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Un mese con la mamma - Seconda parte


di Honeymark
23.02.2015    |    47.533    |    6 9.7
"- Mi piace insegnarti a vivere e sono convinta di quello che sto facendo..."
L’indomani andammo a golf e, in tutta complicità, facemmo in modo che la coppia davanti ci distanziasse e che quella dietro impiegasse di più. Non fu difficile, perché loro erano in quattro e noi in due. E poi i golfisti sanno come ritardare il gioco…
Giunti al tee della buca 13, che era un par 3 protetto da siepi foltissime, ci guardammo intorno e poi lei si spogliò velocissima. Prese il ferro Cinque e andò a fare lo swing. Quando piantò il tee per terra, scattai delle foto di lei a 90 gradi. Poi, con studiato impegno, fece una prova, ne fece un’altra e infine fece il tiro. Io avevo scattato ogni volta raffiche di foto. Quindi le corsi davanti a riprenderla da lì. Tirò alcune palle e la immortalai.
Mia madre si rivestì in fretta e riuscimmo a chiudere la buca 13 prima che il flight successivo finisse la buca 12.
Mia madre si strinse al mio braccio e finimmo il percorso da bravi golfisti.

Il pomeriggio venne dedicato alle cure termali e la sera a cena eravamo stanchi morti tutti due.
- Ho sonno, - confessai alla fine. – Che ne dici se ci guardiamo le foto e poi andiamo a letto?
- Meno male! – Rispose. – Mi domandavo se volevi impedirmi di guardarle.
- Non le ho viste neanche io…
- Ha ha! Contalo a tuo nonno! Non dirmi che ieri sera non te le sei guardate una decina di volte! Ha ha!
Mia madre capiva sempre tutto, ma arrossii meno del primo giorno.
- Beh, quelle del golf non le ho mica viste.
- Bene allora, andiamo a vederle.
Feci per alzarmi, quando volle dirmi qualcosa.
- Senti, - cominciò. – Io sono una donna di classe, ma anche una naturista. Non mi vergogno a mostrarmi nuda alla gente che la pensa come me, ma assolutamente riservata con il resto del mondo. Non troverai nessuno che possa dire nulla di me.
Annuii.
- Mi piace insegnarti a vivere e sono convinta di quello che sto facendo. Non so dove andremo a finire, ma se a un certo punto dico “basta”m prometti di fermarti.
- Promesso, - risposi, prendendole la mano.
Si emozionò un po’, non capitava spesso che ci scambiassimo del semplicissimo affetto.
- Dai… - Disse in modo ironico per recuperare la situazione. – Già pensano che siamo una coppia scandalosa di una tardona con un ragazzino…
- Senti, - le risposi. – Tutto quello che vuoi, ma se ancora una volta dici che sei una tardona…!
- Wow… Ti piaccio davvero così tanto?
-Perché, non te ne eri accorta?

Salimmo in camera, scaricai le foto del golf nel portatile e poi lo collegai al grande televisore che c’era in salotto. Attesi che venisse a sedersi al mio fianco, ben forniti di acqua termale da bere in quantità mostruose e avviai il programma che le mostrava i sequenza.
Dapprima scorsero le immagini della sera precedente, dalle quali avevo provveduto a togliere quelle più oscene. Non volevo urtare la sua sensibilità, ma volendo mantenere nutrita la mia sensibilità, non le avevo cancellate ma salvate altrove.
Esprimemmo parecchi commenti positivi e non mancarono le battute ironiche. Mia madre sapeva portare alla normalità anche le cose più sconce. Molte pose le volle assimilare ad altrettante opere d’arte di maestri italiani di tutti i tempi.
Ma quando poi passai alle foto scattate al tee della buca 13 con lei che faceva lo swing nuda, passò in rassegna anche la raffica di immagini di mia madre nuda piegata a 90 gradi mentre metteva la pallina sul tee…
- Ferma le immagini - disse.
Ahia… pensai. Fermai l’immagine.
- Queste le cancelli. – Ni disse. – Che le guardi tu è un cosa. Ma che le mostri in giro, non se ne parla neanche.
- Non ti fidi di me?
- Certo, tanto vero che non ho paura che tu tenga le foto in qualche cartella del PC, comprese quelle di ieri dalle quali hai detto di averne cancellate circa la metà.
- Mamma…
- Ma anche queste dove mi si vede la passera così bene, è meglio che le conservi esclusivamente per te.
- D’accordo, - dissi. – Non ti dà fastidio che ti guardo?
- Mi stai chiedendo se puoi farti una sega? - Sorrise. – Ma certo che sì! Me lo auguro proprio! Ha ha!
- Mamma, posso chiederti una cosa?
- Direi che è il momento più adatto. Forse questa vacanza è l’unica occasione che abbiamo di parlare tra mamma e figlio in tutta intimità.
- Come faccio a capire che anche la donna è eccitata?
Sorrise, mi prese la mano e la portò a sé, entro l’accappatoio. Me la portò all’inguine e me la guidò alla passera.
- Cosa senti?
Non avevo ascoltato la domanda, preso come ero dalla sensazione iper stratosferica. Aveva allargato leggermente le gambe e io avevo spaziato nell’inguine, ma poi – finalmente – le presi la figa in mano-
- Cosa senti? – Ripeté.
- Il pelo? – bisbigliai intimorito ma più che eccitato. O dovevo descrivere quella sensazione incredibile di grandi e piccole labbra che stavo accarezzando?
- Non ti accorgi che sono bagnata?
Non risposi, ma era evidente che l’avevo sentita-
- Bene, quando una donna è eccitata, si bagna…
A quel punto non ci vidi più e mi gettai su di lei.
Ma lei agì con agilità, mi mise una mano sul petto e con voce ferma mi disse:
- Fermati. Sono io che conduco il gioco. Controllati e torna al tuo posto.
- Ma…
- Obbedisci.
La freddezza della sua voce mi fece l’effetto di una doccia freddo. Allentai la presa e mi rimisi dove ero.
Per qualche minuti regnò l’imbarazzo più assoluto. Poi si mosse e venne da me. Provai la paura di aver rovinato tutto.
- Sei stato bravo, - mi disse invece. – Quello che hai fatto adesso dovrai farlo sempre. Anche quando non ci sarà tua madre a dirtelo, ricorderai la mia voce e ubbidirai. Ogni volta che una donna ti dirà di no, tu ti fermerai. Chiaro il messaggio?
- Chiaro. - Dissi sotto voce.
- Ripetilo, ti fermerai anche quando di sembrerà impossibile tirarti indietro.
- Mi fermerò…
- Bravo. – Tornò a sdraiarsi. – Dove eravamo rimasti? Ah sì… Che foto stavamo guardando? Sì, quella dove sto piegata in avanti a 90 gradi. Mi difendo ancora bene?
E chi aveva coraggio di parlare? O di guardare? Facemmo meglio andare a letto.
Quella sera, quando mi ritirai in camera, non guardai più le foto con intento libidinoso, però isolai le più belle e le misi in una cartella tutta per me, che nascosi nel disco fisso. Poi ne feci una che potesse guardare anche mia madre.

La mattina dopo ci trovammo a fare colazione con uno spirito diverso, ma lei era particolarmente gioviale.
- Cosa facciamo oggi? – Le domandai.
- Tra un po’ ci portano i clisteri, - rispose. – Poi facciamo due passi nel parco in tutto relax.
“Ommiodio…” pensai. Dopo la scenata della sera prima credevo che fosse saltato tutto. Magari lo era, ma lasciai appunto che fosse lei a riprendere il gioco.
Verso le 10 portarono il carrello con gli strumenti e l’acqua termale. Dopo una decina di minuti, mia madre si mise r ridere e chiese con chi fosse meglio cominciare. Ma si rispose subito.
- Comincio da te. – Disse. - Ti faccio un clisma a caduta.
- Va bene, dimmi come devo mettermi.
- Vai in camera tua, sdraiati nudo pancia sotto. L’altro ieri l’avevi fatto tu a me, non ricordi?
Andai in camera, gettai l’accappatoio e mi sdraiai. Mia madre dopo un po’ venne da me. Si sedette su letto e cominciò ad accarezzarmi i glutei. Più che eccitarmi, così mi rilassava.
- Sei pronto?
- Sì.
- Allora raccogli un po’ la gamba destra.
Lo feci e lei si portò vicino al punto da farmi sentire l’alito sulla natica della gamba raccolta. Poi accarezzò, sfiorandoli appena, i testicoli. Cominciai a sentirmi vivo e attesi che mi inserisse la cannula. Lo fece con delicatezza e lo spinse fino in fondo.
- Ora raddrizza pure la gamba.
Lo feci e poi allargai un po’ le gambe. Mi sentivo libero e… maiale. Sì, proprio un maiale felicissimo.
Lei aprì la valvola e lasciò che l’acqua entrasse piano dentro di me, dandomi una sensazione di appartenenza a lei. Rimasi in pace tranquillo, riposando su una mia splendida erezione.
Mi svegliai dal torpore quando me la sfilò.
- Aspetta un po’, quindi vai in bagno a liberarti. Io ti aspetto in camera mia.
Tra una c osa e l’altra, uscii dalla camera dopo una ventina di minuti. Mia madre era in salotto che guardava la TV.
- Sei pronta? – Dissi.
Si alzò, abbassò il volume della TV e mi precedette in camera, dove aveva già steso un asciugamano sul letto e appoggiato il clistere a pera sol tavolino.
Con fare leggiadro lasciò cadere l’accappatoio, mostrandosi nuda nella maniera più naturale di questo mondo. Poi si andò a sdraiare sul letto, facendo in modo di non farmi vedere nulla oltre al culo.
- Vuoi che non te lo faccia? – Le domandai.
- Vai avanti e usa la delicatezza che ti ho insegnato.
Compresa l’antifona, mi avvicinai a lei e le accarezzai il culo con la massima dedizione, cioè facendo in modo che piacesse a lei più che a me. Quando cominciai ad accarezzarla a piene mani, mi avvicinai col viso e la baciai la base della natica destra come avevo fatto atre volte notando una sua reazione. Anche stavolta ebbe un fremito e le venne la pelle d’oca. Secondo me era giunto il momento. Le diedi una sculacciatina affettuosa e lei capì che doveva alzare il culo.
Con studiata lentezza raccolse prima un ginocchio, poi l’altro. Tenendo giù la testa, allargò ne gambe in modo da stare meglio in equilibrio e per mostrarmi bene le sue intimità. Stavolta l’uccello non riuscì a star fermo e iniziò la sua marcia verso l’alto. Sistemai l’accappatoio sperando che non si vedesse, poi presi la pera piena d’acqua termale.
Le accarezzai la natica sinistra con la mano libera, ma inevitabilmente ero ipnotizzato dalla visione del suo buco del culo e della figa. L’ano era piccolo e sano, quasi invisibile, mentre le grandi labbra stavano prendendo una forma più solida, più compatta. Forse si stavano eccitando, o forse no.
Le accarezzai l’interno delle cosce vicino all’inguine e lei mi aiutò adeguando la sua posizione seguendo le mie carezze. Sfiorai più volte il sesso, ma poi mi decisi e le presi la passera in mano appoggiando nel contempo la cannula nella fessura, così capiva che non la stavo palpando ma stavo per entrare nella fase operativa. Mi lasciò fare e mi attese. Mossi la pera fino ad appoggiarla al buco del culo e piano le entrai nell’ano. Attesi che si rilassasse, poi spinsi dentro la cannula fino in fondo. Anche stavolta, vedere la cannula che scivolava nel culo di una donna mi faceva impazzire e l’uccello ne era la prova. Era nella sua massima estensione.
Lasciai la vulva e usai entrambe le mani per premere la pera e iniettarle il liquido in corpo- Mi parve di sentirlo scorrere dentro e la cosa mi inebriava. Tutto mi inebriava. Mi accorsi che fare un clistere era come possedere la persona cui lo facevi… Esattamente il contrario di quando lo ricevi, che ti senti di appartenere al padrone che tre lo fa.
Quando sentii che la pera era vuota, presi la salvietta. Le presi nuovamente la vulva in mano e sfilai piano la cannula fino a farla uscire. Le asciugai il buco del culo e lei si stese per rilassarsi. Io appoggiai la pera e tornai ad accarezzarle il culo. Poiché aveva le gambe ancora allargate, provai a portarle la mano alla vulva e lei non si oppose. Avvicinai il viso e le baciai con la lingua la base della natica. Ebbe un fremito che si ripercosse sulla vulva. Allora cominciai ad accarezzargliela, cercando di far piacere a lei. Lei mi assecondò e io proseguii con crescente intensità. Entrammo in sintonia crescendo fino a un movimento sfrenato. Stava per venire e non avevo mai visto un orgasmo femminile… D’un tratto cominciò a sbattere sulla mano e si lasciò andare a lamenti di piacere, finché non venne in piena libertà.
Smisi quando si placò. Le diedi un altro bacio con la lingua sulla base della natica, sentii che emanava un nuovo profumo, poi mi staccai e la lasciai sola.
Quando uscì dalla camera era già vestita, così come lo ero io.

Passammo alcune ore nel parco facendo due passi e nel pomeriggio entrammo nel circuito del programma termale.
A cena la mamma sembrava a posto, mentre io ero stremato. La fisioterapia ti butta a terra.
- Vedi quella signora laggiù? – Mi chiese, indicandomela con un gesto del viso.
- La vedo.
- Glielo faresti un clistere?
- Cosa? Ma neanche per idea!
- E sua figlia? Sta arrivando adesso.
- Quella è sua figlia? Beh, ora che ci penso potrei farli a entrambe…
- Ha ha! Stai calmo! – Soggiunse mia madre. – Era solo per valutarti un po’… he he. Però la signora mi aveva chiesto se tu eri il mio boyfriend o cosa.
- E cosa le hai detto?
- Le ho risposto che eri mio figlio e che ti ho portato con me perché mi facessi i clisteri.
- Mamma, ma cosa vai a dire in giro…!
- Bene, anche questa è una lezione che hai imparato. Riservatezza. Però una sera o l’altra dobbiamo cenare insieme con loro. Lei sta annusandoti per sua figlia.
- D’accordo.
- Però questa sera volevo verificare una cosa con te,
- Cosa?
- Niente di particolare, ma se mi fai vedere le foto più hosé, ti faccio un regalo.
- Le ho buttate via, come hai chiesto.
- No, non te l’ho chiesto e tu non le hai certo cancellate. Al massimo le hai separate in più cartelle.
- Ma cosa fai, mi hai guardato nel PC?
- No, non lo farei mai. Ho solo qualche anno più di te.
Quando ci alzammo per andare in camera, sentii che la signora e la figlia del tavolo vicino mi stavano guardando il culo.
- Sì, - disse mia madre, prendendomi sotto braccio. – Ti stanno guardando il culo.
- Cosa fai, mi leggi il pensiero?
- No, ho solo qualche anno più di te.
- A proposito, anche a voi donne piace il culo? Voglio dire quello dell’uomo?
- Certo, anche se pensiamo di farne un altro uso.
- Per esempio?
- Tenersi con le mani mentre si fa un pompino.

Ci mettemmo in accappatoio e tornammo a guardale le foto di mia madre nuda.
- Sai che sei strafiga?
- Balle. Alla mia età è solo apparenza.
- Non direi proprio.
- Lo dici perché sono la prima donna che hai avuto per le mani. La ragazzina al ristorante, per esempio, nuda deve essere uno schianto.
Non dissi nulla. Arrivarono le foto di lei che faceva lo swing a golf. E quella in cui si piegava per sistemare la pallina.
- Immagino che questa foto la guarderai un po’ di volte…
- Beh, devi ammettere che si vede proprio tutto e in una posa plastica che solo tu potevi avere.
- Fammi sentire. - Disse mia madre.
Con delicatezza infilò la mano nella piega dell’accappatoio e arrivò al cazzo. Era duro come uno scalino, ma in quella vacanza era quasi sempre così.
- Sai che hai un pene di notevoli dimensioni?
- Lo dicevano anche i miei compagni di collegio.
- Non voglio sapere cosa facevate.
- Nulla, li abbiamo paragonati per vedere chi ce l’aveva più grande. E il mio, modestamente…
Mentre parlavamo, mia madre mi aveva aperto completamente l’accappatoio e si era messo a studiarlo anche lei. Lasciai che facesse quello che voleva. Non mi vergognavo più se mi vedeva in erezione, anzi.
- Stamattina mi sono lasciata andare. – Mi disse sistemandosi meglio ai miei piedi - Adesso lasciati andare tu…
Obbedii. Sapevo che era lei ad avere la situazione in mano. E non solo quella.
Mi aprì l’accappatoio, si mise in ginocchio e mi fece sdraiare di schiena. Mi allargò le gambe, sapendo cosa mi stesse provocando. Mi accarezzò l’interno delle cosce e salì fino all’inguine. Io ero ormai un oggetto nelle sue mani. Attesi che arrivasse all’uccello e lo fece con una progressione magistrale, come se lei in un’altra vita fosse stata un maschio.
Si allargò l’accappatoio anche lei, facendo in modo che le tette si appoggiassero alle ginocchia, poi si portò con il viso al mio uccello. Sentii il suo alito sfiorarmi il pene e provai un senso di crescente libidine d’attesa. Sapevo cosa aveva per la testa di fare, ma ne avevo solo sentito parlare come se fosse qualcosa di inverecondo. Voglio dire, mi ero masturbato più volte al solo pensiero del pompino, ma non ero sicuro che nella realtà ci fossero donne disposte a farlo. Ora, improvvisamente, avevo capito di sì.
Si mosse attorno al cazzo quasi con circospezione. Mi faceva morire, ma lo faceva apposta per caricare la mia voglia, il mio pulsare. D’un tratto mi baciò il glande e poi il pene vero e proprio. Ebbi un fremito e cominciai a temere di venire subito, o comunque prima del tempo.
Allargai le gambe, come per dirle di iniziare, ma lei si perse ancora con i coglioni, che prima baciò e poi cominciò a leccare. E poi a mordicchiare e succhiare. Le piaceva proprio… ma francamente piaceva mille volte di più a me!
D’un tratto abbassò il prepuzio e lo sentii accarezzare dal suo respiro. Piano scese con la bocca e lo accarezzò prima con le labbra socchiuse, poi tra la lingua e il palato. Quindi scese, facendoselo scorrere sul velluto della sua saliva, fino in fondo alla gola. Mi sembrava di morire. Poi lo sfilò piano per poi scendere nuovamente fino alla base dell’uccello. Se davvero ce l’avevo grande e grosso come diceva lei, le ero andato ben oltre alla gola.
Si aiutò con una mano, accarezzandolo con forza verso il basso e mettendo l’altra sotto ai coglioni. A quel punto cominciai a non pensare più a nulla e la lasciai andare avanti così. Quando accelerò i tempi, capii che stavo per venire.
- Vengo! Vengo!
Venni e lei non si tolse. Ricevette in bocca tutto il mio sperma, che usciva a fiotti, dandomi l’impressione che il cazzo si stesse spaccando. Urlai dal piacere e mi placai pian piano, mentre lei continuava la sua opera adeguandola alla fase di scaduta del pene.
Quando finì, io restai immobile e lei se ne andò in camera sua senza dire nulla.
Dopo un quarto d’ora me ne andai anch’io, dopo aver rimesso a posto portatile e televisore.

(Continua)
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