Prime Esperienze

Emanuele 2.0


di honeybear
30.01.2015    |    11.335    |    3 8.2
"Loro si sdraiano per accarezzarsi e coccolarsi, lasciandomi con l’uccello dolente e in fiamme..."
“Mmmm… A ben pensarci, non puoi certo servire a tavola così conciato…” la sua voce mi arriva da dietro le orecchie mentre mi sbenda.
La luce artificiale mi trafigge le palpebre costringendomi a socchiuderle; nella mia mente l’eco delle sue parole: penso si riferisca al mio abbigliamento, diciamo stravagante, per una cena tra amici…
Attendo che gli occhi si abituino alla ritrovata libertà e mettano a fuoco il luogo in cui ci troviamo.
Il bagno.
L’acqua della doccia scorre calda. Tra nuvole di vapore lo sento armeggiare con i lacci del mio travestimento. Prima di liberarmene delicatamente, si attarda sul petto già nudo per strizzarmi ed attorcigliarmi i capezzoli.
“…Sentili come sono turgidi…”
Reclino il capo sulla sua spalla. Le sue dita scorrono veloci lungo la linea dei miei fianchi, per perdersi tra i peli del mio addome e del mio pube. Si arrestano in corrispondenza del plug. Lo ravanano per benino strappandomi un lamento.
Mi bacia sul collo; poi lo sento abbassarsi: la sua lingua si fa strada tra le mie chiappe, mentre le mani riprendono a muoversi sinuose sulla seta dei collant. Dopo aver massaggiato le cosce, quasi me le stesse modellando ex-novo, li sfila con consumata abilità.
Il mio uccello, sotto i colpi che la punta della lingua sta vibrando alle palle, sussulta: mai avrei pensato di eccitarmi tanto mentre un altro uomo mi spoglia come fossi la sua donna.
Fingendo di accertarsi che il reggicalze sia ancora allacciato, con una mossa decisa, mi sfila il dildo che da ore lacera il mio culo. Mi sfugge un grido, subito soffocato dalla sua mano calda.
“Sshhtt…” mi sussurra dolcemente mentre finisce di denudarmi.
Il suo modo di fare ora, sembra quello di un amante attento e servizievole. Non di un Padrone cinico ed arrogante. Mi soffia nelle orecchie e lungo il collo e mi spinge dotto la doccia.
D’un tratto realizzo a cosa si riferiva con l’aggettivo ‘conciato’: il suo servitore dev’essere impeccabile, non certo imbrattato dai resti biologici della recente scopata… Quindi non era certo al look stravagante che faceva riferimento…
Lui mi raggiunge subito dopo essersi liberato degli stivali e dei pantaloni di cuoio.
Prende una spugna versandoci sopra del docciaschiuma ed inizia a strofinarmi dolcemente.
“Voglio che tu faccia lo stesso!” mi ordina porgendomela. Mi accingo ad accontentarlo quando, a sorpresa, mi passa un braccio attorno alla vita: mi avvinghia a sé iniziando a baciarmi.
Lo fa dapprima dolcemente e poi sempre più appassionatamente. Voracemente.
Non posso che assaggiare ancora una volta la sua lingua, e poi lasciarlo fare.
I nostri gemiti sono soffocati dal ticchettio dell’acqua che seguita a scorrere sui nostri corpi.
Sono eccitato: il cazzo sembra volermi esplodere tra le gambe. Si stacca. Sorride.
“Forza… - mi incita – Vieni… Vienimi addosso… Voglio che sborri strusciandoti su di me…”
Il mio sguardo esprime dubbio e preoccupazione.
“È sempre il tuo Padrone ad ordinartelo!!!! Sborrami addosso zoccola!!!!” la pacca sul culo è indizio eloquente che posso (e devo) obbedire.
Mi stringo forte a lui. Sento il suo respiro greve spegnersi tra i peli del mio petto. Mi mordicchia un lobo facendomi gemere.
Ansima.
Ansimo.
Le sue mani mi stringono le chiappe per sollevarmi leggermente. Lo serro tra le mie gambe, cosicché il mio bacino sia libero di muoversi meccanicamente dall’alto verso il basso contro il suo addome.
“Brava… Brava la mia troietta… Così… - il mio cazzo durissimo ed il mio pelo bagnato che sfregano lungo il suo, mi mandano in tilt. Sono al punto di non ritorno – Cosìììì… Lasciati andare… Brava… Mmmm…”
“AAAaaahhhHHH…” è un attimo di puro, intensissimo piacere. Lascio che mi stringa e mi coccoli come si fa con un bambino.
Sono pochi, intensi attimi. Poi mi stacca da lui osservando i miei ricci scuri, appesantiti dall’acqua, che mi ricadono sulle spalle.
Infine guarda in basso, invitandomi a seguirlo con lo sguardo.
Nella zona immediatamente poco sopra l’ombelico, sta scorrendo il fiume caldo che gli ho rovesciato addosso e che, lento, arriva al pube. I suoi occhi mi si piantano addosso come i fari di un’auto nella notte.
“E adesso leccala tutta… – mi intima spingendomi ad abbassarmi. Inizio a lappare perdendomi nel folto del suo cespuglio - …Non toccarti cagna! Lecca e basta!”
La mia lingua passa e ripassa avida tra i suoi fili umidi e setosi, deglutendo ogni goccia di quel nettare acidulo ormai ampiamente diluito dall’acqua bollente.
Acqua che cessa di scendere. Improvvisamente.
Mi sta puntando addosso il suo cazzo. Non è in tiro. Nemmeno barzotto.
Un getto inaspettato mi colpisce dritto in mio viso. D’istinto chiudo gli occhi per evitare di essere accecato dal suo piscio caldo. Li riapro per godermi appieno lo spettacolo del mio corpo irrorato da quella nuova pioggia dorata. Sembrano attimi infiniti ed incredibilmente intimi.
È lui a spezzare la magia dell’incantesimo; mentre termina di sgrollarsi è come se all’improvviso realizzi di essersi dimenticato di qualcosa d’importante.
“Dannazione! – esce rapido dal box e guarda l’orologio appoggiato sul costosissimo piano di marmo del lavandino - Siamo in ritardo! Forza asciugati in fretta…” aggiunge allontanandosi di corsa dal bagno.
Faccio del mio meglio per accontentarlo.
Quando torna, la sua vista mozza il fiato: la camicia chiara sapientemente sbottonata, sottolinea strategicamente sia i pettorali, sia il ciuffo di pelo che fa capolino dallo scollo. I pantaloni scuri, perfettamente aderenti alle gambe tornite e gli altri accessori, completano il quadro di una divinità.
“Girati e alza una gamba… Forza! – l’impeto con cui viola la mia rosellina con un plug più grosso del precedente, mi costringe a sostenermi al lavandino – Non avrai certo pensato che ti privassi di un gingillo per te ormai indispensabile, troia!!!!” Fa male. Ma fortunatamente mi abituo in fretta alla nuova presenza interna.
“Ed ora indossa la tua divisa, zoccola!!” e, ponendosi dietro di me, mi aiuta a stringere i lacci del bustier di pizzo nero che, sfregandomi i capezzoli, lascia ancora una volta scoperto il petto villoso. Ancora, mi fa indossare il nuovo striminzito perizoma sempre in pizzo nero, il cui cordino s’insinua perfettamente nel mio solco peloso. Mi spinge infine sulla tazza del cesso per infilarmi i velatissimi collant di seta scuri che, dopo avermi fatto rialzare e voltare, mi aggancia con consumata abilità al reggicalze.
“Fatti guardare… - nota la mia eccitazione mentre mi fa ruotare su me stesso come fossi un manichino da esporre in vetrina - …Cazzo, sei proprio una schiava coi fiocchi!!” mi da una decisa palpata lì, seguita da una sonora sculacciata.
Io non batto ciglio.
Nemmeno quando tornano la benda sugli occhi ed il collare.
“Seguimi…” e con uno strattone inizia le lenta marcia verso il nulla…
Apre una porta e mi spinge all’interno del locale.
“Abbassati!! – la catena del guinzaglio viene agganciata a qualcosa che mi costringe a rimanere inginocchiato. Sembra una colonnina o forse la base di un tavolo – Mani sulle ginocchia schiavo!!”
Eseguo.
“Naturalmente c’è già chi ha già pensato a cucinare. – parla in maniera concitata camminando nervosamente avanti e indietro a me – Tu, ribadisco, dovrai limitarti a servire a tavola!!”
Suona il citofono.
“Ecco il nostro ospite!! – i passi si allontanano. Pochi istanti dopo la porta d’ingresso si apre per farlo entrare – Benvenuto. Prego accomodati! Oh… Non dovevi disturbarti!!”
“È il dovere di ogni buon ospite…” quella voce mi fa drizzare le antenne... Non è possibile che sia…
Sono pochi secondi: vengo liberato dalla catena e fatto alzare. Mi viene tolta anche la benda. Sbarro gli occhi…
“Coach…” sussurro schiudendo appena le labbra. La mia mente, il mio corpo sono un concentrato di emozioni che quasi mi fa cadere a terra. Pronuncio quella parola senza nemmeno accorgermene, ancora una volta soggiogato da quell’uomo che quotidianamente mi massacra a bordo vasca.
Un uomo alto e massiccio; non bello, almeno non secondo l’accezione comune del termine, eppure terribilmente affascinante.
D’istinto abbasso le mani per coprirmi le pudenda. Gesto inutile poiché che dovrei vestire un cappotto lungo fino ai piedi per nascondere il mio aspetto a dir poco imbarazzante.
Lui mi gira intorno passandosi il pollice sul mento.
La voce mi trema più ancora delle gambe, quando ripeto ‘coach’ (più a me stesso che a loro).
Lui mi squadra. Anzi, mi esamina da capo a piedi… E un sorriso malvagio e perverso gli si disegna sul viso.
L’effetto di quello sguardo, unito a quello altrettanto ilare e diretto di Alberto, mi fa sentire come uno studente poco preparato davanti alla commissione d’esame.
Mi sforzo di rimanere impassibile. E soprattutto di non guardare nella loro direzione: ho paura che si avvedano del senso di eccitazione che sto provando. Ho paura delle conseguenze che ciò potrebbe avere su di me. Sulla mia incolumità…
Nessuno parla. E in questo silenzio opprimente il mio sguardo inizia finalmente a vagare per la stanza. È un luogo dove nel pomeriggio non ho messo piede.
Le pareti bianche sono spoglie, eccezion fatta per una massiccia di croce di Sant’Andrea rivestita in pelle scura con dei legacci su ogni braccio. Non ci vuole un esperto in sadomaso per capire a cosa possa servire…
Deglutisco. Restare appeso al soffitto è stato veramente solo l’inizio… Un brivido mi percorre la schiena con l’effetto di farmi pulsare il cazzo ancora una volta.
I miei occhi riprendono ad ispezionare l’ambiente. Completano, per così dire l’arredamento, una specie di gabbia in ferro, una gogna ed un grande tavolo da pranzo corredato da due sedie che sembrano essere antiche e preziose oltre ad un baule di legno che chissà cosa contiene.
“Mmmm... – è il coach a rompere il silenzio. Sembra pensieroso – Mmmm…“ si limita a ripetere alla volta di Alberto.
Alberto annuisce ed il coach si avvicina. Mi infila una mano nel pizzo del perizoma ed inizia a tastarmi.
“Guarda un po’ questa mignotta!! – la sua voce è seria quando si rivolge al Padrone - Infila un po’ anche la tua mano qui… – e indica la zona del mio pube - …Secondo me la troverai allagata di umori!”
L’altro inizia a rovistarmi con finta dolcezza. Non muovo un muscolo.
“Bagnata fradicia!! - è il suo responso. E la sentenza è ovviamente inappellabile: uno schiaffo in pieno viso mi coglie di sorpresa - Ora rispondi stronzetta: sei stata autorizzata ad eccitarti?”
“No Padrone, non lo ero…”
“Ed io che ti avevo persino portato un regalo… - afferra la scatola che aveva posato su una delle sedie muovendola in aria per farcene sentire il contenuto – …Mi sa che prima di dartelo, io e il tuo Padrone dovremo rinfrescarti un po’ la memoria su alcune delle regole del tuo contratto… Sempre se lui sia d’accordo…”
Alberto sorride torvo.
Rapidamente vengo accompagnato verso la croce e legato a gambe divaricate e braccia aperte. La testa costretta a guardare in alto e la bocca nuovamente imbavagliata da una ballgag. La pancia è schiacciata contro il rivestimento mentre il mio uccello, che sembra non volersi sgonfiare, contro il muro gelido; la schiena ed il culo sono invece alla mercé delle fruste che i miei due aguzzini materializzano dal baule.
“Questa dovrebbe andare bene… - la voce di Alberto non tradisce emozione; poi rivolgendosi al coach – Gliel’ho già fatta assaggiare nel pomeriggio…”
“Bravo! Ottima scelta!” non posso vederli, se non con la coda dell’occhio, ma so perfettamente a cosa alludono. Soprattutto, sento distintamente le loro mani forti scorrere sul pelo ruvido delle mie chiappe per tastarle come fossero l’impasto di una frolla. Immediatamente dopo, un colpo ai glutei mi toglie il fiato schiantandomi contro lo strumento di tortura.
“Vedi grandissima puttana cosa ti succede a comportarti male!? - mi sfotte il mio allenatore subito prima di colpirmi di nuovo – Quello che ti farò assaggiare io si chiama invece gatto a nove code, cagna…”
“Non l’ho ancora indottrinata riguardo il materiale utilizzato…” si affretta ad informarlo Alberto.
“Oh, non preoccuparti! È un ragazzo in gamba e vedrai che da bravo schiavo, imparerà a riconoscerli, uno ad uno: paddle, bastoni, fruste… Li identificherà al primo colpo!!” ed un’altra sferzata colpisce ancora nel segno. Seguono altre frustate. Forse una decina. Forse di più… Alle gambe. Sulla schiena.
Stringo i denti. Trattengo a stento le lacrime. Non è facile. Né fisicamente, né psicologicamente.
Il coach mi si fa di fianco e tirandomi per i capelli, mi chiede se sto bene. Deglutisco a fatica, e con i goccioloni agli occhi annuisco. Senza concedermi la minima tregua, le loro lingue, smaniose di limonarmi, s’infilano in gola. Giochiamo così per qualche attimo, mentre un altro brivido, questa volta freddo, mi percorre la schiena… Sembra ghiaccio e questo mi dà un po’ di sollievo.
Mi slegano. Cado sfinito sulle ginocchia.
Non ho il tempo di riprendermi, che mi ritrovo carponi.
Il coach preme il mio viso sulla sua patta: “Annusa troia!! – ruggisce mentre la sua mano mi tiene saldamente ferma la testa. Aspiro quel nuovo aroma di maschio a fatica, data la costrizione della ballgag, mentre sento Alberto, strusciandosi sopra di me, si diverte a tormentarmi capezzoli e uccello.
Mugugno tra la stoffa dei pantaloni. Mi sento soffocare tanta è la forza che mi imprigiona. Finalmente il coach, evidentemente soddisfatto, decide di liberarmi da quella morsa ed allegramente esclama: “A questo punto direi che puoi scartare il regalo!”
Mi allunga la scatola. La apro e ne osservo sbalordito il contenuto.
“Avanti, indossale subito!!”
Osservo perplesso il vertiginoso tacco dodici a stiletto delle decolleté color nero lucido che sto rigirando tra le mani… Non ho mai camminato sui tacchi in vita mia!!
“Che aspetti… – Alberto mi colpisce con una paletta di legno riportandomi alla realtà - …Infilati quelle cazzo di scarpe!”
“Le stanno da dio!!!! – è il commento del coach – Ed ora fai qualche passo per mostrarci quanto sei figa! Ma stai attenta… Se solo ti permetti d’inciampare o, peggio, cadere…” non gli serve concludere la frase: è sufficiente che indichi la croce e la gogna perché io capisca.
‘Mi reggo in piedi perfettamente. E questo è già un punto a mio favore - dico a me stesso. Provo a muovere il primo passo. Barcollo leggermente ma il piede non si storta – ed ora metti l’altro davanti… Così… Bravo… Lentamente…’
Sudo freddo, ma riesco a percorrere tutta la distanza che mi separa dalla porta senza cadere e, soprattutto, senza guardarmi i piedi…
“Fermo… Non muoverti schiavo. E soprattutto non girarti!!” m’intima Alberto severamente.
“Cristo che gran culo hai…” gli fa eco il coach.
“Decisamente… E pure quello dell’altro che mi hai mandato non è male…”
“Chi!? Leo!? – chiede avventandosi su di me e pressandomi contro la massiccia porta – Sì, anche quello di Leo ha il suo bel perché, ma il tuo… – è infoiato come un toro da monta. Il suo respiro pesante mi penetra nelle orecchie mentre mi preme il viso contro il legno scuro – …Cazzo, il tuo non ha paragoni!!”
Sento le sue mani enormi dappertutto: sulle spalle, lungo i fianchi, tra le cosce. Sono mani forti, che sanno il fatto loro e che esplorano ogni centimetro di pelle e di pelo: si sono insinuate nuovamente nell’elastico del perizoma e stanno facendo scempio del mio uccello. È duro da morire e sbrodola liquido prespermatico dappertutto.
“Sentila come è eccitata questa troia!!!! – mi sibila in un orecchio mentre mi toglie la gagball per farmi leccare i miei umori – A nulla sono valse le frustate!! – e, rivolto ad Alberto continua – Sarà dura da domare!”
“Ci riusciremo vedrai. – commenta gelido il medico – E alla fine dell’addestramento ci sarà riconoscente per tutto ciò che avremo fatto per lei! – anch’egli mi si avvicina. Mi serra le mascelle in una stretta così possente che ho paura me le fratturi – E ci ricompenserà del tempo e dei sacrifici spesi, assecondando ogni nostro desiderio. Vero!? Rispondi schiavo!!”
“Sì… - con un alito di voce riesco a rispndere – …Sì Padroni!!”
Le due mani che afferrano le mie e le portano a tastare due mazze durissime, sono l’inequivocabile segnale d’approvazione. Poi mi ritrovo nuovamente in balia del coach assatanato. Le sue dita si agitano sul plug: lo sfilano ed infilano come se stessero giocando con una cannuccia in un bicchiere. Il dolore è lancinante, ma il senso di eccitazione che mi batte in testa lo surclassa nettamente.
“Te lo aprirò per bene… - sempre riferendosi al mio culo - Te lo aprirò a tal punto che m’implorerai di non smettere… - le mani risalgono lungo i fianchi per farmi girare. Mi osserva con disappunto - Questo però non va bene!!!! – il pizzo del bustier finisce in brandelli come fosse carta velina. Le sue dita stritolano energicamente i capezzoli – Alberto, trovagli immediatamente qualcosa di più adatto!!”
Sento aprire il baule e subito dopo un tintinnio. Il medico mi para davanti una catena con fissate alle estremità due pinze.
“Perfetto!! – e la prima pinza si chiude su uno dei due capezzoli. Stringo i denti per il dolore – Assolutamente perfetto!” idem la seconda. E la catena finisce dritta nella mia bocca.
“Sei contento schiavo!?”
Non ho nemmeno il tempo di annuire col capo: mi fanno accucciare a quattro zampe per agganciarmi la catena al guinzaglio di pelle nera.
“Ora, con quella baldracca della nostra cagna, spostiamoci pure in sala da pranzo: comincio a sentire un certo languorino!! - li seguo docilmente – Sai, questa gran troia ha passato l’intero pomeriggio a riassettare in vista della serata!! Diglielo stronza…” e da uno strattone al guinzaglio.
“Sì Padrone. È così!”
“E non permetterti di alzare lo sguardo su di noi lurida puttana!! – Alberto dietro di me, infila un piede tra le chiappe spingendo in avanti il plug. La sollecitazione della prostata mi fa vedere le stelle - A meno che non siamo noi ad ordinartelo!!”
Abbasso mestamente il capo mentre vengo incatenato accanto al mobile bar.
“Resta lì. In ginocchio e mani sulle cosce!!”
Loro si siedono sul grande divano in pelle iniziando a conversare amabilmente di sport e politica; quando ad un certo punto: “Schiavo, servici l’aperitivo!”
Prendo il vassoio su cui sono posati i cocktails pronti e gli stuzzichini. Li appoggio al tavolino piegandomi in avanti per afferrare i bicchieri e porgerglieli. Le loro mani passano attraverso le mie gambe leggermente divaricate risalendo alle palle e quindi ai glutei: il contatto tra la seta e i miei peli, mi provoca un irrefrenabile prurito. Loro sembrano non avvedersene e seguitano a discorrere mentre afferrano i tumbler avvicinandoseli alla bocca.
“Hai dimenticato il ghiaccio!! - mi rimprovera bonariamente il coach alzandosi – Ed è una grave mancanza questa!! - Sul mio volto si dipinge un forte senso d’apprensione. Lui continua imperterrito - Vieni qui: t’insegnerò io a preparare dei cocktails decenti!”
Mi avvicino. Lui raccoglie una manciata di cubetti dal cestello e me li getta addosso. Un tremito. Mi afferra saldamente per la testa e me la schiaccia sul pavimento premendola con forza sopra un paio di essi. Il dolore provocato dal freddo sembra paralizzarmi la parte sinistra del viso. Si china a sua volta, schernendomi: “Hai capito che ci vuole il ghiaccio!?”
E così dicendo ne prende ancora uno dal cestello. Me lo passa lentamente sulla schiena e poi sul torace, intorno ai capezzoli. Li morde aggiungendo fastidio a quello delle pinze.
“Apri la bocca e lascia cadere la catena!!” siamo carponi. Uno di fronte all’altro. Con la lingua mi passa il cubetto gelato per poi iniziare a trapanarmi. Sento il suo serpente viscido fino in gola ed il ghiaccio che si scioglie.
Alberto non resta certo inerme e dopo essersi alzato ed avermi sfilato il plug dal culo, infila qualche cubetto anche lì. Lo fa lentamente, ma metodicamente. Sento il gelo picchiarmi in testa. Ottenebra i miei sensi e i miei pensieri…
Sono completamente, assolutamente in loro balia…
E il gioco mi eccita da morire. Il coach se ne accorge: “Raffreddiamo subito i bollenti spiriti!!” e ficca del ghiaccio anche nel perizoma. I miei occhi scuri li osservano con un misto di sfida e perversa lussuria.
Mi ignorano.
“Pulisci tutto e renditi presentabile per apparecchiare e servire in tavola! Avvisaci quando è pronto!” spariscono nello studio di Alberto ridendo sonoramente: è la prima volta che glielo sento fare. Per un attimo rifletto sull’impressionante naturalezza dei loro comportamenti. E sulla bestialità della loro natura.
‘Mi stanno trattando come, se non peggio di un animale – mi dico rassettando meticolosamente e quanto più velocemente possibile – eppure tutto ciò sembra appartenere allo loro quotidianità’.
Scaccio dalla mente quei pensieri e mi avvicino alla pregiata credenza in mogano da cui estraggo l’occorrente per imbandire la mensa.
In cucina trovo invece lo scaldavivande con le varie portate e, nel frigo, i beveraggi.
Li avviso che è pronto: prima di accomodarsi mi concedono un lungo, appassionato bacio a tre.
Mentre li servo a tavola, li osservo mangiare di gusto. La catena ha ripreso il suo posto tra i miei denti
Fanno decisamente onore alla cena, mentre il tono della conversazione si fa più confidenziale: Alberto chiede al coach come stanno il figlio e la moglie… E se la seconda gravidanza di quest’ultima sta procedendo bene!!!!
Sono sbalordito da ciò che sento! Com’è diverso l’uomo che mi sta vessando dal punto di vista fisico oltre che psicologico e che mi sta facendo provare questo tipo di piacere così estremo da quello, a suo modo comunque severo ed intransigente, con cui mi alleno cinque giorni a settimana!!
Dovrei oltretutto essere disgustato dai loro discorsi, totalmente avulsi dalla situazione che stiamo vivendo; ma con mio enorme stupore, non ci riesco…
Torno a concentrarmi sul mio ruolo (e forse sta proprio in questa parola, la chiave di tutto…) e sparecchio portando via dei piatti praticamente puliti da quanto hanno apprezzato la cena!
Per me non è rimasto nulla, neanche una foglia di insalata. E i morsi della fame si fanno sentire!!!!
“Tranquilla abbiamo pensato anche a te! - a quelle parole tiro un sospiro di sollievo – Prima però finisci di rassettare e mettere in ordine la cucina!”
Alberto si dirige verso la dispensa prendendo due ciotole. Una è piena; nell’altra ci versa dell’acqua.
“Quando avrai finito raggiungici in veranda!” non so cosa possano avere in mente.
“E mi raccomando di scodinzolare!” aggiunge il coach riavvitandomi il plug.
Sbrigo le faccende in pochi minuti e, dimenandomi come l’animale che vogliono sia, mi presento sulla porta della veranda con il collare in bocca.
Me lo sganciano, sostituendolo con una lunga catena fissata ad un gancio nel muro. Alberto appoggia le ciotole ai piedi delle poltrone su cui si siedono dopo essersi abbassarti i pantaloni ed aver iniziato a masturbarsi.
“Forza avvicinati! Vieni avanti schiavo! Accomodati e buon appetito!”
Inizio ad avanzare a quattro zampe. La catena si tende sempre più. Vedo la mia ricompensa a pochi passi da me… Ma ad un tratto mi devo fermare…
“Come, non ci arrivi?? Eh!? Non ci arrivi!!!! – più cerco di allungarmi e più mi sento strozzare – Su, avanti… Ancora un piccolo sforzo e ci sei…” mi deridono. Provo a tirare con più forza, ma è metallo quello che m’imprigiona, non un elastico. Nell’ultimo, estremo tentativo, credo di cominciare a perdere i sensi. Mi lasco andare.
Sento una carezza sulla testa e la catena che si sgancia (devono aver fatto male i conti. Nessuno è perfetto, del resto…).
“Vieni qui da bravo!” il mondo intorno a me riprende le sue forme e i suoi colori e mi ritrovo con il naso davanti alla ciotola e al cazzo in tiro del coach.
Lecco il secondo con avidità meritandomi un ‘bravo’ ed ingoio qualche boccone della pietanza che ho nella scodella. Mi sposto dall’altra parte per fare lo stesso con il palo di Alberto e per bere dell’acqua.
“Bene… Ed ora che ti sei saziato con il cibo, saziati anche con questi!” si alzano costringendomi ad ingoiare le due mazze.
Spalanco la bocca per accoglierli entrambi. Le dimensioni sono davvero notevoli e fatico non poco a farle entrare. Lecco ciuccio e succhio a più non posso per lasciarmi infine scopare la bocca dalla furia animalesca dei miei due aguzzini.
“Ingoia tutto troia…” mi incita Alberto mentre gli slinguo per bene il frenulo e la cappella.
“Dio che bocca che hai… Da vera zoccola!! Mmmm… È quasi meglio del culo…” anche il coach non lesina i complimenti, mentre mi spinge il suo randello peloso fino in trachea.
Ammiro soddisfatto il risultato: le cappelle lucide gocciolano della mia saliva, ed il gioco di mano che sto praticando li manda in visibilio al punto che le membra di entrambi si tendono pressoché all’unisono.
D’istinto si siedono.
Le mie mani continuano a scivolare e a stringere le due nerchie vellutate e rosse come il fuoco. Sono dritte come fusi. Le sento pulsare. Forte. Sempre più forte.
Si agitano frenetiche.
Si fermano.
Sorrido (sperando che non se avvedano).
Le guardo ondeggiare leggermente un’ultima volta. Chiudo gli occhi. Trattengo il fiato e mi lascio coprire il viso dai fiotti di seme caldo che m’insudiciano perfino ai capelli.
Sollevando le palpebre, scorgo i loro sguardi sereni e distesi. Anch’essi hanno gli occhi chiusi (per fortuna).
Li riaprono insieme per ammirare soddisfatti la maschera di sperma di fronte a loro.
Sogghignano: “Pulisciti, troia schifosa – mi dice il coach - non vedi che lerciume che sei!”
“Già, rimettiti in ordine, che vogliamo divertirci un po’. Hai 2 minuti a partire da adesso!” e così dicendo Alberto fa partire il suo cronometro da polso.
Resto in ginocchio ed inizio a passare la lingua intorno alle labbra. Il resto lo lascio fare alle mani.
Mi osservano divertiti mentre lecco dalle dita i rivoli di liquido denso.
“Finisci con calma. E vai in bagno a darti una lavata – dentro di me ringrazio per la gentile concessione – ti aspettiamo di là!”
E per di là intendono certamente la camera con il grande e soffice letto matrimoniale.
Li raggiungo camminando a quattro zampe.
Sono completamente nudi ed eccitati: il coach è dietro di Alberto. Lo sta baciando. La sua mano s’infila nella leggera coperta. La scosta rapidamente per afferrare la mazza dell’altro ed iniziare a masturbarlo. Quando mi scorgono sono uno di fianco all’altro. Ancora una volta decidono di ignorarmi.
Il mister è infatti troppo impegnato a baciare dolcemente il petto del medico. Rapidamente scende fino a prendergli in bocca l’uccello già in tiro. Gli soppesa i coglioni e se lo fa sparire in bocca completamente, fluttuando il capo come la più consumata delle pompinare.
“Ooohhh… - Alberto ansima ad occhi chiusi - Aaahhh… Mmmm…” con la mano sulla nuca dell’allenatore dirige il ritmo della pompa.
Finalmente si decidono a prendermi in considerazione: “Dai monta… Che adesso ti montiamo noi!” mi afferrano per il collare così da farmi saltare sul letto, piantato di fronte ai due cazzoni duri.
“Liberagli la bocca dalla catena!!” dice con calma il coach ponendosi alle mie spalle con le gambe leggermente divaricate, quasi volesse farmi cadere sopra di sé. Il suo sguardo perverso non promette nulla di buono.
“D’accordo…” Alberto si pone invece davanti a me, leggermente distante. La catena nella mano destra.
La manipola tranquillamente. Mi sta dando il tempo di capire cosa sta per succedere… E poi tira!
AAAAAAHHHHH!!!!!!!
Il dolore che provo è inimmaginabile. Cado effettivamente in grembo al coach e scoppio in un pianto dirotto.
Per un attimo tutto si ferma. Entrambi mi si fanno intorno e mi consolano come farebbe un padre il cui figlio si è appena sbucciato un ginocchio.
Appena capiscono che anche quel trauma è superato, con le mani mi spingono ad intraprendere un doppio lavoro di bocca. Ingoio per prima la cappella di Alberto. La lappo di gusto, mentre con la mano masturbo la minchia del coach. È grossa e non riesco nemmeno a stringerla tutta. La smanetto energicamente mentre lui si dedica a succhiare i capezzoli del suo socio.
“Mmmm… Bravo il nostro schiavo… – geme Alberto sotto i colpi di lingua di entrambi – Bravooohhh… Non fermarti… Non fermartiiihhhh…” e la sua bocca incontra ancora una volta quella dell’altro mio padrone. La sua mano frattanto m’impone prima di leccargli a fondo le palle e poi di dedicarmi all’altrui uccello.
Le sensazioni che provo sono difficilmente descrivibili: sto spompinando il mio mister, affogando letteralmente la canna del suo fucile nella mia saliva… E lui sembra apprezzare… Almeno a giudicare dai grugniti che emette soffocati nei baci scambiati con l’altro!
“Dai forzaaahhh… Succhia… Succhiamelo tutto troiaaahhh…” il ritmo dei due pompini è vertiginoso. Forse troppo, almeno per il coach che si alza per mettersi alle mie spalle.
So cosa mi aspetta. Senza distogliermi dalla pompa ad Alberto, vengo sollevato di peso per essere correttamente posizionato, mi sfila le scarpe ed il perizoma, e m’innalza il culo. Le mie chiappe vengono divaricate.
“Guai a te se gridi… – mi avvisa Alberto allungandomi uno schiaffo – E continua a succhiare, lurida puttana!”
Sento la cappella calda puntare il mio buchino e poi farsi strada senza alcun riguardo.
Gemo sommessamente mentre ingoio quanto più posso del cazzo che ho davanti a me.
Vorrei fermarmi per urlare dal dolore, ma un secondo schiaffo mi riporta alla realtà. Una realtà fatta di un corpo erculeo e peloso che mi sovrasta e di un uccello enorme che mi squarta le viscere. I colpi si susseguono dapprima lenti poi sempre più veloci e concitati. Fatico a tenere il ritmo con il pompino che sto praticando ad Alberto, ma alla fine troviamo la sincronia perfetta. E perfettamente scandita dalle violente sberle che arrivano in direzione dei miei glutei con cadenza regolare!!
“Mmmm… Te l’ho detto che ti avrei aperto per bene… - ansima e sbuffa come un toro che ha visto rosso e sta per dare la carica. Ed in effetti ha ragione: lo sento talmente in profondità che posso tranquillamente pensare che sia arrivato allo stomaco! - Dio che gran culo da scopare hai… Mmmm… Stretto e accoglienteeehhh… Mmmm… Sei davvero una vacca da montare come si deveeehhh…”
“Sììì… Sfondalooohhh… Sfondaglielo quel culone caldooohhh… - Alberto prova a trattenere il piacere che sta provando. Ma almeno in questo frangente non ci riesce, ed è costretto a lasciarsi andare. Completamente - Riempiglielo tutto… Tuttooohhh… Mmmmsssììì… Sììì…”
Sento il bisogno di staccarmi dalla sua cappella! Ho davvero necessità di sfogare il piacere che sento, fregandomene della punizione prevista, fosse anche la marchiatura a fuoco: “Sì Padrone… Inculami… Inculamiiihhh… Fallo così… Più forte… Forteeehhh…”
“Ti accontento volentieriiihhh bel troioneeehhh…” e i colpi si fanno ancora più violenti e le volgarità che escono dalle loro bocche assolutamente irripetibili. Due animali. Non c’è altro modo per definirli. Due animali completamente ed esclusivamente dominati dai loro istinti!
Il coach mi trascina su un cuscino a terra: “E adesso un po’ di addominali…” mi dice rovesciandomi a testa in giù e spalancandomi le gambe per penetrarmi in posizione ‘squat’. Dopo aver aggiustato nuovamente la posizione, con la mano indirizza il suo uccello verso il mio buco per spingerlo più in profondità. Il godimento è ai massimi livelli. Mi appoggio al suo torace per godermi la fottuta nonché lo spettacolo della sua faccia rossa e sudata che mi sta bagnando come una fontana.
“Continua Padrone… Non smettere… Non smettereeehhh…” i miei incitamenti non fanno che accelerare i ritmi della stantuffata.
Ma anche Alberto reclama la sua parte. Dopo una serie infinita di baci, riesce infine a prendere il suo posto. Appoggiandosi ai piedi del letto, m’infilza con una ferocia inaudita.
“AAAaaahhhHHH…” il grido mi sfugge inevitabilmente.
“Ti ho detto di non gridare, troia!” e piegandosi sulle gambe, inizia anche la sua cavalcata. Lunga. Interminabile. Violenta…
“Prendilo… – mi urla stringendomi il collo – Prendilooohhh…”
“Sììì… Lo voglio tuttooohhh… Tuttooohhh!! – rispondo quasi soffocando - E anche di più… Di piùùù… Fammelo sentire Padrone!! Fammelo sentireeehhh!!!”
A scaldare ulteriormente Alberto, i baci del coach che non smette di titillargli i capezzoli. D’improvviso si calma. È a quel punto che torna a farsi sentire la furia dell’altro. Appena mi si sfila, il coach mi raccoglie letteralmente da terra per sbattermi sul letto. È Alberto che torna a montarmi ma, a sorpresa, il mister incula lui!
Inizia così uno scatenato sandwich che vede il medico protagonista assoluto e noi due inermi spettatori.
Si dimena come una cagna in calore, allungandomi schiaffi ogni volta che provo a gemere e godere e chiedendo, come me prima di lui, sempre più cazzo a chi lo sta scopando da dietro.
La forza con cui mi sta sbattendo è tale da costringermi a tenermi saldamente al letto. Anche il coach lo capisce e mi issa le gambe sulle spalle di Alberto tenendomele ben salde per i piedi e godendosi lo spettacolo. Il dottore mi sfonda a più non posso ruggendo come un leone; io, dal canto mio, sfogo il mio piacere sbattendo la testa sul letto e gridando come un ossesso!
“Sììì scopami… Scopamiiihhh… - rivolto al coach – E tu taci troiaaahhh… Taci… Taciiihhh…” e per rimarcare il suo ruolo dominante mi stringe ancora una volta il collo.
Non riesco a non ribellarmi: il piacere che provo va oltre ogni limite di sopportazione e non riesco a contenermi. Glielo faccio capire, tra un grugnito e l’altro, puntandogli in faccia due occhi rabbiosi carichi di libido.
È il coach a rendersene conto: “Lasciami scopare ancora un po’ questa vacca!” e lo sposta dolcemente, slabbrandomi ancora una volta con il suo cannone. Alberto m’infila l’uccello in bocca. Glielo ciuccio ingordamente, e con le mani inizio a masturbarmi.
La scopata di bocca e di culo riprende a pieno ritmo. Da una parte l’uccello del coach mi spacca per bene il buchetto, dall’altro quello di Alberto mi riempie la gola.
Vengono simultaneamente. Il ritmo è talmente concitato che me ne accorgo appena: la sborra di entrambi mi cola sul petto. Pulisco i rispettivi uccelli continuando a smanettare il mio.
Pochi colpi e ci siamo… Sto per venire anch’io!
“Cosa credi di fare, troia!?” la mano di Alberto allontana la mia dall’erezione. Ci riprovo, ma l’esito è lo stesso. Anche la seconda e la terza volta.
“No… Qualcuno ti ha forse detto che puoi sborrare, eh!? Eh, troia!? Qualcuno ti ha dato il permesso!?”
Al volo mi rimettono la gagball, rispuntata da chissà dove, e dopo avermi immobilizzato le mani dietro la schiena con il perizoma, mi sbattono a terra su un giaciglio ai piedi del letto.
Loro si sdraiano per accarezzarsi e coccolarsi, lasciandomi con l’uccello dolente e in fiamme.
Si placano. Ma non per molto.
Abusano di me a loro piacimento per tutta la notte… E solo all’alba mi è concessa la sborrata. Lunga… Quasi infinita… E tutta da ingoiare!!
Sfinito, mi appisolo tra le braccia di entrambi, coperto dai loro teneri baci mentre accarezzo entrambi.
Mi risveglio nell’identica posizione.
Un calcio mi spinge giù dal letto: “Ora tornatene a casa schiavo. Ti chiameremo quando avremo nuovamente bisogno di te!!”
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