di emozioni e favorendo le erezioni e le attese. Nell’aria iniziava a spandersi un profumo inequivocabile, quello di una cappella uscita da poco dal suo prepuzio.
Mi trovai a maneggiare il bastone di carne eretto di Stefano; duro, svettante, a malapena lo riuscivo a tenere tutto nella mano. Era lungo ben più del mio, ma più sottile. E lì mi prese un'idea euforizzante. Dopo averlo un po’ masturbato con lenti ma ampi movimenti, iniziai a leccare quel palo dritto, come fosse un gelato. Insistetti molto nel lappare la cappella. Leccai quel bel cazzone dalla base alla cappella, e succhiai avidamente il buchetto della punta, con foga, concentrandomi proprio sul piccolo orifizio e suggendo gocce di un saporito sperma, benaugurali perché foriere di un seguito; gocce che iniziavano a fuoriuscire timidamente da quel meraviglioso attrezzo da sperma. Era favoloso sentire quel cazzo erigersi sempre più nella mia bocca, quasi volesse scoppiarmi dentro, mentre aumentava anche di lunghezza. Ormai mi toccava le tonsille, premeva contro il mio palato e sulla faringe. Il profumo di uomo della pelle di Stefano misto a quello del mare, il sapore dolce e salato del suo primo sperma, che sentivo inebriante sotto la lingua, erano tutte spinte al piacere. Mi ero quasi dimenticato di quanto potesse essere eccitante giocare con un bell'uomo.
Baciai le palle depilate e lisce raccolte nel sacchetto dello scroto. Sapeva di sale, l'amico, doveva essere già stato in mare, quel mattino. Leccai abbondantemente quell'uccello così eccitato, passai a martoriare tra i denti i capezzoli turgidi e posti su degli splendidi pettorali muscolosi ma non esagerati. Il mio amico gemeva e m’invitava a fare piano. Era la prima volta che permetteva a un uomo di fargli ciò.
Non mi lasciai impietosire e, alzatomi in piedi, gli misi davanti alla bocca il mio uccello, nel frattempo diventato un pezzo di marmo. Non si fece pregare per prenderlo in bocca. Dopo alcuni secondi già succhiava con ardore il mio cazzo corto, non più di 13 centimetri, ma bello grosso, almeno 5 di diametro; mentre la mano di Stefano mi passava e ripassava le natiche, sfiorando ogni tanto con un dito il mio buchetto posteriore, da molto tempo non più vergine. Lo fottevo in bocca con ardore. Il suo naso sprofondava nei miei peli pubici e la sua bocca suggeva con forza, incavandogli le guance. Anche se era la prima volta, Stefano stava facendo un pompino magistrale.
In quei tempi a volte mi masturbavo il buco del culo con oggetti di varia natura e di dimensioni generose, anche una decina di centimetri di diametro. Tutto maturò qualche anno addietro, dopo che una delle troie che ogni tanto mi scopavo, una sera volle massaggiarmi la prostata con la mano, certo non grande, ma nemmeno piccola. All'inizio la cosa fu abbastanza sofferta, ero vergine, anche se dopo alcuni minuti di adattamento e molto lubrificante, mi trovai ad avere uno degli orgasmi migliori e più intensi della mia vita, con sborrata gigantesca a spruzzi che arrivarono a molta distanza dal mio cazzo. La settimana dopo, tanto per rendere l'idea, la troia m’inculava alla grande con uno strap-on di 20 cm. di lunghezza e 8 di diametro, con mia grande soddisfazione. In più occasioni, mentre m’inculava, venni senza toccarmi, con fiotti di sperma fluidi e talmente abbondanti che dovetti mettere in lavatrice tutte le lenzuola subito dopo i rapporti e con grande disappunto della troia che avrebbe voluto bere il mio sperma. Il massimo però fu quando una sera lei volle che facessimo una tripletta con un suo dotatissimo amico, un fisico da culturista con sopra montato un cazzo decisamente enorme, di tipo asinino. La troia ci rimase molto male quando noi maschi decidemmo di scoparci l’un l’altro, trascurando lei. L’amico muscoloso mi inchiappettò alla grande dopo che glielo ebbi succhiato con foga, e mi fece provare sensazioni bellissime non appena mi infilò l suo gran cazzo nell’intestino, oltrepassando lo sfintere dilatato al massimo. Alla fine, stufi di sentire le lamentele della donna, la prendemmo con energia quasi violenta, io passando per il buco dietro, quello che sempre amai di più per dimensione, sensazioni e sapore, mentre l’altro entrò nella slabbrata e consumata figa. La sbattemmo a lungo, ma ci guardammo bene dallo sborrare. Lei godette violentemente e a lungo, gridando cose oscene mentre la fottevamo nei suoi due buchi. Quando fu sazia di sesso e si addormentò, riprendemmo a giocare tra uomini e ricordo che in quell’occasione sborrai tantissimo ed ebbi un potente orgasmo anale, mentre il muscoloso amico m’inculava con passione dopo avermi lubrificato con un buon prodotto che rese l’inculata del tutto indolore. Ricordo ancora la sensazione di calore che sentii nel culo quando il maschione iniziò a sborrare. Ebbi un altro orgasmo e mi ritrovai a delirare con la bava alla bocca.
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