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Un viaggio particolare


di alessandro1987
22.04.2015    |    12.333    |    3 9.2
"«Ah, si, certo», rispose dopo pochi istanti, «Lei è una delle tre persone che ha prenotato la cuccetta», fece una breve pausa e proseguì: «Deve sapere che..."
Marco si affrettò sulla scalinata che conduceva alla stazione, la valigia pesava parecchio, ma certo lui era allenato, e non sentiva grosse difficoltà nel percorrere i vecchi scalini che portavano ai binari. Arrivò in cima, rifiatò un attimo. Era una giornata calda e decisamente assolata; la stazione, piccola e semideserta, giaceva placidamente a fianco dell'unico binario, nella stessa posizione in cui era sua abitudine stare da almeno cinquant'anni.
Marco vide il treno, sostava in attesa della partenza, accompagnato dal vociare dei grilli, abitanti particolarmente rumorosi dei campi che circondavano la vecchia stazione. Il ragazzo si avvicinò al vagone numero 6, salì, portando con sé il bagaglio, e si diresse al suo scompartimento. Lo aspettava un lungo viaggio, su quel mezzo malandato, aveva prenotato una delle cuccette, doveva infatti passare oltre venti ore su quel treno!

«Mmm, il mio biglietto dice vagone sette, è il prossimo», pensò Marco, riprendendo in mano la valigia appena appoggiata e incamminandosi nel corridoio successivo. Fece qualche passo, esitò, «Ma che cazzo.. è l'ultimo?!»
Già, sembrava infatti esserci un problema, la carrozza su cui era salito era anche la coda del treno, ma il treno non aveva alcun settimo vagone ad accoglierlo, eppure il biglietto non mentiva!
«Questi idioti delle ferrovie, cosa diavolo hanno fatto con i biglietti?», disse a mezza voce il nostro viaggiatore, già innervosito dalla necessità di cercare qualcuno per risolvere la questione. A larghi passi si incamminò in direzione della testa del treno, valigia al seguito, alla ricerca di colui che tutto può (forse), il capotreno. Sentì un fischio, capì che si era ormai prossimi alla partenza, vide infatti un uomo in divisa salire con un balzo sul vagone, lo avvicinò, felice che la ricerca si fosse subito conclusa.

«Scusi», iniziò Marco, attirando l'attenzione del capotreno, «Non riesco a trovare il mio posto! Però il biglietto è quello giusto, guardi», esclamò, porgendo il documento all'uomo.
«Mi faccia vedere», disse l'altro, che subito chinò lievemente il capo per analizzare il documento.
«Ah, si, certo», rispose dopo pochi istanti, «Lei è una delle tre persone che ha prenotato la cuccetta», fece una breve pausa e proseguì: «Deve sapere che abbiamo avuto un grosso problema con il vagone sette, il suo, di conseguenza non lo abbiamo agganciato al treno, ma la cosa è solo temporanea, tra un paio d'ore raggiungeremo una stazione in cui è già disponibile un vagone sostitutivo, che quindi sarà annesso al nostro mezzo, una volta arrivati là potrà avere accesso al suo letto», concluse il capotreno, senza fare una piega.
«Si, ehm, d'accordo, ma io ora cosa faccio per le prossime ore? Ho prenotato per poi rimanere in piedi?», rispose il ragazzo, cercando di mantenere una certa cortesia e considerando che l'altro, dopotutto, lo aveva aiutato prontamente.
«Guardi, la capisco benissimo, e ha ragione», iniziò l'ufficiale, "Purtroppo per il momento deve accontentarsi di un posto a sedere normale, in uno degli altri vagoni senza prenotazione, suggerisco il terzo, dove tra l'altro sono già andati a prendere posti gli altri due passeggeri che, come lei, si trovano in questa spiacevole situazione», concluse. «Ora mi scusi ma devo lasciarla, ad ogni modo mi trova in testa al treno, se ha bisogno di me, sono sempre disponibile, mi premurerò di avvisarla non appena avrò novità sulla sua situazione».

Il capotreno, svolto con solerzia il suo compito, si allontanò rapidamente, Marco non fece nemmeno in tempo a rispondere alcunché, salvo poi sibilare: «Che situazione del cazzo, e non ho nemmeno fatto in tempo a chiedere quali posti siano liberi sul terzo vagone, son sicuro che qualunque posto scelga finirà per essere quello prenotato da un tizio che sale cinque minuti dopo che mi sono seduto io, è sempre così, passerò due ore a spostare me stesso e la valigia in giro!»
La migrazione fu però positiva, il vagone tre era deserto, ad eccezione di due teste che si vedevano sbucare in fondo, dovevano essere le altre due persone prive di posto letto, come aveva detto il capotreno. Il ragazzo si diresse verso di loro, «Se non altro», pensava, «Ci sarà qualcuno con cui parlare».
Senza pensarci troppo, si avvicinò alle due sagome, sollevò il pesante bagaglio che aveva avuto appresso per tutto quel tempo, lo mise sulla cappelliera e, mentre cercava di sistemare la valigia in una posizione quantomeno stabile, gli cadde l'occhio sui suoi compagni di viaggio, e subito pensò: «Non ci credo! Sono due suore, due suore! E me le sono andate pure a cercare!»

Già, le due ore seguenti sarebbero state decisamente.. noiose! D'altra parte era troppo tardi per cambiare posto, avrebbe fatto una figura meschina, il vagone era platealmente vuoto e non ci potevano essere dubbi sul motivo di un suo eventuale cambio di posto, va bene la sfiga, ma non sembrava il caso di fare anche la figura dello stronzo.
Si sedette, sforzandosi di celare la sua delusione, accennò un sorriso e un masticato buongiorno, rivolto alle due sorelle. Le quali risposero però amabilmente e sorrisero a loro volta.

Per una buona mezz'ora non accadde assolutamente nulla, quantomeno ad un osservatore esterno sarebbe parso così. Marco, messosi le cuffie, guardava con lo sguardo fisso fuori dal finestrino, pensando ai fatti suoi, salvo ogni tanto allungare l'occhio sulle sue compagne di viaggio. Erano due donne giovani, sicuramente sulla trentina, una bionda, piuttosto robusta, e l'altra, invece, mora, minuta e piuttosto esile. Non riusciva a fissarle a lungo, come invece era sua abitudine quando si trovava a sedere di fronte a delle donne, gli sembrava infatti di essere fuori luogo. Questo non gli impedì, però, di lanciare qualche fugace occhiata di tanto in tanto.
La bionda, più abbondante, lasciava trasparire le sue forme, prosperose e sode, nonostante l'abito castigato, l'altra invece era decisamente meno appariscente, ma il suo viso era decisamente grazioso, labbra sottili e occhi castani, ben proporzionato.

Il silenzio delle osservazioni del ragazzo fu interrotto dalla voce della suora bionda che, rivolgendosi all'altra, le chiese se non fosse il caso di aprire un po' il finestrino. Subito, Marco scattò come una molla: «Posso aprirlo io, se volete», disse, e lei: «Ti ringrazio, saresti gentilissimo». Effettuata l'operazione, lui si sedette, e, sfruttando l'occasione, esclamò: «Eh, su questi vecchi treni è l'unica alternativa alla cottura a fuoco lento». Le due suore risposero sorridendo, e finalmente, dopo quasi un'ora, si imbastì un dialogo tra i tre personaggi, dialogo che divenne via via più sereno e sincero con il passare dei minuti.
Si parlava un po' di tutto: cosa fai nella vita, cosa non fai, e voi cosa fate, dove andate di bello, ah si anche io, eh si è un viaggio lungo, che scocciatura questa delle cuccette, per fortuna che la cosa si risolverà, eccetera, eccetera, eccetera.
Nel frattempo erano passate ormai più di due ore, ma la cosa non aveva destato preoccupazione, alla peggio, un posto dove stare c'era, e quindi le chiacchiere erano continuate allegramente.
Marco stava passando delle ore serene, le chiacchiere erano sì interessanti, ma ancora più interessante era il fatto che le due suore sembrassero davvero divertite dal tempo speso insieme, a tratti non sembrava nemmeno più di avvertire quello strano timore reverenziale che sempre ci coglie quando abbiamo a che fare con persone legate alla religione.

Il ragazzo si decise, aprì lo zaino, e tirò fuori quel po' che aveva da mangiare, un po' di prosciutto e della frutta, e chiese: «Magari possiamo dividere, volete?»
«Beh, in effetti, data l'ora, mi pare un'ottima idea, e poi anche noi abbiamo qualcosa», rispose felice la suora bionda, Paola.
Con grande sorpresa di Marco, Paola estrasse, da una vecchia sacca marroncina, sdrucita, una bottiglia di vino rosso.
«Interessante!», esclamò lui, in qualche modo sottilmente attirato da quello che la situazione suggeriva.
«Eh, non esageriamo, ma un bicchiere dopotutto non ha mai fatto male a nessuno», rispose Monica, l'altra suora, che sorrise e, per un attimo, incrociò lo sguardo di Marco in un modo nuovo.
«Un brindisi a questa amicizia», disse Paola, finendo di versare il suo bicchiere. Tutti e tre bevvero un sorso del vino e poi ripresero a parlare, visibilmente più rilassati.

L'allegra compagnia fu interrotta dal capotreno, di cui nessuno si ricordava ormai più, ma che aveva promesso di portare notizie. Aprì la porta che dal corridoio esterno portava ai posti a sedere, si avvicinò, con espressione trafelata e incerta, ben diversa da quella impostata e professionale che lo aveva accompagnato all'inizio, quando Marco lo aveva incontrato per la prima volta.
«Scusate l'interruzione», esordì l'uomo, «Ho una notizia da riferirvi», fece poi una pausa, leggermente più lunga del dovuto, quasi che all'ultimo momento avesse voluto ripensare alle parole più opportune.
«Devo purtroppo informarvi che, per un disguido, il vagone che doveva essere agganciato a questo treno non è mai arrivato alla stazione, e quindi non siamo in grado di offrire il servizio notte per cui avete pagato. Resta inteso che per...», ma fu interrotto dal ragazzo, incredulo: «Mi sta dicendo che per stanotte non abbiamo un letto, è così?»
«Beh, ecco, capisco che la cosa non sia particolarmente piacevole, ma, c'è una buona notizia, alcuni passeggeri, che avevano prenotato una delle cuccette del vagone sei, non sono saliti a bordo, ho aspettato fino ad ora per averne certezza, di conseguenza potete dormire lì».
«Ma allora, perché non lo ha detto subito!» disse Marco, «Se si tratta solo di questo...»
«In realtà, c'è un dettaglio», lo interruppe il capotreno, «Eh, ti pareva», riprese Marco, sconsolato, «Cosa?»
«In sostanza, non posso garantire che chi ha prenotato le cuccette sul vagone sei non si faccia vedere in qualche stazione successiva, di conseguenza potrebbe capitare, anche se è piuttosto raro, che i passeggeri in possesso del biglietto per quelle cuccette salgano più avanti, di conseguenza sarei costretto a svegliarvi e a farvi accomodare nuovamente qui, nei posti a sedere».
«Beh, aldilà del fatto che una volta arrivato chiederò un rimborso completo per questo viaggio indecente, direi che in assenza di alternative accetto la sistemazione».
«D'accordo, spero che valga per tutti e tre, sarebbe un grosso sollievo per me», rispose il capotreno, rivolgendosi ora a Monica e Paola. «Si, si, non c'è problema per noi, ci saremmo accontentate anche di sedere qui per la notte», risposero le due donne.
«Bene, ottimo, i vostri posti sono nella carrozza sei, nell'unico scompartimento con le cuccette, non potete sbagliare, è l'unico disponibile», disse l'ufficiale, e poi si allontanò rapidamente, quasi a voler togliersi di mezzo, prima che i tre potessero cambiare idea.

«Oh, beh, in fondo, basta avere un letto, e noi tre ormai ci conosciamo», disse sorridendo Marco. Subito gli fecero eco le due donne: «Già, è andata bene!» Decisero, visto che ancora era presto, di continuare a rimanere seduti dove si trovavano, la chiacchierata era interessante e l'atmosfera conviviale favoriva una certa serenità, certo aiutata dalla bottiglia di vino.
Era passata qualche altra ora e la bottiglia, non serve dirlo, era stata ormai completamente svuotata. Si decise quindi di terminare la serata e andare a dormire. I tre si diressero verso le agognate cuccette, a passi leggeri, come lieve è la mente, sedata da una opportuna quantità di alcol. Marco, ultimo ad alzarsi e muoversi, seguì le due donne, rimanendo giusto quel passo indietro, e, di tanto in tanto, grazie a questa posizione strategica, lasciava che l'occhio cadesse sulle sue compagne di viaggio. Il vino lo rendeva certo più baldanzoso, e, senza preoccuparsene più di tanto, cercava di intuire i corpi delle due donne sotto alle vesti. In particolare, dato il punto di vista privilegiato, ammirava il loro sedere, quello di Paola in particolare, che, con le sue generose forme, riusciva facile a indovinarsi.

Arrivarono alla carrozza sei, che poi era quella su cui Marco era salito inizialmente, aprirono allora la porta dello scompartimento, ma grande fu la sorpresa, quando si accorsero che dentro vi era un unico grande letto, matrimoniale!
Ci fu un attimo di smarrimento generale, o forse no, solamente di silenzio, rotto poi dalla voce di Marco, certo incoraggiato dal buon vino, che disse: «Non ci credo, sembrava troppo bello!». L'uomo, forse già facendo uso di una certa furbizia, si era appena scelto il ruolo del bravo ragazzo.
«Guarda che situazione», fece un pausa, «Beh, nessun problema, il treno è comunque mezzo vuoto, posso sedermi in un posto qualsiasi qui fuori, non è certo la fine del mondo», continuò, deciso ormai a fare la sua parte in questa piccola recita. Ma Paola prese la parola: «Eh, certo è un bel problema, o forse no! il letto è abbastanza grande, io non occupo molto spazio, perché non ci mettiamo tutti e tre a dormire qui?»
Certo la proposta aveva colto Marco di sorpresa, altroché, e avrebbe accettato anche subito, o forse no, era intimidito, proprio adesso! Ora che sembrava diventare tutto molto più intrigante, quantomeno nella sua testa.
Ma i suoi pensieri vennero interrotti da Paola, che non perse tempo: «Di certo non possiamo lasciarti dormire su un sedile, e sono sicuro che nemmeno tu vuoi lasciarci fuori, per cui, è l'unica soluzione», e nel dirlo guardò il ragazzo dritto negli occhi, con una espressione risoluta, di non facile interpretazione.
«Ok, va bene, cioè, ecco, se per voi non è un problema, sono d'accordo», disse Marco, ormai convinto dalla decisione con cui gli era stata fatta la proposta.
Si misero d'accordo in questi termini, prima sarebbero entrate le due donne, si sarebbero spogliate e infilate a letto, poi una volta pronte avrebbero bussato alla porta, solo a quel punto avrebbe potuto entrare anche lui. Convenuto che fosse la soluzione migliore, Paola e Monica entrarono, e Marco attese.

Rimase solo per diversi minuti nel piccolo corridoio del vagone, davanti alla porta, guardando la notte fuori dal finestrino, e si scoprì inquieto. Certo, di lì a poco si sarebbe infilato a letto con due donne, simpatiche, certo, giovani, d'accordo, ma pur sempre... suore! E la cosa lo metteva in ansia, sarebbe stato tutto più semplice se fossero state donne "normali", invece ora era pieno di dubbi, aveva davvero capito tutto come voleva lui?
Fu interrotto da un rumore ritmico e sordo alle sue spalle, il segnale convenuto, erano pronte. Lui no, ma ora doveva entrare, si fece coraggio, e, appoggiata la mano sulla maniglia, sospinse la porta, ed entrò.
Paola era a letto, leggeva un libro, Monica invece controllava il telefonino, e, vedendolo entrare, lo salutò con un caldo sorriso, aveva davvero un gran bel volto.

Marco sentì il cuore aumentare notevolmente i battiti, e Paola, forse intuendo il suo imbarazzo, lo richiamò all'ordine: «Ok, direi che ti puoi mettere qui in mezzo a noi, però, se non ti dispiace, rimani vestito fino a quando non sei sotto le coperte, e spogliati una volta dentro, d'accordo?» Lui rispose annuendo, quasi senza fiato, e si infilò a letto, cercando di non urtare i corpi delle due donne, quasi fossero di vetro e vi fosse il rischio di romperli.
Ok, era entrato, nel letto, iniziò quindi a spogliarsi, rimanendo in silenzio. Entrambe le suore erano occupate in altro, o almeno così sembrava, si levò la maglietta, rimanendo a torso nudo, e poi, con un minimo di acrobazie, riuscì a togliere anche i pantaloni, gettò infine tutto ai piedi del letto.
«Ecco fatto», disse Monica, sempre sorridente, e a Marco sembrò che la donna, con la coda dell'occhio, avesse osservato la sua svestizione per tutto il tempo.

«Ora ci mettiamo a letto, che dici?», chiese poi ancora Monica, ma, prima che il ragazzo potesse aprire bocca, Paola rispose: «Volete già dormire? Io ho un'altra idea», e, con lo sguardo di chi voleva combinarne una grossa, attese la reazione degli altri due alle sue parole.
«Cioè?», chiese Monica, incuriosita.
In tutta risposta, la suora bionda allungò la mano a lato del letto, e prese ad armeggiare con una familiare sacca marroncina.
«Dai, non ci credo», esclamò l'altra donna, «Hai un'altra bottiglia di vino!»
In effetti, dalla sacca fece capolino una bottiglia, del tutto simile a quella che si erano scolati poco prima, con la fondamentale differenza che questa era ancora chiusa.
«Beh, quasi quasi...», parlò finalmente Marco.
Monica non disse nulla, ma sorrideva, anche lei voleva essere della partita. Rapidamente furono distribuiti i bicchieri, e in un attimo si respirava di nuovo quella piacevole sensazione di festa, che li aveva accompagnati nell'altro vagone.
Gli sguardi d'intesa tra i tre avrebbero ingannato chiunque, ad un occhio esterno potevano sembrare amici da una vita!

Decisero di sedersi su quel lettone, in cerchio: le due donne vicine, in camicia da notte, e lui di fronte a loro.

Le chiacchiere ricominciarono, Marco voleva approfondire un po' la conoscenza con queste due strane suore, e faceva un sacco di domande. Era, dopotutto, una situazione molto particolare! Data poi la sua posizione privilegiata, sopra il letto, sentiva il calore di entrambi i corpi vicino al suo, e questo lo eccitava e lo rendeva piuttosto coraggioso.
«Ma, a che età avete deciso di diventare suore?», chiese il ragazzo, d'un tratto.
«Io sono entrata in convento molto giovane, avevo sedici anni», disse Monica.
«Io invece, al contrario, piuttosto tardi, a ventisei», rispose Paola, la bionda.
«Però! Sono due scelte difficili in entrambi i casi, ma forse è più dura quando, ecco, hai già avuto esperienze di vita "normale"», riprese Marco.
«Cioè, quando hai già visto com'è la vita fuori, e decidi di cambiare completamente direzione?», domandò Monica.
«Esatto, non ti manca mai nulla, di ciò che facevi prima?», disse lui, rivolgendosi alla bionda.
«Ahah, credo di sapere a cosa ti riferisci!», esclamò lei, quasi ammiccando, o almeno così sembrava al giovane. Lui, aiutato dal vino, chiese allora malizioso: «E a cosa dovrei riferirmi?».
«Ahah, non sono così lenta, sai?», rispose ancora lei, prendendo tempo, «Parli degli uomini, no? Del sesso...»
L'uomo si stupì che Paola riuscisse a sollevare l'argomento così facilmente, certo c'era il contributo dell'alcool, ma la cosa in fondo lo divertiva, e aumentava la sua eccitazione.
«Certo, parlo del sesso, non ti manca mai, almeno un po'?», disse lui, spavaldo.
«Qualche volta, ma sai, alla fine, ho preso una decisione, ed ero libera di scegliere, ed ho scelto così, anche se...», ma la risposta viene interrotta dall'intervento di Monica, che fino a quel momento era rimasta zitta: «Io ho solo qualche vago ricordo, ormai, ma non sono mai stata molto esperta, ah ah ah», esclama, ridendo nervosamente.

La seconda bottiglia era ormai mezza vuota, e la discussione non accennava a fermarsi. Fu ancora il ragazzo a prendere parola: «Io non so come farei, senza sesso»
«Ah ah, sfacciato!», rise Paola.
«Beh, sono un uomo, è normale!», si offese, per gioco, lui.
«Però dovresti darti una calmata, almeno adesso!», rispose la bionda. Subito Marco non capì, ma, dopo un istante, realizzò, complice anche lo sguardo divertito della donna, che aveva un'erezione, ed era pure ben visibile da sotto il lenzuolo.
«Cavolo, me lo ha visto, che vergogna», provò a pensare, ma non ci riuscì. Il vino infatti gli era andato alla testa, e quel po' di freni inibitori che poteva avere erano ormai a piede libero.
Solo Monica, un po' in disparte, rimaneva pensierosa e, alla vista di quella collinetta, abbassò lo sguardo, pudicamente.

Marco, piuttosto ubriaco, cambiò decisamente il passo. Accortosi che Paola, a sua volta molto poco lucida, rideva senza imbarazzo della situazione, decise di scoprirsi, sollevando il lato del lenzuolo che celava il suo membro, e, con malizia, portò alla luce i boxer, suo unico indumento.
Alla vista di tutta l'operazione, Paola esclamò: «Sì, decisamente non potresti vivere senza sesso, guardati! Ah ah ah». Non sembrava nemmeno più la stessa donna, era molto attraente, le sue procaci forme si facevano strada sotto la camicia da notte. Marco, imbambolato da quel prosperoso seno, aveva ora una gran voglia di masturbarsi.
Per quanto assurda fosse l'intera situazione, l'assenza di limiti, di cui godeva a causa dell'alcol, lo portava a fare ogni tipo di pensiero, anche il più indecente.

Quasi che lei potesse leggerlo nella mente, la donna bionda parlò: «Non penserai di fare, quello che pensi di fare, vero?! Ah ah ah». Lei rideva, ma lui aveva ormai una voglia interminabile, voleva toccarsi. Sempre la donna, capendolo, o forse non capendo ormai più nulla, aggiunse: «Almeno, copriti! Ah ah ah»
Non si capiva fino a che punto stesse scherzando, Monica era sempre silenziosa, ma si intuiva quanto la cosa fosse interessante anche per lei. Marco, preso dalla sua eccitazione, afferrò il lenzuolo, di cui si era liberato pochi istanti prima, e si ricoprì, malamente. Poi, con un gesto rapido, nascosto ora dalle lenzuola, si tolse i boxer, e afferrò il cazzo, durissimo.

A quel punto, con entrambe le donne che, in un modo o nell'altro, lo guardavano, prese a masturbarsi. La sua mano scivolava, esperta, lungo tutto il cazzo, avanti e indietro, era facile intuire quel movimento, dalla sagoma del suo membro e dal braccio, che sporgeva fuori dal lenzuolo. Non riusciva a credere a ciò che stava facendo, eppure stava accadendo davvero, si stava segando di fronte a due suore! Perso ogni controllo, fissava dritto prima una, poi l'altra donna, ne guardava ogni dettaglio, il seno, le labbra, il collo, le mani. Nessuno parlava più, le due donne si erano eccitate a loro volta, ma entrambe cercavano in qualche modo di dissimulare.

«Ma cosa fai?! Lo fai veramente!!», esclamò Paola, la più loquace. E per un attimo lui pensò davvero di smettere, quasi che lei lo stesse sgridando per quel comportamento indecente. Ma la sua voglia prevalse e, in pochi minuti, una macchia umida si allargò sul lenzuolo, proprio in prossimità della sua cappella: aveva appena sborrato.
«Oddio, cosa ho fatto! L'ho fatto davvero!», pensava lui, ma in fondo non era per nulla agitato, aveva goduto da matti, e si era finalmente lasciato andare a tutta quella eccitazione accumulata.

Monica, alla vista di quella macchia, che andava spandendosi sul lenzuolo, si mise, inavvertitamente, un dito in bocca, quasi a immaginare di gustare quel nettare. Paola, visibilmente eccitata, paonazza in volto,forse anche a causa del vino, prese a parlare: «Ecco, guarda che hai combinato, hai sporcato tutto il lenzuolo!», e, subito dopo averlo detto, fece per prendere dei fazzolettini da sotto il cuscino.
La donna, senza scomporsi in modo particolare, allungò la mano sotto il lenzuolo, sporco di sborra, e iniziò a pulire l'arnese di Marco. Lui, alla vista di quel braccio, che lentamente si era avvicinato per poi nascondersi alla vista, allargò leggermente le gambe, per godersi l'intera operazione.

Paola, che aveva iniziato a massaggiare dolcemente quel membro goduto, riprese a dire, quasi giustificandosi: «Devi sapere», iniziò, «Che, avendo a che fare con ragazzini adolescenti, alle volte ci capita, nelle occasioni di ritrovo estive, di trovarci in situazioni simili». Marco non credeva alle sue orecchie. Ma la donna continuò: «Non che sia la nostra attività preferita, ma, quando succede, cerchiamo di non colpevolizzare troppo i ragazzi, perché in fondo gli ormoni a quell'età si fanno sentire»
«Tu, in effetti, sei un po' più grandicello! Ah ah», tornò a ridere Paola, «Ma vedo che in quanto a ormoni non hai nulla da invidiare a nessuno...».
Marco, che non osava più aprir bocca, pensando di essere finito nelle mani di due suore pervertite, si lasciava però coccolare da quel dolce movimento, il quale, dopo un po', risvegliò nuovamente il suo amichetto, lì sotto.

«Oh, forse è meglio che smetta», disse infatti Paola, interrompendo il gesto. Sorrise, e buttò il fazzoletto, zuppo di sperma.
L'uomo, che ormai quasi si aspettava un servizio completo, fece per dire qualcosa, ma fu anticipato da Monica, fino a quel momento taciturna, che, con voce leggera, disse: «Paola, forse posso finire di ripulirlo io».
«Te la senti?», rispose l'altra, «Se vuoi tu, va bene».
La mora, in risposta, prese un altro fazzoletto, e, con dolcezza, si avvicinò al ragazzo.
«Però...», aggiunse Monica, «...Preferisco spegnere le luci, se non è un problema...». Paola, l'unica a potersi muovere, raggiunse allora l'interruttore della cabina, e in un attimo fu l'oscurità.

Com'era calda, quella manina, poteva ben sentirla, mentre, separata solo da un sottile strato di carta, accarezzava il suo membro. Quasi senza accorgersene, in un attimo, il lenzuolo sparì, e quella nuova erezione divenne visibile in tutta la sua potenza. Monica, sempre senza dire una parola, continuava a toccare quel bel cazzo eretto, allentando al tempo stesso la presa sul fazzoletto.
Senza più dire nulla, Marco si stava lasciando toccare. Godeva nel sentire la mano scorrere sull'asta, pregustando l'orgasmo. La presa era ben salda, e il gesto, su e giù, continuava, senza fretta. Percepiva che presto sarebbe venuto di nuovo, ma non voleva sprecare l'occasione così. Monica, d'improvviso, parlò: «Sapete, la verità...», iniziò, «La verità è che, tutte le volte che scopro uno dei ragazzi della parrocchia a masturbarsi, mi eccito terribilmente». La confessione fu come un fulmine a ciel sereno, e Paola, udendo quelle parole, disse: «Povera cara, ti capisco sai, è difficile resistere, le tentazioni sono sempre in agguato». La mora annuì, anche se nessuno poté vederlo, nel buio, e continuò nella sua operazione.

Smisero tutti di parlare, l'unica rumore era quello del treno che passava sui binari nei pressi di chissà quale città, il buio non era più assoluto. Gli occhi iniziavano infatti ad abituarsi alla luce della luna, si potevano intravedere meglio i corpi all'interno di quel piccolo angolo di peccatori. L'unica cosa a muoversi, in quel momento, erano le dolci dita di Monica, che accarezzavano quel membro virile ormai stracarico.
Con un piccolo strattone, una mano di lei raggiunse le palle del ragazzo, gonfie, e iniziò a stuzzicarle con inaspettata abilità, alternando lievi carezze a vere e proprie strizzate, a volte aggiungendo al tutto qualche movimento su e giù intorno all'asta.
Marco non sapeva più cosa fare, era evidente che la suora lo stesse masturbando, ma non osava muoversi, o forse semplicemente preferiva rimanere così, lasciando che fosse lei a fare ciò che voleva.

Paola, infine, parlò, con voce suadente: «Nel buio, i nostri più profondi e nascosti istinti vengono alla luce», «Noi ti aiuteremo a soddisfare le tue voglie, se anche tu sarai gentile con noi, e ci aiuterai a soddisfare le nostre»
Il ragazzo non sapeva bene cosa rispondere, la situazione era del tutto assurda, e di certo non divenne più comprensibile quando, poco dopo, Paola, che fino ad allora era rimasta immobile, si avvicinò al corpo di Marco. Si mise a gattoni, facendo in modo di poggiare il suo possente culo al viso di lui.
Era come se si fosse offerta in dono. Marco era ora avvolto da un'eccitazione palpabile. Da una parte le mani di una donna, tra le gambe, che agivano con sempre maggior decisione sul suo cazzo, dall'altra, un'altra donna aveva appena offerto il suo bel culone proprio a lui.
Entrambe vestivano una sorta di lunga vestaglia bianca, e ora, con il chiaro di luna, era possibile intravederle, e non vi era nulla di così eccitante e al tempo stesso fastidioso di quegli abiti, che impedivano di penetrare con lo sguardo ciò che desiderava con tutto sé stesso.

Paola, quasi a poterlo leggere nella mente, iniziò a sollevarsi la veste, sempre rimanendo a pecorina, e si scoprì fin sopra la vita. Fu a quel punto che Marco, con l'aiuto della luce lunare, notò che non portava mutande. Cadde preda di un delirio animalesco, aguzzò la vista, e la vide: era splendida, una grossa fica, bagnata, pelosa, a così pochi centimetri dal suo cazzo, irresistibile.
Non fece in tempo a prendere l'iniziativa che, quasi le due donne fossero sincronizzate, Monica, che fino a quel momento aveva continuato a segarlo, decise di mollare la presa. Paola invece, tenendo bene aperto il culo con entrambe le mani e avvicinandolo all'asta, ora libera, di lui, piegò il corpo indietro, lasciandosi infine penetrare da quell'arnese bagnato.

Marco trattenne a stento un gemito, il suo cazzo era scomparso dentro la donna. Sentiva le proprie palle poggiarsi, livide di dolore, al corpo umido di lei. Iniziò allora a spingere, lentamente, pompando Paola da dietro, mentre Monica, accarezzandogli il corpo, lo baciava sul collo, e, avvicinatasi al suo orecchio, mordendolo, disse dolcemente: «Siamo qui per servirti, non aver paura, puoi fare di noi ciò che vuoi...»
Al suono di queste parole, l'eccitatissimo Marco si sentì percorso da una furia animale. Decise di spingere con maggiore decisione, allungò le mani sulle spalle della bionda, afferrandole brutalmente, e iniziò a sbatterla con forza. Stava scopandola da dietro. La vista di quel culo bello sodo, il rumore ritmico, che risuonava in quella piccola stanza, la veste bianca, ormai bagnata di sudore, che lasciava scoperto il corpo di quella donna, così porca, tutte queste cose insieme attraversavano la mente del giovane, traviandolo. Il suo cazzo, marmoreo, entrava e usciva da quel bel buco peloso, bramando l'inevitabile.

D'un tratto, Monica, da dietro, allungò le mani tra le gambe di lui, percorrendole in tutta la loro lunghezza. Partì dai piedi, poi i polpacci, e infine le cosce. Le palpò con foga e, una volta risalita fino al sedere, con un dito, sfiorò Marco lì in mezzo, quasi arrivando ad entrare.
Tanto bastò per farlo scoppiare: sentì le palle liberarsi, di colpo, dentro la figa della donna, e sborrò a più riprese, svuotandosi con ferocia. Il suo sperma, non appena ebbe estratto il cazzo, ormai fradicio, iniziò a scorrere copiosamente. Rivoli biancastri gocciolavano ora da quella passera, violata.

Il tempo si era fermato, nessuno fiatava più. Marco rimaneva lì, immobile e come inebetito, Paola continuava a dargli le spalle, lasciando in bella vista quel bel culo possente, e quella passera lurida e violata. Monica aveva preso ora ad abbracciarlo da dietro, con le mani sul petto, e lo baciava, sul collo, sulle spalle, sulle orecchie, non accennava a smettere. Di nuovo fu lei a parlare: «Sono contenta che tu abbia gradito, ma se hai bisogno d'altro non esitare a farci conoscere i tuoi desideri, faremo il possibile per soddisfarli».

Non so dire se furono le parole della donna, o semplicemente la sua voce, erotica, o magari gli odori di corpi, di carne, di sesso, fatto sta che il nostro ragazzo ebbe nuovamente una erezione istantanea. I peggiori istinti ritornarono, a viva fiamma, nella sua testa, quasi peggio di prima. Credeva ormai di possedere una sorta di lasciapassare per tutti i suoi più intensi e profondi desideri sessuali, poteva fare davvero ciò che voleva! Benedì il vagone che non si era fatto trovare, e il viaggio, e la cuccetta matrimoniale.
Poi, chiusi gli occhi e abbandonatosi ormai definitivamente ai suoi istinti, disse: «Il cazzo...»
«Si?», rispose, pronta, Monica.
«Il cazzo», riprese lui, «E' sporco, deve essere pulito...»

Monica sorrise, lui poté percepirlo, anche se non lo vide, a causa del buio. Lei strisciò lungo il letto, raggiunse il cazzo di Marco, e, con decisione, afferrò quel membro eretto, mettendolo tutto in bocca. Iniziò a succhiarlo avidamente, il risucchio delle labbra e della lingua di lei, potente e avvolgente, erano ora le uniche cose che si potessero udire in quello scompartimento. La donna spompinava con passione, usando la lingua per ripulire quel bel pezzo di carne, raggiungeva con precisione ogni angolo interessante. Le palle, nuovamente in carica, l'asta, la cappella. Ed ogni schizzo di quel liquido bianco, che prima era colato dal corpo di Paola, spariva ora tra le labbra umide di questa sensualissima dea.

«Ecco, così, pulisci bene, ma fai attenzione a non svegliarlo», disse Paola.
L'eco di questa voce sfocata si fece strada nella sua testa, Marco aprì gli occhi.

«Dai, povero ragazzo, lo hai svegliato, non vedi?», esclamò ancora Paola. L'uomo, dopo qualche istante, mise a fuoco la situazione. Paola, seduta al suo posto, stava ora sgridando Monica, che, con un fazzoletto, aveva appena cercato di asciugare il ginocchio di Marco. Le due suore infatti, nel tentativo di passare il tempo interminabile di quel viaggio, si erano versate un bicchiere di vino. Purtroppo, a causa delle oscillazioni del treno, un po' del vino era finito sui pantaloni del ragazzo, e Monica aveva cercato di ripulirlo senza svegliarlo, fallendo nel suo intento.

Marco si tolse le cuffie, guardò fuori dal finestrino, era giorno. Quando si era addormentato? «Al massimo, sarà successo un'ora fa», pensò.
«Ah ah, peccato, mi sono immaginato tutto, che roba però!», continuò a riflettere nella sua mente.
Paola prese a parlare: «Scusaci sai, non volevamo svegliarti, ti abbiamo visto dormire così bene, ti sei addormentato quasi subito, dopo aver riposto il bagaglio!»
Marco connetteva ancora a fatica, fece per farfugliare qualcosa, era tutto così strano. Ma, prima che potesse aprire bocca, si accorse di avere una forte erezione, dopotutto, il sogno era stato molto eccitante. Alzò subito gli occhi, sperando che le due suore non avessero notato la cosa. Nel farlo incrociò lo sguardo di entrambe, e le due, dopo essersi scambiate uno strano sguardo d'intesa, gli sorrisero.

«Proprio insaziabile sei! Non ne hai avuto abbastanza?», esclamò Paola.
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