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incesto

Non ancora incesto


di piccololord
22.02.2015    |    25.812    |    2 9.7
"- “vuoi prendermi?” mi chiese fissandomi negli occhi - “Si” risposi stordito “ma non ora”..."
Ho smesso di guidare. Da qualche tempo gli spostamenti li faccio con i mezzi pubblici e tra questi, con mia grande sorpresa, ho scoperto il pullman per i lunghi tragitti. Come andare in auto con il vantaggio di avere un autista. Ho ripercorso strade fatte in auto e ho scoperto quante cose mi sono perso guidando.
Ho un lavoro che mi porta fuori sede per tutta la settimana. L'azienda per la quale lavoro, una ditta che sviluppa software presso il cliente, oltre al rimborso dei viaggi mi offre un piccolo appartamento in residence nelle adiacenze dell'ufficio dell'acquirente.
Attualmente il cliente si trova in centro Italia mentre io vivo a Milano per cui ci vogliono circa 6 ore per raggiungere il luogo di lavoro. In uno di questi viaggi decido di partire verso la mezzanotte dopo una cena con gli amici. Mi accomodo in autobus scarsamente frequentato e metto le cuffie per ascoltare della musica che mi conciliasse il sonno. Pochi minuti prima della partenza sento una brusca frenata. Un'auto si ferma dalla quale scende, tra le grida di un energumeno, una giovane donna, poco più di una bambina, in lacrime e singhiozzi. La ragazza viene spintonata sul pullman e il tizio, tra stridore di gomme riparte. Con lo sguardo smarrito cerca un posto libero – ce n'erano tanti – e si accomoda senza smettere un attimo di piangere. La osservo meglio: lo hijab e l'abbigliamento, un camicione lungo fin quasi alle ginocchia sopra dei pantaloni tipo jeans, la carnagione, il colore degli occhi mi dicono che la ragazza non è italiana. Le squilla il telefonino e sento che risponde in arabo, parole concitate, altri singhiozzi, ancora lacrime e rabbia e poi il silenzio. Il telefono ha smesso di funzionare, probabilmente scarico. Un sibilo, le porte si chiudono e il pullman parte. La guardo meglio, davvero una bella ragazza con lineamenti delicati, gli occhi pieni di lacrime scintillano nella penombra. Incrociamo per un attimo lo sguardo e accenno ad un sorriso che forse neanche riesce a vedere. Rispolvero il mio arabo imparato tanti anni fa e le rivolgo un saluto nella speranza di essere capito. Trasale, mi guarda dapprima sospettosa poi si rilassa e risponde al saluto. La invito a sedersi vicino a me, si guarda ancora intorno poi si alza e con un lieve sorriso si accomoda sul sedile vicino.
- Come ti chiami?
- Amal, mi risponde
- da dove vieni Amal?
- Sono siriana
- Non è un bel posto adesso...cosa ti succede? Perché piangi?
Espira tutta l'aria che ha nei polmoni, si appoggia allo schienale e mi dice: “abbiamo tanto tempo, il viaggio è lungo e allora ti racconto”
- “ Il tizio che mi ha accompagnato è un mio zio che mi ha accolto nella sua casa mesi fa. Sono fuggita dalla guerra e dalla fame, sono arrivata in Italia su uno di quei barconi che si vedono in televisione ed accolta in un centro. Questo mio zio mi ha fatto uscire in modo illegale dal centro e mi ha portato a casa sua in pratica a fare da serva alla sua numerosa famiglia. Lui, sua moglie e quattro figli maschi. Sono stati mesi da incubo. Tutte le occasioni erano buone per mettermi le mani addosso, lui e i suoi figli, mentre sua moglie mi diceva di accontentarli che in fondo era tutto in famiglia. Una notte mentre dormivo nella stessa squallida stanza dei miei cugini il più grande viene nel mio letto e mi dice:
“Amal è ora che diventi donna”.
Mi mette una mano sulla bocca e con l'altra mi alza la camicia da notte e mi sfila gli slip. Ero bloccata dalla paura, non avevo forze per reagire. Mi infila una mano tra le gambe e sento il suo dito penetrarmi. Non capivo più niente, il terrore mi bloccava ogni movimento. Mi guardo intorno in cerca di aiuto e vedo gli altri cugini che mi guardano sghignazzando e il più piccolo che si masturba. Sento un dolore lancinante nel basso ventre e mi rendo conto che avevo mio cugino sopra di me come un montone che mi possedeva e rideva. Ero allibita e dopo qualche minuto con un grugnito di soddisfazione si alza e mi dice che devo fare la stessa cosa con i suoi fratelli. Allungo una mano tra le gambe e sento scorrere del liquido caldo. Sangue e sperma. Il maiale mi aveva sverginato nel modo più orrendo. Il dolore e la rabbia insopportabili . Chiedo pietà, di lasciarmi stare ma uno dopo l'altro si accomodano sopra di me e mi montano come un animale. Cazzi duri come bastoni mi entrano nella figa con spinte che mi aprivano in due. Il primo che mi aveva posseduto aveva bagnato con il suo sperma l'interno della vagina per cui i cazzi successivi scivolavano bene Una, due tre quattro volte e poi ancora ancora e ancora.....non mi sono mai mossa, ero come anestetizzata e piena dei loro liquidi che colavano fra le gambe bagnandomi fino alle ginocchia. La mattina successiva non riesco ad alzarmi dal letto. Arriva mia zia e mi chiede se non sto bene al che tra le lacrime le racconto tutto. La vergogna, il dolore, l'umiliazione le offese. Sai cosa fa lei? Mi da uno schiaffo in pieno viso e mi dice
- “sharmuta (puttana) vestiti e vai a preparare la colazione che stanno aspettando i tuoi comodi. Se non hai gridato vuol dire che ti è piaciuto”.
Stordita dallo schiaffo, dalle pulsazioni di dolore al ventre mi alzo inebetita e vado in cucina a preparare da mangiare a quei rozzi maiali. Nella fretta dimentico di indossare il velo e qui altro dramma. Mio zio inizia ad urlare come un ossesso dicendo che avevo peccato e che dovevo essere punita. Sfila dai pantaloni la cintura e inizia a colpirmi ripetutamente. Cado ma lui continua e mentre ero a terra vedo la sua eccitazione. Un pacco enorme nei suoi pantaloni che si ingrossava sempre di più. Ero terrorizzata al pensiero che volesse sfogarsi su di me. Per fortuna le risate dei miei cugini che assistevano alla scena lo fanno smettere ma lui oramai preso dalla sua eccitazione afferra la moglie per un braccio e la spinge in camera. Dopo pochi secondi si sentono i grugniti inconfondibili della monta. Credo che anche la zia si fosse eccitata vedendomi frustare. A turno i fratelli che spiano i genitori e sommessamente ridono in modo quasi isterico si toccano i loro cazzi duri. Il più piccolo lo tira fuori sfacciatamente e inizia a masturbarsi fissandomi dritto negli occhi. Faccio finta di non guardarlo ma ad essere sincera mi piaceva vedere la sua mano scivolare sull'asta dura del cazzo, sentire il respiro affannoso e vederlo sborrare mi provocò un fremito su tutto il corpo. Gli altri, eccitati, si erano girati quasi in contemporanea verso di me e mentre si stavano avvicinando si sente l'urlo di mia zia in preda ad un orgasmo incontenibile seguito a ruota da mio zio che eruttava tutto il suo sperma e la sua rabbia nella figa della zia. Come d'incanto i quattro fratelli sparirono dalla circolazione ed io rimasi sola, in ginocchio, a consumare le mie ultime lacrime di dolore”.
Ascoltavo il racconto di Amal tra lo stupore, l'indignazione e l'eccitazione. Stavamo arrivando al primo punto di sosta del viaggio. Le chiesi se voleva mangiare qualcosa ma disse di no.
- “Come preferisci” – le dissi – “io vado a prendermi un caffè “.
Fermata di 15 minuti, prendo il caffè e poi compro qualche dolcetto e cose analoghe. Ritorno al mio posto e la ragazza mi accoglie con un bel sorriso ma l'autobus non riparte. Che strano, penso fra me e me, poi mi alzo e chiedo all'autista se ci sono problemi e lui mi risponde di aver avuto ordine di attendere finché non sarebbe arrivata una volante della Polizia.
Torno al mio posto e dico ad Amal cosa sta succedendo al che lei fa un sussulto e mi dice che probabilmente stanno cercando lei
- “poi ti spiego” mi dice.
Pensiero ed azione
- “Amal” le dico “togliti lo hijab, sciogliti i capelli e togliti anche i pantaloni”.
mi guarda allibita poi sembra capire e fa esattamente ciò che le dico. Una cascata di capelli neri corvino, lisci e lunghi fino a metà spalle. Le gambe splendide, pelle lucida, cosce sode e ben tornite. La camicia che indossa sembra adesso un mini-abito. Lo slip rosso fuoco fa contrasto con la sua pelle ambrata ed è un richiamo incoercibile.
- “Così va bene?”
- “Certo che si” mi riesce a malapena mormorare mentre un'eccitazione incontrollata mi assale.
- “Adesso” le dico “siedi accanto a me e fai finta di essere mia figlia”.
Arriva la volante della Polizia, scendono due agenti e salgono sull'autobus. Amal alza il bracciolo del sedile e si appoggia con la testa al mio petto. Istintivamente con il braccio le cingo le spalle. Fa finta di dormire mentre i due agenti passano in rassegna i passeggeri dell'autobus.
- “Qualche problema?”
chiedo e uno dei due con malavoglia mi dice che hanno avuto una segnalazione dalla questura di Milano della scomparsa di una ragazza mediorientale e che probabilmente aveva preso un pullman.
- “Sua figlia?” mi chiede il secondo poliziotto.
- “Si” rispondo “stiamo andando a raggiungere la madre che si trova a …...”
Saluti di rito, sibilo delle porte che si chiudono e il viaggio riprende. La ragazza non accenna a muoversi mentre io ho la necessità di farlo. Il suo profumo, il contatto della pelle le sue gambe bene in vista che non nascondo niente mi hanno messo in uno stato di eccitazione tale che nelle mie mutande avevo il cazzo che ballava la lambada!! quanto tempo era passato dall'ultima erezione così prepotente?
- “Dai, alzati che mi fa male la spalla” le dico
La sento ridere, alza la testa e mi guarda fisso negli occhi e mi dice
- “Perché lo hai fatto? Non mi conosci neppure. Lo sai che hai rischiato tanto? Non sono ancora maggiorenne, mancano pochi giorni ma di fatto sono minorenne”
- “Perché mi piaci” le dico senza pensarci “perché la notte avvicina le persone e perché non sopporto vedere le ragazze piangere”
- “Non so dove andare – mi dice – dovrei andare da un altro mio zio ma dopo quello che ho passato non me la sento. Dai racconti di mia zia sembra che sia una persona molto cattiva e mi vuole in quanto non essendo sposato vorrebbe qualcuno che lo accudisca e che si prenda cura anche dei suoi piaceri. La zia è stata chiara, tanto per lei sono solo una piccola puttana che dava piacere ai suoi figli ogni notte.”
- “Come ogni notte????”
- “Ogni notte i quattro fratelli a turno mi prendevano, dovevo sottostare ai loro piaceri senza fiatare. L'unica cosa che mi hanno concesso era di usare una crema per lubrificare la mia figa. Non sono mai riuscita a bagnarmi. Quattro cazzi che ogni notte mi stantuffavano. Ho sempre le labbra della figa arrossate dall'uso frequente e smodato che mi hanno fatto. Uno dei quattro ha un cazzo così largo che ogni volta mi lasciava la figa aperta per ore. Mi sembrava di morire quando entrava con la prepotenza del padrone ma per fortuna durava davvero poco. Bastavano pochi colpi per sentire il calore del suo sperma riempirmi la pancia. Oramai riconoscevo al buio uno per uno i quattro rozzi maiali. Il più piccolo dei quattro – credo poco più di 15 anni – raramente mi entrava dentro. Aveva schifo dello sperma dei tre precedenti e voleva solo che lo masturbassi lentamente e questo mi piaceva. La mia mano sul suo cazzo circonciso faceva movimenti lenti e lunghi. Dalla base andavo su fino alla cappella stringendo dolcemente e facendo uscire una goccia di liquido ad ogni passaggio. Le sue mani mi stringevano i capezzoli che diventavano duri come sassolini. Era il più lungo dei quattro a venire ma era anche quello che mi inondava di più. Il suo schizzo spesso mi ricopriva le tette e arrivava fino in faccia. Ho provato anche ad assaggiare il suo liquido ma mi faceva vomitare.”
Non ce la facevo più ad ascoltare quel racconto. Ero troppo eccitato e il mio pacco continuava ad ingrossarsi, faceva male. Amal bellissima nel suo abbigliamento minimale, non aveva neppure il reggiseno, era un richiamo troppo forte. Nonostante le brutture del racconto non potevo fare a meno di desiderarla. Le baciai la fronte e lei ricambiò con un bacio all'angolo della bocca. Era troppo. Allungai la mano e le accarezzai le gambe lisce come una pesca. Chiusi gli occhi e continuai con una lunga carezza fino al bordo degli slip. Sentii la ragazza irrigidirsi ma continuai comunque, le sfiorai le grandi labbra con due dita. Movimenti leggeri, lievi, dolci. Amal si mosse per agevolarmi ma nello stesso tempo si irrigidì ancora di più, una statua di marmo. Sembrava che avesse perfino smesso di respirare. Lasciai perdere e presi i dolci che avevo comperato al bar durante la sosta. Gliene offrii uno che prese e divorò in un attimo. Era affamata. Mi disse che non mangiava dal mattino precedente e finì tutti gli altri poi guardandomi con due occhi da cucciolo mi disse che era stanca e voleva dormire. Si appoggiò sulla mia spalla e si addormentò.
Erano quasi le quattro del mattino ma il sonno per me era cosa lontana. L'eccitazione non accennava minimamente a diminuire e il dolore era quasi insopportabile.
Dopo un paio d'ore di quel tormento ero quasi arrivato a destinazione. Svegliai Amal e le dissi che dovevo scendere. Spalancò gli occhi come un animale spaventato e d'impeto mi disse
- “portami con te, non voglio andare da mio zio, ho tanta paura che mi faccia del male”
rimasi basito. Non sapevo che dire, che fare. Non avevo tanto tempo per riflettere e andai d'istinto.
- “Ok, andiamo” le dissi inebetito
Si infilò i pantaloni e stava per mettersi il velo. Le dissi di lasciar perdere, era bellissima senza velo con i suoi capelli liberi. Sorrise e buttò il velo sul sedile vicino.
- “Andiamo” bisbigliai “è la nostra fermata”
Oramai era quasi giorno e arrivammo al mio alloggio senza incontrare nessuno.
Chiusa la porta le dissi che se voleva poteva andare a dormire nel letto mentre io, dopo una doccia, sarei andato a lavorare. Entrai in bagno e mi spogliai. L'eccitazione era ancora tanta e sotto la doccia mi masturbai lentamente, a lungo, godendo ad ogni movimento con l'acqua che mi scorreva sulla pelle. L'orgasmo arrivò come un'esplosione. Forte, intenso. Per un attimo rimasi senza fiato, stordito.
Finii presto di lavorare. Era quasi l'una e mi dissi che era il caso di mangiare qualcosa. Prima di ritornare a casa passai a fare degli acquisti. Trovai Amal davanti al televisore che mi accolse con un sorriso radioso.
- “Ciao, bentornato. Ti aspettavo. Scusa se non ho preparato il pranzo ma in casa non c'è praticamente niente da mangiare”.
- “Si, io in genere mangio al ristorante. Ti ho portato qualcosa da cambiarti. Prova se vanno bene che usciamo a pranzo” le dissi allungando i sacchetti
Si alzò di scatto felice, prese i sacchetti che avevo fra le mani e cominciò ad aprirli. Una minigonna di jeans, una polo bianca, slip e brasiliani, doccia-schiuma femminile, shampoo e altre cose arraffate qua e la. Cominciò a spogliarsi li, davanti a me, senza il minimo imbarazzo....una bellezza. Un seno marmoreo con capezzoli pronunciati, dei sassolini come li aveva definiti lei. Gambe lunghe e affusolate. Dopo un attimo di esitazione si sfilò anche gli slip e rimase completamente nuda. Radi peli scuri le contornavano una figa minuta. Un sorriso smagliante e lo sguardo puntato sfacciatamente verso il mio cazzo che nel frattempo era diventato di marmo.
- “vuoi prendermi?” mi chiese fissandomi negli occhi
- “Si” risposi stordito “ma non ora”. Mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sui capezzoli afferrandoli poi con i denti. Prima uno poi l'altro mentre la mia mano le accarezzava il culo sodo e poi si spostava sulla figa. Mentre le mie dita giocavano con le grandi labbra sentivo Amal che si irrigidiva
- “vestiti che andiamo a mangiare”
Sembrava quasi offesa ma non disse niente. Appena entrati al ristorante ci fu un mormorio in sala, si erano girati tutti a guardare quello splendore di ragazza. Il colore ambrato della pelle contrastava in modo quasi sfacciato con il bianco della polo. I capezzoli erano evidenti, e la minigonna le stava divinamente. Il cameriere che oramai conoscevo ci venne incontro con un sorriso che non avevo mai visto prima
- “bentornato dottore, solito tavolo?”
La guardavo mentre mangiava. Mi eccitava il suo modo di portare alla bocca il cibo. Sensuale. Il mio povero cazzo già messo a dura prova gridava vendetta. Mi sentivo bagnato. Mi sentivo scoppiare. Mi sentivo eccitato come non mai.
Dopo una breve passeggiata servita a fare rifornimento di viveri – Amal aveva espresso il desiderio di cucinare per me – siamo ritornati a casa. Era pomeriggio inoltrato e faceva caldo. Appena entrati me la trovai alle spalle che mi sfilò la giacca e mi fece sedere sul divano. Mi tolse le scarpe e in ginocchio davanti a me iniziò a massaggiare i piedi. Non capivo più niente. Avevo un uragano in corpo.
- “Aspetta, torno subito” mi disse. Andò in bagno, sentivo l'acqua della doccia che scorreva. Non resistevo più ed iniziai a toccarmi. Chiusi gli occhi e facevo scivolare la mia mano su quel tronco di legno che mi ritrovavo tra le gambe.
- “Mi piace come ti tocchi” non l'avevo sentita arrivare. Aveva il mio accappatoio aperto. “Adesso lascia fare a me”
La sua mano inizio a scivolare sul mio cazzo duro come un tronco d'albero. Movimenti leggeri e continui. Sentivo l'onda del piacere che prepotentemente avanzava. Non volevo che finisse tutto così in fretta e le bloccai la mano. Mi guardò stupita e mi chiese
- non ti piace?
- “ti ho fermato perché mi piace troppo – le risposi – adesso prendilo tra le labbra e leccalo....leccalo come un gelato e poi infilalo tutto in bocca...fino alla gola...tutto!!”
La sua lingua iniziò a percorrere il mio cazzo dallo scroto fino alla punta succhiando le gocce di piacere che iniziavano ad uscire
- “sai di buono” disse sorridendo “mi piace il tuo sapore”
Quando aprì la bocca per prenderlo non capivo più niente...l'onda del piacere era prepotente e avanzava al galoppo. Le presi la testa fra le mani trattenendola sul mio cazzo . Sentivo che l'esplosione era vicina e con un urlo liberai tutto il mio sperma nella sua gola. Getti continui. Sembrava non finire mai. Amal non riusciva a trattenere tutto lo sperma in bocca nonostante ingoiasse tutto quanto le era possibile. Un filo di sborra le colava al lato della bocca. I suoi occhi lucidi erano fissi nei miei. Le sue unghie erano infilate nelle mie cosce fino a farle sanguinare.
- “Ti è piaciuto? - mi chiese con la bocca ancora grondante – a me tanto. Non sapevo che potesse essere così bello. Anche il tuo latte è buono”.
La presi e la feci sedere vicino a me baciandola in bocca giocando con la sua lingua che sapeva ancora di me. La sentivo che si rilassava e sorrideva beata mentre il mio cazzo invece non ne voleva sapere di riposarsi.
- “Ora è il mio turno – le dissi – siediti con il culo al limite dl divano”
Fece come le dissi. Mi misi in ginocchio tra le sue gambe aperte. Un a visione sublime!!!
Non avevo mai visto una figa così piccola. Le grandi labbra erano gonfie e turgide ma nonostante ciò sembrava che in quella fighetta non potesse entrare il mio cazzo. La rada peluria incorniciava il tutto in modo perfetto e il profumo che emanava era inebriante. Mi avvicinai con la lingua e iniziai a leccarla lentamente. La sentivo mugulare e le sue gambe che si aprivano sempre di più per agevolarmi. Il suo clitoride era quasi sproporzionato, grande e duro. Sembrava un piccolo cazzo prepotente che immediatamente iniziai a succhiare, prima dolcemente poi con piccoli morsi che facevano sobbalzare Amal di piacere e di dolore. Il suo respiro era sempre più affannoso. Non smisi un istante di leccare. Le mie dita iniziarono ad entrare in quel morbido pertugio bagnato. Prima un dito, poi due....la figa mi accoglieva senza opporre resistenza. Misi il terzo dito e sentii solo un sospiro di piacere....provai con quattro dita e poi pian piano la mia mano che entrava...elastica!!! Che figa elastica.... Amal gioiva di piacere e quando la mia mano entrò del tutto sentii il grido liberatorio della mia giovane amante. Un orgasmo mai visto prima. Dalla sua figa iniziò un torrente di nettare che con avidità leccai tutto. Si contorceva e gridava. Tremava in modo irrefrenabile Non riuscì a trattenere un getto di urina che mi inondò. La pioggia dorata calda mi investì regalandomi un piacere inaudito. L'eccitazione si fece ancora più acuta. Mi misi tra l sue gambe ancora oscenamente spalancate ed entrai nella sua figa bagnata con un colpo di reni fino in fondo. Rimasi fermo per un attimo a godermi quel momento di estasi poi iniziai a cavalcarla. Amal dapprima rigida cominciò a d agevolare i miei movimenti spingendo il suo bacino contro il mio cazzo regalandomi affondi fino a sbattere contro il suo utero. Le pareti morbide ed avvolgenti della sua vagina mi tolsero la ragione. Ero solo un animale da monta, volevo solo arrivare al culmine del piacere e nello stesso tempo volevo che quei momenti durassero il più a lungo possibile. L'orgasmo arrivò nello stesso momento che sentii le contrazioni della vagina di Amal. Un grido liberatorio all'unisono. Un orgasmo sconvolgente per entrambi. Un fiotto di sborra nella più giovane figa che avessi mai posseduto. Le unghie di lei infilate nelle mie spalle. Non capivo dove finiva il piacere ed iniziava il dolore ma poco importava, godevo....godevo...godevo....e lei godeva contorcendosi, gridando e inarcando la schiena come se volesse imprigionare il mio cazzo nella sua figa.
- “Grazie” – la sentii sussurrare – “era esattamente come avrei voluto che fosse la prima volta”. Crollammo in un sonno profondo.

CONTINUA.....
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