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Un mese con la mamma - Terza e ultima parte


di Honeymark
23.02.2015    |    50.197    |    5 9.7
"Si dispose pancia in su allargando le gambe, in modo da accogliermi..."
La mattina dopo mia madre era particolarmente gioviale, complice forse la bella giornata. Gioviale lo ero anch’io, sicuramente per motivi diversi dai suoi.
- Passato bene la notte? - Mi chiese, forse con un pelo di ironia.
- Benissimo, grazie, - risposi davvero sincero.
- Pensavo di sospendere la cura dei clisteri, - disse poi.
- Peccato… - Mi sfuggì di dire.
- Solo per qualche giorno, - si affrettò a dire. Ma forse anche questo era stato un filtro.
- A me non spiace né farli né subirli.
- Si fanno perché servono. – Precisò. Poi sorrise. – Gli intenditori peraltro dicono che si fanno con più piacere quando non ce ne è bisogno.
Sorrisi anch’io. Adesso riuscivamo a parlare di questi argomenti con una semplicità davvero unica.
- Il nostro rapporto ha preso una nuova piega, - mi spiegò seria. – Non era nei miei programmi, ma credo di aver fatto bene a seguire il mio istinto.
La ascoltai con un certo imbarazzo.
- Il nostro è tecnicamente incestuoso, - aggiunse. – Ma io l’ho fatto per insegnarti a vivere… magari cercando di recuperare tutti questi anni che siamo stati distanti. So che il passato non si recupera, ma credo di esserti stata utile. Non cascherai ai piedi della prima che ti fa un pompino…
- Anche perché ormai non sarà la prima volta, - mi sorpresi ad aggiungere.
- Sottile osservazione. – Commentò, poi scoppiò a ridere anche lei.
- E perché sospendi i clisteri? – Insistei.
- Perché abbiamo fatto un passo avanti, - ripeté.
Forse avevo capito.
- Ad ogni modo, - aggiunse sicura di sé, - credo che alla fine questa cura termale la ricorderai per tutta la vita.
- Tu no?
Rimase interdetta di nuovo.
- Stai imparando velocemente…
Guardò l’orologio.
- Andiamo a fare due passi? – Chiese.
- Volentieri. Prima posso accarezzarti?
- Eh? Sì, certo. Perché no?
Mi Inginocchiai e le infilai una mano sotto le gonne fino a raggiungere il culo con una mano. Appoggiai l’orecchio al suo basso ventre e mi godetti il piacere delle sue intime rotondità. Mi lasciò fare finché non mi alzai.
- Se ti fa piacere, - disse con la sicurezza di una mamma, - faccio a meno di indossare le mutandine per tutta la vacanza, quando porto le gonne.
- Davvero? - Dissi, col viso certamente rosso.
- Perché no?
- Allora un giorno vieni a giocare a golf con la gonna?
- Ha ha…
Dopo un po’ uscimmo a fare due passi.

Confesso che senza la svolta imprevedibile di mia madre che, diciamo, mi aveva preso a cuore, un mese di cure termali mi avrebbe sconvolto l’equilibrio comportamentale. Sicuramente faranno bene a chi ne ha bisogno, ma io ero sanissimo, come aveva detto il medico alla visita preliminare.
Sta di fatto che quella sera ero tornato in camera dopo cena con la voglia di fare quello che fanno tutti i ragazzi della mia età, andare in discoteca e fare tutto quello che è proibito.
- Hai voglia di uscire, - mi chiese mia madre, - o hai voglia di un’altra lezione… privata?
- No, no, - Risposi allora. – Sto qui.
Quanto poco basta per cambiare idea…
- Allora facciamoci una doccia. Cioè, scusa… lascia perdere, oggi ne abbiamo fatte sette. Mettiti in accappatoio e vieni da me.
Arrivai da lei che lui già era in erezione. Avevo voglia di farglielo vedere, ma lasciai che continuasse a dirigere il gioco lei. Mi fece avvicinare, mi aprì l’accappatoio e mi guardò l’uccello.
-Wow… - Esclamò convinta (credo almeno). – Sei proprio un superdotato!
- Davvero?
- Ha ha! Bravo. Mai credere ai complimenti di una donna. – Rispose con la sua solita saggezza. – Però devo ammettere che non ne ho visti molti così.
- Ne hai visti… molti?
- Non sono domande che si rivolgono alla propria mamma.
- Scusami.
- Figurati. – Sorrise. – Ho avuto le mie esperienze… Fine.
Non aveva distolto molto gli occhi dal cazzo e la cosa mi piaceva molto. Avevo sempre avuto paura che a mostrarlo così fosse scandaloso, esibizionistico.
Si inginocchiò, Mi mise le mani sulle natiche e mi baciò teneramente il pene.
- Spogliati del tutto, - disse - e vieni a letto. Oggi tocca a te.
Toccava a me cosa? Lasciai cadere l’accappatoio e salii sul letto, mentre lei impiegò di più a denudarsi. Non aveva mai fretta ed era leggiadra, qualsiasi cosa facesse.
- Se non ti va, - disse allungando le braccia, - non farlo.
Dio mio… Voleva che la chiavassi?
- Non devi penetrarmi, - disse subito, come se avesse capito. – Voglio che impari una cosa. O che quantomeno verifichi l’effetto che ti fa.
Si girò e, sdraiata, mi espose il culo. Io come altre volte mi chinai a baciarle la base della natica con tutta la saliva che avevo. Lei ebbe il solito brivido stupendo. Mi lasciò giocare con le mani, poi si girò pancia in su e sollevò un ginocchio. Non disse nulla ma portai il viso al suo basso ventre. Il suo profumo di donna era molto più accentuato e mi sentii attirato dal suo sesso come Ulisse dalle sirene. Magari non lo voleva e forse mi dava una sberla, ma cominciai a baciarle l’inguine della gamba stesa. A vedere la sua reazione, non le spiaceva affatto. Fin dove potevo andare? Lei mi accarezzò la testa, come per guidarmi. E io mi avvicinai sempre più al sesso. Alzò anche l’altro ginocchio e allargò le gambe, A quel punto cominciai a dedicarmi al sesso, baciandolo come facevo col culo.
- Vieni qua, - disse allora, - E mi sdraiai vicino a lei, appoggiandole il cazzo su un fianco.
- Se davvero ti viene voglia di baciare il sesso di una donna, - attese per leggere una mia reazione, che non ci fu, – devi sapere come fare. Dopo i baci preliminari, devi dedicarti alla vulva e al clitoride. Accarezzami.
Le portai la mano alla passera. La presi in mano e poi passai col dito sulla fessura.
- Ecco, mi hai fatta bagnare. Mi hai accarezzato la parte giusta. Se davvero ne hai voglia, con la lingua devi fare la stessa cosa, dedicandoti con attenzione al clitoride e penetrando la fessura con la lingua e strofinandola in alto.
Non disse altro e mi accorsi da come aveva parlato che di più non avrebbe detto.
Scivolai all’inguine e ricominciai a baciarla intorno al sesso per avvicinarmi per gradi. Quando passai la lingua come avevo fatto col dito, sussultò e mi accarezzò la guancia. Cercai il clitoride con la lingua. Non l’avevo mai visto, ma sentii subito quale fosse, una specie di fagiolo liscio, solido e invitante. Mi dedicai a lui con la lingua e aumentai progressivamente la pressione. La reazione di lei mi incitava ad aumentare, finché ad un certo punto strinse le cosce alle mie guance, come per fermarmi. Allora feci una piccola pausa e poi cominciai a infilarle e sfilarle la lingua. Allargò nuovamente le cosce e si lasciò andare finché ad un certo punto non cominciò a venire.
Era la prima volta che vedevo venire una donna e la consapevolezza di essere stato io con la lingua mi fece sentire il padrone della terra.
Si placò e mi fece salire al suo fianco. Restammo così per un po’, anche perché il mio uccello era tornato in posizione di riposo.
Quando tornò su, lei si mosse con maestria e si portò al cazzo. Mi girai pancia in su e la lasciai lavorare in tutta serenità. Dopo qualche istante l’uccello pareva voler esplodere e alla fine venni come un intercity.
Placato anche lui, si portò all’orecchio e, con la bocca ancora leggermente impastata, disse “Notte”.
Mi alzai e andai in camera mia a riposare.

Il giorno dopo a pranzo arrivarono mamma e figlia che, prima di sedersi al loro tavolo, ci salutarono.
- Cosa gli faresti? – Mi domandò mia madre.
- Mi farei fare un pompino dalla mamma e leccherei la figa alla figlia.
- Giusto, - disse. – Però è bene fare un altro passo avanti.

Nel pomeriggio giocammo a golf, poi qualche bagno termale e un massaggio. Dopocena eravamo di nuovo nella suite.
- Mettiti in accappatoio, - mi disse. – E’ giunto un altro momento.
Ovviamente non chiesi cosa avesse per la testa e andai a spogliarmi, per poi tornare subito da lei.
Era a letto, sdraiata, coprendosi seno e sesso con le mani. Poi allargò le braccia e mi invitò a mettermi vicino. Mi misi sopra e lei lasciò che io mi divertissi un po’ godendomi il contatto con il suo corpo, bello e caldo, morbido e invitante. Non dissi nulla e anche lei si limitò ad accogliermi con maggiore intimità.
- E’ giunto il momento, - ripeté.
Si dispose pancia in su allargando le gambe, in modo da accogliermi. Capii che era venuto il momento di montarla, cosa che il mio pene aveva capito prima di me.
- Con una ragazza che non conosci, - riuscì a sussurrarmi in un orecchio, ma abbracciandomi con femminilità, - devi accertarti che sia sana e che tu non possa metterla incinta.
- Vuoi che metta un preservativo?
- No. Siamo sani entrambi e io mi sono fatta chiudere le tube. Ti sto solo insegnando a vivere.
Io avevo solo voglia di chiavare…
- Devi sempre vincere l’istinto di chiavare, prima di farlo. Usa sempre la testa prima, non dopo…
Leggeva sempre il mio pensiero?
Scese con le mani e prese il cazzo. Lo tenne lontano, mentre io spingevo.
- Ssst… - Sussurrò. - Mai avere fretta.
Ma io avevo fretta e cercai di spingerlo dentro. Lei tenendolo scoprì il prepuzio e guidò il glande alla vulva. Quando me lo lasciò libero, scivolò dentro in tre colpetti e lei chiuse gli occhi godendo del mio piacere.
- Vai vai… Fai quello che ti senti di fare. Sbattimi pure e vieni quando vuoi.
Era quello che volevo. La sbattei incurandomi delle sue reazioni e seguendo solo quello che avevo voglia di fare. Le portai una mano al culo e cercai il buco. Lo trovai e vi feci pressione, come se volessi aiutarmi tenendomi lì. Sentire il corpo di una donna intorno a me ed era una sensazione paradisiaca. Avevo immaginato più volte il momento, ma senza mai neanche avvicinarmi alla dolcezza della sensazione che ti dà un corpo femminile che ti accoglie e interagisce con te come se fosse tua madre... Cristo, era mia madre…!
Dopo qualche botta, già avevo voglia di venire e mi lasciai andare. Venni copiosamente e a lungo. Era la prima volta e rimasi sopra di lei finché non ero del tutto spompato.

La cosa incredibile di quel periodo che ho passato con mia madre è che non fummo mai amanti. Io ero il suo allievo e certamente il fatto che io fossi stato così tanto fuori casa le ha permesso di passare certe soglie che la gente comune considera immorali. Di certo non sapevo che cosa sarebbe successo il giorno dopo. Questo mi faceva sentire dipendente da lei in tutto e per tutto.
Seguimmo le cure termali anche l’indomani. Ma la sera, per fortuna, mi portò nuovamente a letto con lei.
- Adesso devi imparare a controllarti e a scopare per far godere la tua compagna. – Mi disse. – Passo a passo ti insegno a fare sesso nelle dieci posizioni di base, ma sempre con l’obbiettivo di far godere anche la donna. Abbiamo ancora qualche bel giorno davanti a noi e vedrai che andrai in America pronto per il salto nella società.
Non ero sicuro di aver capito tutto, ma stavolta prima si lasciò prendere da davanti come l’altra volta, per poi cambiare subito posizione.
- Controllati, mi raccomando, - mi disse. – Non venire. Non è più la prima volta.
Si mise su un fianco, lasciò stesa la gamba sotto e raccolse quella sopra.
- Siediti sulla coscia tesa, - mi ordinò, - e mettiti comodo. Poi cercami col pene. Ti posso aiutare io, ma è meglio che impari da solo.
Mi sedetti sulla sua gamba e le infilai senza difficoltà il pene, godendomi la presa della coscia flessa tra le mie. La sbattei a lungo così, scoprendo che duravo molto di più. Forse era quello che voleva. D’un tratto le vidi le tette e decisi di darle qualche manata. Sobbalzò, ma mi lasciò fare. Era piacevole e quando venni mi accorsi di tenermi ancora alla sua tetta destra.
Riposammo qualche minuto.
- Quando palpi con forza le tette di una donna, assicurati che le piaccia. – Disse. - Non a tutte va. Se le piace, falle quello che vuoi. Qualcuna ama che gliele prendi a sberle, altre guai se gliele tocchi.
- Tu?
Sorrise.
- Non sono cose che si chiedono alla mamma…

Da quel giorno il nostro rapporto cambiò. Non concesse mai la passione che avrei voluto, ma continuò spiegarmi le cose come ogni mamma dovrebbe fare con il proprio figliolo.
Una sera mi insegnò a prenderla a cucchiaio. Lei su un fianco con le gambe raccolte, io uguale dietro a prenderla così. Da quello che capii, le piacevano le manate sulle tette…
Poi la volta successiva mi insegnò la forbice. Entrambi a pancia in su, con le gambe intrecciate e accavallate. Mi spiegò che era cosa per esperti e di farla solo a rapporto consolidato.
Non perse occasione per mettersi sopra, a smorza candela come disse lei, dove la candela era il cazzo e lo spegnitoio era la figa. In quella posizione era decisamente lei a comandare. Lo aveva sempre fatto, ma quella era la sua posizione. Mi prese da sopra in più posizioni e la cosa che gradii di più era il suo lavoro con la bocca tra un cambio e l’altro, come se avesse paura che si afflosciasse. Forse a età più avanzata accade… E quando se lo infilava in fica, premeva il glande sul clitoride per poi farselo scattare dentro. Sì, sapeva come fare.

Tenne per ultima la pecorina, che gradii particolarmente perché era la posizione più maiala. Si era messa a quattro zampe e le aveva allargate quanto bastava per portarsi all’altezza del mio cazzo. Quando fu in linea, la sbattei così e andai a prendermi alle tette. Grande… Non mi fu facile venire in quella posizione. Lo capì e si sdraiò avanti per lasciarmi lavorare sdraiato su di lei in tutta comodità. Direi che la monta da dietro con lei sdraiata e magari con un piccolo cuscino sotto il suo ventre, doveva diventare la mia posizione migliore per venire.
Infatti, quando cominciammo a ripassare tutto, iniziavamo vis-à-vis, per finire nell’analoga posizione con le girata pancia sotto.

Da ultimo mi volle regalare il tocco finale.
- Stasera mi sodomizzerai…
Una frasetta così breve è stata in grado di sconvolgermi. Era l’ultima cosa che pensavo di poter fare, anche se a ben vedere era quella che desideravo di più. Ancora una volta lasciai che fosse lei a dirigere i gioco.
- Vedo che la sola idea ti turba. Come tutti i maschi, eh? Cerca di comportarti bene e non chiedere già dopo la prima volta di metterlo in bocca o nel culo, OK?
- Ma no, cosa hai capito? Io…
Dovevo essere arrossito.
- Bene. Ci sono vari modi per farlo. Potrei sdraiarti a pancia in su e io sedermi sopra per impalarmi da sola così, ma so che questa è una cosa che voi preferite fare attivamente. Quando l’uomo incula, realizza in pieno il suo senso del potere sulla persona che sodomizza. Al di là del piacere che provate per la pressione anulare, invece che morbidamente cilindrica come quella della vagina, è proprio il metterlo nel culo che vi piace… Bastardi… He he.
- Comunque sia - continuò, - per non fare danni devi anzitutto avere la donna consenziente e del lubrificante da usare. Va bene anche la comunissima crema Nivea. Io stasera mi sono lubrificata con una crema che fa bene all’ano.
Sentirla parlare così me lo faceva tirare all’inverosimile.
- Come hai imparato col clistere, attendi che l’ano si adatti alla presenza del glande prima di spingere dentro il pene. Tu, poi, ce l’hai di una certa dimensione e devi stare più attento. Chiaro?
- Chiarissimo.
- Bene. Prova a fare tu.
Si denudò e si mise nuda a pancia sotto. Come le altre volte la guardai con sommo piacere e cominciai ad accarezzarla piano per poi baciarle la base della natica sinistra. Avvertito il suo fremito, mi portai sopra di lei. Avevo appoggiato il cazzo tra ne natiche e già quello mi sembrava una cosa superlativa. Le presi in mano le tette e lei proprio mi lasciava fare. “La sodomia dà il senso del potere all’uomo che la fa”…
Aveva ragione.
Mi spostai più in giù, fino a sentire che il pene si insinuava tra le natiche. Cercai il giusto alloggiamento, ma dovetti aiutarmi con la mano e lei stessa dovette mettersi in posa. La prima volta è un casino, ma l’ansia di farlo è vincente. Quando mi fece capire che ero arrivato all’ano, spinsi piano e rimasi lì ad attendere che si allargasse. E, non appena sentito che la presa si allentava, cominciai a spingere, aspettandomi una certa resistenza. Ma non la trovai e le scivolai nel culo come coltello caldo nel burro.
Non mi pareva vero. Riuscivo a farlo scorrere per tutto il retto come se la stessi chiavando, ma con la magnifica presa anulare e con le reazioni incontrollate di mia madre. Anche per lei prenderlo nel culo da me era superlativo, sia fisicamente che simbolicamente. Era come se tutte le performance costruite fin lì avessero avuto il solo scopo di condurci alla sodomia finale. Sapevo che non era così, ma ora mia madre era mia, io dominavo mia madre.
La sbattei a lungo scivolandole dentro sempre fino in fondo per godermi le sue reazioni di dominata. Si lamentava con stupore e a volte girava la testa come per voler dire qualcosa, ma non disse mai niente. Era nelle mie mani. Nel mio potere.
Quando sentii che stavo per venire, mi venne spontaneo di portarle le mani dietro la schiena e tenerle bloccate per i polsi, mentre con l’altra mano andai ad afferrarle i capelli alla nuca. Era mia e volevo bloccarla sotto i miei colpi di schiena.
Quando venni, pompandole nel retto tutto lo sperma che avevo, mi sentii per la prima volta attore della scopata.

In effetti ero cambiato. Adesso non era più un rapporto di sudditanza ma di parità con mia madre. Lei lo sapeva e stava vivendo il momento come se fosse quello che si attendeva da anni.
Facemmo ancora sesso, dove ero io a volerlo, a dirigere il gioco, a dirle cosa fare. E lei obbediva felice di aver ottenuto quello che voleva.
Tornammo a casa a fine vacanza sapendo che io e lei non avremmo più avuto rapporti carnali. Ormai ero diventato grande.
Ne parlammo e lei ne fu felice, perché così non dovette dire che era finita. Si teneva al mio braccio come una mamma comune.
Solo una cosa mi ero fatto promettere. Se volevo guardarle il culo, lei me lo avrebbe mostrato. Io le avrei accarezzato la pelle e baciato la base della natica. Una piccola concessione di intimità.
Anche lei se ne era fatta promettere una cosa.
- Sii generoso con le ragazze. Devi sempre rispettarle ed essere generoso.

All’aeroporto mi fece accompagnare dall’autista di casa, perché “gli adii la emozionavano”. E ha fatto bene.
Fatto l’imbarco in business class, l’autista mi strinse la mano, mi augurò buon viaggio e buon studio, poi mi lasciò.
Mi avvicinai a una ragazza che si era imbarcata nello stesso volo.
- Anche tu all’Università di Boston? – Le chiesi.
Mi guardò e dopo un attimo di indecisione mi rispose.
- Sì. Anche tu?
- Sì, - sorrisi. –
Si tranquillizzò.
- Sono molto agitata, - mi confidò. – E’ la prima volta che lascio la mia famiglia per più di una settimana.
- Sei fortunata, - le dissi. – I miei non li ho visti quasi mai in tutti questi anni.
- E non ti manca la tua mamma?
Non ci avevo pensato. Attesi un attimo e poi risposi.
- In effetti, - dissi, - improvvisamente mi manca da morire. Ma se io e te stiamo vicini, sono certo che riusciremo ad abituarci più facilmente.
Mi guardò e sorrise.
- Hai ragione, - aggiunse. – Vediamo di cominciare a spiccare il volo da soli.
- Vieni, - aggiunsi io. - Vediamo se ci possono mettere vicini di posto nel volo.
- Impossibile, - commentò lei. – Tu sei in business class, io in turistica.
- Allora, delle due l’una. O io vengo in turistica, o ti faccio l’upgrading per portare te in business. Tu cosa preferisci?
Mi guardò.
- Sei sempre così generoso con le ragazze?
- Me lo ha insegnato la mamma.


FINE
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