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Veronica e suo figlio prima parte


di simba97
12.10.2014    |    66.719    |    3 9.2
"” Non sapevo cosa si fossero detti, ma il suo comportamento mi sembrò diverso, e confesso che, in quel momento, mi fece uno strano effetto non vedere..."
Valentina, questo è il mio nome, sono una donna trentanovenne, sposata e separata ormai da molto tempo. Sono madre di un bel ragazzo, figlio unico con il quale, per mille motivi, ho instaurato un rapporto che va parecchio al di là dei normali rapporti fra madre e figlio. Torniamo indietro nel tempo…..
Mi sposai con Marco, che ero ancora molto giovane, appena ventenne, innamorata forse troppo di colui che poi si rivelò essere l’uomo sbagliato. Subito appresso al matrimonio rimasi incinta e dopo i classici nove mesi partorii Massimiliano. Sette anni dopo la nascita di nostro figlio, mio marito ed io ci separammo.
Un giorno, di pomeriggio, decisi di uscire di casa, così presi per mano mio figlio ed iniziammo a camminare. Passai davanti a diverse vetrine, mi fermai spesso a guardarle, mentre Max, frignando mi sollecitava a muovermi. Ci trovammo così nei pressi del palazzo dove mio marito aveva lo studio dentistico e casualmente guardai oltre le ampie vetrate di un elegantissimo bar. Lui, il mio maritino fedifrago e traditore, se ne stava seduto con una bella biondina, ad un tavolo, sorseggiando in tutta tranquillità una bibita di colore verde mela. L’altra mano, quella che non teneva il bicchiere, era posata sul tavolo e le sue dita erano avvinghiate a quelle della troia rovina famiglie! Dimostrando una assoluta freddezza, presi il cellulare in mano e scattai una decina di foto, una di esse ritraeva i due piccioncini mentre si sporgevano e si baciavano appassionatamente. Inutile spiegare la mia rabbia ed il senso di frustrazione che mi penetrò violentemente nel cuore e nell’animo. Documentai al bastardo il suo tradimento e lo cacciai di casa.
Il giudice diede a me la custodia di Massimiliano e a lui concesse due giorni la settimana per vedere suo figlio. Così, nonostante tutto, il nostro ragazzino, crebbe abbastanza bene, ma dentro di lui si denotava esserci un certo disagio forse dovuto alla “paura dell’abbandono” che si manifestava con un interesse ed un attaccamento morboso alla mia persona. Dai dieci anni in poi, il suo carattere subì un ulteriore cambiamento, si chiuse in se, anche a livello di socializzazione era sempre molto introverso e preferiva chiudersi in camera sua e rimanere solo piuttosto che stare in mia compagnia. Anche in bagno stava isolato, si lavava da solo e si copriva le parti intime ogni volta che io per caso entravo in bagno o in camera sua. Presi questa cosa come un lato del suo carattere, in fondo c’è chi è molto riservato e chi sbandiera il proprio fisico a cani e porci. Lui apparteneva alla prima categoria. Però volli approfondire questi risvolti, che io, ed anche suo padre, pensavamo fossero parecchio negativi. Marco ed io ci recammo assieme da uno psicologo e gli raccontammo tutta la storia nostra e di nostro figlio. Lui infine, ci consigliò di staccarlo da noi per renderlo più sicuro e più socializzante con le altre persone.
C’era a pochi chilometri da dove abitavamo noi, un collegio molto rinomato, lussuoso e particolarmente improntato alla buona educazione dei ragazzi che lo frequentavano.
A settembre di quell’anno, lui, di anni ne avrebbe compiuti dodici, lo portammo in quel collegio. Gli magnificammo tutte le attrattive che quella scuola possedeva e riuscimmo a convincerlo a provare quella vita che gli avrebbe permesso di socializzare con molti altri suoi compagni e crescere anche a livello educativo e caratteriale.

Triste, abbacchiata e sola, passavo il mio tempo tra una poltrona ed un divano. Ogni tanto, anzi, abbastanza spesso, sentivo Massimiliano al telefono e ci scrivevamo anche lunghissime mail.

Con mio marito, si era però creata una situazione pacifica e collaborativa, specie per ciò che riguardava nostro figlio.

Ogni venerdì sera, ricordo che, assieme a Marco, andavamo a prendere nostro figlio in collegio e lo tenevamo con noi fino alla domenica sera. A mano a mano che si avvicinava l’ora del suo rientro in quel convitto di lusso, lo vedevamo cambiare, divenire più serio e rispondere a me e a suo padre piuttosto maleducatamente. Bene o male lo si riaccompagnava in collegio, però avevamo entrambi la netta impressione che lui covasse nei nostri confronti un profondo rancore. Durante la settimana poi, lui mi scriveva un sacco di messaggi con parole che dimostravano l’amore nei miei confronti e la cocente delusione che travagliava il suo animo. Nonostante i suoi dodici anni non si intravedeva in lui la maturazione sperata, dalle sue parole si intuiva chiaramente che la sua paura era quella che io, la sua mamma, lo abbandonassi definitivamente in quel collegio.
Dopo due anni di questo tormentato tran-tran, d’accordo con suo padre decisi di farlo rientrare a casa. Massimiliano crebbe e diventando più adulto, mi accorsi che invece di migliorare, le cose si complicavano ulteriormente. Mi rivolgeva la parola pochissime volte e rispondeva a monosillabi alle domande che gli ponevo, senza mai aprirsi alle mie sollecitazioni.
Tentai molto spesso di cercare d'aprire un dialogo fra noi due, ma non ne voleva sapere. Avevo l'impressione che volesse punirmi per qualcosa che non riuscivo proprio ad immaginare. In quel periodo, curiosamente, sembrava prediligere suo padre, che di lui si era sempre occupato ben poco. Finii per considerare tutto questo come una crisi adolescenziale. Ero convinta di essermi sempre comportata correttamente con lui, quindi la cosa mi feriva profondamente e mi era molto difficile riuscire a superarla.

Un giorno per vedere di risolvere il problema contattammo una famiglia di parenti del mio ex marito che vivevano in Inghilterra e ci accordammo affinché Massimiliano potesse usufruire della loro ospitalità, loro accettarono di buon grado e così noi lo accompagnammo in aereo a casa loro a Londra. Questo accadde quando il ragazzo aveva appena compiuto i suoi primi quindici anni di vita.
Quando compì diciotto anni, lui, ormai maggiorenne, decise di tornare a casa.
Lo fece proprio nel giorno in cui arrivarono i documenti che stabilivano la definitiva separazione tra me e mio marito e che decretavano l’avvenuto e risolutivo divorzio.

Massimiliano arrivò una mattina di giugno. All’aeroporto, nella sala di attesa degli arrivi internazionali , me ne stavo seduta e pensavo alle giuste parole che avrei dovuto usare per comunicargli che i suoi genitori avevano ottenuto il divorzio. Lui appena mi vide mi salutò e mi abbracciò affettuosamente, poi, forse lesse nei miei occhi l’ansia e la preoccupazione e seraficamente mi disse:

“Ho sentito papà al telefono. Mi ha detto che ora siete divorziati per sempre.”

Non sapevo cosa si fossero detti, ma il suo comportamento mi sembrò diverso, e confesso che, in quel momento, mi fece uno strano effetto non vedere mio marito lì con noi.
Mentre camminavamo verso la macchina lo osservai più volte ed ebbi la netta impressione che il soggiorno in Inghilterra lo avesse reso più sicuro, dalle prime parole mi sembrò essere più tollerante e meno allergico alla mia persona; pareva che avesse perso un bel po' di quell'acredine che nutriva nei miei confronti. Che lo volesse ammettere o no, era diventato un uomo, ed aveva appena diciotto anni. Lo guardai attentamente e ripensai a quando, teneramente, mi abbracciava stretta e mi baciava le guance, ed il rimpianto di quei teneri momenti, mi fece provare come una dolcissima fitta al cuore. Non sapevo se conoscesse la vera ragione dell’avvenuto divorzio, nessuno di noi gliene aveva mai parlato e dentro di me albergava forte il dubbio che Marco non gli avesse raccontata tutta la verità. Durante i giorni a venire, alcune volte, fui sul punto di spiegargli tutta la situazione, poi immancabilmente me ne mancò il coraggio e desistetti.

Lui, sereno e tranquillo riprese poco alla volta la sua vita normale, contattò i vecchi amici e iniziò a frequentarli come se quel periodo di esilio forzato non ci fosse mai stato.
Non portò mai ragazze a casa ed io, ansiosa per natura, arrivai persino a supporre una sua omosessualità, più o meno latente. Supposizione che poi scartai guardando come si comportava coi suoi amici, con i quali ora conduceva una vita parecchio turbolenta. Ogni tanto, lui e la sua compagnia, arrivavano in casa ed inevitabilmente svuotavano del tutto il frigorifero. Lasciavano poi disordine dappertutto e, come un orda di barbari invasori, se ne andavano così com’erano venuti. Questa cosa mi dava assai fastidio, ma per non scontrarmi con lui e non rovinare quel rapporto tra di noi, che tra l’altro, mi sembrava stesse lentamente crescendo in modo positivo, puntualmente lasciai perdere e mi adoperai a risistemare la casa e ad andare a comprare tutta la “refurtiva” appena sparita.
Ero immersa in tutti i problemi che erano derivati dal divorzio ed il suo comportamento menefreghista, non mi aiutò certamente a superarli. Sembrava che il divorzio tra me e suo padre non lo riguardasse affatto; per lui, contavano solo gli amici ed il suo divertimento.
Diventava grande e, forse proprio per questo, aveva sempre nei miei confronti una certa arroganza, tipica del periodo post adolescenziale, quel modo di fare di chi non è più un bambino e che, presume, di essere già un vero adulto. Una volta mi disse con sfrontatezza che dovevo trovarmi un altro maschio. Usò proprio il termine “maschio”, e questa espressione non fece altro che aumentare i miei sensi di colpa. Pronunciandola, mi aveva guardata con uno sguardo strano, i suoi occhi indagatori si erano soffermati sul mio corpo esaminandomi da capo a piedi. Quella sua analisi mi aveva infastidita e anche un po’ turbata. I suoi occhi si erano posati su di me come se avesse voluto verificare se effettivamente io fossi stata in grado di trovarmi ancora un uomo. Come un maschio qualunque, che guarda con interesse una donna, mi disse poi….

“Sei ancora figa, se non fossi tuo figlio e ti vedessi per la strada io con te ci proverei……”

Rimasi allibita e sconcertata, lo guardai senza sapere se rimbrottarlo oppure essere felice per quel complimento, optai per la seconda ipotesi e gli risposi………….

“Max, è un complimento un po’ volgare, ma lo accetto. Grazie, mi sa che hai ragione, è ora che io volti pagina….”

Non mi rispose, sorrise e mi carezzò la spalla sinistra, poi mi abbracciò tenendomi stretta con le mani dietro la schiena, percepii chiaramente il suo giovane corpo contro il mio, poi lui mi baciò sulle guance e sciolse l’abbraccio sfiorandomi con entrambe le mani le natiche. Fu un contatto fugace, appena accennato, ma ebbi l’impressione che quella carezza fuggevole fosse stata intenzionale.
Mentre lui già mi girava le spalle e se ne andava, io rimasi ferma sentendo ancora le sue mani sul mio sedere, mi pareva che sulle mie natiche fosse rimasta un’impronta di fuoco. Cavoli, ero eccitata, anche i capezzoli puntavano sotto la mia maglietta, essi erano duri ed eretti come poche volte mi era successo negli ultimi tempi.
Mi scossi, pensai ad altro, pulii la cucina, poi entrai in bagno, lo vidi…. Era nudo, stava per entrare sotto la doccia. Imbarazzatissima, il viso infuocato e le mani tremanti, balbettai qualche scusa ed uscii sbattendo maldestramente contro la porta. Come una scolaretta, mi accorsi che mi mancava il respiro e che il cuore mi batteva all’impazzata. Con la schiena contro l’uscio del bagno rimasi ferma a tentare di recuperare una condizione fisica abituale.
A poco a poco il cuore smise d’essere tachicardico e di conseguenza anche il respiro divenne regolare, il tremolio delle mani cessò e mi mossi. Come un automa entrai in camera mia, mi chiusi dentro a chiave, ed esausta come se avessi corso la Maratona di New York, mi buttai a peso morto sul letto. Che bello mio figlio nudo!! Il viso era bello di per se, ma così sviluppato non l’avevo mai visto. Lui mi aveva vista ma non aveva fatto nemmeno una piega. Aveva un grosso e lungo pisello che non pensavo un diciottenne potesse avere.
Gli pendeva lì in mezzo alle cosce e sembrava che avesse tre gambe anziché due. Chissà in erezione cosa sarebbe diventato!!! Avevo creato un superdotato!! Vidi scorrere quel brevissimo film nella mia mente, lo vidi voltarsi per entrare nella doccia e mostrarmi il suo magnifico sedere. Ma che forma scultorea aveva?? I Bronzi di Riace al suo confronto facevano pena!!
Sdraiata sul letto ebbi la netta sensazione d’essere estremamente eccitata, mi sentivo l’intimità bagnata, le mie dita corsero veloci a controllare ed iniziarono a sollecitare il clitoride. Scivolai poi, dentro a quella umidità e mi infilai due dita all’interno, mi scopai, lo feci come piaceva a me, con tre dita infilate nella figa. Poi, mugolando in sordina, venni, immaginando il cazzo duro di mio figlio che mi schizzava il suo sperma sul viso......

To be continued......
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