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Prime Esperienze

Quella nostra gita a Roma...4a ed ultima parte


di sexitraumer
13.01.2012    |    12.671    |    0 8.8
"” “Lei chi?” Alla mia domanda rise ironicamente dicendo: “La tua rivale ! …con buona pace di Suor Theresa..."
Antonini uscì dal bagno; era ancora in pigiama. Senza scomporsi se lo tolse, apparentemente ignorando la posa-invito di lei presso il suo sesso. Il mio mito tardava a spogliarsi. Con quella figa sul letto che lo aspettava con uno sguardo piacevole, materno, amorevole, che stava facendo “il mio Antonini” ?! Massima indifferenza. Incredibile ! Finalmente: si coricò accanto a lei; perché era così teso ? Guardava il soffitto invece di ghermirla, pur restandole accanto; porca miseria, mi sa che quello era proprio gay. La Tommasiello provò a toccarlo e non venne respinta, prese a carezzarlo sul viso come fosse sua madre, senza parlare per non turbarlo, poi dopo un buon minuto lo ghermì lei stessa portando il suo seno mezzo scoperto sopra la sua faccia. Era chiaro che la Tommasiello sperava che lui le cercasse il capezzolo libero ed iniziasse a succhiarlo; per come potevo vedere il dolcissimo seno di lei (cazzo stavo diventando proprio lesbica; facevo il tifo per la Tommasiello ! Volevo che lui percepisse il sapore del seno della collega). Sentii il respiro della Tommasiello farsi più profondo: era il sintomo che il capezzolo glielo stava succhiando e dal rantolo di lei, avrei detto di buona lena ! Piansi. Ero felice che non fosse un gay totale. La Tommasiello cominciava a respirare come piace a voi uomini; io mi toccai la tetta sinistra d’istinto, e mi stimolai il capezzolo stringendolo, e carezzandolo con i miei polpastrelli, del pollice e dell’indice e facendo ogni tanto la forbice con l’indice ed il medio. Il respiro della Tommasiello stava eccitando anche me. La donna gli stava offrendo delle ciucciate di latte materno straordinario di una decina di secondi la volta accompagnando quelle coppette di dolcezza e calore con la mano da sotto il seno e con l’altra a tenergli la testa per la nuca. Ero diventata ansiosa; la “mia rivale” aveva inarcato verso l’alto sopra di lui il suo bel culo. Potevo dedurre la forma delle sue natiche, ed immaginavo vogliosa il momento in cui si sarebbe tolto il tanga per strusciare il proprio sesso caldo e bagnato contro quello di lui ancora pudicamente prigioniero dentro il suo pigiama. Quella scena eroticissima mi faceva un’invidia demoniaca. Antonini mosse le mani sul suo tanga; la donna capì; un paio di secondi e si erse sopra di lui in piedi con i piedi separati solo dal torace di Antonini; restando con il body che disegnava ancora meglio il suo culo, si tolse il tanga lasciandolo cadere sul suo viso ancora teso. Vidi il culo completo, magnificamente naturale, della Tommasiello abbassarsi di nuovo sul viso di lui, che aveva lasciato cadere le mutandine di lei ai lati della sua guancia per un singolare bidet personalizzato che stava facendo gonfiare anche la mia bernardina. La Tommasiello gli offrì i suoi sapori più intimi fin da subito con leggera maestria cercando di tenersi in equilibrio sopra la testa di lui. La lingua di Antonini stava facendo il suo lavoro. Lei muoveva il suo bacino per favorirgli quell’aperitivo che gonfiava il pacco ad ogni maschio degno di questo nome. Mi stavo toccando la mia figa, infelice ed eccitata per quella scena un paio di metri davanti a me, ospite non invitata di quella stanza. All’interno dell’armadio lo spazio per me c’era; anche se non potevo allargare le gambe più comodamente, con opportune carezze alla mia passera sfogavo la mia voglia di essere al posto della Tommasiello alla vulva della quale la lingua di Antonini stava facendo onore. Riuscii ad intravedere la saliva di lui cadere dall’inguine stimolato non meno della vulva. Alla Tommasiello scappò un rantolo improvviso:
“Ahn!”
La Tommasiello fece una presa salda con la destra alla spalliera dietro il suo amante e con la sinistra premeva la nuca di lui sulla sua figa. Si vedeva che era da molto tempo che non gliela leccavano in quel modo, pieno, senza esitazioni. L’invidia mi colse per aver sentito quel rantolo e massaggiai velocemente la mia passera ormai umidiccia. La Tommasiello a reggersi in equilibrio non ce la faceva più. Si staccò dicendo:
“Ahn! Aspetta, aspetta, uhm, facciamo un 69 ! Sai che intendo, no?!”
Antonini fece cenno di sì. La Tommasiello si girò piazzandosi sopra di lui. Offrendogli di nuovo la già bagnata fregna infilò di corsa la mano dentro gli slip di Antonini, e china, ne estrasse il cazzo non ancora del tutto eretto. Gli prese le palle con la mano sinistra finendo di abbassargli gli slip e senza esitare, dopo un rapido scappellamento, calò con la sua bocca famelica su quel cazzo che doveva aver sofferto parecchio costretto dentro le mutande ed i pantaloni del pigiama di lui. Si dedicò ad un rapido pompino affamata di tutto ciò che coincidesse o portasse a quel cazzo. La sua bocca andava su e giù su quel cazzo che finalmente sembrava potesse raggiungere le dimensioni adatte. Una cosa che nessuno, a parte i maschietti e le loro fantasie, in classe mia sapeva della Tommasiello: era una bravissima pompinara. Impugnava quel cazzo con assoluta padronanza, come se sapesse dove premere e quanto. Seguiva maniacalmente con le labbra il contorno di quel cazzo destinato a soddisfare di lì a poco la sua sorca, certo non la mia; ed ogni tanto lasciava che la cappella insalivata dai volteggi della sua lingua prendesse aria, per poi sputarci di nuovo saliva ed avventarsi nuovamente su quel cazzo perché facesse la giusta cura di lingua e bocca, e denti. Antonini fece tre o quattro sussulti infoiato, battendo il naso sull’inguine di lei. La Tommasiello mordeva il corpo di quel palo alla base della cappella per poi contemporaneamente usare con la giusta leggerezza la lingua sul centro del suo glande, dove doveva essere più sensibile. Smise col pompino dopo un minuto e non gli chiese alcun permesso. Sì girò, riprese in mano quel cazzo debitamente trasformato in un cannone quasi verticale, e vi si impalò decisa. Ne venne trafitta al primo colpo, e su dentro! Come ero infelice ! Avrei voluto vederla anch’io quella fica accogliere il cazzo. La donna cavalcò il suo amante, in lei vedevo una sicura amazzone che sapeva come procurarsi il piacere. Abbandonò le asole affinché il body le scoprisse del tutto le tette; se lui avesse voluto poteva prendergliele durante l’amplesso. La cavalcata continuava ed io mi sentii colare la mia vagina; sapevo che non ne valeva la pena, ma a quel punto potevo solo stimolarmi il clitoride per un piccolo orgasmino personale, soffocato. Poca cosa se facevo il confronto col palo che faceva godere la nostra professoressa di scienze. Su e giù, su e giù, la Tommasiello era una vera porca. Anche io mi stavo carezzando il clitoride e mi ero tirata fuori la lingua arrapata da quei due amanti. Della professoressa potevo solo vedere il culo e l’inguine. I due stavano scopando a luce accesa, per cui riuscivo a vedere che sul cazzo del mio professorino scendevano a tratti dei fili interrotti biancastri. La fica di quella donna doveva essere tutta uno sbrodolo – beata lei !- Mentre si abbassava su di lui, intuendo che stesse per venire, la donna gli chiese:
“Ahn! Ahn ! Resisti ! Ahn !”
“Ahn!”
“Ahn! Dì, ahn, vuoi, huhhh, vuoi mettermelo nel culo ? Ahn ! Così godi dentro ! Uh com’è duro ! Ahn ! Resisti ancora un po’ ! Ahn!”
“Sì, dai ! Ahn ! Tra poco vengoooo ! Ahn ! Non ce la faccio ! Sbrigati !”
“Ahn ! Ma sì che ce la fai ! Ahn ! Respira, respira ! Dai !”
“Ahn ! Ahn ! Ahn ! “
La Tommasiello ruppe il contatto (e che contatto !...) il cazzo del professorino era dritto, bagnato con la cappella rossa; la Tommasiello era decisa a prevenire un ammosciamento repentino; si abbassò con la bocca sul cazzo, una sorta di “pronto soccorso pompino”, e dopo il servizietto che le aveva fatto perdere anche un po’ di saliva tolse di nuovo la bocca e scostò Antonini di lato; poi messasi rapidamente carponi lungo il letto (adesso la vedevo di profilo) chiese al suo uomo scostandosi da sé una natica perché lui le individuasse l’ano con chiarezza:
“Mettilo adesso, dai che è duro ! Fammi urlare !”
Antonini si prese il cazzo grosso, turgido, già bagnato dalla fica ed in extremis dalla bocca di lei, in mano; e poggiando la cappella sull’ano di lei spinse tutto il cazzo. La Tommasiello tremò, poi esaltata disse:
“Sì, schiantamelo al culo ! Ahn ! Voglio sentirlo ! Sì, dai, sei dentro ! Spingi, ahn, ahi, ahn, muoviti, ahn ! Rompimi tutta ! Trattami da troia! Ahn! Ahn!”
“Ah ! Ah ! Ah !”
“Ahn! Che male ! Sì ! Ahn ! Continua…continua! Non ti fermare ! Voglio sentirlo tutto! Ahn ! Duro, sì, duro ! Fammelo tutto! Ohi! Ah!...hummmm, sì, il culo, maschio! Ahn! Oh ! Oh! Sì, dai!”
“Ah! Ah! Hum ! Ah!”
Antonini non era più quel gentiluomo dall’accento nordico, delicato, che mi aveva fatto innamorare di lui. Ora era un infoiato inculatore che cercava il proprio orgasmo finale. Ero invidiosa; quella donna ci sapeva fare anche di culo: io non ero sicura che avrei potuto sopportare quel palo nel mio culetto. Si ripeté la scena che avevo già visto con Albi, tra Fabrizio e Marianna. Antonini caricava, e la Tommasiello accovacciata sopportava esaltandosi, ed a tratti mi sembrò che godesse. Antonini aveva aumentato la velocità delle affondate e stringeva bene le natiche di lei. Potevo smettere di toccare la mia patatina sporca e bagnaticcia, non come avrei voluto, naturalmente… Antonini sarebbe venuto presto a giudicare dai suoi sempre più corti sbattimenti di cazzo. Triste e delusa immaginavo la fiumana di sperma che si stava per riversare nel retto della professoressa di scienze. Carezzavo la mia patatina con il palmo della mano destra, poi con la sinistra per solidarietà femminile con la Tommasiello mi infilai nel culo il dito indice cercando di muovermelo dentro alla meglio. Antonini diede un colpo d’affondo, unico, dicendo:
“Sì, ecco ! Prendi ! Ahn ! Ahn ! Ahn ! Ahn !”
“Sì ahn ! Ecco, lo sento, uhhhhhh ! Prendimi le zinne e stringi dai, che me ne dai altro! Uhuuuu!”
“Ahn! Ahnnnnnn! Ahn! AHNNNNNNN! Sì! Ahn! Prendi, prendi!”
Antonini si abbassò sulla schiena di lei cercando di non interrompere il coito durante gli ultimi fiotti, e cercò di prenderle le zinne pendenti. Le prese, le strinse e le diede le ultime gocce. La Tommasiello apprezzò la stretta felice. Restarono così un minuto o due. Io ero sempre più arrabbiata per non aver potuto essere al posto della professoressa, la nuova scopona del nostro liceo. Nuda non era male affatto. Chissà se ad Albi sarebbe piaciuta…ma no, forse lui sotto sotto era di quelli che si sarebbero fatti –ben inteso col permesso dell’Altissimo dato che era pur sempre una cattolicissima suora anche se laica e l’approvazione di sua madre dato che era un coglione totale - Suor Theresa visto che aveva un debole per le tedesche bionde, curate, e quarantenni. Vabbé da ingenuo ha provato se c’era rimasto qualcosa per lui con la nostra scopona drogata; ma quella devianza si era interrotta in tempo…Albi può dire quello che vuole, ma lui è di destra; eh sì proprio un bel fascetto! Magari che sbaglio: ma la Tommasiello la vedo - come dire ?- più vicina al popolo, insomma mi sembra più di sinistra, mentre l’algida professoressa aggiunta di religione più a destra, molto di più ! Ma una gnocca di sinistra gliela darebbe mai ad uno che –testimone Antonini che l’aveva sgamato – disegna i cacciabombardieri e i funghi atomici sui libri di testo ? Bene Albi, è così che vedi il mondo ?! Aerei, carri, missili…solo che l’unico missile che non ha ancora centrato il bersaglio è proprio il tuo. Che fai Albi ? Ti vuoi svegliare ? I miei pensieri su quel coglione di Albi mi avevano distratto; stavo quasi soffocando quando all’improvviso non mi ero accorta che Antonini si era alzato tutto nudo e stava venendo verso l’armadio. Santo Iddio ! E adesso ? Il mio cuore sembrava essersi fermato, oppure non lo sentivo più, congelai in un istante il mio respiro e rimasi immobile coperta dagli altri vestiti appesi. Antonini aveva aperto a scorrimento l’anta alla sua destra; io ero a sinistra coperta poco più che parzialmente dal resto dei vestiti appesi alle stampellette. Incredibile ! Antonini non mi stava vedendo. La Tommasiello stava cercando delle sigarette nel cassetto del comodino.
“Dove hai le sigarette ?”
“Vedi in fondo al cassetto, c’è un pacchetto da dieci…”
“Ah, beh, da dieci no allora ! Se no te le consumo tutte…”
“Prendi pure, tanto sto cercando di smettere, sono tre giorni che non ne tocco una; aspetta che vado in bagno prima di accendertela…”
Avevo Antonini a pochissimi centimetri da me, e adesso, con l’angoscia che mi paralizzava corpo e respiro, speravo che non mi vedesse. La Tommasiello cercò anche l’accendino; e Antonini, che finalmente, trovato e preso l’accappatoio si stava dirigendo verso il bagno, le precisò:
“Mi dispiace, l’ho buttato stamattina al foro ! Se non posso accenderle forse riesco ad ignorarle, e se riesco ad ignorarle magari che riesco a smettere…”
La Tommasiello commentò rassegnata (le erano scese anche le zinne):
“Ho capito, va !”
La Tommasiello mise via la sigaretta infilandola di nuovo nel pacchetto da dieci; poi gli disse:
“Ci andiamo insieme in bagno ? Tanto quello che devi fare tu, lo devo fare anch’io…”
Un colpo di fortuna che non mi meritavo: entrarono entrambi in bagno. Feci passare i dieci secondi “di sicurezza” più lunghi della mia vita: vedendo che non uscivano scostai rapidamente l’anta dell’armadio e sgusciai via, semi nuda; dimenticai le mutandine e la maglietta dentro l’armadio ! Dio ! E se gliele trova ?! Poi crederà che me lo sia fatto… ma no ! Era rimasta tutta la serata accanto a lui. Come poteva credere che avevamo scopato ? E quando poi ?! Mi tagliai i ponti dietro di me; non sarei tornata a riprenderle. - Che le trovino pure ! - Pensai. Uscita in corridoio accostai la porta chiudendola silenziosamente. Era il punto di non ritorno. Senza mutandine camminai per il corridoio in cerca della mia porta. Cazzo ! Le sorprese non erano finite: Albi dormiva per terra sulla moquette davanti alla mia stanza. Vuoi vedere che quegli stronzi dei suoi compagni di stanza lo hanno chiuso fuori ?! Volevo svegliarlo, poi desistetti. Buon riposo Albi ! Ti sono passata davanti con la patonza all’aria e tu dormivi…sei proprio nato sotto la stella della sfiga ! Erano quasi le sei del mattino; mi venne un’idea istantanea, intrigante e beffarda: pensai di fare della carità a quello sfigato di Albi nel mondo dei sogni. Mi piazzai sopra la sua testa, che dormiva di una quiete che non vi dico, forse stremato dalla stanchezza; abbassai il mio bacino sopra la sua testa per cinque o sei secondi; Albi non lo sapeva, né l’avrebbe saputo in seguito: il respiro del suo naso aveva lambito per tre o quattro secondi il mio inguine, e la mia vulva ormai non più vaporosa di sapone intimo perché avevo goduto a sditalinarmi durante la scopata dei miei professori; poi dopo aver sfiorato le sue labbra semiaperte con la mia peluria intima, pensando che stavo per svegliarlo (bastava insistere col solletico alle sue labbra ancora un paio di secondi) mi alzai con uno scatto da cerbiatta; Albi aveva il sonno tosto; non se ne accorse mai della mia fica a pochi centimetri se non millimetri dal suo viso. In punta di piedi aprii la porta, e tornai nella mia stanza. Di corsa in bagno a lavarmi la paperocchia sporca della mia masturbazione. Dieci minuti dopo godendo la piacevolissima sensazione del contatto delle mutandine pulite mi capitò di guardare verso il balconcino e scoprii che Paola non era uscita dalla stanza (e probabilmente non si era nemmeno accorta di Albi). Era in balcone nientemeno che…-stentavo a crederci ! - a fumare una sigaretta! – pensai - cazzo Paola ! Questo di te non lo sapevo ! Merda ! Ecco perché ti si erano immarroniti un paio di incisivi ed il canino di destra…tu fumi! Imbecille! Mò lo senti il dentista ! Allora mamma non si era sbagliata quando aveva malignato sulla mia amica a cena da noi. La sigaretta era di quelle da farsi da sole comprando il micro filtro sfuso e le cartine. Il tabacco era quello da pipa, oleoso e lungo, comunque del tipo commerciale dei monopoli. Uscii anch’io in balcone vestita solo di maglietta e mutandine sorpresa da questa compagna che proprio tutto non mi diceva allora ! Roma si stava appena svegliando per un altro giorno. L’idea che qualche romano mi avesse vista in balcone in quel mio desabillé mi stuzzicava; Dissi:
“Ma…?”
“Cosa Greta ?”
Teneva disinvolta tra le dita una sottile lunga sigaretta da cui tirava piccole boccate di un secondo o poco più.
“No, dico, da…da…da quanto fumi ?”
“Un anno, circa. Ma solo dove non mi vede nessuno. In teoria avrei dovuto aspettare di essere sola, ma con questa bella aria di questa magnifica città non ho saputo resistere…”
“I tuoi lo sanno ?”
“Papà no. Mamma mi ha visto da lontano. Non ne abbiamo mai parlato. Io non fumo davanti a lei; e lei fa finta di non saperlo. A essere realisti ormai lo sapranno tutti e due.”
“Ma come fai a comprarlo ? Non mi dire che il tabaccaio te lo vende…”
“No; non me lo vende di sicuro. Due volte al mese me lo compra Massimo, un amichetto d’infanzia; fino ai sette anni siamo cresciuti assieme ! Sai, andavo a giocare a casa sua tutti i pomeriggi da piccola, poi anche se viviamo con due piani di differenza nel condominio ci siamo separati con le vite. Lui è maggiorenne, e in cambio di una limonata a struscio me lo compra; poi lo porta a farlo oliare…e me lo riporta. Oppure vado io a casa sua a ritirarlo.”
“Limonata a ?...che c’entra l’olio ? Quel tabacco è già oleoso, non è secco come quello delle sigarette…”
“Lo credo bene!”
“Che sarebbe stò struscio poi col limone ?”
“Lo struscio ! Io lo chiamo così. Ci vediamo nello scantinato del palazzo nostro dove da piccoli ci avventuravamo per giocare agli agenti segreti, poi lì una volta dentro il box di suo padre io alzo la gonna, lui me la accarezza, e me la fruga una decina di minuti. Le prime masturbazioni me le sono fatte fare da lui. Mi faccio masturbare da lui col massaggio, e già con quello mi fa godere perché ci sa fare. Nel senso che mi fa bagnare. Se vuole, ma sembra che il mio sapore lì non gli piaccia troppo, gliela lascio anche leccare fino a che ce la fa. Quando si stacca, il cazzo ce l’ha già abbastanza duro. Gli faccio un po’ di carezze alle palle, un po’ di seghe, poi prima che venga mi stendo a terra e lo faccio venire con il fracosce. La verginità della fica non gliela do, e lui mi rispetta visto che ci conosciamo fin da piccoli. E poi lui la ragazza ce l’ha ! E forse è anche incinta.”
“Scusa e perché non ha mai provato a mettertelo dietro allora ?”
“Nel culo dici ?”
“Eh certo, scusa.”
“Perché gli ho già detto di no anche lì. Mi ha sempre rispettata Massimo. Però se vuole mettermi la lingua lì sul clito va bene! Sai, la prima volta che me l’ha leccata avrò avuto tredici anni ! Mi aveva toccata qui in basso sul davanti mentre eravamo dietro una macchina a giocare agli agenti che tentavano una sortita; sentii la sua mano all’improvviso lisciarmi, contornarmi il bacino, insomma le natiche, e la vulva per lo più; intuivo cosa volesse farmi, e ci stetti; in fondo ci giocavo anche al dottore e poi lo avevo visto fare di nascosto ai miei tempo prima vedendo mia madre godere…mi sollevò la gonna rapidamente, mi tirò giù le mutandine afferrandone il cotone con i denti, e come una belva sulla preda appiccicò la faccia alla mia patatina da poco pelosa ormai scoperta. Lo bagnai tutto quanto in viso mentre mi stava facendo volare con quei colpi di lingua curiosi, timidi, e non mirati. Era ignorantello di come gode una femmina. Se mi avesse stretto le zinne si sarebbe reso conto di quanto mi si erano intostati i capezzoli ! Me li sarei staccati ! Ma non potevo distogliere le mani; tenevo la sua testa ben ferma sulla mia patatina. Felicissima che me la insalivasse. Fu la mia prima leccata di fica. Sembrava fare proprio fatica, ma lui per un suo senso dell’onore, pur non piacendogli il mio sapore lì, continuò, finché non lo fermai dicendogli: basta ho goduto, grazie. E gli diedi pure un bacio per premiare il mio valoroso sporcaccione.”
“E gli piacque ?”
“No, non molto. Non accorciavo molto i peli. Oppure non l’avevo lavata bene. Non saprei.”
“Ma l’olio non capisco…”
“E che mona ! Hashish…tieni guarda qui ! Le vedi queste caccolette nere ?”
Paola mi mostrò il contenuto della confezione commerciale di tabacco “arricchito” con la sostanza psicotropa da “altre persone” dopo l’acquisto in tabaccheria. La mia compagna Paola sotto una veste che non conoscevo fino a quella sera stava disperdendo diversi anelli di fumo che si dissolveva nel cielo roseo albeggiante di Roma. Era ritta con la schiena, e padrona delle sue parole. Pendevo dalle sue labbra, forse era così loquace perché sotto l’effetto di una sigaretta innocente che in realtà era una discreta canna per quanto ne potevo sapere.
“Ma tu sai da chi la compra, quella roba lì ?”
“No, e non lo voglio sapere ! Io non ho, né voglio avere quelle conoscenze particolari…i miei farebbero troppe domande. E poi in certe zone di certi quartieri non ci sono mai andata in vita mia!”
“Già, come disse quel politico corrotto, sei solo l’utente finale ! Quando hai iniziato ?”
“L’anno scorso, ad una festa di un suo amico di vicino casa nostra.”
“Ma hai detto che te l’aveva leccata a tredici anni…”
“Sì, Massimo! E confermo. Le prime volte infatti mi facevo portare un pacchetto di Marlboro che lui prendeva di nascosto a suo padre che acquistava la stecca…poi siccome la sua famiglia ha più dindini della mia, gliel’ho fatta limonare per un cellulare nuovo, o per una robusta ricarica a questo che ho adesso; mica la fotina porno per una ricarica da cinque…!”
“Non sapevo queste cose di te Paola! Sono sorpresa. Un altro po’ e mi dimenticavo di Antonini…”
“Abbiamo tutti una doppia vita ! Prima o poi te l’avrei detto.”
Ero rimasta senza parole con una sensazione di vuoto nel diaframma. Una parte di me che nemmeno avrebbe immaginato Paola nel suo aspetto erotico – o dovrei dire mignottesco ?- provava disagio misto a delusione. Forse era l’effetto del fumo passivo (ero davanti a lei). No, sentivo che in questi anni a scuola Paola aveva sempre recitato una parte, mi aveva ingannata. Paola la disciplinata, Paola la studiosa, ed ora: Paola la libertina. Il fatto è che ero convinta di essere io la troia. Una bella ingenua, non c’è che dire! La mia compagna di banco mi sorrise:
“Vuoi condividere un segreto ?”
“E sarebbe ?”
“Manterrai il segreto ?”
“Un segreto è un segreto solo se lo sa una persona sola! Se sono in due a saperlo è tutto fuorché un segreto. Vuoi dirmi qualcosa che ti da pensare, vero?!”
“Sì, ma tu manterr…”
“Dai, sì! Siamo amiche Paola.”
Paola fece una pausa, poi dopo aver aspirato un po’ di fumo (oliato) disse:
“Ne preparo un paio al mese anche per lei.”
“Lei chi?”
Alla mia domanda rise ironicamente dicendo:
“La tua rivale ! …con buona pace di Suor Theresa.”
“Lei ?!”- Ero esterrefatta, mentre la mia amica loquace solo “fatta” dei suoi fumi. Stava parlando troppo. Del resto anche io ero curiosa a quel punto. Che volete ? Aveva iniziato lei; era ansiosa di vantarsi di qualcosa. Ora stava pontificando della vita sociale della Tommasiello restando equilibrata nelle affermazioni. Mi ero accorta che le difficoltà psicologiche della Tommasiello la facevano sentire superiore. Se solo l’avesse vista stanotte…come l’avevo vista io ! In realtà era lo spinello a darle una sensazione di sicurezza.
“…sì, diciamo che prende la vita con ottimismo, però si vede che è depressa ! E sente che gli anni se ne stanno andando. Diciamo che ogni tanto vuole passare un week end con qualcosa di dichiaratamente proibito. Mi ha chiesto pure se gli presento qualche amico più grande. Diceva che se mi facevo procurare quella roba sapevo procurarmi anche i maschietti per una seratina…”
“Cazzo ! Ma questo, quando?”
“L’anno scorso, d’estate, che non c’era scuola, mi vide fumarla; sai, una come questa, con alcuni amici la sera a piazza ventiquattro maggio; sul momento la spensi e la buttai; ci salutammo e parlammo un po’ da amiche, poi mi invitò a casa sua, viveva sola, e lì mi chiese se potevo preparare un’altra canna. Le dissi di sì, e ce la smezzammo. Mi consigliò dopo di dormire da lei per il torpore doppio di quella sera. Telefonai a casa, e dissi che ero da te.”
“Ah già! Mi ricordo. Ecco perché mamma mi disse che tua madre aveva telefonato a casa nostra per ringraziarci la mattina dopo, e mamma non sapeva di che parlasse. Poi però ti salvai io dicendo che eravamo uscite molto presto.”
“Oh bene, grazie. Un paio di domande la mia me le fece, ma poi lasciò correre, avrà pensato che avevo fatto sesso con un ragazzo…”
“Senti ma dalla Tommasiello, intendo dire a casa sua, le parlasti delle manine di Massimo?”
“Più o meno; a te ho detto di più; a lei di meno. Mi chiese degli amici maschi, e della loro età.”
“E tu?”
“Non le promisi nulla, ma le dissi che avrei tentato qualcosa.”
“Tipo ?”
“Guarda qui!”
Mi mostrò un file jpeg del suo smartphone dove c’era una donna nuda di mezza età col volto coperto da una rivista. La vulva aveva il pelo corto e scuro. Era la Tommasiello tutta nature. Paola prima di cancellare il file davanti a me mi disse di averlo mostrato al suo amico del palazzo…
“E tu avevi questa foto ? Gliel’hai fatta tu ?”
“Sì, quella sera, a casa sua.”
“E poi ?”
“…ne parlai con Massimo, e lo provocai pure dicendogli che era una puledra quarantenne nubile che voleva essere cavalcata. Lui disse che ci avrebbe pensato, che le quarantenni non gli dispiacevano, poi però le mandò un suo parente, un giovane maresciallo dei carabinieri che se la scopò una notte, ma poi sembra non si sia fatto vedere più…qualche volta la accompagno a scegliere la lingerie al centro, e per nostra scelta non parliamo mai di scuola. Due ore di completo relax. Solo che la cittadina è piccola e prima o poi ci sgameranno.”
Notai:
“Da un po’ di tempo, me ne sono accorta, sai, alle interrogazioni ti liquida con tre domande e via! Sei o sette minuti, ed un bel sette sul registro! Tutta cortese. Ecco perché ! L’anno scorso la geografia astronomica ti terrorizzava…ecco perché eri così informata con le lettere anonime al preside, la mutandina scostata con Antonini…allora non te l’ha detto Suor Theresa!”
“No invece, me l’ha detto proprio lei, sai.”
“Hai visto Paoletta…”
“E allora Greta ? Sei invidiosa ?”
“Concordate le domande ?”
“Lei manda l’sms con le domande che mi farà a Massimo; io vado da Massimo e le leggo dal suo telefonino, non gli permetto l’inoltro col mio. Non si sa mai…coi tabulati, sai.”
“Già ! E in genere ci prendi con le previsioni delle interrogazioni ! Sai quasi sempre chi andrà sotto. Ti sbagli di rado, se ne sono accorti tutti.”
“Quella è solo abilità; gli sms non c’entrano niente, giuro! Beh, d’ora in poi stai tranquilla! Se non ci sputtaniamo troppo tra di noi, metterò una buona parola pure per te…”
“Perché non metti una buona parola con Albi ? Magari lui una scopatina con la sua prof se la farebbe…lei poi scopata da un suo alunno ! Te la immagini ? Un sottile senso dell’orgasmo, della trasgressione.”
“Albi è uno scemo educatino, e poi è il tipo che parla! E comunque si lava poco, dicono. La Tommasiello non ha voglia di andare in galera per aver fatto sesso con un cretino ! Me li ha chiesti lei grandi, meglio se tosti! Sai quei tipi che rispondono male alla polizia, o più stronzi dei loro seccatori…magari pure palestrati pompati…comunque fusti !”
“Eh, no cazzo. Quelli così sono i delinquenti!”
“Ma va ! Per uno spinello…”
Ironizzai sulla professoressa per spostare un po’ il discorso. Dei rapporti di Paola col mondo della droga leggera, seppure gestiti per interposta persona, non ne volevo sapere troppo. Paola mi chiese:
“Ma tu che hai fatto poi ?”
“Ho parlato un po’ con Albi, ne aveva bisogno poverino, dopo quel dvd ! Lo perdoniamo vero ?”
“Ma, sì ! E poi in fondo che ce ne fotte ?”
“Lo sai dove sta adesso ?”
“No, dove ?”
“Qui fuori che dorme sulla moquette, è crollato per la stanchezza…”
“E proprio lì fuori deve dormire ?”
“Francesco, Fabrizio, o Davide devono averlo chiuso fuori; che stronzi !”
“Chi pecora si fa il lupo se lo mangia.”
“Paola, dobbiamo proprio lasciarlo lì ? Mi fa pena! Lui in fondo è un altruista…”
“Greta vestiti per scendere al bar ! Io non ho sonno più ormai. Vado a svegliare Albi, e vedo se vuole farsi un’oretta da noi…”
Paola andò a svegliare Albi, e in una trentina di secondi lo fece entrare, affinché si facesse almeno un’ora cristianamente in un vero letto. Accettò. Del nostro invito nel nostro letto non ebbe nulla da chiedere, era felice di poter dormire in un vero letto. Si era arreso, o se ne era fatta una ragione: sesso non ne avrebbe avuto, men che meno di quello manuale, e comunque era troppo stanco per chiederlo; nemmeno sospettava fino a che punto aveva potuto “respirare” o annusare la mia fica mentre era per terra a dormire. A me e Paola ci vide vestite; non ci chiese, né si chiese perché eravamo già vestite; il tempo di una carezza, spenta la luce da Paola scendeva dabbasso, crollò. Gli misi sopra la coperta un po’ meglio, dato che di freddo alla schiena doveva averne preso abbastanza nell’ora che doveva aver trascorso per terra. Poi, riaddormentatosi, scendemmo ad esplorare Roma di mattina presto, noi due, io e Paola. Per le nove saremmo ritornate dalla nostra passeggiata romana. Antonini era un uomo enigmatico: il resto della gita lo trascorse come i pomeriggi della notte prima come se non avesse mai scopato; la Tommasiello da donna intelligente non forzò; in fondo se gli era piaciuta sarebbe ritornato lui da lei. Durante il viaggio di ritorno sedettero accanto e parlarono moltissimo; ma non scambiarono effusioni, nonostante Suor Theresa si fosse seduta con noi studenti per lasciarli almeno un po’ soli. Andrea passò il suo ultimo giorno a Roma con il mal di testa; nessuna farmacia fu disposta a vendergli l’Aulin senza la ricetta. Di tre farmacisti ai quali lo chiese l’ultimo gli notò le pupille dilatate mettendolo a disagio ed insistendo che ci voleva la ricetta. Dalla guardia medica non volle andare per non dover ammettere l’uso della sostanza tossica dei bolli di Marianna, e passò il resto della giornata con le aspirine effervescenti ignorando, e venendo a sua volta ignorato da Marianna, che spensieratamente disinvolta, si faceva rimorchiare dai cazzeggiatori romani del momento; qualcuno forse come e più fumato di lei. Albi passò il tempo rimasto con i suoi “compagni” di stanza senza vantarsi (e avrebbe potuto) di aver dormito da noi. Neanche loro, i maschietti, sapevano che per una decina di secondi aveva respirato sulla mia fica ed il mio pelo gli aveva solleticato le labbra… Poi alle quattro del pomeriggio il nostro pullman partì da Roma con noi dentro ormai piuttosto stanchi. Albi si fece il viaggio auto-isolandosi dagli infidi compagni, e rifugiatosi nel suo mondo techno-war rilesse tutta, ma proprio tutta, la sua Rivista Tecnologica Armamenti. Suor Theresa lo lasciò fare. Al termine del viaggio già pensava al prossimo numero. Davide, invidioso dei soldi che Albi poteva spendere, lo indicava ai compagni sperando in qualche sfottò per il nostro tecnico della guerra. Rimase deluso: la maggioranza di noi ragazze disprezzava l’invidioso Davide più di quanto deridesse il “soggetto” Albi. Si derideva apertamente Albi e si disprezzava silenziosamente Davide. Andrea litigò con Francesco, Fabrizio, e James (che aveva preferito invece defilarsi) per la bonifica non autorizzata al suo pc; se ne accorse nel pullman riaccendendolo la prima volta dalla sera del file imbarazzante. Per sicurezza gli avevano cancellato parecchi file, nel dubbio che fossero considerati analoghi o della stessa fonte di quel file pedo porno inviato dal luganese-calabrese Niki a Fabrizio. Andrea era convinto che nessuno avrebbe dovuto guardargli nella cartella documenti; quello che ci trovarono lo sanno solo Fabrizio e Francesco, oltre al diretto interessato. La voce non poteva alzarla per via del fatto che i docenti l’avrebbero ripreso (Antonini e Suor Theresa non gli consentivano molta confidenza, né gli avevano mai permesso di spiare il registro per i voti). Andrea, una volta rivalutato meglio quello che era successo, si calmò dicendo che ad ogni modo l’avrebbe riformattato, reinstallando il sistema operativo; e, manco a dirlo, non avrebbe più permesso ad alcuno di usarlo; nemmeno per la didattica; tra l’altro era il portatile di suo padre in prestito…già: chiamò il padre al cellulare per comunicargli la manomissione; non dovette parlare molto; probabilmente il signor Valentino, il padre, dovette tranquillizzarlo poiché chiusa la chiamata, tornò al suo mal di testa che gli era ripreso di brutto per lo scazzo del computer. Fabrizio doveva aver preso qualche malattia da Marianna: si grattava continuamente le parti basse; per bene che gli fosse andata aveva rimediato una bella candida. Marianna se la lavava certamente, anche il di dietro, certo; tuttavia, escludendo Albi, si concedeva un po’ a chi capitava. Francesco faceva mostra di stargli alla larga che Fabrizio era contagioso...ma nemmeno lui che le aveva goduto dentro la vagina mentre era in stupefazione, poteva stare troppo tranquillo. Nel salutarlo evitai di baciarlo, casomai con la sua la lingua nella figa di Marianna avesse preso qualcosa…
Il pomeriggio che tornammo nella nostra città, verso le sette di sera, la Tommasiello mi chiese se potevo darle un passaggio nella macchina con cui mi erano venuti a prendere i miei genitori; Antonini – vai capire perché - aveva preferito tornare con Suor Theresa; la Tommasiello inspiegabilmente restò sola; naturalmente dissi di sì. Parlammo della gita e la nostra professoressa parlò amabilmente con i miei genitori del suo nuovo compagno. Al momento che discese dalla nostra auto scesi anch’io per accompagnarla al proprio portone; mi ringraziò e mi chiese:
“Davanti ai tuoi non ho parlato, ma ora potrei chiederti perché hai fatto sesso con Albi sul pavimento del corridoio ?…”
“Professoressa, io….”
“Tu sei matta ragazza mia! Ok, non sono fatti miei, ma Albi non avresti dovuto abbandonarlo così. Non potevate scopare in camera ? Hai idea che anche gli altri clienti dell’hotel avrebbero potuto vedervi ? Non credi che ci debba essere dignità in momenti come quelli ? Metti che vi hanno filmato di nascosto coi cellulari…potrebbero avervi già messo su internet !”
“No, io…vede…” – mica potevo dirle che avevo fatto realmente !
“No, lo so, non sono fatti miei! Però ero convinta che quel falso soldatino di Albi non fosse il tuo tipo…”
“Ma infatti non è il mio ragazzo!”
“Non è il tuo ragazzo, e te la fai leccare in corridoio tutta nuda ?”
“Professoressa, io ho cercato di svegliare Albi che dormiva facendogli uno scherzo; è stata un’idea del momento; una decina di secondi dei miei odori di lì e lui ha continuato a dormire; si tenesse le sue riviste di aerei !”
“Ma perché eri nuda ?”
In quel momento mi arresi: mi sembrò che la Tommasiello fosse una sorta di amica (lo era già di Paola), una di cui fidarsi; mi aveva visto nuda col bacino chino sulla testa del nostro amato e disistimato compagno fessacchiotto. Io in realtà ero innamorata di Antonini e avrei voluto sedurlo; non avevo previsto che la mia professoressa di scienze era decisa a scoparselo per bene.
“Professoressa Tommasiello, io…”- Presi un respiro profondo e vuotai il sacco; dapprima incredula, cambiò espressione e cominciò a credermi quando le raccontai i momenti salienti della loro scopata per dimostrarle che vi avevo assistito da dentro l’armadio ad ante scorrevoli. Le dissi in che posizione era quando si mise a carezzarlo; le dissi del suo neo sulla parte bassa della natica destra in direzione dell’inguine. Le confessai anche di essermi toccata, e sporcata, vedendoli trombare. Non si arrabbiò, anche per non insospettire i miei genitori che aspettavano pazienti con la macchina in seconda fila sulla strada. Non li sentii mai tanto lontani come in quel momento. Cosa avrebbe fatto ? Mi avrebbe schiaffeggiata ? Avevo violato in fondo la sua intimità con il mio goffo tentativo di trovarmi da sola col mio Antonini. La Tommasiello mi squadrò dalla testa ai piedi, cercando d’immaginarsi che aspetto avevo nuda dentro l’armadio; poi però dovette ricordare di avermi vista nuda sopra la bocca del povero Albi. Trascorsi i due minuti più eterni della mia vita. Alla Tommasiello sarei, da quel momento in avanti, apparsa molto diversamente da come le ero apparsa in passato: una delle tante ragazze svogliate alle quali dedicarsi per insegnar loro almeno un terzo, suppergiù, di quanto era scritto nei libri. Io però avevo violato la sua privacy, la sua dimensione più intima; a disagio ripensai a quelle sue parole ad Antonini: “…schiantamelo al culo !”per invogliarlo a sodomizzarla; la mia professoressa di scienze apprezzava il rapporto anale, ed io questo non avevo il diritto di saperlo. La professoressa non reagì alla mia confessione. Non sorrideva più; un muro era crollato, ed un altro più nuovo - forse più alto ?- era stato eretto dalla professoressa; ogni tanto forse avrei potuto passarlo. Con la faccia seria mi disse fredda e sicura di sé:
“Hai preso una cotta per il tuo professorino. Un bell’uomo certo, e hai visto tu stessa come me lo sono fatto ! Vabbé è normale alla tua età ! Ma ti passerà, ti dovrà passare, non m’importa che mi hai spiato, dovrei farti rapporto al Preside! A quel vecchio imbecille bacchettone ! Sei una ragazzina immatura ! Come hai potuto arrivare fino a quel punto ?!”
“Professoressa io, mi dispiace, non so cosa dire adesso…”
“Non ci hai fatto foto col cellulare, vero?”
“No, professoressa, lo giuro! Veramente…”
“Guarda che se finiamo su internet con lui che mi sta schiappettando…”
“Non ci finirete ! Io non vi ho filmati né fotografati…”
“Nemmeno una ?!”
“Sicura ?”
“Sì, ero quasi nuda, come mi ha visto su Albi…”
“Hmmmmm…”
“Professoressa, io sono stata sincera, almeno credo, ora vorrei andare: i miei genitori mi stanno aspettando…della sua passione per l’incu…oh mi scusi, non volevo…”
“Non dire niente ! Tanto fra due anni te ne vai. Anzi…senti fammi un favore ! Parlane con le amiche solo quando avete il Preside entro un paio di metri…forse loro non ti crederanno; ma lui, il vecchio forse sì; dì a tutte le tue amiche come scopa la vostra Tommasiello ! Dillo ! E mi raccomando: racconta che uomo era lui con me! Devi dire a tutte come mi prendeva. Ma sei sicura di non averci fotografati ?”
“Sì, professoressa, sono sicura!”
“Allora parlane con le amiche ! Dì che ci hai spiato! Sai, a questo punto vorrei che il preside vedesse qualche foto di come mi scopava…”
“Non ne ho fatte! Mi dispiace.”
“Bah, parla con le amiche quando sai che può udirvi; Il preside se me lo chiede, cioè se lui mi chiederà la conferma, io…confermerò…capito?! Mi basta che tu lo dica sei o sette volte; non di più. Sei o sette, e…”
Claaaaang-claaaaaang-claaaaaaang !- era il clackson di papà; avevamo fatto una lunga conversazione mentre i miei aspettavano in macchina.
“Sono i miei, devo andare, ci vediamo a lezione! Farò come dice lei ! Promesso !”
Ci separammo; la Tommasiello aprì il portone di laminato ed entrò; prima che si chiudesse finì la frase interrotta dal clackson:
“…e sotto cinque non ti farò andare; non mi dire mai: io non vengo, perché sarebbe due! E per trasparenza ed onestà dovrei mettertelo davanti a tutti! Ci siamo capite ?!”
Feci cenno di sì; naturalmente si riferiva alle lettere anonime che denunciavano Antonini come omosessuale. Chi meglio di me e la Tommasiello avrebbe potuto smentirle ? In cambio, secondo il grado della mia futura impreparazione, avrei potuto contare comunque su un cinque, un sei od un sette; di cortesia, come Paola…

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