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Michele tre teste e tre candele (...e la tinozza), 4a p.


di sexitraumer
09.10.2012    |    7.775    |    0 7.1
"Lui piazzatosi tra loro due si abbassò un attimo per sciacquarsi culo e pisello, poi si rispostò verso il pitale per tapparlo col coperchio e riporlo sotto la..."
Giovanna, cari moderni ignoro proprio se amasse trar del piacere d’ambo li sessi, tuttavia dal racconto di mia sorella tempo dopo conclusi che molto amasse il vedere due corpi darsi dei lubrichi piaceri. Olivina poi col tempo era diventata brava con la fellatio e colle posizioni assunte durante essa: sì perché Giovanna prese a toccarsi osservando la sorella mia in guisa di pecora china fra le gambe del gentil notaro che – cosa eccezionale dalle parti nostre – usava lavarsi abbastanza spesso. Il notaro Kalòs potea bearsi della vista del culo di Olivina ben affuori dall’acqua della tinozza, mentre ad un tempo la sua testa era tra le gambe del Kalòs dentro l’acqua potendo appena respirare col naso un poco fuori, un poco appena…tuttavia la mancanza d’aria per brevi istanti facea in guisa che Olivina movesse a piccoli flessuosi scatti quel suo bel culo che io per primo ebbi ad apprezzar tanto tempo prima…e tempo dopo, in quel momento li movimenti ondulanti di Olivina attrassero Giovanna, che continuando a toccarsi quel suo giovane sesso dal fulvo pelo s’avvicinò e, tirata fuori la lingua a mò d’aratro, la passò con leggerezza sull’inguine di mia sorella. Leccandole con garbo ano, inguine, e fica prese a baciarle le natiche con una dolcezza che ai miei tempi io non ebbi né l’abilità, né la delicatezza di usarle quella nostra “primissima notte” prima de lì suoi sponsali con l’indolente Ranuccio. Compresi dal racconto di Olivina che la delicatezza era femmina. L’eccitazione del notaro aumentò a dismisura come pure l’erezione del suo cazzo. Mia sorella pur restando alla pecorina dovette metter la testa fuori dall’acqua onde gestire quel grosso cazzo del notaio che tanto ci metteva ad andar in tiro per poi competer colli pistolotti che sparavan piombo. La bocca di Olivina ormai si limitava alla sola cappella non riuscendo più a scender sull’asta fino ai coglioni gonfi di quel toro dalle umane sembianze. Olivina continuando a carezzargli li coglioni suoi pronti a scoppiare disse:
“Venite notaio, andiamo sul tappeto…e tu preparati Giovanna !”
Giovanna disse:
“Son pronta Antonio prendetevi il mio sesso, io voglio il vostro dentro, dentro tutto quanto ! Mettetelo dentro e sentirete quanto son bagnata !”
“Mettiti a pecora Giovanna !”
“Volete dunque farmi sodomia ?!”
“No voglio prendervi la vostra fica da dietro, da dietro…su, dai Giovanna, fidatevi !”
Giovanna con poche aggraziate mosse mise a disposizione il suo corpo in posizione animalesca tenendo le cosce larghe e rilassate; l’uomo fu di parola: inginocchiandosi infilzò il piccolo sesso della ragazza per tutta la lunghezza del suo cazzo. Indusse un urlo nella donnina penetrata in un sol colpo:
“AHHHHHHHHH ! Ahi !”
Olivina disse con calma:
“Non troppo in fondo Antonio, o le farete male!”
Il notaro prese a mover il membro con più attenzione tra le delicate carni di Giovanna, la quale col sesso già bagnato ebbe delle perdite a mò di filo. Ad ogni colpo di quell’uomo ne uscivano un paio, ed intanto la ninfetta godeva e godeva esaltandosi ad un tempo . Olivina si andò a piazzare davanti alla bocca di Giovanna col volto quasi chino sul tappeto: si sedette eretta aprendo le cosce ed il suo più ampio sesso in un istante apertosi per farsi tributar la giusta quota di tenerezze dalla sapiente lingua di Giovanna. La fica di mia sorella aveva tornato ad odorare di quell’acqua di lavanda, e la lingua di Giovanna tosto prese ad esplorarle le interne rosee cavità di quella morbida accogliente spelonchetta; poi risalì lungo lo spacco per fermarsi leggera sulla clitoride di Olivina. Vi diede una ventina di colpetti leggeri come fossero state le carezze dell’ala d’una farfalla per poi scender di pochissimo a leccare il meato, che gradendo le salivose carezze della lingua di Giovanna, lasciò scender qualche inevitabile goccia di urina, della quale si potea dire, la rossa ninfetta gradiva il sapore. Olivina aveva preso a godere di quella lingua demoniaca, e ad un tempo innocente nei suoi leggeri tocchi:
“Ahn ! Ahn! AHNNNNN ! Sììì! Ahnnnnn! Ah ! Uh ! Uh ! Uh !”
Ad ogni colpetto di lingua Olivina avea preso a stringersi i capezzoli ed il seno senza rendersi conto di quanto stringesse uno alla volta ambo i seni, o li turgidi capezzoli. Ah ci fosse stato un altro in quei momenti di grassi e liquidi godimenti ! Giovanna esortava il suo maschio montatore ed amatore a spararle lo sperma con delle sottili ironie; i fianchi di Giovanna erano nella salda maschia presa del notaio:
“Ahn ! Ahn ! L’acqua bolle Antonio ! Ahn ! Ahn ! Condite voi la minestra, ahn ! Ahn ! Che la voglio calda e saporosa, sì saporosa, ahn ! Uhn! Ahn ! Uhn ! Uh ! Ahn !”
“Ah ! Ah ! Ah !”
“Ahn ! Ahn ! Sto sbrodolando, sentite…sentite che sciacquo! Ahn ! Ahn ! Son la vostra puttana Antonio ! Sì, ahnnnn! Sì ! Sì ! Ahnnnnn ! Ahnnnnn !”
Pronunciate queste parole invero incoraggianti, Giovanna riprese a leccar la vulva a mia sorella, la quale di sua natura non schizzava, ma gradiva quell’interessamento carnale e salivoso per il suo sesso ancora ben carnoso. All’improvviso Giovanna smise di leccare, e davanti alla fica gonfia e ben aperta di mia sorella le disse dopo avergliela baciata:
“Ahn ! Qui mi sa che arriva l’innaffio finalmente, ahn, ahn !”
“Che vuoi fare Giovanna, ahnn!”
“Ahnnn! Fidati Olivina ! Tra poco vedrai, godrai più di me !...”
Mentre Antonio si preparava alla volata finale Giovanna volle offrire uno spettacolo estremo al suo amator di spalle: introdusse due dita sapientemente dentro la fica di Olivina, e ne colse il bagnato che poteva coglierne, poi aggiunta saliva a quelle dita ed alla mano tutta, la chiuse come fosse una testa d’ariete… e con una sapiente invasione introdusse nella fica della sorella mia Olivina una prima metà della propria mano destra. Olivina restò senza fiato alcuno per un lungo angoscioso istante !...poi sentì la dolcezza dei cauti movimenti d’apertura delle dita della mano di Giovanna che apriva e chiudeva la mano di pochissimo, prigioniera fino a metà mano dell’ampia fica di Olivina che disposta era ad accoglierla:
“AHHHHHHHNNNNNNN !...Uh ! Uh ! Ehi, ma…uhmmmm ! Ehi ?!...Uh ! Ahnnnn ! Ahnnffff ! Ohhh che fai Giovanna ? Uhhhhiiiiii !”
“La senti Olivina, ahn ! Vero che la senti ?!...anch’io lo sento, sciacqua bene ! Ahnnn! ”
“Uhhmmmm ! Uhhhhh ! Sì, la sento ! Uhhhhh…ahn ! No ! No ! Che fai ?”
Giovanna tirò fuori dalla fica la mano tutta bagnata degli umori di Olivina che assaggiò, poi dopo averle di nuovo leccato la clitoride con una certa velocità più o meno pari alla velocità con cui veniva chiavata da Antonio, la reintrodusse dopo aver detto ad Olivina seduta:
“Ahnnnn! Metti le braccia dietro Olivina, e – ahhnnn ! Uhhhh ! Ohiii ! Questo viene…- e reggiti ! Ahnn! La fica più verso di me ! Ahnnn ! Indietro col corpo ! Reggiti con le mani dietro !”
Olivina assunse la nuova posizione, e Giovanna le reintrodusse delicatamente la mano destra ben chiusa dentro; Olivina prese a respirare talmente ampio che le ondeggiava anche il basso ventre caldissimo dall’eccitazione che poi s’irrigidì…Giovanna apriva e chiudeva le dita per dare del godimento implacabile alle pareti della vagina di mia sorella ormai del tutto infoiata…anche il notaio chiavando la donnina, e guardando l’opera peccaminosa delle due donne se ne uscì gridando:
“Sìììììììììì ! Ecco, vengo ! Vengo, sì ! Eccoti la sborra Giovanna ! Come sei calda ! Sììììììì!”
Dal cazzo del notaio ben piantato dentro la fica arrossata e gonfia di Giovanna partì lo sparo, ed un abbondante bombetta bianchissima, liquida, incandescente, venne sparata nel piccolo sesso della giovane ragazza che, chiudendo le coscette per non disperderlo, gradiva quelle buttate dentro di lei; finalmente una bella soddisfazione ! Per qualche istante Olivina si limitò ad avere pazienza; poteva solo respirare per la piacevolissima invasione della mano di lei, ingoiata stavolta fino al polso: Giovanna aveva preso a fermare un po’ la mano mentre si godeva gli spari caldi dell’uomo. Un movimento inconsulto delle dita avrebbe potuto indurre del dolore al posto del godimento alle delicate pareti della vagina. Anche Giovanna era venuta, più o meno mentre introduceva la sua piccola mano nell’ampio accogliente sesso di mia sorella. Pensò di rilassarsi dopo l’ultima buttata di lui; come allargò un po’ le sue coscette una parte dello sperma raffreddato di lui cadde dalla fica di Giovanna che si stava raffreddando soddisfatta pienamente per il bagnatissimo coito trascorso. L’uomo staccatosi dalla non più tanto piccola vagina che avea fatto godere si spostò verso Olivina sedendosi accanto a lei aiutandola a sorreggersi. Giovanna moveva sapientemente le dita nel sesso di mia sorella facendo in modo che riprendesse a godere. Antonio abbracciò Olivina e baciandola nella sua bocca la cui lingua era già abbondantemente fuori per la nuova goduta da mano, presero a scambiarsi lingua, labbra e tanta, tanta saliva. Olivina avea già abbondantemente dato sé stessa a Saffo… e a Giovanna… Ora voleva solo maschio, odore e sapore di maschio ! I seni di mia sorella si eran gonfiati per l’amore maschio di Antonio, e per le sapienti piccole aperture delle dita di Giovanna tra le pareti scivolosissime della fica di Olivina che in quei momenti le sembrava di essere ringiovanita all’età di Giovanna…mentre Antonio sciabolava la lingua dentro la bocca di Olivina prese a carezzarle il seno stringendolo provocando un respiro ed espiro di lei più intensi contro i propri nasi affiancati. Continuarono così dei minuti, quanti non saprei dire, poi mentre Giovanna continuava con i suoi lenti movimenti Antonio strinse il capezzolo inturgidito di Olivina che finalmente venne, e venne schizzando poiché la sua fica finalmente addiveniva a giusto sfogo.
“AHHHHHHNNNNNN ! Sì ! Ancora !....ahn ! Ahn ! Ahnnnnnn! Sìììììì ! Ahnnnn! Ahnnn ! Godoooooo! Stringi Antonio ! Stringi ! Uhhhhhhhhh ! Ahnnnn! ”
Erano anni che Olivina non schizzava in quel modo. La brava demonietta Giovanna tolse la mano al primo schizzo, poi abbassò la testa a baciarle la clitoride e dopo averla rileccata, reintrodusse la mano bagnatissima un’altra volta, e dopo un movimento sussultorio la tolse nuovamente, ed Olivina mandò un altro schizzo sulla faccia della giovane amante.
“Ahnnnn ! Ahnnn ! HUH ! Ahnnnnn ! Un dito lì ! Nel culo ! Ti Pregooooooo!”
“Ci penso io !...Tu continua lì davanti Giovanna !”
Antonio riuscì ad introdurle mezzo medio nell’ano stimolandola. Il notaio mantenne la mano sotto l’operoso mento della giovane fulva ninfetta che si dava il suo bel daffare. Amorevolmente, benché la fica di mia sorella ormai non emanasse più un buon odore, Giovanna si richinò a leccarle la vulva sporca d’urina e d’umori lubrici un po’ dappertutto, tra clitoride e spacco, poi reintrodusse questa volta solo due dita, e movendole veloce, Olivina finì di godere, ma senza schizzi. La fica della sorella mia veniva ripulita dalla lingua della giovane donnina che commentava maliziosa con la bocca sporca di saliva:
“Ahnnn! Ahnnn ! Uhhhhn! Ahn! Ah ! Ah !”
“Uhmmmm, sluuuuuepppp, mi piace, un po’ dolce un po’ amara…uhhnnnn, sei buona Olivina, sai ! Ohhhiiiiiiiiii ! Uhmmm com’è salata…godi bene Olivina; se ti bagni così risusciteresti un morto con questo…tieni assaggia Antonio !”
Giovanna fece assaggiare il dito bagnato al notaio. Il sapore intimo di mia sorella in godimento. Poi avendo mia sorella ormai goduto finì di ripulirle la superficie esterna con la lingua che restituiva un po’ d’igiene a quel salaticcio roseo spacco. La fica aveva preso a richiudersi lentamente nonostante le gentili leccate della ragazza, golosa di certi saporini femminili…
Yuhhhmmmm, sluuuuurp elisir !…buona la tua fica ! Sluuurppppp !”
Olivina sorrideva soddisfatta con dolcezza continuando a baciare il suo maschio del momento ed ignorando Giovanna alla quale fece qualche carezza alla sua nuca. Mi confessò tempo dopo che avea goduto talmente tanto, talmente tanto, che quei cento ducati li avrebbe pagati lei per un’altra scopata come quella. Non avrebbe mai sospettato che Saffo sapesse farla godere così tanto. Giovanna si staccò da quel trio dicendo in piedi mentre si guardava intorno:
“Sono stanca, e devo fare la pipì dov’è il vaso Antonio ?”
Il notaio impegnato a tenerezze con la bocca di mia sorella le disse indifferente:
“Sta sotto la scrivania, vai accanto alla sedia !”
Giovanna andò a piazzarsi accanto alla sedia del notaio dopo aver preso il pitale da sotto la scrivania si chinò a pisciare riparandosi dai loro sguardi con il tavolone davanti. Il rumore dell’idrico rilascio contro le pareti del pitale stimolò anche Olivina che si staccò dall’amoreggiare con il suo ospite, e finito ch’ebbe Giovanna la fece pure Olivina, che a sua volta stimolò il notaio che fece la sua parte di urina dopo le due donne.
“L’abbiamo fatta tutti alla fine ! E brava Giovanna…”
Le due donne andarono a sedersi nella tinozza per rilassarsi, l’una di fronte all’altra. Lui piazzatosi tra loro due si abbassò un attimo per sciacquarsi culo e pisello, poi si rispostò verso il pitale per tapparlo col coperchio e riporlo sotto la scrivania; l’avrebbe vuotato più tardi; quindi si distese sul tappeto dopo essersi riavvolto nel suo sudario bianco. L’uomo cercò di concentrarsi e di riprendere un po’ di calore corporeo. Le due donne spettegolavano tra di loro del più e del meno; entrambe sapevano di essere diventate amiche… amiche di sensi. Il loro parlare ad una certa distanza da lui stimolò nell’uomo un piacevole sonno…mezz’ora dopo circa le due donne avean abbandonato la tinozza e mentre si asciugavano l’una con l’altra toccandosi da gentildonne con gli asciugamani senza cercare di amoreggiare nuovamente con Saffo un rumore improvviso turbò la loro rilassata gaiezza:
“Toc, toc !”
Veniva dalla porta dello studio, dall’esterno. Le due donne erano indecise; che fare ?! I tocchi continuavano insistenti…
“Toc, toc, toc !”
Il notaio non ne voleva sapere di svegliarsi, e le due donne non sapean che fare, quando Olivina disse sussurrando:
“Senti, chiunque sia, me è bene che non mi veda ! Qui in paese ho una rispettabile locanda e basta per la gente, capito ?!”
“Che vuoi che faccia !?”
“Apri tu ! io mi nascondo dietro la tenda…sono ancora nuda, non vedi ?!”
Giovanna invece avea reindossato la camicetta candida senza però indossar la gonna, e d’accordo con Olivina si diresse ad aprire la porta da sola, mentre l’amica attendeva nascosta dietro un tendaggio:
“Toc ! toc !”
Giovanna aprì; un ragazzetto biondo, lievemente spettinato, con il volto gonfio con una piccola tumefazione a destra, ma carino e pulito alla vista, in calzoncini corti ed un camisaccio da lavoro a piedi nudi di circa quattordici-sedici anni si presentò timidamente, dapprima guardando, poi restando turbato dalla bellezza del sembiante, e dalle coscette nude scoperte fino a poco sopra il ginocchio di Giovanna; reggeva in mano un qualcosa avvolto in della stoffa:
“Desiderate ? ” – Chiese sorridendo Giovanna sulla porta.
“Perdonate madama ! Mi chiamo Fabietto e son il garzone del panificio di mastro Leoni…devo consegnare un vassoio, questo mio qui in mano, vede ?!... allo notaro Kallò…sapete dov’è ?”
“Kalòs, non Kallò ! Entrate signorino, che vi mostro dov’è ! Venite !”
Il ragazzetto Fabietto entrò accennando un lievissimo inchino, poi varcato l’uscio, si sentì chiedere:
“ …ma ditemi, son curiosa, che avete fatto al viso ?”
“Son caduto dalle scale ieri l’altro !”
“Inciampaste ?”
“No, venni spinto via dalla finestra sulle scale…”
“Che avevate fatto ?”
“Spiavo la figlia di Mastro Leoni, il panettiere, che si togliea i vestiti…e come le vidi il culo, mastro Leoni di spalle mi diede uno schiaffone che mi fece cader per giù dagli scalini…mastro Leoni mi punì, ma egli è generoso; mi tiene ancor a bottega…! Ma non devo guardar la figlia, neppur l’ombra sua ! Lui stesso però chiamò il cerusico per la botta !”
“Ah, capisco…ma quanti anni avea questa figlia del vostro mastro ?”
“Diciannove. Si dovrà fidanzar quest’anno…”
Giovanna con un sorrisino gli indicò il notaio che dormiva sul tappeto avvolto nel suo sudario come fosse una mummia; quindi pensò subito il garzoncino: niente mancia !...Il ragazzo pronto chiese a bassa voce:
“Ah dorme ! Mannaggia !”
“Sì, fate piano signorino che vi cade tutto…perché mannaggia ?”
Fabietto ch’era appena riuscito ad evitare una rovinosa ed inopportuna scivolata del vassoio le disse piano:
“Il notaro è generoso: le volte passate tutte quante, mi dava sempre la monetina per me…ma oggi no! Ecco perché mannaggia…signorina, in dove lo debbo posar il vassoio ?”
“Lì sul tavolo; io intanto vedo se sveglio il notaio…”
Fabietto mise pian piano il vassoio sul tavolo…dopo qualche istante però, catturato dalla fresca bellezza dell’amica del suo cliente, fece in tempo a notare Giovanna china in piedi verso il notaio. Nel chinarsi Giovanna provocò infatti l’alzo della camicetta indossata alla meglio che le scoprì le piccole natiche rosee del suo culetto asciutte e pulite: tra di esse si vedea bene anche un po’ del pelo della fica che il ragazzetto non potea vedere per intero. Restò così qualche secondo affinché il timido garzoncello potesse bearsi di quella vista così turbante; poi, voltatasi all’improvviso verso il ragazzo - come s’aspettava - lo sorprese che la stava guardando imbambolato, sudando freddo, teso al massimo. Voltatasi completamente con disinvoltura verso di lui mise il ginocchio della coscetta sinistra un po’ più avanti rispetto a quello della gamba destra che rimase rigida. Dopo aver portato le mani ai propri fianchi sollevò impercettibilmente la camicetta, ed il già turbato più o meno sedicenne (forse meno) riuscì ad intravedere metà del pelo rosso di Giovanna tra quelle coscette…la ragazza, a vulva semiscoperta, lo interrogò amichevolmente:
“E così vi compiacete a guardar le donne ?! Dovrò dirlo a Mastro Leoni…”
Il ragazzo, che già s’era irrigidito dall’imbarazzo per esser stato colto a turbarsi, all’improvviso s’inginocchiò terrorizzato:
“Io…io…io…no, no, no, mastro cioè…debbo…iooo, ecco…”
Giovanna sorridendo divertita:
“V’agitate così tanto giovanotto ?”
Giovanna gli tese la mano, e gli diede del tu presentandosi:
“Io son Giovanna, un’amica del notaro. Sai, trovo normale che guardi alle donne, e non puoi negar d’aver guardato bene anche la patata della sottoscritta ! La vedi ?”
Giovanna si alzò per un istante la camicetta fino all’ombelico, poi la lasciò ricadere a coprirle il giovane sesso. Cercava di provocarlo. Fabietto per nulla uscito dall’imbarazzo rispose a frasi mozze restando inginocchiato:
“Vi chiedo venia signorina ! Non era mia intenzion recarvi offesa alcuna…ma il notaro Kallò dorme…e io a questo punto se si sveglia, no, meglio di no. Riposa…io, voi,…no ! Io…”
“Oh, no, a questo punto non si sveglierà per un pezzo ! Su alzati ! Dico a te Fabietto.”
“Ma che volevate dire ? Non è che il notaro è mor…mor…morto ?! Mentre giaceva con voi signorina ?”
“Ma no tonto ! È solo esausto. Guardalo ! Respira !”
Il notaro, poté sincerarsene Fabietto, era affatto morto. Il garzoncello, potendolo fissare, vide che respirava ben avvolto siccome mummia tenendo le mani e le braccia dentro unite al ventre. Uno de’ li vezzi suoi più tipico era - a quanto mi venne detto da Olivina – indossare un avvolgente sudario bianco di cotone o di lino come fosse stato sapete bene voi chi, per dormire e rigenerarsi non disperdendo lo calor corporeo, poiché in esso – credeva egli fermamente – si celava la virilità spirituale da affiancarsi al membro per la virilità carnale…
“Ah, bene ! Allora io…”
“Aspetta ! Devi dirmi quanto dobbiamo pagare a mastro Leoni…e stai tranquillo, su!”
Gli afferrò entrambe le mani e con una di esse si fece toccare lei stessa la coscia nuda all’esterno…il ragazzo non riusciva a recepire l’invito di Giovanna che s’era impietosita per il volto tumefatto di lui.
“Ni…niennn…niente ! Il notaro paga li mesi, tutti li giorni stessi del mese una volta anticipato; sapete, sei ducati il mese…”
Il garzoncello rimase tesissimo, mentre però un piccolo bozzetto cresceva sotto i pantaloncini dandogli imbarazzo. La generosa intrigante Giovanna scoprì ancora di più la vulva sollevando un altro po’ la camicetta; il timidissimo garzoncello rimase stecchito dal turbamento: il pelo fulvo, le labbra, e lo dolce spacco si vedevan bene da sì poca distanza…Giovanna beffandolo finse d’intimargli tornando ad uno specioso voi:
“Giovanotto ! Chiudete gli occhi innanzi una signorina più grande di voi !”
“Oh sì, perdonate madama, li chiudo tosto ! Ecco, così va bene ?”
Giovanna dovea aver pensato che il ragazzo era proprio un timidone; del resto dopo la più o meno giusta punizione di mastro Leoni potremmo dir che cane scottato teme l’acqua fredda…
“Oh, sì tienili chiusi !”
La femminea demonietta fulva prese a toccar l’adolescente, carezzandogli il bozzo dei pantaloncini più volte, con gentilezza e leggerezza, seguendo bene i contorni del bozzo gonfietto di stoffa sentendolo dal palmo della mano come ovvio intostare; al viso alitandogli quasi bocca contro bocca, gli diede la sensazione d’essergli vicina, molto vicina come la tetta calda d’una madre. Fu contenta di vederlo sorridere un pochino, quasi per smarrimento, per rilassarsi…poi trovato il bottoncino che allentava i pantaloncini lo fece uscir dall’asoletta, che tosto si separò, facendo ad un tempo cenno ad Olivina di avvicinarsi in punta di piedi…da dietro la tenda era impossibile che non avesse visto il suo gesticolare; ovviamente Giovanna dovea aspettarsi che Olivina avesse intuito il suo pensier istesso…
Che aveva in mente Giovanna ? – Dovette cogitar mia sorella…è probabile che avesse in mente in quel giorno particolare di dispensar piacere a chi le capitasse a tiro…tanto più che la motivazione del volto tumefatto del ragazzetto poco più giovane di lei dovette averla impietosita: comunque non appena Olivina ancor nuda, giunta a passi da gatta, fu innanzi al ragazzetto, che attendeva in piedi come un condannato, senza annunciarsi e senza profferir parola veruna si chinò innanzi a lui. Giovanna ridendo comandò al garzoncello di continuare a tenere gli occhi chiusi:
“Mi raccomando ! Non li aprire…o ti denunzierò alli armigeri !”
“Ma per cosa signorina ?”
Il ragazzetto tentò di aprirli quando Olivina era ormai sotto di lui…Giovanna che provava anche un gusto perverso a dominarlo lo “catturò” al volo:
“Per avermi guardato ignuda !...chiusi ! Ho detto !”
Stavolta mise le mani innanzi la sua testina bionda. Il ragazzo subiva ed eseguiva soggiogato… Giovanna fece una prima mossa: prese dapprima la bionda testa di Fabietto con ambo le mani e rapidamente baciò in bocca il giovincello; poi fece discender la mano destra dentro i pantaloncini allentati cercandogli l’asta di carne già duretta; quindi mentre lo baciava come a fagocitarlo fece cenno ad Olivina di abbassare i pantaloncini al ragazzo. Con la mano molto leggera Olivina abbassò i pantaloncini facendo credere al garzoncello che fosse stata Giovanna a farlo. E come il cazzetto dritto del ragazzo si fece avanti mancando la stoffa ad ostacolarlo, Olivina, inginocchiatasi, glielo prese in bocca senza servirsi delle mani, o avrebbe tradito Giovanna che glielo avea fatto rizzare baciandolo poco prima fin quasi a quel momento…non appena la cappella già rossa un po’ violacea per l’erezione venne avvolta dalle labbra, e dalla lingua molto calda, morbida, dolce, e salivosa di Olivina che avea appena preso a muoversi, per la nuovissima intensa sensazione di piacere sulla punta del glande mai provata il ragazzetto ebbe un fremito prima di tornar rigido e… venne ! Respirando ed espirando d’un sol colpo ! Sapevo come ci si sentiva: il cuore sembrava fermarsi un istante, una sorta di vuoto, per poi ripartir a più grosso e veloce battito !
“Uhannnnnn ! Ahn! Ahnnnnnnnnnnnnnnnnn! Ahnnnn, uhmmmm! Uhmn! UUhm! ”
…che importanza avrebbe mai avuto di chi fosse quella bocca miracolosa ? Fabietto aveva la certezza ch’era femminile, come quella di Giovanna sulle sue labbra…
Giovanna avea ripreso a baciarlo in bocca durante l’eiaculazione, dopo essersi assicurata che mantenesse gli occhi chiusi: ma quanto tempo era passato ? Fabietto li tenne sempre chiusi sia intimidito dalla minaccia di denunzia alli armigeri, sia per non esser distolto da quel singolar piacere così improvviso, testé capitatogli senza che lo avesse chiesto…in pochi istanti sparò il suo sperma in bocca ad Olivina, che da parte sua prese a berlo alla fonte direttamente, continuando a mover la sola lingua onde non tradir Giovanna…poi all’improvviso allontanò la bocca, e si allontanò in punta di piedi riparandosi a quattro zampe sotto la scrivania…Olivina era bene che non venisse riconosciuta da Fabietto. Forse il garzoncello avea intuito che c’era stata anche un’altra donna, dalla divina bocca, che gli avea dato quel piacerissimo…breve ed intenso, nonché inatteso. Giovanna disse al ragazzetto che poteva riaprire gli occhi…
“Va bene, puoi riaprire gli occhi adesso, su…”
…dopo avergli sorriso, finì con le mani quell’improvvisa masturbazione che Olivina avea portato al giusto culmine…
“Ma come avete fatto a mover la testa da sopra, poi qui di sotto sì prestamente ?…ohhh, me lo prendete ancora signorina ? Stavo meglio nella boccaaaaahnnnn…di chi era quell’altra bocca signorina ? Ahnnnn ! Grazie, ma ormai l’ho finito madama…ahhnnnn !”
“Ma va ! Ne havvi a buttare ancora un po’, dai qua !”
“Ma quell’altra donna chi era ? Ahnnnn, ahnnnn, ahnnnn ! Uh ! C’era un’altra donna vero ? Ho sentito il suo respiro sulla pelle del mio…caz…no perdonate signorina !”
“Quale altra donna ? Non so di che parli…però uh, quanto ne hai…”
Giovanna continuava a spipparlo con la sua mano femminile per evadere le sue domandine ovvie:
“Ahnnnnn! Ahnnnnn ! Ahnnnnnn ! Signorina, ve ne rendo grazia, ma io non ne ho più ! Ma…se voi…”
Giovanna gli ripulì il cazzetto di nuovo sporco con la saliva nella sua mano, poi gli intimò:
“Basta ora Fabietto ! È ora che te ne torni a bottega. Mastro Leoni ti starà aspettando per un’altra consegna ! E la figlia guardagliela più da lontano !”
“Farò come dite mia signora ! Ma ho peccato, ho molto peccato, io non volevo…”
“Mi chiamo Giovanna, non signora! Fila adesso ! Vai ! Che non son questi li peccati veri…”
Mia sorella Olivina avea preso solo i primi tre schizzi, quelli più caldi e densi. Il garzoncello dopo la manovella di Giovanna riavutosi e rivestitosi si guardò intorno; il suo cazzo l’avea pulito bene la bocca di mia sorella Olivina; ed egli non avea ben capito cos’era successo; era felice e scarico e…non se ne capacitava : ma avea la sensazione che in quello studio notarile, ove era già stato altre volte per identiche consegne, oltre lui, Giovanna, ed il notaio, che dormiva della grossa, ci fosse più di una persona…non poté indagare, che la ninfetta Giovanna lo accompagnò alla porta dopo cotanta “mancia”, e lo congedò con una dolce pacca al culo del ragazzo, poi chiuse la porta. Il ragazzetto se ne andò come se avesse fruito d’un miracolo. Quando si ritrovò in strada avea ancor lo sguardo assente…accidenti ! - me lo immaginai a pensare in proprio - : “quanto poco si può stare in paradiso…si ritorna sempre sulla terra !...Era così Satana ? A guisa di donna di piacer…?”
Il notaio, che aveva appena aperto gli occhi, commentò ridendo dopo uno sbadiglio:
“Whaauuuuunnng !....Se si va a confessar dal prete per la mancia che gli avete dato voi due …il prete lo accuserebbe di prenderlo per il culo ! E gli darebbe minimo due anni di preghiera e clausura per aver cercato di beffarsi della chiesa…! I genitori finirebbero nelle mire dell’Inquisizione…”
Giovanna pulendosi le mani alla tinozza disse:
“Che dite ? Va a confessarsi sul serio ?”
Olivina le rispose:
“E se anche fosse ? Vorrà dire ha incontrato una bella satanassa…di sola carne!”
E Giovanna interessata a quel lezioso gioco d’ipotesi:
“Ma il prete lo crederebbe ? Direbbe che ha peccato con la fantasia…no?!”
Olivina che avea dell’esperienza le spiegò:
“No, credi a me Giovanna, che avevo un vecchio prete di qui come cliente; mi morì tra le cosce e me ne accorsi il mattino dopo: appena il tempo di filar via…i preti, devi sapere Giovanna, vengono a verificar di persona…se li fanno dare i nomi in confessione ! Quando si tratta di giovani donne libertine…il peccator non lo rivelano, anche a pena del martirio, ma sulle peccatrici s’informano assai…”
Intervenne il notaio ormai ridestatosi quasi del tutto; era ancora avvolto nel suo sudario poggiato sui gomiti col torso lievemente sollevato:
“Ma Olivina, ditemi…lo bevete così facilmente ?”
“Quel ragazzo giovanissimo era bellino, e per me ciò che è bello è anche buono…il primo schizzo poi, di sapore non è mai male…e a me lo schizzo d’uomo, quando è caldissimo che esce, piace assai…per questo non mi ero mai incuriosita di Saffo…almeno fino ad oggi caro Antonio !”
Poi rivoltosi a Giovanna le chiese:
“Giovanna prendimi quelle due maniglie di legno; stanno sul tavolo !”
Giovanna, ancora piacevolmente seminuda gli voltò le spalle (e le natiche) e si diresse verso il tavolo onde prendergli delle maniglie d’ottone piantate su una forma quadra di legno al di sotto, e gliele portò ritornando verso di lui. Antonio Kalòs quando si vide davanti le sue coscette lisce e sode da ragazza in fiore non seppe resistere e, sentendo ad un piede di distanza l’odore di lavanda con cui la donnina avea lavato la fica nella tinozza, gliela leccò per un pochino di tempo, quanto bastava per trasferire sulla sua lingua il sapore della pelle della vulvetta…poi rinfrancato dall’assaggio disse:
“Ahnnn! Uhmmm ! Ahnnnn ! Sìììììì…uhm…dai, così !”
La ragazza avea preso a carezzarli i neri boccoli del suo amante, dispensandogli carezze anche alla nuca; il lecchino le stava piacendo…chiudea gli occhi per goderselo, ma il notaio cambiò parere, e improvvisamente scostandosi, disse:
“Fatti in là amica mia ! Devo riattivare la circolazione…pciù, pciù, via dai…”
Le baciò la rosea vulva due volte rifiutandosi di leccarla ancora:
“Ahnnn! Ahnnnn! Ehi ! Non ti si riattiva lo stesso a leccarmela ? È così piccola e calda…Uhmmm!...Nooooo, già finito ?!...no, dai, ancora, ancora !”
“Sì, spostati…”
“Uhmmmm ! Peccato ci stavo prendendo gusto…la lecchi bene sai…”
Il notaio, ignorando le capricciose proteste della demonietta rossa-castana lasciata a carezzarsi la vulva da sola sotto la camicetta come fosse una gattina senza il gatto, si girò a pancia sotto e, afferrate le due maniglie, una per mano, rizzatosi con uno scatto sulle punte parallelo al corpo si mise a compiere flessioni, contando tra gli sfiati d’aria…uno, due, tre, quattro, cinque…il notaro riuscì a farne settantanove, ben scandendo ad alta voce quel numero. Sudato crollò a terra, per poi rialzarsi, ed andarsi a mettere nella tinozza dove l’acqua troppo calda non era stata mai nel corso del pomeriggio…la differenza di temperatura tra il suo corpo ancora tonico, e l’acqua gli riattivò la circolazione sanguigna; contemporaneamente rivolgendosi ad Olivina ch’era rimasta nuda ad ammirare il mobilio, ed i quadri del suo ricco studio parlava oziando seduto in acqua onde risponder alle domande d’Olivina:
“Ditemi Antonio, chi sono gli uomini dei due ritratti appesi al muro ? I vostri avi forse ?
“Quello di sinistra con barba a pizzo e collare era mio bis nonno paterno: un ricco contadino di Corfù; a fianco potete mirar il padre mio notaro che se ne venne a Soleto e poi qui a Martano dalla Grecia che avevo, se non ricordo male, quattro anni…io ereditai da lui il travaglio; lo studio qui è in affitto!”
Olivina, poco interessata alle ascendenze, cambiò argomento:
“Qui le mura hanno l’aria vecchia, vedo macchie d’umido; necessiterebbero d’una ripittura in verità…date retta a me che son donna…”
“Io sto invecchiando cara amica ! Un mese fa arrivavo a ottantacinque…”
“Vi riferite alle flessioni…È la vita caro Antonio. Comunque non preoccupatevi ! Il vostro membro non mostra alcun segno di declino…”
“Vi è piaciuto più il mio, o quello del garzoncello ?”
Olivina, per nulla spiazzata da siffatta domanda rispose convinta e disinvolta:
“Di sapore era meglio quello del garzoncello, se parlate dello sperma; credete a me, che me ne intendo: la frutta quel ragazzo la mangia…il vostro ha il sapore di quel vostro amaro che comprate dè li frati…se invece parliamo di piacevole ingombro, col vostro è tutto dire Antonio…”
“Rimedierò in futuro amica mia…tuttavia mi son meravigliato pria: la vostra nuova amica seduce per gioco o per intrigo un ragazzetto, e come a questi scopre il membro, vi precipitate tosto a prenderglielo in bocca al volo. Non sapevo di questo vostro vezzo mia cara…”
“Di cazzo ho sempre fame Antonio, e ve lo voglio confessare: ne vidi sì poco dal marito mio Ranuccio, che pur dotato lo sarebbe, che ho dovuto resister molte volte, e trattenermi dal prenderlo in bocca al figlio mio Aymone, mentre usavo osservarlo che dormiva, pria che si svegliasse con l’erezion della mattina…poi pensai d’affidarlo alla lavorante mia Filomena per gli assaggini, e per lo suo sverginamento…mai e poi mai lo avrei fatto andare colle pute come un popolan qualunque…”
“E di quant’anni era il vostro Aymone quando andò con Filomena? Mi sembra d’averla vista una volta, sui vent’anni, no ?”
“Eran meno di quelli di Fabietto che ci portò il vassoio del desinare…”
“Oh, a proposito: avete fame ? E tu Giovanna ?”
Le due donne risposero affermativamente; al che il notaro disse loro di scoprire la stoffa del vassoio portato dal garzoncello poco prima…Olivina ebbe una sorpresa che suscitò le sue gaie risatine; Giovanna invece restò muta, ed incuriosita un po’:
“Ma sono…falli ! Vi siete fatto cuocere dei falli dal forno di mastro Leoni ?…”
“Non fate nomi Olivina, o vi sfuggiranno anche in futuro…credetemi ! Non fate mai li nomi di compromessi ! Persino a voi stessa! Sì son falli, con asta e cappella !”
“Ma non si sono rifiutati di cuocere certe peccaminose forme ?”
“Li ho pagati, e pecunia non olet…m’intendete ?”
“Sì, certo, immagino cosa dobbiamo fare con questi…siete proprio depravato amico mio!”
I panini cotti al forno ordinati dal notaio erano stati fatti lievitare in forma di fallo: quei pani di chiara crosta avean della normale mollica all’interno; mentre erano arricchiti all’esterno di condimenti di sesamo lungo cappella ed asta ed erano lunghi mezzo braccio e larghi quattro dita più o meno; ci sarebbe voluto molto per farli entrare dentro a Giovanna dalla fica piccola, molto meno per penetrarci Olivina che ce l’avea più grande avendo partorito. Il notaio, lasciata la tinozza, si diresse verso un bauletto chiuso a chiave. Apertolo ne estrasse un prosciutto: sì cari moderni, proprio un prosciutto…il notaio dopo aver poggiato il prosciutto sul tavolone aprì un cassetto segreto, e ne estrasse un affilato spadino d’argento dalla sua guaina di cuoio; col quale spadino, verificato il filo della lama, si mise a tagliare fette di quel prosciutto spiegando alle signorine che lo guardavano incuriosite ciò che stava accingendosi a fare:
“M’han detto un mercante da cui lo comprai qui fuori paese che è di Parma, e che ha un sapor divino. Gradite ?”
Il notaro tagliò un paio di fette a testa, ed una per lui; poi proseguì tagliando una ulteriore decina di fette; quindi chiese ad Olivina l’aiuto di una mano di donna:
“Olivina, sapete fare degli involti ?”
“Sì, ma senza carne…?”
“No, amica mia. Ecco: la carne c’è: è la fetta stessa del prosciutto. Dovreste avvolgerla delicatamente per farla aderire al fallo di pan fresco.”
A gesti il notaro fece capir cosa intendeva: trattavasi di avvolgere la fetta intorno al pane; e di fermarvela:
“Se ho ben capito le vostre intenzioni, si distaccherà non appena me lo introdurrete dentro…”
“No, mia cara: qui ho del sottilissimo filo di seta; forte e sottile: voi siete donna e sapete come si cuce il filo attraverso la stoffa, che qui è la carne del prosciutto che sto tagliando con un po’ di spessore…qui c’è anche l’ago colla cruna: vedete ?...cucitele rispettando la curva della crosta; il fondo invece è piatto…”
Giovanna, tenendo in mano un fallo di pan fresco che avea preso dal vassoio, sì’intromise tra i due per chiedere:
“Antonio, me ne fai provare uno ?!”
Ce ne erano di diversa fattura e forma, ma sempre cazzi di pane erano:
“Fa pure Giovanna se proprio non ne puoi fare a meno…non tenerlo in bocca a lungo però…”
“No, lo so che non devo bagnarlo troppo; voglio vedere se mi entra…”
Giovanna dopo aver sbottonato la camicetta si sedette sul bordo del tavolo, accanto ad un candelabro, e allargate le sue coscette mise quella cappella di pane a contatto con l’apertura del suo fiore di carne…



- Continua –
























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Commenti per Michele tre teste e tre candele (...e la tinozza), 4a p.:

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