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Prime Esperienze

Odette: oui je suis putaine, 5a parte (solo puta move soldi...)


di sexitraumer
15.09.2014    |    4.892    |    0 8.7
"Da quando era scappato Toti il suo lavoro doveva farlo Fernando, che in cambio riceveva da mastro Giuseppe alcune licenze temporali per farsi i suoi..."

Bartolo e Fernando erano appena entrati; probabilmente solo Fernando, essendo più grande s’era reso conto di quel che doveva essere avvenuto. Se ne accorse dal secchio d’acqua in una posizione inusuale, e anche dalla loquela incerta del papà di Bartolo. Questi, rivolgendosi a Fernando chiese sbrigativo:
“Beh, che mi dici Fernando ?”
“Niente, padrone, sono pronto. O volete che riaccompagni prima a casa Bartolo ?”
“No. Non occorre, tanto Addolorata a quest’ora si sarà già dimenticata…tuttu se scerra, k’hae n’annu…”
Odette interloquì curiosa poiché Giuseppe mentre parlava ai presenti senza accorgersene stava guardando verso di lei.
“An-nu ?”
“Niente, Odetta, un an-no che Addolorata di-men-ti-ca tut-to…”
Curiosamente Fernando intervenne:
“Madamoiselle Odette, mon maitre voulait dir, que sa femme aime s’oublier toujours de toutes les choses depuis un an !”
“Ah, bon ! Compris.”
Esterrefatto Giuseppe si rivolse a Fernando:
“Fernando, tu parli il francese ?...da quando ?”
“Da quando ero poco più d’un infante, padrone: mio nonno, da parte di mamma mia, scese in Salento con il marchese Lautrecco che morì di peste vicino Barletta ove s’era acquartierato colli soldati suoi…solo che nonno Jean avea disertato lo mese prima dell’epidemia…e se n’era disceso qui da noi a prender moglie, che gli piacea il Salento…il francese me l’ha insegnato lui…da bambino mi disse di fare sempre merde à la guerre !...Sì che se lo trovavano… ”
Un bel bla bla di Fernando si profilava all’orizzonte (ristretto) di quella stanza da forno già calda di suo; Giuseppe pensò di riprendersi il suo ruolo di capo lì dentro, un ruolo che nemmeno Addolorata si sognava di togliergli lì, quando passava la notte con lui…
“Hai visto Fernando ! Tengo un lavorante che parla il franceso …che stai facendo Bartolo ?”
“Non dovete preparare li pani per l’infornata padre ?”
“E a te che importa giovinotto ?”
“…niente, solo che pensavo che potevo aiutare, così lo facciamo imparare anche a Odetta…che rimane con noi stasera, vero ?!”
Giuseppe fece una piccola pausa, poi sentenziò:
“Sì, ma domani mattina, quando tu signorino sarai a scuola, sarà già partita per Otranto, quindi non te ne innamorare, che poi ci staresti male !”
“Ma padre, io…”
All’improvviso una voce estranea, proveniente dall’esterno, una voce di uomo si fece avanti senza aver bussato, dato che il portone del forno di uno dei fornai di Muro, era rimasto aperto…
“…permesso ?!...”
Un uomo di mezza età, non troppo alto, di capelli tra il grigio chiaro ed il castano. I suoi occhi erano amichevoli. Indossava un cappello di velluto scuro con dei ricami ed aveva il collo coperto dal collare di seta a doppia ondulazione. La sua veste nera di velluto per lo più, che indossava con eleganza, aderiva bene al corpo e non nascondeva una certa pancetta, non pari a quella di mastro Giuseppe ad ogni modo, come pure i ricami di seta bianchi sulla veste ed i pantaloni-mutandoni erano lindi e puliti. Messer Lino amava indossare vesti pulite, non lussuose, e perciò facili da indossare per le incombenze burocratiche diurne.
“Avanti, venite avanti messere !...chi siete ?”
“Salve a voi mastro Giuseppe ! Son io, messer Lino, e son qui giunto per ricordarvi una cosa di una certa importanza caro Giuseppe…siete in compagnia vedo! Disturbo ?!”
“No, parlate pure caro Lino! In verità non vi attendevo, devo dire.”
L’uomo, un po’ più giovane di mastro Giuseppe, dai modi cortesi e sicuri, si guardò intorno, e salutò i presenti con un cenno del capo a tutti, tenendo il mano il proprio cappello a pieghe che si era tolto per salutare il titolare del forno, quando però non era ancora in vista…
“Io invece sì che vi attendevo…! Vi si aspettava all’intendenza questa mane, che dovevate rinnovare la permissione bimestrale di girare la notte, immune dalle ronde, per consegnar li pani…ma non siete passato ! Scade stanotte…cioè all’ora sesta dell’ultimo mattino come dice l’ordinanza del podestà…credevo lo sapeste…”
Mastro Giuseppe ebbe un attimo di smarrimento; poi ricordò di non aver svolto un importante incombente come quello, distratto come s’era, per aver trovato quella donnina insieme con la moglie Addolorata, sempre più smemorata ultimamente, con delle brevi assenze di mente…certo che anche lui…
“Avete ragione messer Lino. Son dolente, ma me ne dimenticai del tutto. Scade questa notte, dite ?”
“Certo mastro Giuseppe, per la somma dovuta son due lire il mese, per un totale di quattro. Si riscuote due la volta…come già saprete…non ve ne sarete dimenticato, vero ?!”
“Ma stanotte, posso girare ?”
“Sì, stanotte sì. Ma domani notte, secondo la legge, no.”
“E domani ?”
“Pagando l’ammenda dovuta all’ufficio del podestà anche…ma rischiate di trascorrer la notte in gattabuia, poiché sarebbe seconda volta che vi dimenticate della scadenza…”
“Stiamo invecchiando caro Lino…”
“Chiedo venia: ma per l’età parlate per voi messere…”
“E a quanto ammonterebbe codesta ammenda ? Orsù dite ! “
“Dieci lire, più le quattro da pagarsi…”
“E se passassi l’indomani al comune ?”
“Non mi trovereste caro mastro ! Sarò richiesto altrove, e l’ufficio rimarrà chiuso. Non ho personale a cui lasciarlo.”
“Ditemi, giacché qui siete giunto di vostra sponte, non potrei pagarvi ora ?”
“Certo che diamine !…son passato apposta…dunque sarebbero cinque lire, caro Giuseppe…”
“Siete in fallo messer Lino, avevate detto quattro poc’anzi ! Ho qui dei testimoni.”
“Certamente che quattro vi dissi, ma parlavo della licenza sola. Una lira mi servirà per tacitar li due soldati della ronda, che da me informati che avete rinnovato la permissione pur non potendo esibire ricevuta, non vi fermeranno punto…”
“Cinque eh ?!”
“Perdonate Giuseppe, ma non è soltanto la legge; gli è che si affermarono certi usi da quando lo stipendio alli armigeri non vien pagato regolarmente. Se volete pagare a me, vi porterò la ricevuta domani l’altro al vespro al domicilio vostro, se non disturbo.”
Giuseppe valutò la situazione, ed estraendosi cinque lire dal sacchetto di velluto pertinenza del proprio vestimento, diede le monete al messo del comune, che saggiatele di morso tutte quante, tosto intascò.
“Vi ringrazio caro mastro, non mancherò di farvi ricevuta, orsù ditemi chi è questa leggiadra biondina qui con voi ? Primiera fiata che la vedo, giurerei…”
Il gentil funzionario si avvicinò ad Odette, onde stringerle la mano, e miglior conoscenza farne. Disse garbato:
“Permettete signorina, son mastro Lino, gentiluomo del comune, e riscuoto imposte e tasse dovute allo comune…posso sapere come vi chiamate ?”
Odette sorrise, facendogli una piccola riverenza per poi stringergli la mano velocemente, e senza profferir parola veruna. Messer Lino era rimasto un po’ deluso del breve contatto di pelle con la mano della ragazza. Giuseppe intervenne:
“Ecco, è una delle nipoti di Addolorata, è di capo Leuca…si chiama Odetta.”
“Di Capo Leuca dite Giuseppe ?...bionda ed azzurra d’occhi ? Date retta a me Giuseppe, questo splendido fiore dell’altra metà del cielo è del nord, è d’oltralpe, come per esempio…venite forse dalla Svizzera signorina ? O dalla Bavaria ? No, anche se fatti miei non sono punto, voi non siete di Capo Leuca…”
Odette continuava a non rispondere imbarazzata, mentre messer Lino sembrava insistere…che fare a quel punto ?!
“…ma perché non risponde ? È forse muta ?”
“No, caro Lino, ma l’idioma nostro non lo parla, ve l’assicuro. Ma perché v’interessa ? Vorreste forse tediarla coi balzelli d’entrata ?”
“Ma cosa dite ? Solo che quest’oggi al vespro o poco dopo, vidi dalla finestra del mio ufficio il vostro Bartolo, preso per mano con questa bella creatura, e mi chiesi se Bartolo non era troppo piccolo ancora per accompagnarsi a siffatta donnina, di tal beltate…poi se non avete pagato li balzelli per l’entrata nel territorio…o vabbé ! Ditele che può venire alla magione mia a pagare…di persona, s’intende !”
“Ma cosa dite Lino ! La stava solo accompagnando qui da me, che a casa nostra Addolorata…”
“Ah, ho capito. Vostra moglie non la vuole nella magion vostra perché vi tenterebbe, e ha ragione, credo. Debbo confessare caro Giuseppe che sta tentando anche me ! Adesso comprendo il motivo per il quale vi siete dimenticato di passare a rinnovare…havvi l’evidenza che vi trattate bene, caro voi !”
“Cosa vorreste insinuare caro Lino ?”
“Oh, nulla caro Giuseppe; ma quando – diciamo - insegnate l’arte del pane alla signorina fate assistere anche il vostro Bartolo per caso ?!...che da parte sua vi terrà il gioco da buon complice, con la moglie vostra, no ?!”
“Siete un bel maligno Lino, lo sapete ?!”
“Parliam chiaro caro Giuseppe ! Pensate che la vostra – diciamo parente - possa passare dalla magione mia questa notte, dacché sapete che son vedovo da due anni buoni ?! La ospiterei molto volentieri financo alla mattina allo scader del coprifuoco…naturalmente pagherei senza indugio per questo…volete venire a stare da me questa notte signorina ?...per la tassa d’entrata nessuno havvi a darvi tedio…”
Mastro Giuseppe si rivolse a Fernando dicendogli:
“Fernando, tu che intendi il francese dì alla signorina cosa vorrebbe fare questo signore qui…”
“Ah ! Il vostro lavorante parla il francese ? Se fa anche l’interprete, ha da iscriversi alla gilda delli letterati pratici!...come siete organizzato caro amico ! E non ci avevate detto niente…”
Il discorso tra il serio ed il faceto di messer Lino stava incrinando l’autocontrollo di buon cittadino del comune di Mastro Giuseppe…
“Solo pochissimo fa lo ebbi a sapere, lo giuro! Aveva il nonno, da parte della madre sua, francese.”
Fernando traduceva ad Odette la proposta di messer Lino; in fondo era pur sempre un’occasione di dormire in un letto, invece che su di un tavolo da lavoro o per terra…
“Tranquillo, amico mio ! Lino non denunzia gli amici…però che bel seno che ha ! Piccolo e bello…è di quelli che s’induriscono subito, vero Giuseppe ?! Eh ?!
Messer Lino provò ad allungare la propria mano destra verso il quarto di seno più o meno visibile dalla camicetta di Odette, ma venne da questa respinto con garbo, cosicché non insistette oltre. Naturalmente si rivolse di nuovo a mastro Giuseppe ironico ed allegro per il gentil incontro:
“Siete un gran peccatore, di prim’ordine direi, sapete ?! Orsù ditemi: dove l’avete trovata ?!”
Messer Lino osservava compiaciuto Odette, di profilo con un seno adesso semiscoperto dalla camicetta che aveva indossato in tutta fretta; la donnina sapeva come tentarlo…il più giovane messer Lino diede un’affettuosa gomitata alla pancia prominente del più anzianotto suo conoscente, quasi amico di chiacchiere all’osteria, mastro Giuseppe…il quale rispose:
“Hoh ! Boh…stamattina presto, dopo l’alba, sulla strada della guarnigione spagnola accampata, che dormiva sul sentiero in mezzo, che noi si poteva anche travolgerla…sa condurre pure il calesse d’una maniera che non la credereste !”
“Oh, diciamo che immagino: sapete, amico mio, quando la vidi presa per mano col vostro Bartolo che aveva un bel bozzo lì sotto sul davanti, - oh dovevate vederlo mentre camminavano ! - mi resi conto che non era di quelle che anelavano a farsi suore…allora che ne dice la signorina, caro Fernando ?”
Il ragazzo dal nonno francese ed Odette si appartarono arretrando verso il muro cui poi si appoggiarono, e si misero a parlottare sussurrando tra di loro. Odette era felice che ci fosse qualcuno che parlasse la sua lingua. Fernando parlando rapidamente ad Odette le spiegò la situazione. Poi ottenuta da lei risposta ad alta voce, si rivolse ai presenti:
“Ha detto che per una sola son dieci lire ! Per tutta la notte son cinquanta lire, ma dovrete aggiungervi la cena per stasera, ed il pane e latte per domani mattina presto, che deve partire per Otranto…qui a Muro non può restare dice lei, la ragazza…”
“E dite caro Fernando, dove glielo posso infilare ?”
Il ragazzo lavorante di mastro Giuseppe sorridendo maliziosamente richiese ad Odette con quale pertugio amasse scopare, ed Odette rispose in italiano stentato, ed in chiaro nonostante la presenza del certo non grande Bartolo:
“Si voi lo habe duratò messer n’importe pas dove metta ! Dentro mon cul bonò anche sì !”
Nel pronunciare quella frase aveva fatto scendere la propria mano dal fianco fino alla natica nonostante la lunga camicia da donna, che afferrò a sollevarla un po’, onde scoprire quelle sue tonde ed ancora sode natiche. Gli astanti poterono per qualche secondo bearsi di quel culetto di cui erano stati notati i contorni curvi e femminei dopo averlo scoperto con molta abilità un istant…ino !...poi la camicia tornò a ricoprirla.
Lino esterrefatto rivolgendosi all’amico mastro fornaio disse:
“Giuseppe ! Ma siete proprio da inquisizione ! E avete lasciato solo Bartolo con cotanta fonte di tentazioni…? Ma dico vi rendete conto ? Satana ha da tenervi caldo lo giaciglio vostro per quando sarà il momento…”
“Mi rendo conto che la vorreste nel vostro letto entro un’oretta o meno, messer Lino, ma non dimenticate che è ancora ospite nostra…! Voi Bartolo avete guardato ?”
Bartolo, avendo sudato per il turbamento di quelle natiche e per la tensione interiore temendo una punizione per l’erotica visione, d’impulso disse:
“No, padre ! Giuro che non la ebbi a guardare manco un istante !”
E mastro Giuseppe osservò per risposta:
“E perché ? Non vi stava piacendo forse !? …Oh, caro il mio Bartolo…”
“No, gli è che…Odetta…insomma..io…”
“Bartolo ! Non devi esser timido ! Tanto l’ho visto che ti piacciono le donne !”
“Padre, io…”
Giuseppe pensò di riprendersi Odette; qualche pensierino doveva avercelo fatto per far sverginare Bartolo, e magari una seconda puntatina lui stesso, prima che quella curiosa biondina se ne andasse per la sua strada…
“Partirà con me se proprio volete saperlo…caro Lino…la porterò io col mio calesse ! L’abbiamo già deciso, pria che arrivaste voi…”
“Con voi Giuseppe, eh ?!... Ah, perché quei vostri due ronzini reggerebbero fino a Otranto ? Lo sanno tutti al paese che non vi va di sostituirli...certo, se poi li lasciate lì stesso al mattatoio…! Sapete, vi capisco quando dimenticate le scadenze perché magari avete acquistato la biada per i cavalli, e persino quando vi prendete qualche licenza da vostra moglie…ma a quei due poveri cavalli anziani non starete chiedendo un po’ troppo ? Arriveranno morti…e voi e la signorina resterete per strada… ”
“E come dovremmo fare secondo voi ?...”
“La ragazza dorme da me, poi domani mattina alle nove, se proprio ci tenete, passerete voi a prenderla…avevate capito male caro Giuseppe, noi non si voleva rubarvela la vostra amica; se volete essere voi a portarla v’aiuterò io: vi dovete recare da un mio cugino che abita nel vico di San Michele. Gli direte che vi mando io, e lui vi noleggerà due cavalli giovani e veloci…così porterete la nostra amica ad Otranto, e tornerete prima del tramonto !...che ne dite mastro Giuseppe ? Può aggradarvi la cosa ?”
“…e quanto costerebbe il noleggio di questi due cavalli più validi dei miei ?”
“In vico San Michele chiedete di messer Luigi Calderazzo; Gli direte che vi mando io che gli son parente, e per questa volta vi farà dodici lire al giorno, senza fatturare naturalmente, ma sol perché sarebbe la primiera volta…dalle successive, se vorrete cambiare i cavalli dando in permuta i vostri che verranno mandati alla mattanza credo, se preferirete noleggiarli si emetterà fattura prima che la gilda ci piombi addosso…ah mi raccomando ! Il primo giorno ha da pagarsi anticipato !”
“Ah, ecco ! C’era qualcosa che non mi tornava…facciamo una cosa …”
“Cosa, caro Giuseppe ?”
“Poc’anzi pagai senza indugio veruno le cinque lire che mi avevate chiesto, o no?”
“Oh, certo che avete pagato ! Son funzionario pubblico e siam fra testimoni, due, maschi adulti !”
“Il patto questo havvi ad essere tra noi gentiluomini: voi date a Odetta le cinque lire colle quali renderemo uomo il mio Bartolo; in cambio Odetta li darà a me che li spenderò per portarla ad Otranto domani all’ora nona o decima della meridiana…naturale sia che li spenderò per noleggiare li cavalli, non più che due, da quel parente vostro che fattura emettere non puote…”
“E per me cosa havvi se non sono indiscreto ?”
“Io e voi faremo passeggiata presso l’ufficio vostro dove voi mi darete la ricevuta per la tassa di permissione che m’avevate promesso; se l’avete chiuso lo riaprirete…poi…”
“…poi…?”
“Poi, dopo congruo tempo, allo ritorno nostro Odetta verrà a dormir con voi alla magione vostra ed io a prenderla verrò l’indomani col calesse, recandomi in vostra compagnia spero, dal vostro parente Calderazzo…”
“Siete scaltro mastro Giuseppe, non c’è che dire ! In cotal modo le cinque lire sempre in famiglia restano…solo puta move soldi !”
Poi rivolgendosi a Fernando
“Vi prego Fernando, traducete alla madamigella per noi il patto che avrete senz’altro ascoltato…”
“Odette, mes amis voudrez que vous fassiez de Bartolo un homme complet; vous seras payée cinq lires pour, disons, une heure à l’environ avec lui…après la svergination de Bartolo, Giuseppe va vous mener chèz Lino pour le diner et la nuit; puis, le lendemain Giuseppe va passer à la maison de Lino pour vous porter à Otranto…plait-il-vous ?”
“Cinq lires pour foutre avec Bartolo ? Ici ?”
“Sì, madame; je vais monter la garde à l’exterieur…personne vous deragerait…”
“Oui, alors je suis d’accord; mais les cinq lires restent avec moi jusqu’au le moment dans lequel je vais payer le calèche de José pour rejoindre Otranto…monsieur Lino va payer apart pour la nuit chèz soi… ”
Fernando tradusse ai presenti:
“La signorina è d’accordo; le cinque lire però se le terrà fino al momento di pagare il calesse per Otranto. Messer Lino pagherà a parte per la notte da lui…”
“Già. Le cinquanta lire di prima ! Sì ditele che va bene anche per noi…”
Ciò detto i due pensarono di farsi la passeggiata, non senza aver prima versato le cinque lire alla ragazza così bella, svelta, e momentaneamente fortunata. Fernando, fedele a mastro Giuseppe, montò la guardia di fuori in prossimità dell’uscio dopo essersi presa una sedia. Bartolo e la biondina europea rimasero da soli. Odette dopo essersi chinata ad introdurre i soldi nel suo sacco mettendo ben in evidenza il suo culetto, si voltò verso Bartolo e nel volgere di un istante non diede tempo all’adolescente di rendersi conto di ciò che stava succedendo ad un metro da lui circa in un’atmosfera, calda, intima, e quasi irreale: Odette si era tolta la camicetta lunga e stava completamente nuda innanzi a Bartolo che venne invitato a gesti a denudarsi anche lui. Imbambolato dalla visione di cotanta donna adulta nuda innanzi a lui si toglieva gli abiti nervosamente, toccandosi il pisello di continuo mentre guardava la vulva di Odette con un bel ciuffetto di pelo biondo. Ovviamente per Odette era naturale restare nuda; un po’ meno per Bartolo che cominciava a provare la sensazione dell’erezione, e delle proprie pallette dure. Ci vollero dei minuti perché si spogliasse completamente, ma la mano destra sempre al pisello andava…finalmente nudo si avvicinò alla ragazza più grande e più alta di lui, e non sapendo come iniziare l’approccio la prese per i fianchi e poi la cinse completamente poggiando il proprio viso per intero di fianco sul seno non troppo prosperoso di lei. Qui Bartolo provò la piacevole sensazione della pelle femminile sulle proprie guance. Le sue mani scesero verso le natiche, com’era naturale e cominciarono ad afferrarne la pelle. Delle prese e delle lasciate. Il giovanissimo Bartolo si accorse di com’era calda una donna lì, dove stava toccando lui in cerca naturalmente di un pertugio da esplorare. Mentre con il palmo della destra carezzava la natica corrispondente di Odette, col polpastrello del medio della sinistra cercò quel morbido buchetto che suscitava la sua curiosità tattile. Lo trovò, e sulla pelle del proprio dito sperimentò la sua morbidezza, la sua cedevolezza (relativa), e la sua tiepidità. Provò ad introdurvi il dito senza successo, goffamente, ma suscitando in Odette un lieve rantolino per quell’inizio d’invasione.
“Ahnnnn !”
“…”
“Uhmmmm, ohhhhhh.”
…ed un respiro che, col proprio orecchio sul ventre di lei, poté realmente percepire in un istante come intimo; intuì cosa potesse essere la voglia d’intimità tra due corpi che si sarebbero completati nel sesso. La cosa cominciava a piacergli…sentire il respiro della donnina tutto per lui lo stava esaltando: era una situazione nuova per lui, abituato ad interagire più con gli amici, e solo da qualche tempo a guardare le donne con un interesse via via maggiore…alcune manovelle se le era già fatte andando ad osservar qualche puta, o da solo o con gli amici; mai con le amichette poco interessate a far da subito le “cose dei grandi”. Per i suoi peccati innocenti aveva fatto la penitenza di volta in volta; ma questa cosa carnale che stava vivendo di persona era deciso almeno dalla sua esaltazione personale del momento a non confessarla al prete…questo peccato con questa donnina bionda di fuori sarebbe stato solo suo, e basta. Non sapendo da dove iniziare pensò di andare ad istinto e iniziò a baciare i seni della donnina, che non essendo particolarmente alta, poteva dargli le tette anche in piedi. Baciava il seno destro e sinistro di lei, indifferentemente, ad occhi chiusi; del resto in quell’ambiente la luminosità era poca. I baci erano brevi e nervosi: sembrava cercasse una scusa per incontrare i capezzoli di lei, che non vedeva avendo scelto di godersi quel contatto di pelle ad occhi chiusi. In un primo momento gli capitò che ne incontrasse uno tra le sue labbra senza soffermarvisi, proseguendo a baciare verso la base della piccola mammella, poi tornò indietro, e si mise a succhiarlo con una certa fame. Uno, due, tre succhi rapidi ed intensi, poi tirò la carne morsa delicatamente con le labbra, mollò e succhiò di nuovo…doveva averne di fame arretrata di mammella femminile ! Stavolta Odette si eccitò; probabilmente sul serio…
“Ahhhn ! Uhn !...ahnnnn !”
Musica celestiale per le orecchie di Bartolo, emotivamente affamato di femminilità calda. La zinna baciata da Bartolo si irrigidì; passò quindi all’altra dove ripeté le stesse azioni, ma insistendo di più col succhio; Odette biascicò un sì, ed un ancora:
“Ohhhhh, ouiiiiii ! Oui ! Encore ! Encore !”
Bartolo si mise a leccarle il ventre per avere il sapore della ragazza sull’unico organo che potesse apprezzarlo: la propria lingua. Ad Odette il passaggio della lingua di lui provocò delle contrazioni, e dei rilasci nervosi della muscolatura ventrale. Baciare e leccare la pancia gli piaceva quanto succhiarle i capezzoli. Era questione di meno di un minuto: adesso stava per leccarle la fica; solo che c’era un problema: aveva visto degli adulti leccarla alle donne, ma li aveva visti da lontano; da dove avrebbe dovuto iniziare ? Dai peli sopra, o dal basso ? Dentro lo spacco ce la doveva mettere ? Un anno e mezzo prima aveva provato ad assaggiarla ad una coetanea che gliel’aveva mostrata per penitenza, ma la coetanea si era scostata appena in tempo…lasciandolo a lingua in aria. Non lo derise, ma pur salutandolo a messa ed a dottrina non gli aveva più dato molta confidenza; ed insicuro com’era, visse una settimana nella paura che lei lo dicesse ai genitori che – immaginava lui - lo avrebbero fatto punire…naturalmente non era accaduto niente di tutto questo. Adesso che una donna adulta gliela stava per dare anche a lecco…: il vuoto. Il disorientamento più totale ! Esitò un istante ancora: con quell’illuminazione fioca ed il proprio volto davanti era un miracolo che vedesse il pelo ! D’istinto ci mise il naso e ne ottenne un solletico secco per le proprie nari, che non ebbe il tempo di valutare se fosse irritante o meno, dato che il suo organo dell’olfatto facendo il suo naturale lavoro mandò al suo cervello l’odore forte della vulva sì fresca, ma lavata a fosfati di cenere, della propria vulva che aveva appena scopato con mastro Giuseppe; il tempo di profumarla con qualche unguento o con un decotto di camomilla non c’era stato. Solo acqua e questo significava che l’odore non gli sarebbe piaciuto. Baciò la vulva verso il monte di venere per poi scendere verso il clitoride, ma sempre di sole labbra. Piccoli bacetti che per quella vulva non significavano gran che, ma che, non di meno, fecero prendere al pubere Bartolo confidenza con quella passera, che certo non era bella come quella della coetanea che gliela negò all’assaggio…lo strusciare delle labbra appena aperte sullo spacco lo stimolò ad estrarre la lingua che fece scorrere per tutta la lunghezza della piccola vulva di Odette senza accorgersi che nel frattempo era arrivato al perineo…aprendo gli occhi decise che sarebbe risalito, introducendo però la lingua più decisamente in quella vulva che aspettava il modo giusto di essere stimolata; introdottavi la lingua fu felice: sentì un sapore nuovo, ma poco intenso…provò ad insistere introducendola di più ma il sapore non cambiava: carne umida e niente di più. Era come leccare il bianco d’uovo secco sulla superficie di un piatto di ceramica…il respiro di Odette non era variato. Bartolo estrasse la lingua e la passò sulla pelle tutto intorno allo spacco dando ampie spazzate; il sapore era sempre lo stesso, ma almeno adesso il respiro a rantoli di Odette si era fatto più evidente, anche se a scatti:
“Auhmmm !…mhmmnnn…!...Oh !...ahn !”
“…”
Gli venne in mente che gli amici più grandicelli lo avevano lasciato assistere ai loro discorsi “da grandi”, ed in quei discorsi si era parlato, tra le tante cose, della farfallina di carne con cui godevano le donne…stava poco sopra lo spacco…era molto delicata…potevi succhiarne i lembi di carne, ma lì al centro del piacere tra le alette, su quel piccetto eretto la tua lingua doveva muoversi leggera e piena di saliva senza fermarsi, o si induceva il male, il dolore lì dove la donna gode…così gli sembrava di ricordare mentre leccava gratificato dai respiri di lei…da qualche istante s’erano aggiunte le carezze di lei alla sua testa che scandivano il ritmo di leccata al clitoride. Nervosamente vi sputò su e la ragazza sembrò gradire, quindi leccò via la sua stessa saliva dopo averla mescolata idealmente con gli umori odorosi o meno che la sua mente immaginava traspiranti dalla vulva di lei in eccitazione inequivoca…comprese il motivo delle ironie dei ragazzi più grandi non più vergini che erano stati a donne che chiamavano la vulva anche “la salaticcia”, “la bavosa”, “la pescetta all’acqua pazza”…ognuno di quei ragazzi aggiungeva un sapore che credeva di aver sentito…
…anche Bartolo aveva adesso compreso il piacere che si provava a “trovare” sapori in una vulva. Odette avrebbe voluto che quelle leccatine ingenue di Bartolo non finissero mai; allargando le cosce appoggiata al tavolo di schiena fece passare più volte la testa di Bartolo tra quell’arco di carne soda e liscia, e si fece leccare bene tutta, comprese le facce interne delle coscette. La stessa Odette apprezzò parecchio le slinguatine di Bartolo sull’inguine, e Bartolo capì cosa voleva dire essere bagnati da una donna con quel particolare brodo di femmina rilasciato come piccola bava, però con una certa parsimonia; per contro lo leccò via famelicamente sperando che ne venisse un altro…Odette gli concesse un altro passaggio sotto l’arco di trionfo dei sensi, poi prese Bartolo e fattolo stendere sul tavolo, gli afferrò il pisello per scappellarglielo, ed iniziare un bel pompino; ci voleva proprio dato quanto era stato bravo a farlo a lei. Bartolo vide la bocca di lei calare sul cazzo e mercé dei colpi di lingua ben assestati e rapidi al centro della sua cappella violacea, sentì materialmente il proprio cuore ingrandirsi quasi a sfondare il torace, e battere forte per pompare sangue lì in basso dov’era più richiesto; per non parlare delle stupende prime sensazioni di piacere intenso che gli arrivavano al cervello provenienti dal centro del cazzo imprigionato dentro una satanica bocca dispensatrice di un piacere intimissimo. Il cazzo di Bartolo, accarezzato e preso espertamente tra palle ed asta si alzò dritto e duro; la bocca di Odette andava avanti ed indietro per poi fermarsi all’improvviso; era questione di pochi secondi, poi quel cazzo avrebbe buttato comunque…Odette, spostato più al centro Bartolo, salì anch’ella sul tavolone, e guidato quel cazzo con le proprie mani, fece scendere la vulva per gravità su quel paletto carnale. In un secondo Bartolo stava diventando uomo e ascendendo il paradiso, quello con la p minuscola, materiale, carnale, dei soli sensi…la vulva eccitata di Odette interagiva caldissima e bagnatissima, ad ogni colpo d’affondo sempre di più, ben inondando il centro della cappella di Bartolo. Le movenze le menava Odette decidendo lei stessa la velocità. Bartolo con le mani cercava le zinne della donnina, e lei si abbassò per fargliele stringere per qualche istante. Poi Bartolo comprese che la congiunzione salda e bagnata, valeva più di una stretta di seno, per cui durante gli affondi cercò di toccare la giovane Odette dove poteva; i tocchi soddisfacevano, ma non erano pari alle sensazioni che gli restituiva il cazzo. Anche Bartolo collaborava cercando di mandare qualche colpo in verticale…dopo un minuto o due Odette, carezzandogli le palle dure, scoprì secondo la sua esperienza che la venuta di Bartolo era questione di meno di un minuto di affondi…tolse il contatto, e andò per terra mettendosi a cavalcioni scostando ad un tempo le natiche; Bartolo comprese all’istante: se voleva godere dentro di lei doveva metterglielo nel culo. Aveva appena fatto le scelte d’opportunità di un adulto…Odette aveva aperto l’ano apposta. Scese dal tavolo anche lui, e presosi in mano il cazzo ancora in tiro, lo affondò senza pensarci due volte nel retto della ragazza.
“Sì ! Dentro tutto ! Ecco Odetta, tieni, arriva !”
Bartolo aveva preso la mira, e appoggiata la cappella sul buchetto, vibrò il maschio colpo…
“Uhi !”
…dopo un urletto soffocato di dolore per la poca gentilezza di lui, Odette disse:
“Ohhhnnn ! Hoh ! Vas y ! Vas y ! Ahnnn ! Allè ! Allè !...ahn !”
“Sì ! Eccolo ! Uh ! Uh ! Uh !”
“Ahn ! Ahn ! Ahn ! Oui ! Oui ! Oui !”
Anche stavolta il francese Bartolo lo capì al volo (del suo uccello in tiro ?); mentre si dava da fare dietro di lei come un ometto esaltato dall’offerta pronta del culo di lei, scoprì che il retto non era come la vulva: era tiepido, e non emetteva se non…meglio non pensarci ! Il suo cazzo, ben stretto in quel nuovo pertugio dove non era facile avanzare, gli stava mandando tra cappella stretta e palle che sbattevano sull’inguine, piacevolissime sensazioni di dominio. Tutto sommato neanche il rapporto anale era malaccio. Aveva afferrato Odette per i fianchi, e se la sbatteva esaltato…
Avanzare e indietreggiare, per poi ri-avanzare di nuovo dava sensazioni egualmente piacevoli, derivanti dal confronto tra il cazzo duro e le pareti intestinali di lei, che respirava sopportando l’ospite forzosamente…dominare una donnina in posizione pecoreccia, e trattarla come il proprio balocco…
…finché sbatti e risbatti scoprì che non controllava più le pallette con le sue strette inguinali. Una stupenda sensazione di calore sulla punta del proprio cazzo, e poi il grande sparo ! Quello a cui non ci si può opporre, seguito da altri gettiti minori, con Odette retta per i fianchi che s’impegnava ad accogliere e custodire il suo sperma come fosse la cosa più preziosa al mondo. L’impulso improvviso era partito dalle palle, mediato dalla muscolatura dell’inguine, quindi trasmesso al canale dell’uretra, affinché il seme di Bartolo, sessualmente maturo da poco più di un anno, si riversasse dentro il corpo di lei. Nemmeno una goccia avrebbe lasciato le pareti del suo colon retto. Bartolo non riuscì a contare i gettiti; se li godette letteralmente, per poi crollare stanco ed emotivamente scarico sulla schiena di lei. Odette si piazzò pancia-sotto per un po’ facendo conservare al ragazzo sopra di sé la congiunzione rettale per un paio di minuti; poi voltandosi dolcemente provocò il distacco di lui dal suo culetto che bruciava un pochino, ma a questo era abituata da tempo…Odette andò a lavarsi al secchio d’acqua, e finito di lavarsi la fica gettò dell’acqua su Bartolo che si era addormentato per terra. Venne invitato da lei a lavarsi anche lui. Il contatto con l’acqua dolce provocò in entrambi il desiderio di urinare. Solo che il locale del forno non era predisposto. Bisognava farla in un recipiente per poi vuotarlo in strada ?! Recipienti non ve ne erano, e quelli che c’erano servivano per i lieviti, e gli impasti. Bartolo le disse che avevano un cubicolo all’ingresso:
“Il vaso sta alla porta all’ingresso Odetta, dovete farla lì, che in strada da sola non potete recarvi a quest’ora della sera…”
Odette stanca per il sesso intenso con il ragazzo non aveva capito molto, se non la parola ingresso che le sembrava imparentata con la parola francese ingrès… Odette decise di rivestirsi e come indossò la camicia lunga uscì in prossimità dell’uscio dove trovò di guardia il lavorante Fernando che normalmente avrebbe presidiato l’ingresso qualora non fosse ancora giunto il padrone. Fernando, quando la ragazza le fece segno dell’urinare, comprese e le aprì una porta di legno scura di lato all’ingresso; apertala si presentava un cubicolo alto meno di due metri e uno quadrato calpestabile, dotato solamente di un vaso da notte di coccio che poi si sarebbe dovuto vuotare all’ora prevista. Farlo di norma era solo compito del garzone, che al momento non c’era dato che quello precedente Toti preferì lasciare nottetempo il comune ed il suo lavoro, ricompensato col solo vitto e alloggio, onde cercar fortuna altrove. Da quando era scappato Toti il suo lavoro doveva farlo Fernando, che in cambio riceveva da mastro Giuseppe alcune licenze temporali per farsi i suoi giri…Odette si adattò subito dopo che Fernando ebbe chiuso l’uscio; le era andata bene il vaso non era ancora stato usato, ma la puzza di umidità di quel cubicolo era proprio ammorbante. Quando aprì la porta per uscire scoprì che Bartolo, ancora nudo aspettava di entrare; anche lui urinò per poi tornare nella sala del forno tutto esaltato per essere stato reso uomo, ma in realtà reso uomo soltanto sessualmente, dato che ben poco sapeva Bartolo di cosa fossero risparmio, sacrificio, spirito di responsabilità.
Odette rientrò anche lei nella stanza del forno, poi toltasi di nuovo la camiciona dato che lì dentro di caldo ne faceva e parecchio si spogliò di nuovo nuda e dopo aver ordinato a Bartolo di lavarsi il pisello lo invitò a salire con lei sul tavolone da lavoro. Odette si distese supina e invitò Bartolo a piazzarsi sopra di lei. Avrebbe avuto un’altra prestazione di sesso: chiese a Bartolo di baciarla indicandogli il collo ed il volto e Bartolo eseguì…
Dopo un buon minuto di baci sul suo volto decise che avrebbe catturato le labbra di Bartolo e l’avrebbe baciato come un uomo. Gli catturò letteralmente le labbra e gli insegnò a sovrapporle a quelle di una donna iniziando col pubere sverginato un lungo bacio a labbra…dischiuse. Entro qualche istante la sua lingua avrebbe cercato quella di Bartolo…
…e cercatala e trovatala gli insegnò a sovrapporla ed a scambiarsi saliva e calore. Bartolo stava crescendo sessualmente ad un ritmo vertiginoso. Adesso ne sapeva abbastanza per stare con qualunque ragazza della sua età o meno...o forse più ?! Come Odette aveva previsto i baci di una ragazza avrebbero provocato un’erezione al maschietto né più né meno di una leccata di fica. L’uno o l’altro erano entrambi due rimedi intercambiabili ed esperibili insieme o meno, quando per qualche motivo al maschietto tardava a drizzarsi…Bartolo oltre ad aver gradito quei baci ne diede altri introducendole la lingua persino nelle orecchie…infine, dopo un paio di succhiate piuttosto fameliche di tette, si sentì abbastanza sicuro ed erettosi in ginocchio dopo due manate per spippare e scappellare dopo averle contemplato la vulva ed il pelo biondo, le entrò dentro; oramai era pratico e mosse il bacino con annesso batacchio di carne avanti ed indietro con sicurezza. Ogni tanto si fermava per una succhiata ai capezzoli per poi riprendere il martellamento maschile. Odette respirando vigorosamente moltiplicava lo sforzo fisico ed emotivo di Bartolo con il viso sempre più caldo ed i capelli sempre più sudati…e smossi. Odette lo carezzava come poteva; tra carezze e respiri la fica di Odette tornata caldissima provocava salti di godimento via via maggiori al glande del ragazzetto cresciuto letteralmente dentro di lei. Solo cinque ore prima un timido impacciato, ed ora un esperto maschietto. Il rapporto rettale di pochi minuti prima lo aveva appagato più che altro nel senso del dominio; adesso in vista del secondo orgasmo stava apprezzando com’era calda ed al tempo stesso bagnata una fica in richiesta di cazzo e di…sperma !
I respiri di Odette stavano guidando gli affondi pieni di Bartolo, che facilmente venne dentro di lei pompandole molto liquido, e poco seme avendo già dato…Odette chiuse le gambe per rendere più intimi quei momenti; poi dopo l’ultimo impulso Bartolo crollò dormendo sopra il corpo di lei. Si risvegliò un’ora dopo nel carretto per le consegne guidato dal padre che prima di ultimare le consegne aveva accompagnato Odette a casa di messer Lino, e quindi Bartolo che dormiva dietro i pani, a casa propria. Il padre pregò Fernando di portarlo in braccio sul suo letto, dove poi si svegliò il mattino dopo quando la madre Addolorata lo doveva accompagnare a scuola…Fernando non le aveva accennato alcun che, e stranamente neanche mastro Giuseppe si era ancora fatto vedere; Addolorata conosceva la ragione; doveva aver accompagnato quella donnina bionda a Otranto…ma al ritorno l’avrebbe sentita, oh se l’avrebbe sentita…


- Continua -

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Commenti per Odette: oui je suis putaine, 5a parte (solo puta move soldi...):

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