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Essere zio (capitolo primo)


di Mylady06
10.10.2013    |    38.526    |    1 9.7
"Eleonora sganciò la sua cintura di sicurezza, smosse la testa facendo ciondolare i lunghi capelli e si sistemò seduta di traverso sul sedile..."
Ho diverse nipoti, la più piccola ha quasi 21 anni. Io? Io sono lo zio, di anni ne ho quasi 45 e praticamente l’ho tenuta sulle gambe da quando è nata…. così si dice, vero? Fino a quando ha avuto diciotto anni è stata sempre uno scriccioletto: magra, magrissima, quasi senza forme. Man mano che cresceva in altezza, sembrava anche più magra: la prendevamo in giro chiamandola “manico di scopa” o addirittura “stampella”.
Poi è avvenuta la trasformazione dell’adolescente: da crisalide a farfalla! Adesso per me è una bella ragazza. Il suo nome? Chiamiamola Eleonora.
Eleonora, oltre che magra, è anche cresciuta con un carattere un po’ particolare forse per il tipo di educazione, ricevuta in famiglia, fin troppo severa: non è mai stata loquace, ha avuto sempre una ristretta cerchia di amicizie (giusto qualche compagna di classe); di ragazzi non l’ho mai sentita parlare (ma non pensate male). E’ persona riservata e direi anche molto timida: ricordo che arrossiva ed abbassava lo sguardo anche quando le venivano fatti complimenti per i suoi ottimi risultati scolastici. La cosa che mi ha stupito è che vedendola quasi tutti i giorni (passava qui casa mia a salutare il cugino e per farsi aiutare da lui in qualche compito di scuola) non avevo notato l’evidente cambiamento ormai in atto.
La prima volta che mi sono veramente reso conto di quanto fosse cresciuta è stata un anno fa.
Eleonora era stata invitata per un compleanno dei 18 anni in un locale affittato per l’occasione; i miei cognati quel giorno avevano i biglietti, prenotati da tempo, per uno spettacolo teatrale e così mi avevano chiesto se cortesemente potevo andare io a riprenderla e accompagnarla a casa. Nulla di eccezionale, altre volte mi ero reso ugualmente disponibile.
Il locale era lontano dalla nostra zona (viviamo in una grande città) e non conoscendo la strada per arrivarci mi ero avviato all’appuntamento stabilito con notevole anticipo utilizzando la mia piccola utilitaria due posti.
Arrivai a destinazione troppo presto: guardai l’orologio e mi resi conto che avrei dovuto aspettare parecchio, ma almeno ebbi un colpo di fortuna: trovai un posto libero e così parcheggiai quasi di fronte al locale, dall’altro lato della strada, decidendo di rimanere in auto ad ascoltare un po’ di musica. All’ingresso c’era un continuo viavai di ragazzi e ragazze che uscivano per fumarsi una sigaretta. Prima distrattamente poi con maggiore attenzione cominciai a notare l’abbigliamento degli invitati…. i ragazzi quasi tutti in jeans con camicie fuori e le maniche rimboccate: apparivano fin quasi trasandati e sciatti. Le ragazze invece…. curatissime a partire dalle scarpe (credo che il tacco 12 fosse d’obbligo) fino alle acconciature. I vestiti? Accidenti, quelli erano davvero ridotti al minimo indispensabile!!! Nella semi-oscurità favorita della luce dell’insegna del locale potevo comunque scorgere miniabiti e scollature… un trionfo di gambe e… di altro… Incuriosito (eufemismo) scesi dall’auto e mi avvicinai all’ingresso. A quel punto notai anche che c’erano due specie di buttafuori. Per non sentirmi in imbarazzo dissi loro che stavo aspettando una ragazza invitata per riportarla a casa. Uno dei due mi disse: “guardi che di tempo allora ne dovrà aspettare… ancora non hanno tagliato la torta e neanche fatto il brindisi!”. “Accidenti!” – esclamai. Presi il cellulare e mandai un sms a mia cognata per avvertirla che si sarebbe fatto più tardi del previsto. La risposta: “Non ti preoccupare, anche qui a teatro la cosa è ancora lunga”. Nello stesso modo avvertii anche la sorella: ovvero mia moglie. Stavo per riavviarmi all’auto quando l’altro dei due di guardia mi disse: “Se vuole può entrare però, c’è qui un salottino dove può comodamente aspettare stando seduto”. “Grazie” – risposi, ed entrai. Il salottino si affacciava sul salone della festa tramite una piccola e discreta vetrata a forma d’occhio. Quanta gioventù! E scrutando tra i vari gruppetti la mia attenzione fu attirata quasi subito da una biondina messa di spalle: alta, bel fisico, capelli chiarissimi, lisci e lunghi fino ai fianchi… da lì si vedevano non più di venti centimetri di vestito e poi due interminabili gambe rese ancora più affusolate dalle scarpe con vertiginoso tacco. Avrei voluto avere trentanni di meno e stare anch’io là in mezzo. Pensiero fugace cacciato via in un attimo dalla sorpresa…. la ragazza si era nel frattempo girata dandomi la possibilità di vederla anche in viso….. era Eleonora!!!!! Chi l’aveva mai vista così truccata tanto da dimostrare anche qualche anno in più… e che movenze… così flessuosa e ammaliante nei gesti mentre parla con gli altri. Per me una sorpresa! Ma mia cognata lo sapeva? E mio cognato? E dire che Eleonora era quella ragazzina che arrossiva se gli chiedevi se aveva un ragazzo che le piacesse….e meno male! In quel momento ne aveva non so quanti intorno! Le sarebbe bastato scegliere… il fortunato le sarebbe caduto subito ai piedi.
Mi sedetti sul divanetto del salottino. Mi distrassi da quelle considerazioni assorto invece nei pensieri della quotidianità, ogni tanto ero distratto dalla musica e qualche urlo: poi arrivarono la torta con le candeline, il brindisi, i regali ed infine i saluti.
“Scusa zietto se ti ho fatto aspettare tanto” – queste improvvise parole mi riportarono alla realtà. “Oh! Ciao Eleonora! Come sei bella stasera! Non ti preoccupare del ritardo, ho già avvisato tua madre. Hai niente da metterti sopra? Fuori è molto più fresco di qua!”.
“Ecco, ho la mia giacchetta” – rispose.
Vidi il capo di abbigliamento e giudicai che sicuramente le avrebbe coperto le spalle….. ma tutto il resto?
Ci avviammo verso l’auto. Entrai ed una volta dentro aprii anche il suo sportello. Entrò prima il suo sandalo brilluccicante, poi la caviglia, poi la gamba, la coscia e infine lei. Ma quanto lunghe erano le sue gambe?
Cercò quindi di sistemarsi comoda: intravedevo il suo vano tentativo di allungare il suo vestitino tirandolo giù con le mani. Tutto inutile: l’attillato abito, stando seduta, era obbligato a seguire la pregevole curvatura del suo gentile ondoschiena risultando alla fine ancora più corto! Più corto diventava Il vestito più lunghe e mostrate apparivano le sue “belle” gambe….
Non trovavo dove inserire la chiave di accensione e istintivamente mi giustificai dicendo che era per colpa del buio. Falso! La verità era che con la coda dell’occhio guardavo quell’inaspettato spettacolo.
Eleonora mise la cintura di sicurezza; nel far questo il vestito arretrò di un altro centimetro… ormai era questione di millimetri ed avrei potuto vedere il colore della sua biancheria intima.
Però ora, dovendo guidare, non avrei dovuto più distrarmi. Cominciai così la strada per il ritorno. Semafori lampeggianti. Ad ogni incrocio un prudenziale rallentamento. Mi capitò di dover frenare qualche volta un po’ più bruscamente: mi accorsi che ogni volta che lo facevo il corpo di Eleonora scivolava in avanti, quasi sgusciando fuori dal suo mini-vestito. Con la scusa di togliere una macchiolina del parabrezza mi scostai in avanti avvicinandomi al volante con la testa. Voltai leggermente lo sguardo per non farmi notare: Eleonora portava uno slippino nero che a fatica le copriva quello che immaginate. Continuavo a guidare ripetendomi dentro la testa che era mia nipote. Era però anche vero che, se non la guardavo in viso, quelle cosce e ciò che si trovava al loro congiungimento potevano essere di chiunque: così il mio sentirmi assai eccitato trovava piena giustificazione.
I miei pensieri furono distratti dallo squillo del cellulare di Eleonora che rispose: “Si mamma, stiamo già tornando, cinque minuti e siamo arrivati. No, non ho portato con me le chiavi di casa. Le avrò dimenticate sul tavolo! Lo so, sono sbadata!! E’ inutile che ti arrabbi, comunque le chiavi non le ho con me!! Quanto tardate voi? Va bene. Glielo dico a zio. Ciao.” Poi, rivolgendosi verso di me:- “Zio, mamma mi ha detto che loro tardano almeno una mezzoretta…..quindi rallenta…anzi, quando stiamo per arrivare fermiamoci da qualche parte a parlare!”. “E dove?”- chiesi. “Poco prima di casa mia, quella strada dove si portano i cani a passeggiare, hai capito? Li possiamo fare due chiacchiere tranquillamente” – rispose.
Assecondai la richiesta. Chissà, forse voleva parlare per sfogarsi di qualcosa. Era già capitato.
La strada dei cani è due traverse prima di casa sua, una via abbastanza lunga, non molto frequentata… ci sono alcune aiuole ed è poco illuminata a causa dei folti alberi che arrivano fin sopra il parcheggio a spina. Stavo percorrendo quella strada quando Eleonora disse: “ Zio, guarda, là, … c’è un posto, .. tra quella macchina nera e quella rossa”. “Ma non c’entriamo, è troppo stretto, neanche gli sportelli si aprirebbero!! – dissi d’istinto. “Zio, ma noi non dobbiamo mica scendere!!!!”. Giusto. Feci manovra ed entrai tra le due auto: per farlo dovetti ripiegare anche gli specchietti esterni.
Ecco dove ero parcheggiato: davanti avevo il muso dell’auto quasi sprofondato in un cespuglio ed ai lati ero stretto tra un enorme Suv ed una grossa berlina: non vedevo nulla oltre i loro sportelli. “Bravo, bravo zio, hai visto che ce l’hai fatta?”. Eleonora sganciò la sua cintura di sicurezza, smosse la testa facendo ciondolare i lunghi capelli e si sistemò seduta di traverso sul sedile. I tacchi a spillo le impedivano però i movimenti delle gambe che così si aprirono quasi sfacciatamente al mio sguardo. Accidenti!! Non poteva non rendersene conto!! E questa sua consapevole sfacciataggine si scontrò con la mia: perciò continuai a guardare le sue gambe facendole sentire il mio sguardo salire pian piano per le cosce. “Zio, hai finito di guardare le mie gambe????” – disse ad alta voce facendomi temere il peggio… Girai allora lo sguardo dall’altra parte, quasi vergognandomi. E lei continuò: “Zio, hai finito di guardare le mie gambe???? Se hai finalmente finito, e lo spero… perché adesso non senti anche quanto sono lisce e vellutate?”. “Ma, ma Eleonora….io, io…” Non riuscii a dire nulla per quanto ero stato colto di sorpresa da quelle parole: prese la mia mano che era poggiata sulla leva del cambio e la pose sul suo ginocchio trascinandomela molto lentamente sempre più su per la sua coscia. Non ebbi il coraggio di stringere neanche un po’, anche se forse invece se lo aspettava, o forse lo voleva, non so. Non ne fui capace. “Zio, come sei timido, tu. Io invece non lo sono più!”. La sua mano, che intanto aveva poggiato sulla mia coscia, saliva lentamente, lentamente…… senza mai fermarsi. Arrivò fino a sfiorarmi l’evidente gonfiore. Non si fermò nemmeno lì. Continuò nel movimento aggiungendo una maggiore pressione. Non una parola… solo quella mano che man mano stringeva sempre più forte. Eleonora si spostò ed avvicinò il suo viso al mio. Ero paralizzato. Sentii il suo fiato nell’orecchio sussurrarmi “Zio, volevo ringraziarti di quanto con me sei stato sempre disponibile e gentile”. Sentii il rumore della zip del mio pantalone… poi la sua piccola mano farsi strada, entrare, frugare, cercare, afferrare, impugnare, stringere e tirar fuori. L’altra sua mano scostò di lato i suoi lunghi capelli. Mi poggiai sullo schienale del sedile mentre con lo sguardo fissavo nel vuoto il cespuglio di fronte: intuii il suo viso scendere verso il basso sfiorando la mia camicia. Realizzai ciò che stava accadendo solo quando sentii il calore inequivocabile della sua bocca avvolgere la mia dura carne. Come era delicata. Sicuramente era una delle prime volte, pensai. Cominciai a rantolare di piacere, mio malgrado. Eleonora, tutt’altro che alle prime armi, reagiva aumentando i colpi e la loro forza. Nel silenzio sentivo solo il rumore della sua bocca e della sua abbondante saliva. Sentivo la sua lingua che cercava di muoversi, di assaporare… Poi Eleonora si staccò dal piacere: girò solo la testa e guardandomi negli occhi mi disse quasi supplichevole: “Zio, però non mi venire in bocca…. non ci riesco ancora… non sono capace di tenere… di ingoiare….” Le risposi: “Non ti preoccupare tesoro, ci penso io… lo sai, invece, che sei bravissima?”. Eleonora si rigirò tuffandosi giù e ricominciando più forte di prima. Rotto il ghiaccio adesso si stava lasciando andare anche lei… sentivo i suoi mugolii di piacere e vedevo la sua testa non solo andare su e giù ma anche roteare intorno all’oggetto della sua attenzione. Dalla tasca laterale dell’auto presi con una mano un paio di fazzolettini di carta. Dopo un paio di minuti ero già in procinto di esplodere e scaricarmi…non ero in grado di resistere un attimo di più al solo pensiero di chi mi stesse facendo provare quel piacere. Rantolai più forte, lei capì e di scatto si tolse; io altrettanto velocemente tamponai con i fazzolettini il liquido caldo che fuoriusciva copioso. Mentre finivo di svuotarmi e di rantolare Eleonora mi osservava: mi sentivo stupido e tornavo alla realtà; quando ebbi realizzato ciò che era accaduto pensai: “Oddio, cosa ho fatto, cosa succederà ora… se si viene a sapere, mia moglie, i miei cognati…che casino ho fatto…”. Ma Eleonora, quasi l’avesse ascoltato, interruppe quel pensiero: ”Lo sapevo, zio, che ti sarebbe piaciuto, ma non così tanto …. Anche a me è piaciuto moltissimo e farlo stasera mi è sembrata la cosa più naturale di questo mondo; sono sicura che è stato meglio farlo con te, che ti conosco da sempre, piuttosto che con un qualsiasi ragazzo conosciuto da poco. Di te sono sicura che mi vuoi veramente bene. Adesso però accompagnami a casa.” Non riuscii a dire nulla. Mi sistemai ed uscii dal parcheggio con il motore a singhiozzo: avevo le gambe che mi tremavano e non riuscivo a tenere il pedale della frizione. Arrivammo, senza proferire parola, sotto casa sua pochi istanti prima che arrivassero mia cognata con il marito. Seguirono i soliti convenevoli. Mia cognata poi, ringraziandomi, disse:- “Scusa se hai dovuto anche aspettare che arrivassimo noi. Spero che non ti sia scocciato!”. “No, assolutamente” – risposi io – “è stato un vero piacere!”. Scendendo dall’auto la borsetta di Eleonora rimase agganciata alla maniglia dello sportello e si aprì: qualcosa cadde tintinnando sul tappetino dell’auto; frugai nel buio per ritrovarlo e mi ritrovai in mano le chiavi di casa che Eleonora aveva detto di non avere con se. Lei le prese rimettendole rapidamente nella sua borsetta prima che sua madre se ne accorgesse, e guardandomi mi fece un bel sorriso e strizzò l’occhio…. “Buonanotte, zietto!!!”. E mi dette anche un bacione sulla guancia.
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