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alla partita con mio cugino


di passeradisandra
05.05.2014    |    36.600    |    0 9.0
"Finché mi facevo sbattere da degli sconosciuti o anche da colleghi, non temeva strascichi; ma con Torchio… Mi aveva proposto di trascorrere alcuni giorni..."
ALLA PARTITA CON MIO CUGINO
di passeradisandra


Da quel fine luglio a Silvi Marina, Torquato aveva inizialmente cominciato a telefonarmi ogni giorno. Voleva vedermi, voleva raggiungermi a Roma, aveva bisogno di vedere i miei… occhi!
Alcune volte rispondevo, ma il più delle volte no. E mio cugino aveva dovuto allentare gli approcci.
La seconda metà del 2013, per me, è stata molto intensa, ad iniziare da una travagliata separazione con mio marito. Al momento ancora non davanti al giudice, cosa che dovrebbe avvenire entro alcuni mesi, ma almeno le nostre firme davanti all’avvocato sono state messe e lui è finalmente andato via da casa.
Torchio aveva cercato di essermi vicino, ma per me è stato un periodo tosto.
Anche Dedo non ha potuto fare granché per me. Anzi, pure i nostri incontri si sono diradati. Da quando ha saputo della mia notte a Silvi con Torquato, immaginando che - trattandosi del mio cuginetto preferito - la cosa avrebbe potuto avere un seguito, il suo atteggiamento nei miei confronti era mutato. Finché mi facevo sbattere da degli sconosciuti o anche da colleghi, non temeva strascichi; ma con Torchio…
Mi aveva proposto di trascorrere alcuni giorni fuori, ma ho evitato, non ne avevo voglia. E lui ha sicuramente pensato che, dietro, c’era l’ombra del mio amato cuginetto.
Per fortuna il sesso, quelle poche volte che abbiamo potuto farlo in questi cinque mesi, è stato reciprocamente soddisfacente, come al solito.
Ma per ciò che mi circondava, era il vuoto assoluto. Non avevo nessuna voglia di incontrare lo sguardo degli uomini con cui venivo, a vario titolo, in contatto. Nessuno, in alcun modo, riusciva a smuovermi dal mio torpore sessuale; ero totalmente refrattaria ad ogni approccio con gli uomini. Dedo a parte.
Le feste natalizie hanno costretto me ed il mio amante con le nostre reciproche famiglie e la cosa, come ogni anno per le feste natalizie, ci ha creato qualche problema di troppo. Come se già non ne avessimo abbastanza.
Il primo gennaio squilla il mio cellulare, la solita telefonata di auguri. “ma che ci sarà mai da augurare” rifletto mentre rispondo senza neppure guardare sul display per vedere chi fosse all’altro capo.
“Ciao cuginetta, buon anno, come ti va”
“Ciao Torchio, va… E a te? Auguri, come ti sono andate le feste?…”
“Senza di te, di merda!”
“Mi spiace ma devi fartene una ragione”
“Già, ci proverò anche se non ci riesco proprio. Senti, il 6, per la Befana, all’Olimpico c’è Lazio-Inter, andiamo a vederla?”
“Non lo ricordavo neppure…”
“Dai, faccio io i biglietti qui a Sulmona…”
“Torchio, è meglio di no…”
“Ma dai, sono anni che ogni volta che viene l’Inter a Roma a giocare contro la Lazio ci andiamo insieme…”
“Si, ma ora le cose non stanno più allo stesso modo. Lo capisci anche tu, no?”
“Cosa vuoi che succeda in mezzo a cinquantamila persone… E poi, se tu non vuoi…”
“Vabbè, prendi questi biglietti, ma poi ti dò i soldi del mio”
“Ok, poi mi restituisci i soldi del tuo biglietto”

L’indomani, incasinata come mai in ufficio al rientro per il primo giorno lavorativo dell’anno, in tarda mattinata risquilla il mio cellulare. Anche stavolta non guardo il display ma in cuor mio so già che è lui.
“Ciao cuginetta, ho preso i biglietti”
“Bene, allora ci vediamo lunedì. Come ci organizziamo?”
“Ci pensiamo e ci organizziamo, ci sentiamo nei prossimi giorni…”

II giorno successivo un suo sms: “ho visto che la partita è alle 18e30 e non alle 15, mi inviti a pranzo? Così poi, con calma, ci avviamo verso l’Olimpico”
“Vediamo come mi metto” così prendo tempo; mi ha preso alla sprovvista, come a Silvi. Mi ha messo un tarlo nella mente, come a Silvi.

Il sabato, ad ora di pranzo, mentre sto cucinando per i miei figli, un altro sms: “allora, come sei messa per lunedì?”
Aspetto a rispondere, così ho il tempo di pranzare e, principalmente, di pensare a cosa fare. Lunedì è l’Epifania ed i miei figli non vanno a scuola; Leopoldo mi ha già detto che è va a mangiare “cinese” con un suo amico, mentre Alba aspetta la conferma di un invito a pranzo da una sua compagna di scuola.
“Alba, ma tu cosa fai allora lunedì, vai a pranzo a casa di Cinzia?”
“Ha detto che me l’avrebbe fatto sapere oggi; appena finiamo di mangiare la chiamo”
Da qui a cinque minuti Alba mi passa al telefono la mamma di Cinzia che mi conferma l’invito per lunedì a pranzo. L’avrei accompagnata io verso le 12:30.
Appena i miei figli vanno a piazzarsi davanti alla televisione, e prima di mettermi a sparecchiare ed infilare i piatti nella lavastoviglie, prendo il cellulare con un leggero tremore alle mani: “va bene x il pranzo di lunedì”. Non faccio in tempo ad uscire dai messaggi che si riaccende sulla sua risposta: “ok. X l’una al massimo sono da te. Grazie.” “Ok, ti aspetto”. Chiudo l’iPhone e stavolta le mani mi tremano proprio.

In tutto questo non ho minimamente pensato a Dedo; lui starà con la sua concubina!

Domenica l’assenza di sms e di telefonate da Torchio, mi lasciano un inconsapevole senso di delusione. Evidentemente o io ho frainteso le sue intenzioni, o mi sta lasciando cuocere nel mio brodo, come fa Dedo.
Sono tutti uguali gli uomini. E sanno come risvegliarmi…

Lunedì mattina, giorno di vacanza e quindi senza sveglia, mi alzo ugualmente di buon’ora, pervasa da uno strano senso di ansia, quasi di eccitazione, come non provavo più da mesi. E a Dedo non ho detto nulla che allo stadio andrò con Torquato.
Alle 11 Leopoldo: “ciao mamma, io vado. Quando torno passo io a prendere Alba. Ci vediamo stasera”
Alle 12:45 rientro a casa dopo aver accompagnato Alba a casa di Cinzia. Fortuna che abita a soli tre chilometri da casa mia e a quest’ora di un giorno di festa il traffico è scarso.
Vado in bagno e mi rinfresco il viso e le ascelle, ritoccando queste ultime con una leggera spruzzata di un fragrante deodorante che mi ha regalato Dedo e che tanto gli piace. Come a me.
Giusto il tempo di apparecchiare approssimativamente la tavola e chiamo il cuginetto: “Oggi la portineria è chiusa. Quando arrivi sali a piedi e stai attento soltanto che sul mio pianerottolo non ci sia nessuno. Eventualmente sali ancora di un piano, con indifferenza”. Sono le accortezze che ha usato Dedo quelle poche volte che è venuto a casa mia…
Un trillo al citofono: “eccomi”.
Nessuna risposta, soltanto il rumore di un click che apre il portone.
Mi asciugo la fronte mentre sbircio dall’occhio magico che domina il pianerottolo.
Dall’ultima rampa di scale appare Torchio che sale due per volta gli ultimi scalini che ancora lo separano da me. Ha un leggero affanno, si ferma un attimo sul pianerottolo e si guarda intorno. Tutto tranquillo. Quindi si avvicina alla mia porta e… non fa in tempo a suonare che la porta si aprire: “Entra, sbrigati” gli intimo tradendo la mia tensione.
Chiudo la porta alle nostre spalle facendo scorrere il chiavistello; mi avvicino a lui per salutarlo, per baciarlo sulle guance, come sempre.
E lui mi stampa un bacio in bocca! Come quella sera a Silvi Marina…
Ma stavolta, a differenza di quella sera estiva di luglio, non mi irrigidisco, non ho dubbi che poi diventano certezze, il mio pensiero non va a Dedo. Non resto come paralizzata, non vedo in Torchio nessun atteggiamento strano, che non è da lui…
Soltanto ora mi rendo conto quanto e come, da oltre cinque mesi, abbia atteso questo momento, anche se lui è mio cugino, il cugino del cuore!
Non gli chiedo “cosa ti succede?”, perché lo so benissimo, perché succede anche a me!
Non sono meravigliata, perché se a Silvi in fondo me l’aspettavo - e ne avevo discusso anche con Dedo - ora lo desideravo, lo volevo. Anche ora, pur se in modo diverso, sono come in trance.
Le nostre lingue si cercano disperatamente mentre, ci abbracciamo come a fondere i nostri corpi, restiamo in piedi dietro la porta sprangata col chiavistello.
Dopo diversi minuti che ci lasciano senza respiro, stavolta sono io a condurre il gioco: prendo Torchio per la mano e lo conduco verso la mia camera da letto, verso quello che fu il letto matrimoniale mio e di Sebastiano, il mio quasi ex marito, quel letto dove, per intere notti, quasi sempre nel mese di agosto quando tutti erano in vacanza, facevo l’amore, scopavo con Dedo.
Stavolta i due cugini non abbiamo bisogno di una panchina sul vicino lungomare, non abbiamo bisogno di discorsi, di fiumi di parole che stemperino la nostra agitazione, la nostra eccitazione repressa, io non ho bisogno di mettere una borsa fra noi due per difendermi dalle sue avances. Torchio mi trattiene in piedi di fianco al mio letto e mi bacia ancora guardandomi negli occhi intriganti: “mi sei mancata da morire Sandra, ti ho pensato sempre; ogni notte da quella notte”.
Gli infilo la lingua in bocca e spengo le sue parole. Quante chiacchere: “Ti voglio Torchio, ho cercato di non pensarti ma ti voglio da morire”
Stacco un braccio dalle sue spalle, mi abbasso la cerniera e lascio scivolare sul pavimento il vestito sotto il quale sono completamente nuda. Non indosso nulla, né reggiseno né perizoma; nulla! Dopo quella notte sulla spiaggia, al chiarore della luna ed alla lontana luce dei lampioni sul lungomare, voglio che Torchio finalmente possa ammirarmi nella mia totale nudità di femmina che lo desidera, pronta a dargli tutta se stessa.
Intenzionata a dargli il piacere, ed a riprendermelo, ora più consapevolmente di cinque mesi prima. Senza falsi pudori da vincere, senza titubanze, senza ipocrisie, senza paure perché siamo cugini. Semplicemente come due amanti che si cercano perché si vogliono. Come mi ha insegnato Dedo.
Quel lettone è li per noi, per accogliere i nostri corpi che si stanno cercando da mesi.
Aiuto Torchio a spogliarsi. A Silvi era più semplice, in estate indossava solo un pantalone ed una polo. In inverno gli indumenti da togliere, e che si frappongono maledettamente fra noi ed il nostro desiderio, sono di più, sono tanti. Troppi!
Finalmente è nudo davanti a me, col suo cazzo enorme già dritto e duro per me. Questo cazzo che, nella scarsa luce di Silvi, avevo sentito più che ammirato e che, nei ricordi che mi sono frequentemente tornati alla mente in questi cinque mesi, ho cercato di immaginare. E devo dire che la realtà supera di gran lunga la mia immaginazione, come mai m’è accaduto, in quanto ciò che ho sempre immaginato di vedere realizzato davanti ai miei occhi, ha avuto la conferma nella realtà.
Quella notte sulla spiaggia, dopo i preamboli della sua lingua sui miei seni ed i miei capezzoli inturgiditi, il suo primo atto fu quello di mettermi il cazzo in mano, quasi con violenza, accompagnandomi con la sua in un saliscendi masturbativo; ed io lo lasciavo fare, assecondandolo come se la mia volontà fosse totalmente annullata.
Ma ora la mia volontà è quella di dargli il piacere che cerca, quindi mi abbasso verso il suo ventre ed inizio a masturbarlo con dolcezza, scorrendo con le dita sulla vena dorsale superficiale del suo pene totalmente irrorato di sangue e svettante verso di me. Alle mie dita aggiungo la lingua che comincia a scorrervi sopra, dall’attaccatura delle palle fin quasi al prepuzio. Lascio scivolare un po’ di saliva lungo la vena che, eccitata dal sapiente lavoro di sali-scendi della mia lingua, aumenta le pulsazioni all’inverosimile mentre vi sento passare ulteriori getti di sangue che hanno l’effetto di far tremare il suo cazzo. Non mi resta che bloccarlo, e lo faccio alzandomi di qualche centimetro sui miei piedi per potermi introdurre in bocca quel ben di dio. E mentre Torchio, con le sue mani, asseconda i movimenti della mia testa, inizio un succulento pompino che strappano mugolii di piacere al mio amante che, fino a quel momento, aveva goduto in silenzio delle mie attenzioni, restando in ascolto del mio respiro eccitato. Il suo glande mi arriva sino in gola, stimolandomi il vomito, ma la mia esperienza da pompinara mi consente di trattenere i conati e continuare a scoparmi di gusto il cazzo di mio cugino.
Continuo per una buona mezz’ora, alternando il pompino alla masturbazione di quel meraviglioso pene, finché le sue gambe hanno un tremito. Resistermi, restando in piedi, non gli è facile, anche perché vuole far durare quell’atto il più a lungo possibile.
Mi privo quindi, malvolentieri, di quel cazzo durissimo che mi ha scopato la bocca e lo faccio sedere sul letto.
Subito le sue mani vanno verso il mio seno, si riempiono delle mie mammelle, ed io chiudo gli occhi assaporando quelle carezze che mi perdono nel desiderio di Torchio, troppo inconsciamente represso in questi mesi. Mi prende i capezzoli fra i suoi pollici ed indici, iniziando con un leggero sfregamento che me li inturgidiscono facendoli diventare due chiodi. Prende poi a stringerli, sempre di più, fino a farmi male, quel dolore misto al piacere che mi fa perdere il controllo: “mi fai male amore mio… ma continua, non fermarti, maltrattameli, ti prego… non fermarti…” Stacca la mano sinistra dal mio seno destro e vi appoggia la lingua, la fa scorrere in cerchio sulla mia areola intostata e quasi nera per le attenzioni che sta ricevendo, inizia a succhiare il capezzolo che quasi espelle il latte che non c’è e che vorrei dargli da bere. Con la mia mano sinistra gli afferro la testa attirandola sempre più sul mio seno, mentre con la destra mi stringo la mammella come ad infilargliela tutta in bocca. Un attimo, e i suoi denti mi stringono il capezzolo, mordendolo: “Ahhiii amore, continua, non fermarti mai! Maaaiii!!!” ed a confermargli che non deve fermarsi, un misto di umori e pipì comincia a colarmi sulle cosce. “Sto venendo, mi sto facendo la pipì addosso… continua amore mio”.
Senza staccare la bocca dal mio capezzolo sinistro, toglie la mano destra dalla mia mammella sinistra ed inizia ad accarezzarmi le cosce, come a non far colare quel misto di umori e pipì che continuo ad espellere dalla fica in fiamme. Risale con la mano verso la mia fregna, sulla quale ho perso il controllo, e vi poggia il palmo aperto della sua mano come per reinfilarmi dentro tutta la piscia che ha raccolto. Il suo pollice comincia a farsi strada nella topa allagata e, non tralasciando di infoiarmi con i maltrattamenti continui sul mio seno destro, inizia a masturbarmi. Ed i miei gemiti, se mai possibile, aumentano d’intensità… “amoooreeee… dai… continua… non ho mai goduto così… non ho mai avuto un uomo come te… perché abbiamo sprecato tanto tempo? Dove sei stato fin ad ora?”. Speriamo che i vicini non mi sentano.
Pochi attimi e la sua bocca con la sua mano destra si sincronizzano, ed all’unisono mi portano ad un orgasmo interminabile che si trasforma in un’autentica fontanella di piscia.
Appena torchio si rende conto di quello che mi sta succedendo e di cui è lui la causa, si sdraia sul letto attirandomi su di se.
Cerca la mia bocca con la sua, smette di masturbarmi, mi tira su di se, il mio ventre sul suo e, al secondo tentativo è già dentro di me col suo grosso cazzo nerboruto.
Io mi posiziono in verticale su di lui per sentire e prendere al meglio quel cazzo meraviglioso che mi sta sconquassando la vagina, fino all’utero. Non smetto un attimo di pisciarmi addosso e gli riempio la nerchia dell’inesauribile liquido che mi fuoriesce inarrestabile. Torchio prende a sbattermi con una serie interminabile di colpi perfettamente assestati dentro la mia fica. Dal basso verso l’alto, uno dopo l’altro, senza sosta. Come senza sosta continuo a pisciargli addosso.
Il mio amante a questo punto non riesce più a trattenere la sborra che gli sale imperiosamente fino alla cappella, fin dentro di me. Procurandomi quella meravigliosa, ed ogni volta sempre unica, sensazione che solo un cazzo che mi allaga fregna, sa darmi.
Mi abbasso sulla sua bocca a cercare la sua lingua con la mia, strusciando nel contempo i miei duri seni sul suo petto maschio. Mi dimeno sempre sul suo cazzo che, lentamente ma inesorabilmente, si affloscia fino ad uscire da me.
Mi lascio andare su di lui, senza più dimenarmi, ed assaporo quel piacere che dal cervello e dalla fica si spande, scaldandolo, in tutto il mio corpo. Appagandolo e ristorandolo.

Restiamo cosi dieci minuti buoni, quindi: “ma questo pranzo te lo posso offrire?”
“posso benissimo non mangiare per quanto sono sazio di te”
“di già? Ti sazi presto, però…”
Nudi come siamo andiamo in cucina e, mentre prende posto su una sedia, io apro il frigo.
“Non ho preparato nulla, sia perché non potevo e, dopo non avevo il tempo, sia perché avevo la mia mente… altrove. Ma qualcosa da mettere sotto i denti, giusto per rifocillarci prima del secondo tempo, la rimedio”. Mi metto ai fornelli per preparare due fettine di carne, apro un buon rosso, che lui versa nei bicchieri già pronti, e taglio un’insalata per contorno.
Malgrado i termosifoni siano accesi, la temperatura corporea comincia a scendere ed un brivido mi percorre tutto il corpo. Torchio se ne accorge, si alza, mi viene dietro e mi abbraccia per scaldarmi col suo corpo atletico. Il grosso cazzo moscio trova alloggio fra le mie chiappe, trasmettendomi un brivido di calore. Quel calore che, in contrapposizione col precedente brivido di freddo, mi fa letteralmente avvampare. Contraccambio il suo strusciamento, ma la carne è già cotta al punto giusto e, sorridendogli negli occhi: “dai, andiamo a tavola, siamo ancora nell’intervallo…”
Torchio si allontana un attimo e, giusto il tempo che io riempio i piatti e li metta a tavola, è già di ritorno con due accappatoi che avevo messo in bella vista in camera da letto.
Mi aiuta ad indossare il più piccolo, e si infila in quello più grande.
Il pranzo è veloce, da mangiare non c’è molto, e poi…
“Sandra, sei un’amante eccezionale, mi hai sempre intrigato, e credo di averti sempre desiderato e sempre… amato!”
Non rispondo, non mi sovviene alcuna parola. Non so cosa dire, so soltanto che sono più di cinque mesi che lo desidero, che ho voglia di lui, ho voglia di scoparmelo e di farmi scopare, chiusi fra le mura di una stanza con al centro un letto che fosse la nostra alcova. E finalmente il sogno, che tenevo inconsciamente represso, si è avverato.
Facciamo un brindisi con l’ultimo sorso di vino rimasto e, guardandoci negli occhi “a noi Sandra!” “a noi Torchio!”.
Mi alzo per andare a gettare nel contenitore dei rifiuti organici i resti del cibo. Lui mi viene dietro e, appena mi chino in avanti verso la pattumiera, mi poggia il cazzo fra le natiche. Il grosso salsiccione che si sta risvegliando, trova nuovamente alloggio fra le mie chiappe, regalandomi quello stesso brivido di calore che avevamo dovuto freddare per sederci a tavola. Il calore ridiventa quell’eccitazione che mi fa nuovamente avvampare. Ricambio di nuovo il suo strusciamento e sento il suo pene indurirsi andando ad infilarsi fra le mie cosce, fino a strusciarmi la fica.
Allargo le gambe, agevolo lo strusciamento sulle labbra della mia fregna già bagnata, resto chinata in avanti, con la pattumiera ancora aperta, e: “vai amore, ora puoi, non c’è più il mangiare che si fredda”.
Si apposta meglio ed entra in me. Un sussulto di piacere ed inizio a dimenare il bacino per facilitare la sua penetrazione. Una ventina di colpi ben assestati ed il suo cazzo è già al massimo. Altrettanti colpi che mi mandano in estasi, ed esce. Mi si struscia sulle chiappe, fin nel mezzo delle natiche, alla ricerca del mio sfintere anale. Con la mano destra lo blocco, trattenendo la sua nerchia. Con la sinistra prendo la sua e lo conduco verso la camera da letto: “sul letto staremo più comodi”.
Passando davanti al bagno, diamo contemporaneamente voce allo stesso pensiero “un attimo faccio una pipì”; ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere. Entriamo insieme. Lui si siede sul water, perché altrimenti - col cazzo in quelle condizioni di battaglia - la farebbe tutta fuori, e scarica una chilometrica pipì; io mi sistemo sul bidet e, mentre libero la mia vescica, un brivido di piacere mi percorre la schiena.
Si alza prima di me, si avvicina e mi sfiora le labbra procurandomi un altro brivido che mi arriva al cuore ed alla fica. E mi conduce finalmente verso la camera da letto.
Salgo per prima sul letto, mi metto direttamente alla pecorina e, girandomi a guardarlo negli occhi: “vieni amore mio, il mio culo è tutto tuo!”
A queste parole il cazzo, che con la pipì appena fatta aveva per un attimo leggermente ridimensionato la sua erezione, gli si impenna nuovamente trasmettendomi - per un solo attimo - un po’ di preoccupazione per il mio buco del culo.
Ma, come mi dice Dedo, “puttana vecchia non teme cazzo grosso!”. Ed io, che vecchia certamente non sono, ma come puttana… non scherzo affatto, cancello immediatamente la paura che si trasforma subito in eccitazione, in desiderio, in ingordigia di sesso anale, di cazzo in culo!
Torchio pone le mani sulle mie chiappe procedendo con delle carezze massaggiatrici che, dall’esterno, si avvicinano inesorabilmente alla loro attaccatura; le allarga e mette in piena vista il mio roseo sfintere anale che, ammaliato, resta ad ammirare. Quindi si lecca l’indice destro e, dopo avermi insalivato a fontanella il buco del culo, inizia ad introdurvi il suo dito con delicatezza, dando vita ad una masturbazione anale che mi fa immediatamente cambiare il ritmo respiratorio. Ad un’iniziale blocco che mi lascia senza fiato, subentra una respirazione accelerata e, alternativamente, ansimante. Lo assecondo con un movimento oscillante del mio bacino che mi permette di prendere meglio il piacere che il mio uomo mi sta dando. All’indice aggiunge prima il medio e poi anche l’anulare, un autentico cazzo nel mio culo! Buoni dieci minuti di dita perforanti, hanno l’effetto di farmi raggiungere almeno un paio di orgasmi e di stimolarmi la cacca. Le dita di Torchio sono intrise di umori uniti alla mia merdolina che, inevitabilmente e senza neppure rendermene conto, non trattengo.
Finalmente il mio amato cugino tira fuori le dita per far posto a quell’enorme salsiccia che si trova fra le gambe; con la mano sinistra poggiata sulla mia natica sinistra, mi blocca il bacino, e con la destra conduce la punta della sua nerchia ad appoggiarsi sul mio buco del culo. Con due dita lo tiene verso il basso e, contemporaneamente, lo spinge dentro il mio culo. Un solo colpo, che neppure è un colpo, ma un’unica progressiva introduzione che mi lascia senza fiato e mi va a toccare direttamente gli intestini. Lasciandomi senza fiato! Non c’è stato alcun dolore, come per un attimo, poco prima, avevo stupidamente temuto.
Si ferma: “tutto bene amore?”
“Si, amore mio, continua, inculami!”
Lo sento muoversi dentro di me, con determinazione, in uno stantuffamento costante ed inesorabile. Io riprendo a respirare normalmente, per quanto sia possibile farlo quando un cazzo del genere ti pistona con tanta potenza e ritmata progressione. Come fosse una macchina programmata…
Mi sposto verso destra, trascinandomi dietro il mio amante senza che sfili la sua verga dal mio slabbrato sfintere, così da poterci vedere riflessi nelle ante a specchio del mio armadio.
Come altre volte con Dedo, trovo estremamente eccitante guardare quella Sandra nello specchio mentre scopa, mentre viene inculata! Vedo riflessa una cagna in calore, come proprio su questo letto, davanti a questo enorme specchio, mentre rendeva enormemente slabbrato il mio buco del culo, mi disse Dedo una volta mentre mi inculava strappandomi urla di puro, assoluto piacere; in quell’occasione fu vera libidine!
E l’eccitazione viene amplificata al massimo dal vedere le espressioni del mio amato cugino mentre mi sodomizza, con gli occhi fuori dalle orbite, come se il cuore dovesse scoppiargli da un momento all’altro. Mentre io roteo i miei occhi, ormai in preda ad un piacere senza ritorno, l’immagine riflessa di Sandra… la troia, si offusca, quasi svanisce, fino a scomparire.
Quasi senza rendermene conto prendo a stantuffare il cazzo di Torchio, spingendo il mio culo contro il suo cazzo e ritirandolo indietro. Ora è il mio culo che si scopa il suo cazzo, stimolandosi da solo la cacca. “Sandra mi fai morire, non ho mai avuto una donna come te! Sei proprio una puttana!” Accelera prepotentemente il suo pistonamento, mi afferra le natiche e, impedendomi ogni ulteriore movimento autoinculatorio, in poche stantuffate mi riempie il culo - fino agli intestini - della sua copiosa sborra.
E’ proprio la goccia che fa traboccare il vaso. Mentre la mia urina, oltre a corrermi sulle cosce sudate, allaga il letto, le mie feci non più trattenibili dai miei intestini stimolati allo spasimo, risalgono per il mio retto cercando - come la lava di un vulcano in eruzione - l’uscita dal mio ano, Ed eruttando, ha tanta forza da espellere letteralmente dal mio culo il cazzo di Torchio.
Resto nella stessa posizione, a godermi il doppio orgasmo della mia piscia e della mia cacca, ed il calore che mi pervade il corpo ed i sensi. Torchio, col cazzo completamente coperto delle mie feci, corre in bagno a pulirsi.
Qualche minuto e lo sento uscire dalla doccia. Lo raggiungo in bagno, cercando di sporcare il letto quanto meno possibile, e stavolta vado io sotto la doccia.

Si sono fatte già le 15 e trenta e da qui a mezz’ora, tre quarti d’ora al massimo, dobbiamo uscire per andare all’Olimpico.
Ma il batacchio di Torchio, che è rimasto ad ammirarmi mentre faccio la doccia, mostra di aver apprezzato l’insaponamento non proprio innocente che le mie mani hanno elargito al mio corpo per il godimento del mio spettatore. Ed a me fa venir voglia di prenderlo in bocca, di fargli un pompino. Esco dalla doccia, poggio un bacio sulle labbra di mio cugino, e comincio a regalargli una serie infinita di baci e succhiotti giù sul collo, sul petto, sulla pancia, fino al ventre, fino al suo cazzo. Il bacetto sul glande si trasforma in una leccata che lo irrigidisce svettandolo verso l’alto, verso la mia bocca che se ne impossessa facendovelo scomparire dentro, fino all’ugola, fino alla gola. Me lo tiro fuori dalla bocca per poi reimpossessarmi subito della sua meravigliosa nerchia; aumento progressivamente la velocità del mio ingordo saliscendi che fa mugolare di piacere il mio amante: “sei grande Sandra… uuuhhhmmmm… sei una maiala… una porca… mi fai impazzire, troia… sei la più grande pompinara che conosca!” Mi afferra per i capelli e mi costringe la testa sul suo cazzo, sintomo che vuole venirsene. Sentirlo pronto ad inondarmi la bocca con la sua sborra mi aumenta l’eccitazione, ed inizio a pisciarmi, a venirmene; e la mia piscia finisce anche sui nostri piedi. Aumento il ritmo, mentre lui quasi mi strappa i capelli per tenermi le labbra strette intorno al suo cazzo che mi pulsa fin nella gola, irrigidendosi nella mia bocca. Gli accarezzo le palle, le stringo, provo a urlargli “dai, vienimi in bocca, maiale di un cugino…” ma lo sente solo il mio cervello cui sta totalmente affluendo il sangue del piacere che la sua nerchia pronta ad esplodere, mi sta dando. Si blocca, molla quasi la presa sulla mia testa ma continuando a tenermi la bocca ben ferma intorno alla sua nodosa nerchia. Pochi secondi ed una pulsazione del suo cazzo accompagna la sborra che mi inonda la bocca. Tossisco, tanta è la quantità di liquido seminale che me la riempie, sono costretta ad ingoiarne un poco per non soffocare. Abbandono la presa del suo cazzo, liberandomi la bocca. Lo guardo negli occhi, mentre apro la bocca per mostrargliene il contenuto: “questo è il tuo sperma, Torchio…” “Ingoialo Sandra, ti prego…” Continuo a guardarlo negli occhi, chiudo la bocca, me la sciacquo ripetutamente con la sua sborra; la tengo ancora in bocca, gliela rimostro, continuando sempre a guardarlo negli occhi eccitati, e la ingoio tutta, lentamente, assaporandola con gusto. Quant’è buono lo sperma di Torchio…
Mi alza, mi bacia: “ti amo Sandra… sei una grandissima troia… una puttana, la mia puttana!” Mi strizza i seni, ha capito che mi piace, ed io roteo gli occhi emettendo un gemito di dolore misto a piacere. “Basta Torchio, dobbiamo andare…”
Entro velocemente sotto la doccia, per togliere la mia piscia sulle gambe e sui piedi, mentre lui si fa un bidet e vi si lava i piedi bagnati dalla mia urina. Andiamo a vestirci, con calma, appagati ed ancora pieni di noi, del piacere che ci siamo dati…
Andiamo alla macchina di Torchio e ci avviamo verso lo stadio, a vedere Lazio-Inter.

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