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Incesto di laurea


di Honeymark
25.05.2014    |    71.653    |    1 9.6
"Mi eccitai da moire, anche perché lei mi infilava la lingua nell’orecchio..."
Un giorno mi telefona mia sorella e mi chiede di andarla a trovare. Le serve un aiuto. Abita in un’altra città. Mi metto d’accordo che vado da lei nel tardo pomeriggio. Mi ha detto che non è nulla di grave.
Mi accoglie alle 18.30 e mi prepara un drink.
«Venerdì si laurea tua nipote, – mi dice. – Mia figlia Barbara.»
«La più piccola?»
«La più piccola sì, ha ha! Ha quasi 25 anni…»
«Bene. Vedo che il tempo passa.»
Io e mia sorella siamo rispettivamente un po’ sopra e un po’ sotto i 50.
«Venerdì sera verrà sottoposta alla festa dei laureandi, – mi dice. – Sai cos’è?»
«Sì. Ai nostri tempi gli anziani facevano mille sevizie sessuali alle matricole, oggi le fanno i colleghi ai laureandi. Anzi, ai laureati perché è subito dopo la laurea.»
«Bene, vorrei che le facessi da garante. Che l’accompagnassi.»
«Cioè? Cosa dovrei fare?»
«L’accompagni alla festa e ti assicuri che non vadano oltre una certa soglia.»
«Io? E che titolo ho per farlo?»
«È previsto dal, diciamo, cerimoniale, – risponde. – Il laureando pone dei limiti e il, diciamo, garante si assicura che non vengano superati.»
«Scusa, ma che senso ha?» – Le chiedo.
«Che così possono scatenarsi senza remore…»
«Ossignore… E tua figlia è d’accordo?»
«Me l’ha chiesto lei.»
«Lei? Ma se non sa nulla di me…»
«Sa che in famiglia sei quello che ha chiavato di più e pertanto sei quello che più sa controllarsi…»
«Ma che parole usi!»
«Ah, – risponde dando un sorso al bicchiere. – Chiedilo a tua nipote. È lei che ha usato il verbo chiavare.»

Il venerdì a mezzogiorno Barbara si è laureata e tutti l’hanno festeggiata, compreso il sottoscritto. Poi, alle 19, sono passato a prenderla a casa sua per portarla in una palestra. In auto abbiamo parlato un po’.
«Raccontami cosa succederà», – le chiedo il più affabile possibile.
«Ovviamente non lo so, caro zio. – Risponde. – Ma di certo mi spoglieranno nuda e poi si divertiranno.»
«Stai scherzando…!»
«No, è così che funziona.»
«E io cosa devo fare?»
«Devi impedirgli che mi mettano qualcosa nel culo, zio.»
«Cosa? Ma che parole usi? E non oseranno mica… Ma dove ti sto portando?»
«Senti zio – risponde sorridendo, stringendosi al braccio, – tanto per chiarire le cose, so cosa facevi tu alle matricole…»
«Ah, – rispondo cupo. – E che ne sai?»
«Me l’ha detto la mamma. Tu mettevi le candele in culo alle matricole. Poi le accendevi e le facevi spegnere a cinghiate… Correggimi se sbaglio.»
Non dissi nulla, ma mi ripromisi di fare un culo così a mia sorella. Cioè, un culo è una parola inadatta, ma…
«Secondo – continua Barbara, – quando un mese fa si è laureata una mia amica, io le ho fatto un clistere.»
Sobbalzai. «Che cosa hai fatto?»
Non risponde.
«Bene, – aggiunge poi. – Non voglio che mi mettano nulla nel culo. E solo tu potrai impedirlo. Sei il sovrintendente. Devono ascoltarti. Basta che tu sia presente e le prescrizioni che ho messo verranno rispettate.»

Non parlammo di altro fino all’arrivo. E confesso che ero molto agitato.
Ad accoglierla c’erano solo le sue amiche. L’avrebbero preparata loro per i maschietti. Mi salutarono festosamente e mi baciarono con gesti di complicità. Avrei preferito essere altrove…
La portarono in uno spogliatoio. Io mi misi in un angolo. La spogliarono. La guardai. Era una strafiga. Cercai di ricordarmi che era mia nipote.
«Non guardarmi così… – Mi dice. Poi si rivolge alle amiche. – Mi lasciate un minuto con mio zio?»
«D’accordo, – dice una di loro. – Due minuti. Tu resta qui in piedi, nuda, le gambe leggermente divaricate e la mani sopra la testa. Guai a te se ti muovi.»
Lei obbedisce e loro ci lasciano.
«Senti, – comincio, più sicuro di me e guardandola apposta con evidente piacere. – Non ti ho mai vista nuda e, per quel che ne so, con ogni probabilità non ti vedrò nuda mai più. Quindi lasciami godere la vista. Non ho per la testa niente di sconveniente, ma sei bella da vedere e ti guardo.»
La guardo nuovamente in quella splendida posizione di donna costretta a essere vista nuda da uno che non poteva guardarla.
«Non fa una grinza, – risponde arrossendo. – Ma se mi guardi così, potrei desiderarti e…»
«Scordatelo. – Rispondo arrossendo io. – Sei mia nipote e ogni piacere di vederti nuda è puramente estetico.»
«Posso chiederti di partecipare al gioco delle ragazze?»
«Cosa intendono fare?»
«Anzitutto vendicarsi. Lasciale fare e anzi fallo anche tu…»
«Io vendicarmi? E di cosa? Sei fuori?»
«Se lo fai tu, si riduce della metà quello che vogliono fare loro… Poi le lascerai fare, – continua. – Mi copriranno ci schiuma da barba e di panna montata. Poi faranno entrare i ragazzi. Potranno spogliarmi solo leccando con la lingua la panna e la crema da barba…»
«Questa è carina… – sorrido. – E poi?»
«Poi si divertiranno un po’, ma niente in tutto. Qualche manata, qualche pizzicotto. Io dovrò restare con le mani sulla testa. Sempre.»
«Beh, tu dimmi quando vuoi smetterla.»

Entrano le ragazze. Hanno uno sguardo malvagio, rosse sulle guance. Eccitate, forse. Mi faccio indietro.
Le amiche la palpano come se fossero dei maschiacci e lei reagisce più stoicamente che eroticamente. Per un attimo mi lancia uno sguardo, ma rimango indifferente. Almeno all’apparenza.
Poi la fanno inginocchiare, sempre con le mani sopra la testa. Mi porto dietro a guardarle il culo.
Poi un’amica prende uno scudiscio, lo solleva e lo scarica sulle natiche di Barbara.
«Ahhh!»
Resto impietrito, ma lei non ha fatto nulla per farmi intervenire.
«Non si preoccupi, – mi dice una. – È la prassi. Tutte vengono frustate, dalle amiche. È un must. Vede? Quattro frustate a testa… e comincia la festa.»
Sciaack!
«Ahhh!»
«Se vuole che ne diamo la metà, deve darne quattro lei…»
Le ragazze erano visibilmente eccitate dall’idea che la frustassi io. Barbara tremava, con due bei segno rossi sulle natiche.
«Anche questa è prassi, – aggiunse la più determinata, rossa in viso. – L’idea che a frustarla sia il suo angelo custode, ci turba.»
Mi mette lo scudiscio in mano.
«Però non sia tenero, altrimenti ricominciamo noi. – Aggiunge. – Io sarò particolarmente feroce, perché un mese fa, la sua pupilla mi ha fatto un clis…»
«Sì sì…» – La interrompo. So a cosa si riferiva.
Allora prendo il frustino. Mi porto davanti a mia nipote perché mi veda sbattere lo scudiscio nella mano, notando l’estrema agitazione che le provoco. Poi mi porto dietro, gustandomi i mugugnii che faceva.
Striscio il frustino sotto le natiche per palesare il mio intervento, quindi lo alzo e lo scarico sul suo culo con gioia malvagia.
Sciaaack!
«Ahhh!»
E sciaaack!
«Ahhhhh!»
Provo vergogna per il senso di piacere che provo e mi blocco. Ero eccitato da morire, allora passo il frustino alle amiche. Che completarono l’opera.
Poi la coprono di schiuma da barba e di panna montata e finalmente fanno entrare i ragazzi. La spogliano con la lingua come se fosse solo panna montata… Ragazzi, che si divertono.

Quando la accompagno a casa, non parliamo. E quando scende dalla macchina mi dà un bacio.
«Grazie di tutto, zio!»
E scompare.

Due mesi dopo mi fa un’improvvisata e viene a trovarmi in ufficio, nella mia città.
«Dottor Chimenti, – dice la mia segretaria al telefono. – C’è sua nipote Barbara. Posso farla entrare?»
«C’è Barbara? Ma certo!»
Le vado incontro e lei entra soddisfatta nel mio ufficio. Chiusa la porta, mi abbraccia.
«Ho trovato un lavoro e ho deciso divenire a trovarti e dirtelo di persona.»
«Ah… – Rispondo cercando di non sentire la sua femminilità. – E dove andrai a lavorare?»
Non risponde.
«Sono venuta per una ragione ben precisa. – Mi dice invece. – Voglio che mi sculacci.»
«Ah…! Perché, cosa hai fatto?»
«Niente! Mamma mi diceva che usavi la frusta solo per divertirti e mai per punire…»
Mi ripromisi di fare un culo così a mia sorella… Beh, forse il culo non era la parola più appropriata…
«Ora la mia proposta è questa, – continua. – Hai voglia di sculacciarmi una volta al mese, finché ci va di farlo?»
La guardo eccitato. Ma so che devo dire di no.
«Se ti interessa, – soggiunge, indicando il divano dell’ufficio, – non porto le mutandine. Possiamo cominciare subito.»
Non perdo un secondo e vado a sedermi: la mia determinazione è svanita, come neve al sole. Lei chiude la porta a chiave e poi viene da me, sdraiandosi sulle ginocchia.
Infilo la mano sotto la gonna e risalgo piano fino al culo. In effetti non portava le mutandine… Sollevai la gonna con eleganza ed esperienza. Guardo il suo culo bellissimo, poi lo palpo con devozione, quindi con passione e infine con sapiente libidine.
Quando la sento pienamente rilassata, comincio.
Sciaaack!
Sobbalza, ma gode. Si lascia andare liberamente con le gambe leggermente allargate, senza preoccuparsi di proteggere le intimità. Era come se a quel punto fosse mia.
Alterno le sculacciate alle carezze, non mi faccio problemi a masturbarla, invitato dalle secrezioni vaginali sempre più abbondanti.
Sciaaack!
Sciaack!
Sciaack!
Sciaack!
Non un lamento, ma viene più di una volta.
Alla fine mi abbraccia e mi chiede di farmi un pompino.
Mi rifiuto: è mia nipote.
Se ne va soddisfatta. Chissà se la mia segretaria ha sentito tutto…

Barbara venne da me più volte e io, più volte, la sculacciai.
Mi chiese di chiavarla, ma rifiutai sempre.
Finché una volta non mi chiese di farle un clistere.
«Mia madre ha detto che sei molto bravo e io ne ho tanto bisogno…»
Giurai di fare un culo così a mia sorella… Beh, culo forse non era la parola più adatta in quel momento.
E le feci il clistere con la dovuta ritualità. Impiegai mezzora a metterla nella giusta posizione, accarezzandola al punto giusto fino a farla implorare di penetrarla con la pera che si era portata apposta.
Poi, con dovuta sapienza le ho infilato la cannulona nel culo. Lei godeva alla grande e, francamente, anch’io. È fantastico vedere il buco del culo che si apre e qualcosa che vi scivola dentro.
«Dimmi una cosa, – le domandai quando si era rimessa in ordine. – Il mio intervento alla laurea e tutto ciò che accadde lì era stato progettato da te, vero?»
Attese un attimo.
«Ti desideravo da morire, per la sola ragione che un giorno hai assistito mentre mia madre mi metteva una supposta…»
Avevo rimosso il ricordo. Ma bisogna fare sempre attenzione con i bambini. Cose che a noi sembrano innocue, a loro possono costituire vere e proprie distorsioni della propria sessualità.
«Da quel momento mi confidai con la mamma, che mi fu di grande aiuto per impedirmi di fare cazzate. Quando venne l’occasione della laurea, glielo domandai e lei mi disse che quello potevo farlo… Niente di più.»
«E le frustate?»
Arrossì.
«Le volevo a tutti i costi… E le mie amiche hanno gentilmente collaborato per coinvolgerti. Ma sei una brava persona.»
«E la mamma sa che vieni a trovarmi ogni tanto?»
«Sì, sa che si può fidare di te.»
Giurai di non fare più un culo così a mia sorella…
«Sa del clistere?»
«Immagino di sì. Sa che l’ho sempre sognato… da te.»
«E come mai?»
«Ti ho visto di nascosto mentre lo facevi a lei…»
Diomio…, quanti errori…!
«In quel clistere non c’era stato nulla di malizioso, – protestai. – Per mia sorella sono solo la persona di cui più si fidava mia sorella per una cosa come quella.»
«Lo immagino. Ma dopo che vi ho visti lo volevo anch’io… Che ne sapevo di sessualità? Sapevo solo che lo desideravo da morire…»
La guardai, sostenendo lo sguardo.
«Non ci sarà mai sperma tra me e te, – le dico. – Lo capisci vero?»
«Sì, lo capisco, anche se mi dispiace.»
«Smettila. Dovrai riversare il tuo desiderio naturale con il ragazzo giusto. Non con me.»

Niente sperma tra me e lei: solo quel magnifico rapporto di casto possesso seducente che solo in rarissime occasioni si riesce a trovare.
Finché un giorno non venne a dirmi che si sposava e che mi voleva da testimone.
Risposi di sì davvero emozionato. La mia presenza indebita non l’aveva distratta dall’amore vero e ne ero felice. Forse scomparivo dalla sua vita sessuale.
«Ma a una condizione, – mi disse poi. – Ti lasci fare un pompino. Altrimenti non mi sposo.»
«Tua madre lo sa?»
«No, ma sa che è l’ultima volta che vengo a trovarti…»
«Lo è davvero?»
«Sì, davvero.»
Ci pensai.
«Sentiamo, come vorresti passare l’ultimo contatto con me?»
«Mi sodomizzi con una candela che ho studiato apposta per me. Mi sculacci e accarezzi fino a farmi venire. Ti spogli e ti faccio un pompino.»
«Devo proprio spogliarmi?»
«Direi proprio di sì. Con ogni probabilità sarà la prima e l’ultima volta che ti vedrò nudo…»
«Ho 50 anni.»
«Sei adulto quanto basta per consentirmi di fare con tutta sicurezza quello che ti ho chiesto.»
«Sei senza mutandine?»
«Al solito, quando vengo da te.»
Si avvicinò e le infilai la mano sotto la gonna. Aveva ragione.
Mi sedetti sul divano e lei si sdraiò sulle mie ginocchia. Cominciai a lavorare di mano, godendomi il suo respiro affannoso. Quando era bagnata fradicia e stava per venire, mi indicò il sacchettino che aveva messo sul divano. Infilai la mano e sfilai una candela non molto lunga, ma ovale e con un lungo stoppino. La strofinai sulla vulva per lubrificarla, rischiando di farla venire. Poi l’appoggiai al culo e attesi che fosse rilassata. Quindi spinsi facendo entrare del tutto la candela. Aiutandomi con un dito, quello che rimaneva fuori era solo lo stoppino. Fantastico.
Le tenni le mani dietro la schiena e cominciai a sculacciarla. Venne più volte.
D’un tratto si alzò e si sedette a cavalcioni sui di me. Io automaticamente le misi le dita nella fessura del culo fino a sentire lancora o stoppino. Mi eccitai da moire, anche perché lei mi infilava la lingua nell’orecchio.
«Spogliati!» – Mi disse.
«D’accordo, – risposi. – Ma il cazzo lo prendi solo in bocca, OK?»
Annuì.
Mi spogliai in un baleno e lei portò il suo culo al mio viso, cominciando a prendermelo in bocca così. Io appoggiavo il naso nella fessura del culo, avvertendo la presenza dello stoppino.
Ero pronto. L’aveva capito anche lei.
Si alzo e si girò fino a mettersi di fronte e cominciò a succhiarmi il cazzo facendolo scorrere tra la lingua e il palato. Ogni tanto alzava gli occhi per guardarmi, poi soddisfatta proseguiva la sua opera.
«Vengo…» – Sussurrai.
Dopo un po’ sentii la prostata pompare all’impazzare fiotti di sperma, che uscirono poco dopo a getti dal glande. Lei scorreva il cazzo con le mie contrazioni e continuò così fino a che non si fermò tutto.
Poi si mise col viso nella mia ascella, come per farsi proteggere.
Dopo una mezzora si rivestì e venne a darmi il bacio prima di uscire.
«Ti ho amato. – Mi disse. – Sei stato grande con me e ti ricorderò sempre, così corretto e onesto.»
Non risposi.

Si sposò regolarmente due mesi dopo, con me testimone.
Alla festa che seguì le nozze, ballai con mia sorella.
«Ce l’abbiamo fatta.» – Mi disse.
«Già, – risposi. – Così sembra.»
«Dici che ti cercherà ancora?»
«Penso di no.» – Sorrisi.
Mi strinse.
«Ti ringrazio, sei stato di grande aiuto. – Aggiunse. – Erano anni che mi parlava di te e alla fine ho deciso di passare al contrattacco. È andata bene.»
«Posso chiederti una cosa?» – Le dissi poi.
«Certo!»
«Che ricordo del clistere che ti ho fatto 15 anni fa?»
Sorrise.
«Niente, non stavo bene e tu ti sei comportato da gentiluomo. Perché me lo chiedi?»
«Perché vorrei fartene uno adesso.»
«Eh? – Sorrise incredula. – Ma adesso sto bene!»
«So che gli intenditori lo praticano solo quando sono perfettamente sani…»
«Dai, smettila. Ho quasi 50 anni…!»
«Lo so. Ma gli intenditori dicono che età, sesso e parentela contano poco nei clisteri.»
«Davvero vuoi farmi un clistere?» – Mi domanda nuovamente guardandomi in faccia.
«Sì.»
«E quando? Dove?»
«Adesso, a casa tua. Sei sola tra un po’ no?»
«Sì, mio marito va ad accompagnare Barbara e suo marito all’aeroporto…»
Mezzora dopo le ho fatto il più bel clistere della mia vita. È il nostro piccolo segreto innocente che ci eravamo ampiamente meritato.

Fine


Nota: E' una storia vera, ma camuffata..
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