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Due schiavi per due Padroni - Terza e ultima parte


di Honeymark
05.01.2016    |    8.783    |    10 9.7
"Domattina alle nove, Valentina, li porti in camera nostra..."
Due schiavi per due Padroni.
Terza parte.
-
9.



Gli ospiti arrivarono circa mezzora dopo, erano due coppie sulla sessantina. I Padroni li accolsero con eleganza, più che con amicizia. Comunque li fecero accomodare in salotto e l’ambiente divenne presto gioviale. Valentina versò loro dei superalcolici, con ghiaccio. Ne versò uno anche a me e poi prendemmo posto come se io e Valentina fossimo un’altra coppia ospite, certamente più giovane di loro.
Dopo un’altra mezzora e un paio di bicchieri, uno degli invitati ruppe gli indugi.
- Cosa ci hai preparato stasera? - Disse alla Padrona di casa.
- Due giovani sposi che ho deciso di impalare e di frustare in vostro onore.
- Wow… – Disse la signora che era con lui. – E sono belli?
- Sì, molto belli.
- E come li impalerai? – Chiese l’altra signora.
- Con un cero. Lo sai che sono specializzata in ceri.
- Fantastico. – Aggiunse il marito della signora. – Potremo anche... toccarli?
- Sì, con discrezione all’inizio. – Disse asciutta Francesca. – Dopo potrete frustarli.
Rimasero soddisfatti della risposta.
La Padrona attese un attimo e poi si rivolse a noi.
- Potete gentilmente scoprire le due sculture? – Ci chiese.
Seguii Francesca, che prese in mano il lenzuolo che copriva Bill, io allora presi quello di Susy. Al suo cenno, feci scivolar via il lenzuolo e in un attimo i due schiavi furono messi al ludibrio degli sguardi degli ospiti allupati. Vidi la pelle d’oca sul corpo di Susy, che strinse il culo attorno al cero.
I presenti si alzarono in piedi e mormorarono di stupore, piacere e soddisfazione per tanta vista. Si avvicinarono agli impalati. Valentina aveva ragione: lo spray aveva reso la loro pelle bella e viva. Sembravano proprio in una scena cinematografica, grazie anche ai faretti sul soffitto disposti con sapienza.
- Hai fatto un lavoro superbo…! – Esclamò uno di loro.
- Sei insuperabile! – Aggiunse la moglie.
Gli altri due erano rimasti a bocca aperta, affascinati e ipnotizzati.
D’altronde, si provi a immaginare i due sdraiati di pancia a gambe larghe come una V rovesciata su una cavallina, con le mani legate dietro la schiena e fissate al collo, con un grosso cero che fuorusciva di una decina di centimetri dal culo. Persino io e Valentina ci scoprimmo eccitati. E i Padroni non nascosero la loro soddisfazione.
- Beh, non vi ho mai deluso.
- Certamente no.
- Possiamo toccarli?
- Sì ho detto, ma con discrezione. Dopo l’impalamento potrete fargli quello che volete.
I quattro si portarono attorno alle due vittime e cominciarono a studiarle nei dettagli. Poi cominciarono ad accarezzarli nelle intimità del culo e i due ebbero qualche piccola reazione, che fu accolta dai vecchi molto piacevolmente. Li avrebbero tormentati a lungo molto volentieri. Gradivano mettere le mani agli inguini per sentire il culo, il cero e il sesso. Uno diede un buffetto sul culo, una invece diede un colpetto con la nocca sul cero. Susy ebbe nuovamente la pelle d’oca, che però andò via subito. Bill invece sembrava gradire le attenzioni, come se lo rilassassero dopo un’ora di immobilismo forzato.
- Non hai messo le mollette ai capezzoli, – osservò l’altra donna.
- No, – rispose Francesca. – A mezzogiorno mi sono serviti da camerieri.
Evidentemente sapevano degli aghi da balia.
- Possiamo frustarli così? – Chiese la donna.
- Un colpo puoi anche darlo.
Sciaaack!
Frrrrrrrt!
Aveva dato una frustatina a Susy con un simpatico attrezzo che Valentina le aveva messo in mano e la sottoposta aveva fischiato di dolore.
SciaaaaaaaaaK
Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrttttt!
- Basta, – intervenne. – Avevo detto uno.
- Come pensi di impalarli, dando dolci mazzate al cero?
- Calma ragazzi. – Rispose la Padrona di casa. – Adesso che avete socializzato abbastanza possiamo procedere.
Si allontanarono per far posto agli operatori.
Francesca fece cenno a Valentina, che si portò da lei, poi si misero ai lati di Susy, uno per piede.
- Se vi mettete dietro a guardarle il culo… – Suggerì Francesca.
Ci sistemammo dietro. Poi loro presero una caviglia a testa e, al cenno della Padrona, portarono in avanti le gambe di Susy in modo che andasse a sedersi di peso sulla cavallina. La poverina si trovò così a sedere di peso sul cero conficcato nel culo e lei cominciò a fischiare all’impazzata. Il bavaglio a fischietto era davvero coinvolgente.
La tenevano ferma con determinazione mentre scalciava e, sempre sentendola fischiare come un vigile urbano, la lasciarono impalarsi da sola con il cero che entrò nel culo fino in fondo. A fine corsa, Susy continuava a lamentarsi disperata, la scena era stata davvero terribile. Gli ospiti avevano guardato tutto, restando anche loro come impalati.
- Che meraviglia…!
Loro probabilmente non lo sapevano, ma Valentina me lo aveva spiegato prima. Dopo una decina di minuti, mi aveva detto, il cero nel retto si rammolliva e, se spinto dentro, si adattava alla curva del sigma. Certo non era una passeggiata, ma erano lì per essere tormentati.
Come si può immaginale, vedere la mia amica impalarsi da sola mi aveva provocato una erezione come non mi era mai capitata. Ora teneva le gambe larghe come se avesse fatto la spaccata. Guardando bene, sedeva ancora sulla piccola parte di cero rimasta fuori. Con la schiena diritta, dovuta ai polsi legati dietro e fissati al collare, sembrava proprio impalata. Dopo un po’ i fischiettii si affievolirono, ma non se ne andarono del tutto. Stava piagnucolando. D’altronde, lei non sapeva che il cero si era adattato…
- Ora, se volete, potete molestarla.- Disse Francesca soddisfatta. – Ma se ascoltate un consiglio, prima impaliamo anche il marito.
- Sì sì, – dissero tutti. E si portarono da lui.
Francesca chiamò a sé Valentina per ripetere l’operazione con Bill, il quale, terrorizzato, fischiava già come un locomotiva. Fermai le due e chiesi all’infelice se volesse fischiare tre volte, che significava la sospensione della seduta. Lui mi guardò spaventato, ma trovò il modo di emettere due fischi.
- Cioè vuoi continuare? – Gli chiesi per avere conferma.
Fischiò una sola volta, anche se terrorizzato.
A quel punto le due carnefici si portarono a lui, gli presero le caviglie e le portarono avanti per costringerlo a sedersi sul cero. E così avvenne. Tra fischi e altro, lui si trovò obbligato a stare sopra il cero, che si infilò nel culo inesorabilmente per intero. Visto da dietro era davvero spettacolare vedere entrare una cosa del genere nel culo di un uomo.
Fischiò anche lui come una sirena, ma non emise i tre né i due fischi regolari di fine seduta. Anche lui, una volta impalato, tenne la testa in su e attese le fasi successive, con la sofferenza dell’impalamento. Anche lui, come sua moglie, adesso sembrava una Y rovesciata.
- Ora potete molestarli entrambi, – disse padrona Francesca. – E seviziarli.
- Apri tu le danze! – Disse un ospite che la conosceva bene.
- D’accordo.
Valentina portò un vassoio d’argento con delle fruste. Francesca ne prese una, poi invitò Vale a palpare Susy. Lei si portò prima alla fessura del culo impedita dal cero, poi si portò davanti e infilò le dita nella figa. Infine palpò le tette.
Susy si svoltolò, inutilmente.
- Può cominciare signora, la condannata è pronta,
L’aveva detto in modo che quel «condannata» entrasse bene nello spirito della serata.
Francesca prese un gatto a nove code con i cordini di cuoio, li sbatté in mano per sentirne la forza e poi, con la massima concentrazione, puntò alle tette di Susy e le colpì con violenza. La poverina cacciò una serie di fischi, ma non la serie regolare di fine rapporto. Per il dolore però salterellò rigida sul cero conficcato nel culo.
La Padrona si portò dietro, prese due frustini uguali dal vassoio e si mise in posa. Un frustino sulla natica sinistra e uno su quella destra. Accarezzò più volte le chiappe con i frustini, poi con la massima attenzione alzò le braccia e scaricò due colpi fortissimi in sulle natiche. Susy sobbalzò e ricadde sul cero, cominciando a fischiare nuovamente come una camera d’aria bucata.
Poi Francesca andò dallo schiavo. Bill aveva una volgare erezione in corso. Forse un riflesso condizionato dal cero nel culo, forse era eccitato davvero. Fatto sta che la Padrona prese dal vassoio una bacchetta piatta ricoperta di cuoio morbido e gli accarezzò il cazzo. Dopo un paio di passaggi, caricò il braccio e diede una orribile frustata sul pene rigonfio di Bill. Il quale cominciò a fischiare all’impazzata.
Sapevo che non era devastante un colpo così. Il cazzo è una grossa vena, con la fragilità della vena, ma così grossa, se colpita di piatto, faceva solo male alla pelle. Poi, dato che i coglioni non erano esposti, non poteva correre il rischio di colpirli.
Prima che smettesse di fischiare, si portò al culo e diede un doppio colpo in parallelo alle chiappe del poverino come aveva fatto con sua moglie. Anche lui sobbalzò e ricadde sul cero conficcato nel culo. I fischi si sprecarono verso il cielo.
- Sono tutti per voi, – disse agli ospiti. – Potete molestarli come volete e frustarli quanto vi pare, a meno che non emettano tre fischi regolari, lunghi e continuati. Niente colpi in faccia, niente sulle braccia e neppure sulle gambe.
- Sulle cosce?
- Sulle cosce sì.
Mentre gli ospiti sceglievano gli strumenti migliori, la Padrona e suo marito vennero verso di me per bere un whisky con noi.
- E’ stato piacevole, – disse a mascelle strette. - I tuoi schiavi sono belli e bravi, ora sono anche addestrati e abituati al peggio.
- Non immaginavo che avrebbero accettato l’impalamento… – Osservai.
- Infatti,- confermò. – Non lo sapevano.
- Come? – esclamai. – E allora perché lo avete fatto?
- Perché certe cose non si chiedono, si fanno e basta.
Guardai i miei ragazzi,sottoposti a mille sevizie dagli anziani ospiti dei padroni di casa. I fischi si libravano nell’aria, ma mai nella sequenza necessaria per smettere.
- Ne approfitti anche lei, – mi disse Francesca. – Non sa se le capiterà ancora.
Andai da loro e li colpii anch’io senza freni, stando attento solo a farli fischiare il più a lungo possibile e a colpirli sul culo per farli sobbalzare sul cero. Ovviamente colpii anche cazzo e tette. Si fa presto a imparare.
Mi venne un’idea.
- Vale, – dissi alla mia compagna. – Frusteresti il culo di Susy mentre le tengo la figa?
- Certo. Però attento a non farti pizzicare le dita col cero quando sobbalza.
- Hai ragione. Glieli infilo in figa.
- Meglio.
Le infilai le dita, ma feci fatica perché la vagina era estremamente stretta. Vista la posizione, era prevedibile che tirasse.
- Vai! A Dissi a Valentina.
Vale cominciò a colpirla con precisione e Susy, fischiando come un arbitro, mi saltellava sulle dita. E alla fine venne, perché continuò a fischiare e sobbalzare anche quando smettemmo.
Quando tornai dai padroni, la signora stava parlando con un ospite.
- I figli come stanno, commendatore?
- Bene, grazie. Stanno seguendo rispettivamente un dottorato a Londra e a Boston.
- Valentina, - disse una signora.
Valentina si portò a lei col vassoio.
- Me lo faresti un favore, cara?
- Certo signora.
- Vorrei che prendessi questo frustino flessibile - disse indicandolo, - e che dessi quattro scudisciate a lei e sei a lui.
- Certo. Qualche preferenza?
- No, ma vanno bene le natiche, grazie.
Valentina andò a far fischiare i due disgraziati.
Ma una volta solo con Francesca, le chiesi delucidazioni.
- Chi sono gli ospiti?
- Gente per bene, – rispose. – Gente per bene.
- E i loro figli?
- Chissà, magari un giorno vogliono venire da noi… A giocare o a mettersi in gioco.
Quella gente per bene alternò il piacere dei superalcolici di lusso alle molestie dei due infelici. I maschi preferivano mettere le mani al culo di Susy e all’uccello di Bill, le donne preferivano stranamente prendere in mano la vulva della schiava e i testicoli di suo marito. Quanto alle frustate, non erano precisi come voleva la Padrona di casa. Frustavano tanto per sentir fischiare, per loro era un gioco, un sottile gioco di potere. E se colpivano fuori dal bersaglio, ottenevano reazioni maggiori.
Io di tanto in tanto andavo a palpare le cosce e le intimità di Susy, in modo che si sentisse confortata dalla mia presenza. Ho accarezzato perfino il cazzo di Bill, tanto per fargli sentire che ero delicato.
Verso mezzanotte, decisero di salutare e andarsene. Dopo i baci e gli abbracci, io e Valentina li coprimmo nuovamente con le lenzuola, per far pensare agli ospiti in commiato che li avremmo lasciarli lì tutta la notte.
Appena soli, però, padrona Francesca ci fece vedere che Susy aveva pisciato. Sotto la sua cavallina, infatti, c’era una pozza di urina.
- Quante volte ti ho detto di farli evacuare prima? Sei punita con un’ora di gabbia.
- Ma signora, aveva fatto la pipì poco prima di…
- Allora ti fai due ore di gabbia. E ci metto l’aggravante del calzino se rispondi ancora. Va bene?
- Sì, Padrona.
- Quando noi ci siamo ritirati in camera – disse indicando i due disgraziati coperti dalle lenzuola – tirateli giù, portateli con voi, liberateli e fateli dormire. Domattina alle nove, Valentina, li porti in camera nostra.
Si girò e salì insieme suo marito.



10.



Non fu facile farli scendere dalla cavallina, così legati e col cero nel culo. Ma non potevamo far nulla finché non fossero in camera. Quelle erano le regole.
Così impalati, poi, camminarono molto goffamente. Ma infine entrammo nel giardino d’inverno. Gli slegammo le mani e sfilammo il bavaglio con fischio. Poi li mettemmo in posizione per togliere i ceri.
Fu una cosa molto laboriosa, riuscita grazie allo stoppino che riuscimmo a liberare, che poi abbiamo tirato con la tenaglia, riuscendo a sfilare i ceri anche se a pezzi. Li portammo ognuno nel proprio bagno a liberarsi del tutto e a fare una doccia. Infine mi dedicai alla punizione di Valentina.
Senza che chiedessi nulla, mentre i due erano in bagno, era andata a pulire in salotto ed era tornata da me. Si era subito spogliata nuda ed era entrata nella gabbia, mettendosi in posizione fetale. Aveva paura che non la volessi punire, perché la Padrona giocava su di lei un potere assoluto. Ogni ordine era da eseguire. Ciononostante il suo sguardo era segnato dalla sofferenza.
- Cosa sarebbe stata l’aggravante del calzino di cui parlava Francesca? – Le domandai.
Attese un attimo prima di rispondere.
- Si tratta di mettere un calzino in bocca alla vittima prima di mettergli l’adesivo sulla bocca…
- Che cosa? – Commentai accigliato. – E quale calzino?
- Il tuo…
- Miodio…
- Metti la sveglia tra due ore, – aggiunse accovacciandosi nella gabbia. – Non vorrei che ti addormentassi lasciandomi qui tutta la notte.
Le applicai l’adesivo sulla bocca pensando al calzino, le legai le mani dietro la schiena e la misi in tensione bloccandogliele al coperchio, fissai le caviglie ai lati per tenerle le gambe aperte e infine presi il pesante tondino di acciaio e, con attenzione, glielo infilai lentamente nel culo. Giunto a fine corsa lo bloccai.
Quando i ragazzi uscirono dal bagno e la videro in gabbia, esclamarono la loro soddisfazione.
- Ehi, non vale! -Esclamò Susy. – Non le hai messo gli elastici.
- Ah sì, hai ragione. – Ammisi. – Però puoi farle quello che vuoi.
Prese due bastoncini che forse erano dei profumi orientali da bruciare, ne diede uno ad Bill e insieme cominciarono a farle il solletico ai piedi. La poverina cominciò a reagire senza riuscire a muoversi, salvo il buco del culo che continuava a stringersi attorno al tondino di acciaio, unico muscolo che poteva muovere.
Ma i due erano stanchi e lasciarono presto la presa. Li medicai iniettando una peretta di unguento anale e mettendo della crema di zinco-ossido sull’ano, poi ci mettemmo a letto, con Valentina in Gabbia che ci guardava.
Mi misi pancia in su e loro due si sdraiarono ai miei lati appoggiandosi al mio corpo. Avevano bisogno di contatto umano affettuoso.
Li lasciai addormentare così e dormii anch’io finché la sveglia non mi avvisò che dovevo liberare Valentina. Mi portai a lei, sfilai piano il tondino di acciaio, le liberai polsi e caviglie, aprii la gabbia e lei finalmente poté uscire e sgranchirsi dolorante. Andammo nel nostro letto e anche lei si addormentò sul mio fianco, nuda. Peccato, perché con lo spettacolo che c’era stato avrei avuto bisogno di venire.

Verso le 9.30 di mattina, Valentina mi svegliò. Aveva già portato i due schiavi dai padroni, i quali mi invitavano, tramite lei, a salire nella loro camera da letto.
Misi maglietta e jeans e seguii Valentina incuriosito. Era l’ultimo contatto.
Entrato in camera, visi Bill sdraiato pancia in su sul letto centrale, con sopra Susy accovacciata che si era infilata il suo cazzo.
- Devi incularla, – mi disse Valentina.
Devo? Mi domandai. E Da quando in qua potevano darmi ordini?
Beh, obbedii immediatamente. Mi spogliai, salii sul letto mi portai dietro Susy, la piegai in avanti e guardai il cazzo di Bill che la penetrava. Sapevo che era lubrificata e portai il mio uccello, già in piena erezione, al suo buco del culo. Susy, sentendomi, si mosse per facilitarmi. Io spinsi e, ovviamente dato quello che aveva passato, scivolai dentro come coltello caldo nel burro. Il mio cazzo si fermò con le palle vicine a quelle di suo marito. Stavo per pomparla, quando Valentina mi fermò.
- Aspetta il Padrone Paolo, – mi disse.
Il quale si era spogliato – era la prima volta da quando eravamo arrivati – e si stava portando sul letto. Era asciutto e nerboruto. Una volta salito, andò a sedersi sulla faccia di Bill e prese Susy per la nuca e le infilò il cazzo in bocca di brutto.
- Ecco, – disse Valentina. – Adesso puoi sbatterla.
Capii che ero io il maestro di monta perché stavo sopra e la prendevo per il culo, per cui cercai di incularla in modo da sollecitare suo marito sotto e il suo Padrone in bocca. E, mentre lavoravo così, le due donne si spogliarono e si misero di fianco in modo che Susy potesse accarezzare le loro fighe. Era la prima volta che vedevo spogliata Francesca. Era asciutta e tonica.
Una figura mitica, quella di due uomini con una donna. Leggendaria quella di una donna presa da tre uomini e che con le due mani libere manipola la figa di altre due donne.
Non dovetti pompare molto prima che tutti venissimo all’unisono. Un’orchestra di piacere che si librava nell’aria ruffiana e leggera della Riviera Ligure di Levante.


11.

Partimmo per Verona verso mezzogiorno. Avevamo salutato in maniera deferente i Padroni di casa, come se tra noi non ci fosse stato nulla. Tra me e Valentina invece c’era molto, solo che non potevamo né esprimerlo né salutarci in maniera calorosa. Un peccato, era la cosa più bella di quel lungo week-end di paura…
Susy stava seduta dietro, Bill davanti. Nessuno parlò.
Ci fermammo in un grill della Val Padana a prendere un caffè e quando salimmo in macchina stavolta Susy salì davanti e Bill si mise nei sedili posteriori.
Pensavo che volesse dirmi qualcosa, ma si limitò a tenermi la mano per alcuni tratti di strada.
Quando arrivammo a casa loro, li aiutai a entrare in casa e a sistemarsi. Erano tornati gioviali, ma era chiaro che non volevano parlare dell’esperienza. Ci abbracciamo serenamente ma senza dire altro.

Passò un mese senza che accadesse nulla, ma, come ho detto all’inizio, loro mi chiamano solo quando hanno nuovamente bisogno di me, cioè o di un bull da cuck o di un padrone per gli schiavi. Io non posso chiamarli, mai. Fa parte delle regole del nostro gioco. Certo sono molto più di un oggetto per loro, di un dildo umano, ma la relazione mi intrigava da morire e non volevo metterla a rischio violando le regole.
Comunque, cominciavano a mancarmi, quando accadde qualcosa di inaspettato.
- Dottore, c’è una signorina che dice di chiamarsi Valentina. Non mi ha detto il cognome. Vorrebbe vederla.
Era stata la mia segretaria ad annunciarla. Non sapevo se si trattasse di quella Valentina, ma il cuore tradiva l’emozione della speranza.
- E’ bella?
- Sì, molto.
La feci entrare. Era lei.
- Vale! – Esclamai. – Che bello vederti!
- Lo è anche per me, – rispose stringendomi.
- Accomodati, – le dissi indicando il salotto. – Qual buon vento ti porta?
- Prima non mi chiedi se porto le mutandine?
In ufficio è difficile uscire dagli schemi, ma mi inginocchiai e infilai le mani sotto la gonna.
- Ehi, ma le porti!
- Non ti ho detto che non le portavo, ti ho solo chiesto se volevi controllare… Ha ha!
Che forte…
Si sedette e mi spiegò la ragione della sua visita.
- Spero di non essere stata inopportuna, ma dovevo venire a Verona e ho pensato di venirti a trovare.
- Ne sono molto contento, ma come hai trovato il mio indirizzo?
- Facebook dice che lavoro fai.
- Già…
- E allora pensavo che magari… Cosa fai nel week-end?
- Qualsiasi cosa abbia in agenda, è cancellata.
- Che dici, stiamo insieme un po’?
- Non chiederei di meglio!
- I tuoi amici come stanno? Hanno superato il trauma?
- Non li ho più sentiti, ma è nella normalità delle cose che dopo una performance importante non si facciano vivi anche per due mesi.
- Vuoi chiamarli?
- No, nei nostri accordi possono essere solo loro a chiamare me.
- E tu mantieni sempre la parola?
- Sempre.

Quella sera rimasi a cena con Valentina e dopo la portai a casa mia.
- Dove dormi qui a Verona? – Le chiesi entrando in casa, per organizzarmi.
- Non ho ancora un albergo.
- Fantastico, perché allora dormi qui.
- Non ti sarò di peso?
Sorrisi.
Ci mettemmo insieme senza pensare troppo ai se e ai ma. Ci piacevamo e basta.

Il venerdì successivo venne a prendermi in ufficio verso l’ora di chiusura. Stavamo parlando di come passare il fine settimana, quando la segretaria mi annunciò che la signora Susanna Marchetti, la mia amica Susy, desiderava incontrarmi.
- Susy è qui? – Dissi. – Falla entrare.
Andai ad aprire la porta e la mia amica entrò abbracciandomi da amico.
- Il mondo è piccolo, – dissi indicando Valentina. – E i letti vanno stretti.
- Valentina! Che bella sorpresa!
- Sono felice di vederti.
- Prima di continuare – dissi a Susy, rifacendomi a un’antica tradizione – devo controllare se porti le mutandine.
- Sì, certo. – Disse, allargando un po’ le gambe per facilitarmi, ma continuando a parlare con Valentina.
In ufficio è difficile uscire dagli schemi, ma mi inginocchiai anche con lei e infilai le mani sotto la gonna. Era una vecchia abitudine, nata agli inizi della nostra relazione a tre, quando mi aveva autorizzato a controllare se portava le mutandine ogni volta che veniva a trovarmi con le gonne.
Controllai, non le portava.
- Ero venuta a invitarti a cena domani sera, – disse Susy rivolgendosi a me. – Ma questo cambia le cose. Venite tutti due, d’accordo?
Accettammo, ci abbracciò e se ne andò.

L’indomani sera eravamo puntuali alle 20 dagli amici Susy e Bill. Avevamo portato il dolce, il porto e le rose. A me piacciono i garofani, ma ad Bill le rose.
A tavola si parlò di vari argomenti allegri, finché io non ruppi gli indugi.
- Allora ragazzi, ve la sentite di parlare di quanto accaduto un mese fa in Liguria?
- Sì, certo. Cosa vuoi sapere?
- Una valutazione nel suo insieme, quali performance avete gradito ti più e quali meno, se vorreste tornare da loro, se c’è qualcosa che vorreste fosse fatto qui…
- E’ stato un week-end fantastico, – cominciò Bill. – Credo di non aver mai provato tanta paura, tanta umiliazione e tanto dolore…! Davvero straordinario.
Se qualcuno ci avesse ascoltato in quel momento, si sarebbe domandato se avevano tutte le fascine al coperto.
- Di massima non vorremmo tornare più. – Continuò Susy. – Ma siamo certi che hai imparato tutto…
- E cosa vi ha eccitato di più? – Chiese Valentina.
- A monte di tutto… - rispose Bill – il crescendo delle performance. Ogni volta credevamo di aver toccato il fondo, e invece ci sarebbe toccato di più.
- Le lenzuola con cui siamo stati coperti. - Disse Susy da parte sua. - Quando ce le avete sfilate, ci è sembrato di morire… Il non poter impedire di essere esposti al pubblico lubidrio, è stata una esplosione di vergogna impagabile.
- Tra le cose leggere ma immorali - aggiunse Bill, - i ragazzi che giocavano col culetto di Susy mentre i Padroni prendevano l’aperitivo al bar… E non era neanche stato concordato.
- Anche a me, – continuò Susy, – ma la Gabbia…
- Sì sì, anche la gabbia! – convenne Bill. – Era la performance con i ragazzi all’ennesima potenza, e stavolta coinvolgeva anche me. Tenuti fermi impalati da un ferro nel culo mentre ti seviziano è stata un’esperienza folle e stupefacente.
- L’essere palpata e masturbata, - continuò Susy visibilmente eccitata – e nell’impossibilità di impedirlo, è stata un’esperienza che neppure sognavo.
- E a te? – Mi chiese Valentina.
- Quando mi leccavano le scarpe…
- E la frustata finale? – Chiese ai due.
- Terribile… – Disse Susy. – Quanto sublime.
- Cioè?
- Bah, siamo stati impalati – Intervenne Bill. – Credevamo di morire… Sai, il nostro sogno ludico è quello di venire impalati… Lì ci siamo andati vicino
- Ma la cosa più bella della cavallina – proseguì Susy, – era il fatto che degli sconosciuti ci hanno seviziato senza una precisa ragione e all’apparenza addirittura annoiati…
- Eravamo lì solo come dei soprammobili, – aggiunse Bill condividendo l’emozione di sua moglie. – Forse ci seviziavano solo per far piacere ai padroni di casa, o solo per infastidire noi… Ma questo lo rendeva ancora più fantastico.
- Pensa a cosa provavamo, – aggiunse Annie. – Eravamo impalati con un grosso cero ed eravamo immobilizzati da un legaccio che ci univa le mani dietro la schiena al collare, con in bocca un bavaglio ingombrante che trasformava le nostre urla in suoni. I presenti, con il doppio della mia età, parlavano tra loro di amenità varie e poi d’improvviso venivano a darci scudisciate da urlo…
- Da fischio – precisai ironicamente.
- Ogni volta erano dolori stratosferici – continuò – e sobbalzavamo sui nostri ceri nel culo. E loro si annoiavano… Ha ha!
- Ho visto una signora che frustava le tette di Susy a due mani…. – Osservai.
- Ed è stato terribile. Dolorosissimo. Quanto inebriante… Dovrai farlo anche tu, ma non spesso.
- Le donne preferivano frustare le tette a te e il culo ad Bill.
- Sì sì, è vero.
- E il sesso?
- Stessa cosa. Le donne preferivano molestare i sessi, gli uomini preferivano i culi.
Restammo in silenzio a valutare un po’ le cose.
- Beh, Marco, – disse Susy. – Adesso che hai tre schiavi, cosa pensi di fare?
- Valentina è switch, – precisai. – Cioè le piace sia essere sottomessa che sottomettere. Quello che non sapete, – aggiunsi – è che in questi giorni ci siamo messi insieme.
- Vi siete fidanzati? Wow! Due padroni affiatati? Allora vi chiediamo doppiamente cosa volete farci…
Rispose Valentina.
- A cosa avete pensato appena vi abbiamo detto che siamo insieme?
- A noi due in ginocchio nudi - rispose subito Susy, - piegàti in avanti con le mani legate alle caviglie ben allargate, con lui che ci mette qualcosa nel culo e tu che ci frusti.
- Wow… - Esclamò Valentina. – E tu Bill?
- Stessa cosa, ma con Marco che si porta davanti a noi per farsi leccare le scarpe.
- Fantastico… Credo che andremo d’amore e d’accordo.
- Bene allora, – dissero eccitati alzandosi, – basta con le parole. Cosa volete farci fare stasera?
- Le lucciole. – Disse Valentina.
- Cioè?
- Le braccia legate con l’adesivo ai bastoni della ginnastica da corpo libero, così tenete le braccia allargate come se foste in croce. Poi una candela nel culo accesa e voi che vi muovete fingendo di volare, cantando “Noi siam come le lucciole!” E noi proviamo a spegnere le candele a cinghiate.
- Fantastico! – Ed entrambi iniziarono a spogliarsi. – Ma come ti è venuta in mente?
– E’ una delle cose che più amano fare gli universitari di Pavia il giorno della laurea.

Ce ne andammo casa molto tardi, stanchi ma felici.
- Hai pensato a cosa farmi? – Mi chiese Valentina sulla via di casa.
- Sì, - risposi.
Valentina era switch, cioè le piaceva anche, e forse di più, essere sottomessa. Per quella sera ne avevo abbastanza di sadomaso e avevo piuttosto voglia di venire. Ma avevo trovato la soluzione.
- Ti inculo, - le dissi.
- Davvero? – mi sussurrò avvicinandosi a te.
- Sì. E’ il miglior modo di esprimere la propria supremazia tra coppie assolutamente alla pari.



FINE
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