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Prime Esperienze

Salve Terra, qui Koona 15a parte


di sexitraumer
04.05.2015    |    3.518    |    0 9.4
"” Mario si rivolse verso di me e mi fece segno di indossare il casco e di bloccarlo..."
Mario che era stato addestrato come un astronauta riuscì ad infilarsi rapidamente nella sua tuta nonostante lo zero-g; io lo aiutai a chiudere le varie cerniere di sicurezza; poi indossò i guanti e glieli bloccai al polso come avevo fatto tante volte con mia madre prima delle uscite su Titano. Quindi fluttuando tutta nuda andai a prendere la mia tuta e cercai di entrarvi come avevo visto fare a lui, ma senza successo. In ambiente zero-g non ero capace; provvide Mario a tenerla tesa ed io al terzo tentativo riuscii ad entrarvi; seguì una rapida chiusura delle cerniere di sicurezza, quindi il rituale dei guanti ad anello a vite ed incastro. Mario mi disse quindi:
“Chiudi il trasportino e aprigli l’ossigeno, quanto ce n’è, ce n’è…dai muoviti !”
Obbedii. Mario indossò il suo casco, e mi ordinò di indossare il mio. Bloccati entrambi i caschi sui nostri rispettivi collari, Mario accese alcuni interruttori sulla manica; erano i nostri intercom; delle radio a breve raggio…
“Mi senti ? Rispondi.”
Accesi anch’io la mia radio.
“Sì, ti sento. Dimmi.”
“Adesso ordiniamo un po’ qualcosa qui intorno.”
Mario si mosse e bloccò alcuni oggetti in modo tale che non fluttuassero più. Poi raccolse in un sacchetto tutti i rifiuti che riusciva a trovare, comprese le cacchette del mio cane. Dopo una decina di minuti di lavoro, dopo aver gettato lo sguardo un po’ dappertutto mi ordinò:
“Siedi sul sedile ed allacciati stretta le cinture di sicurezza.”
“Perché ?“
“Esegui e basta. Metti il trasportino su di te, e tienilo fermo facendo forza col torace; quando ci sei dimmelo !”
Mi ci volle un minuto; dapprima assicurai sotto i miei gambali il trasportino con Rasputin dentro, poi mi allacciai le cinture strettamente. Mario discese a controllare, e mi strinse le cinture ancora di più; quindi passatomi il trasportino affinché mi ci accovacciassi si spostò di lato armeggiando con alcuni interruttori, quindi mi disse:
“Tieni la stretta con le braccia, e stai pronta ad afferrarlo se dovesse spostarsi.”
“Che fai ?”
“Ho fatto una decompressione parziale; non svitare il casco e non avere paura ! Non sarà esplosiva ! Adesso non c’è abbastanza pressione per respirare senza casco, ma ce ne è abbastanza per smuovere un po’ d’aria…”
“Esplosiva cosa ? Che vuol dire smuovere aria ?”
“Tieni stretto il trasportino !”
Mario non mi stava ascoltando, si spostò, e raggiunto il portello d’accesso fece dei giri con una manovella circolare apposita. Digitati quindi dei numeri sulla tastiera del portello precipitò accanto a me e allacciatesi le cinture alla svelta mi sedette accanto. Aspettammo. Aveva regolato l’apertura su un minuto; a meno dieci secondi, più o meno, mi fece segno di tenere ben stretto il trasportino con il cane…
“…6…5…4…3…2…Tienilo stretto non badare a me ! Noi non ci muoveremo,…”
“Wouuuuuuuushhhhhhhhhh !”
Il portello si era aperto con il timer da un minuto; tutti i rifiuti, comprese le cacche del mio cane, nonché i nostri avanzi di cibo non consumati vennero aspirati fuori, dal vuoto cosmico. Mario aveva già decompresso almeno in parte tutto il nostro volume di abitabilità, per cui lo spostamento d’aria non era stato proprio esplosivo; tuttavia era stato abbastanza forte per far fuori uscire tutti i nostri rifiuti insacchettati o meno. Il trasportino si era sollevato velocemente, ma facendo forza io stessa tra cosce e torace riuscii a trattenerlo durante quel fiume d’aria durato forse quattro o cinque secondi…su Titano quando scendevo dal TM, con Rasputin al sicuro dentro di esso ad aspettarmi, avevo conosciuto delle bufere improvvise di vento, ed avevo anche imparato se non ad evitarle, a capirle senza farmi travolgere. La forza che dovevo esercitare per trattenere il trasportino con Rasputin non era così elevata. Più o meno la stessa di quando premevo il pedale del freno elettrico del TM…o poco più.
La Pegaso si era svuotata; Mario sganciò la sua cintura e si diresse a chiudere il portello. Poi armeggiando con i comandi mi disse:
“Sto rimettendo l’aria, ci vorranno tre minuti almeno, non svitare il casco. Quando si accenderà la luce verde potrai rilassarti, dai che è finita…”
Svitare il casco ? Luce verde ? E dov’era ? Io ero ancora accovacciata a proteggere Rasputin…e col casco indossato mi sembrava di essere lì dentro la prima volta…i minuti trascorsero e da un lampeggio rosso che era cessato seguito dal verde stabile dedussi che potevo svitare il casco e respirare liberamente; aprii il trasportino anche a Rasputin che abbaiò per la contentezza. Mario mi disse:
“Tieniti la tuta, che chiamo la Micenea…”
“Beiiiip, beiiiiiip !”
“Ah, stanno chiamando loro…”
“Che succede Pegaso ? Vi abbiamo visto espellere qualcosa, come una decompressione, cosa è successo…? Siete vivi ? “
“Niente, niente, abbiamo espulso alcuni rifiuti di troppo, tutto qui. Eliminazione puzze varie.”
Dopo una pausa dalla Micenea:
“Facci parlare con la ragazza Van Brenner !”
Presi il microfono goffamente; con la tuta non ero abituata a muovermi.
“…qui Koona ! Tutto a posto signore ! Il signor Van Brenner ha voluto fare un po’ di pulizie, io ed il cane stiamo bene.”
“Intende dire che indossa la tuta signorina Karydu ?”
“Sì signore.”
“Bene signorina, le ordino di mantenerla…che intende fare Van Brenner ?”
Rivolta a Mario dissi:
“Tieni, è per te adesso.”
Ripassai il microfono a Mario, che dettò le sue condizioni:
“Vi do la ragazza viva in cambio di un rifornimento di viveri ed acqua per sei-zero giorni; voglio il pieno di acqua interna come ha detto il cargo-master, e quaranta litri in bottiglie PET, me le trasborderete voi con la EVA. Inoltre mi serve un scaletta rigida del tipo telescopico estensibile… e… tre cariche di C4 plus plus con un detonatore elettrico wireless…carico ! Capite ? Compreso ?!”
“Che te ne fai del C4, Van Brenner ?!”
“Affari miei !”
“Si tratta di esplosivo plastico ! Non so se ne abbiamo Van Brenner !”
“Lo so che lo avete ! Ogni vascello commerciale ce l’ha ! E me ne servono solo tre cariche !”
“Non so, se…”
“Niente C4 niente ragazza !”
“Cominci a farci paura Van Brenner !”
“…alla consegna della roba lascerò trasbordare la signorina. Ah, ecco ! Aggiungete il mio reader, che l’ho dimenticato nel mio alloggiamento; avevo comprato diversi libri da leggere…ah, dite a Quartarelli di aggiungere un paio di bottiglie di quelle che sa lui…”
“Whiskey o Rhum, vero Van Brenner ?...”
“Rhum, io e Quartarelli siamo gli unici ad averlo di quello buono a bordo…”
“Buono a sapersi; ecco chi era a fare contrabbando a bordo. Gliel’avevate venduta voi a Kränz quella che aveva nel suo alloggio? L’ha trovata il commissario Conte in seguito ad una perquisizione random…”
“Non so di cosa parla tenente Terry…”
“Come no ?! Certo.”
“Se siete pronti avvicino la Pegaso. Cinquanta metri lato sinistro, voi pronti a filare la sonda.”
“Sta bene Van Brenner. Pronti a filare in uno-cinque minuti.”
Mario, vidi, si era rasserenato; lo stavano accontentando per il momento. Manovrò per avvicinarsi alla Micenea, quindi fermò l’astroscialuppa parallela alla nave dietro. Ci vollero due lunghi minuti affinché stabilizzasse la nostra rotazione longitudinale da un giro completo ogni due minuti, a zero giri necessari affinché la missione EVA agganciasse il bocchettone di rifornimento. Provai a guardare attraverso l’oblò, ma impicciata dal casco riuscii a vedere poco. Chiesi a Mario:
“Che succede adesso ?”
“Uscirà un astronauta con un lungo tubo che aggancerà qui. Quando arriva si accenderà una lucetta verde che lampeggia.”
Dalla Micenea chiamarono:
“Sta uscendo Ulianov con la sonda. Non potrebbe avvicinarsi di più ?”
“No, scordatevelo !”
“Stia calmo Van Brenner, sta arrivando il rifornimento di acqua…ecco mi dicono che è uscito adesso. Tra qualche minuto sarà da voi.”
Vidi l’astronauta, poco più d’una pallina con le gambe, uscire con un tubo flessibile. Chiesi a Mario:
“Quanto ci metterà ?”
“Un minuto o due…ha lo zaino con i razzetti per muoversi…”
“Ma col C4 che devi fare ? Hanno detto che è un esplosivo !”
“Quando sarete lontani farò detonare le cariche a venticinque metri dalla Pegaso. L’esplosione mi darà l’abbrivio accelerandomi verso la Rossjasia Vessel; esaurito l’abbrivio accenderò i motori elettronucleari. Col C4 guadagnerò sette-otto giorni grazie all’accelerazione iniziale…”
“Non è meglio il carburante liquido ?”
“Sì, ma nelle Pegaso è precaricato sigillato; non è possibile ricaricarlo di nuovo nello spazio e comunque è pericolosissimo…mentre il C4 plus plus è un esplosivo plastico: detona diventando istantaneamente da solido a gas per via dell’innesco elettrico: 3500 volts, 3000 gradi celsius di calore e in un millesimo di secondo si genera una bella onda d’urto sufficiente a smuovere la Pegaso senza danneggiarla. Urterà gli ugelli…funzionerà vedrai…Anzi fammi chiamare la Micenea !”
L’idea della propulsione esplosiva lo aveva eccitato rendendolo ottimista…
Mario chiamò la nave madre:
“Dite a Ulianov di collegare la scaletta estensibile all’ugello, ben dritta, di estenderla e di lasciarla estesa dietro !”
“Se non abbiamo capito male vorresti un colpo di stecca da biliardo per la Pegaso, vero Van Brenner ?!”
“Perspicace Tenente Terry, per una donna non c’è davvero male !”
“La sua idea serve solo ad individuare i potenziali imbecilli nei test a risposta aperta per l’accademia astronautica; questo sistema funziona bene solo negli olo-muvj, Van Brenner! Si risolverà in un disastro di rotta, e non ce la farà a correggere con gli elettronucleari; non è meglio una fionda gravitazionale con Saturno ?!”
“Negativo Micenea ! Mandatemi quello che vi ho ordinato, o vi scordate la signorina !”
Dall’oblò vedevo che si stava muovendo lentissimamente, non sembrava che avesse fretta. Aspettammo tre o quattro minuti poi io sentii un urto, dato che noi all’interno avevamo l’aria che consentiva la propagazione dei suoni. La luce verde lampeggiò. Era il modo di dire toc-toc. Sentii Mario parlare alla radio:
“Sei Ulianov ?”
“Certo Van Brenner. Sto cercando di aprire la bocchetta, ci vorranno due o tre minuti, poi il cargo master avvierà il rifornimento…la ragazza sta bene ?”
“Sì, sta bene Ulianov !”
“Dille di avvicinarsi all’oblò !”
Sentii la richiesta grazie all’intercom tra i caschi, e avvicinai il mio volto nel casco all’oblò come mi era stato detto. Mi spaventai vedendo un altro casco che cercava il mio sguardo. Lui urtò, forse apposta la visiera del suo casco sul plexiglas dell’oblò, che trasmise il suono alla mia visiera. Sentii come un’invasione…forse era proprio quello che voleva Ulianov, il quale poi disse:
“Salve signorina Karydu, tutto bene ?”
“…eh ?! Sì, va tutto bene ! Certo.”
“Stia tranquilla, sta andando tutto per il meglio, non le accadrà niente di male.”
La sua voce appariva elettrica, metallica, sembrava lontana, innaturale, eppure era così vicino…meno di mezzo metro visiera-oblò-visiera…
“Sto bene signor Yulianov”
“Ulianov signorina ! Mi chiamo Mark ad ogni modo…”
Poi Ulianov smise di parlare con me dicendo:
“…ehi collega ! La bocchetta è a posto. Chiama la Micenea e dì che siamo pronti qui !”
Mario trasmise il messaggio alla Micenea, ed il rifornimento venne avviato. Dopo circa un minuto sentii un rumore:
“Crack platt ! Crack platt ! Woasssshhhhh !”
Era l’acqua che stava arrivando. La Pegaso stava venendo rifornita. La cosa richiese sei minuti, e si concluse con un altro sciacquettio rumoroso. Mario mi disse:
“Quella era l’aria che hanno usato per spingere l’acqua.”
S’intromise l’astronauta all’esterno, Ulianov:
“Van Brenner il rifornimento è stato completato. Se vuoi far uscire la ragazza la porto a bordo, poi dopo che Quartarelli ti porta il restante…”
“Negativo. Altri 40 litri in Pet, fate dei package da mezzo metro a trenino. Me li passerete dal portello. Quartarelli mi porterà il C4, l’innesco e il reader col rhum !”
Colsi al volo l’occasione per salvare intanto almeno Rasputin, il mio pelosissimo amico neo-titaniano.
“Signor Ulianov, se apriamo il portello, le passo un box, è un trasportino col mio cagnetto, lo porterebbe a bordo per me ?”
Ulianov non mi rispose, e continuò a rivolgersi a Mario:
“Van Brenner ! Sei sicuro che non vuoi darmi la ragazza ?”
“Decomprimo ! …Fra un minuto apro il portello ! La ragazza ti darà il trasportino, portale a bordo il cane ! Ci tiene ! Tu non entrare, resta all’esterno !”
“…ma…”
“Decompressione iniziata amico. Tra un minuto ti passiamo il trasportino: porta il cane a bordo e non discutere !”
“Koona, chiudi il trasportino !”
Avevo fatto uscire di nuovo Rasputin che mi leccava il collare metallico ed il casco speranzoso in una carezza rassicurante della mia mano. Nello spingergli di nuovo la testa nel trasportino di sicurezza il cane mi diede un morsichino affettuoso che sul momento ignorai. Quindi richiusi il cane, e apertagli di nuovo la valvola dell’ossigeno, afferrai il mobiletto dal manicotto di trasporto. Non pesava niente. Feci cenno a Mario di aprire il portello. Essendo uscita l’aria dalla nave non riuscì a sentire il rumore dello scatto della serratura. Lo spesso portello dopo aver corso uno o due centimetri all’interno ruotò verso sinistra. Vedevo per la prima volta il vuoto cosmico da un rettangolo quasi quadrato: era tutto di un nerissimo. Mario mi aiutò a sollevare il trasportino e mi apprestai a spingerlo fuori. Mario mi disse:
“Fai piano, non c’è alcun attrito nello spazio esterno, fai piano, o Mark lo perderà…”
Poi rivoltosi a Ulianov disse:
“Sta uscendo Mark ! Pronto a prenderlo…”
Passarono forse cento secondi angosciosissimi poiché Mark Ulianov con me non stava comunicando, e affacciandomi impacciatissima con il casco non riuscivo a vedere dove stesse fluttuando il trasportino col povero Rasputin, ignaro del vuoto cosmico. Mario mi tirava da dietro, ma io non capendo cercavo di sporgermi senza successo. Mario cercava di parlare con me, ma io distrattamente, mentre spingevo la testa del mio pelosissimo amico nel modulo, avevo evidentemente disinserito l’intercom. Ero ansiosa per il cane. Mario avendolo compreso o intuito, non saprei, sempre alle mie spalle si spostò agilmente, e raggiunta la mia polsiera sinistra mi riaccese l’intercom con le proprie mani. Mi ordinò:
“Dai, togliti che devo richiudere il portello…”
“Il cane l’ha preso ?”
“Che ne so ?! Aspetta…ma togliti, dai porco Saturno !”
“Ehi Ulianov ! Hai visto il pacco ? Sì…!?”
“…”
Mario mi scostò di dietro e richiuse il portello; poi reimmessa e fatta circolare l’aria si mise in contatto con Mark Ulianov; dopo una pausa di vero vuoto mentale finalmente:
“Ehi, della Pegaso !...qui Ulianov ! Lo tengo !...”
“Torni alla nave allora ?!”
“Aspetto che il comandante mi autorizzi a rientrare…la ragazza non è con me. Ripeto, non è con me !”
“Il trasportino ha solo mezz’ora d’aria ed è stata in parte consumata, Mark !”
S’instaurò un dialogo a tre nel quale rimasi in silenzio; le radio ripresero a funzionare:
“Ulianov rientra. Sei autorizzato. Fa con calma. Il cane non è un essere umano.”
Avevo riconosciuto la voce: era quella di Paula Terry, il terzo ufficiale; cominciava a starmi antipatica, e neanche tanto cordialmente…Mario aveva intuito il mio disagio:
“Ulianov ! Se non volete allevare una terrorista ex-titaniana e farla guadagnare alla causa degli ambientalisti duri e puri, ti consiglierei di non dare retta alla Terry...fa in modo che quella palla di pelo che scacazza dove trova arrivi sano e salvo a smerdare la Micenea, altrimenti la padrona non la gestirete facilmente…se succede qualcosa al cagnetto la ragazza resta con me !”
“Capito Van Brenner, capito. Ma non mi va di morire per questo cane…finora tutto bene…entro cinque minuti saremo a bordo…io e questo coso peloso…come si chiama Van Brenner ?”
“Rasputin !”
“Cazzo !...”
Sia dalla nave Micenea, che dalla nostra Pegaso, partì la più ovvia delle domande…sfalsate di pochissimi istanti…
“Che succede…?”-“…ede ?”
Ulianov comunicò con entrambi:
“Il trasportino lampeggia rosso…porca ! Qui mi sa che sta finendo l’ossigeno…il lampeggio è finito adesso è rosso stabile…mi dispiace non vedo niente dalla finestrella rettangolare. L’ossigeno dovrebbe essere finito dentro il modulo !”
Dalla nave la Terry, quell’antipatica parlando fredda e calma disse:
“Prendila calma Ulianov ! Non è colpa tua. Avranno trascurato di ricaricarlo…tu sei più importante del cane ! Se t’impiccia ti ordino di abbandonarlo, sulla Terra aspettano una ragazza, non il suo cane…”
Mario disse:
“Ulianov ascoltami ! L’ossigeno non defluisce verso l’esterno, per un minuto o due resisterà…quanto ti manca Ulianov ? Non riusciamo a vederti, ho chiuso il portello…”
Ulianov pur lasciando aperta la radio in ambo i sensi parlò solamente con la Micenea:
“No problem Micenea. Tra uno o due minuti conto di essere a bordo; il trasportino resta con me. Tranquillizzate la ragazza.”
Avevo sentito lo stesso. Quelli lì, quegli spronzi – dissi a Mario ce l’hanno col mio cane – e Mario:
“Si dice stronzi, non spronzi. Tranquilla, non ce l’hanno col tuo cane ! Avevano paura che schizzassimo via dopo il trasbordo del cane.”
Mario cercava di tranquillizzarmi; sta di fatto che quei due minuti li trovai angosciosissimi…poi dalla Micenea chiamarono; rispose Mario:
“…Beeeeep ! Bzzzzzzzzz ! …il cane è a bordo ! Adesso vogliamo la ragazza Van Brenner !”
“La avrete solo dopo che mi avrete mandato il resto !...e basta !”
M’intromisi io, che non avevo potuto assistere al trasbordo.
“Se non mi fate sentire il cane non vengo neppure io…”
“Signorina ! …il su…”
“Che ?”
“…”
Un’altra pausa. Immaginai subito che Rasputin fosse privo di conoscenza per lo choc. In effetti doveva essere rimasto in debito d’aria un minuto o due svenendo e andando lentamente all’altro mondo. Mi venne detto tempo dopo che la Terry chiamò il medico che dall’infermeria raggiunse l’anello zero-g non rotante, da dove era stato fatto uscire Ulianov per rianimare Rasputin sotto choc da pre-soffocamento. Credendo che ci fossimo io e Van Brenner aveva portato due maschere dell’ossigeno; ed una dovette usarla per il mio cane, che venne rianimato in meno di un minuto dato che dentro il trasportino era rimasta un po’ d’aria. Ulianov non aveva potuto cedergli un po’ della propria perché mancava l’adattatore del bocchettone. Il terzo ufficiale Paula Terry chiamò di nuovo, e disse:
“Il suo cane sta bene signorina. Il medico di bordo lo ha rianimato. Allora signorina, vuole trasbordare anche lei, o restare col suo amico?”
Nel frattempo anche Rasputin aveva abbaiato non sapendo dove fosse o cosa fosse un anello zero-g. I suoi guaiti mi tranquillizzarono e mi resero in un istante più ottimista…
“…bauuuuuuu ! Houuuuuu ! Bau ! Bau !...”
Risi contenta e risposi al tenente Terry.
“Vorrei trasbordare tenente Terry !”
“Bene. Era quello che volevo sentirle dire ! Faccio uscire Quartarelli con l’ultimo rifornimento per il suo amico ammutinato. Ci vorranno una ventina di minuti…ha un bel trenino di roba per il suo amico…si prepari per una EVA signorina ! Nello spazio cosmico ne ha mai fatte ?”
“No, signorina Terry ! Non ho mai lasciato Titano !”
“Quando la afferrerà Quartarelli lo lasci fare ! Andrà tutto bene !”
“Signorina Terry ! Vorrei chiudere un attimo il collegamento. Vorrei qualche minuto d’intimità con Mario, dato che lo sto per lasciare per sempre…le dispiacerebbe ?”
“Signorina Karydu lasci perdere i sentimentalismi ! Ora ci serve che lei…”
Mario, senza aspettare la risposta della Terry, chiuse la comunicazione. Gli dissi:
“Mario ripressurizza la Pegaso e togliamoci le tute, voglio scopare un’ultima volta prima di abbandonarti…”
Mario mi aiutò a togliere la tuta e rimasi di nuovo completamente nuda, pronta a fare un’altra scopata col mio uomo. Mario mi afferrò i seni con la sua tuta ancora addosso iniziando freneticamente a succhiare i miei capezzoli uno dopo l’altro ad occhi chiusi. Aveva solo tolto il casco rimanendo con la testa appena fuori dal collare metallico. Provai a parlare durante quella nostra ultima intimità:
“Uhn ! Ahnn ! … Mariooooh, basta succhi ! Mi stai facendo impazzire…ahnnn ! Ahnnn !”
Il mio respiro si era fatto affannoso, ed il mio piccolo seno si era inevitabilmente gonfiato e riscaldato a causa della mancanza di gravità…anche la mia fica però cominciava a bagnarsi. Con uno scatto del mio corpo, molto ben calibrato dato che mi ero abituata allo zero-g, mi spostai di mezzo metro per piazzare sulla sua faccia la mia vulva umidiccia. Non se lo fece dire due volte: mi trovai la sua lingua che cercava d’introdursi tra la pelle del mio spacco, ben dentro le mie carni più intime. Non che fossi così sensibile lì dentro, tuttavia essere “cercata” nei miei saporini interni mi eccitava eccome…Lo sapeva l’Universo cosa stesse cercando; poi dopo aver fatto con la sua lingua irrigidita un paio di sondaggini estrasse la sua lingua con leggerezza per dedicarsi al mio clitoride ormai quasi scappucciato di fuori. Era il Mario che volevo io: un assaltatore della mia fica. Ormai stavo godendo:
“Ahnnn, Marioooohhh ! Basta….no ! Che fai ?! Lecca ancorahhhhh, ma uh ! Uhmmm ! Fai piano ! Non la togliere la lingua, continua ! …ahnnn ! Ohnnnn ! Un bell’assalto in fica, dai ! Uhmmm, dai !”
Avevo incastrato la sua testa tra le mie coscette ormai bagnaticce. Bagnavo contenta tutto il suo volto, al mio Mario !...finalmente il mio uomo si era eccitato, e si era tolta la tuta ! Portai le mie mani sul suo “pacco” come lo chiamate sulla Terra, e pronta gli afferrai il cazzo già ingrossato che – con mio grande piacere – mi si stava indurendo nella mia mano femminile. Mantenendo la mia fica sulla sua testa grazie alla mancanza di gravità mi ero potuta piegare all’indietro per afferrargli il cazzo. Da quando era in mano mia le sue leccatine alla mia fica si erano fatte più leggere, ma anche più imprecise, incerte. Se non stavo ricordando male gli insegnamenti di Miss Dera, la libido del mio amante era al picco. Aprii le mie cosce; Mario avendo intuito o compreso cosa volevo staccò la lingua anche lui, ed agendo sui miei fianchi mi fece assumere la posizione corretta davanti a lui. Gli afferravo affettuosa cazzo e palle, per carezzarlo ben bene nella fonte dei suoi ormoni…dopo mezzo minuto mi abbassai verso il suo cazzo, e ne presi prontamente in bocca la cappella per leccarla bene. Quel gesto lo avrebbe fatto diventare durissimo. Gli passavo rapidamente la lingua sui suoi lobi, insalivandola quanto potevo; ad istanti regolari ogni tanto toglievo il contatto affinché il suo cazzo risentisse il freddo dell’aria, e di nuovo il calore della mia bocca di nuovo ben chiusa sul suo cazzo: andavo avanti ed indietro senza sosta sentendo il cazzo che pulsava sui miei denti quando, ingoiato il glande per uno o due secondi, passavo i denti sulla sua asta sentendo pulsare la vena cava. Quando valutai che il suo cazzo era tornato dritto, aprii le gambe davanti a lui cercando di portare le ginocchia verso il mio petto ed aspettai di essere presa ed…infilata ! Mario afferratami per le anche entrò dentro di me col suo cazzo dritto e ben duro ! La mia fica ormai gonfia, che trovavo straordinariamente elastica, si adattò immediatamente alle generose dimensioni del suo cazzo. Mario mi stava chiavando con una certa comodità, ma contenendo la velocità quando spingeva in avanti. Ad ogni colpo venivo assalita da un certo piacere sessuale e cerebrale; dallo spacco che aveva assunto la forma quasi tonda del suo cazzo, vidi uscire e fluttuare goccette argentate, che lasciata la mia fica in un godere continuo, e sempre più intenso, andavano a infrangersi contro le pareti della Pegaso rimanendo sulla superficie dei pannelli colpiti. Aiutata dal zero-g alzai il bacino mantenendo il coito e trovata la faccia del mio biondo amante gli offrii la mia lingua affinché lui mi offrisse la sua…
“Ahnnn ! Ahnnn ! Mario ! ti vogliooooh ! Ahnnn ! Uhhhhh ! Ti voglio tutto per me ! Sluuuurppp ! Sluuurpppp ! Uhmmm ….”
“AHNN ! UHMM ! Ahnnnn ! Uhnnnnn! …Tieni ! Tieni ! Mia piccola demone !...Te lo do tutto ! Prendi ! UH ! Prendi ! ”
Cercai di godermi il più possibile i suoi affondi; mi stavo esaltando…ero ormai vicina a raggiungere il mio di orgasmo, indipendentemente se Mario si preparasse o meno a spararmi dentro il suo bianco seme bollente, al pari della mia vagina interna che nelle mie immagini mentali era diventata una caldissima lavatrice come quella che utilizzavo sulla stazione Titano Uno. Mentre il mio Mario si godeva, col suo cazzo ben piantato in me, i miei più intimi calori e le mie più calde sensazioni di risciacquo, sentii montarmi l’orgasmo; la mia vista si era appannata, ed una delle mie ultime sensazioni coscienti furono entrambi i miei seni gonfi e rigidi con i capezzoli che erano diventati due piccoli paletti che sarebbero potuti passare per pedine degli scacchi…Mario, contando sulla mancanza di gravità che ci faceva mantenere il coito che io cercavo di chiudere e rendere più nostro incastrando le cosce contro il suo corpo, prese ad afferrarmi le zinne cercando di allungarle per poi mollarle: di tanto in tanto pizzicava i miei capezzoli fino a quando io conobbi l’acme del coito: il cosiddetto climax:
“Sìiiiiiiii ! Sì ! Ancoraaaaaaaaaaah…Uhuuuuu, uhm ! Mario dai ! Godoooooohhhh ! Uhmmmmm !”
Mario mi chiese:
“Hai goduto Koona ?!”
Cazzo ! Certo che avevo goduto ! E mai così tanto…mi ero esaltata e venni aggredita da una voglia matta di essere letteralmente aperta…in due !
“Marioooooohhhh ! Trattieniti ! Trattieniti, ti prego !”
“Perché ?...”
“Resisti ! Voglio che mi entri nel culo ! Aprimi tutta ! Non godere se prima non mi hai aperta tutta quanta, dai….uh ! Che colpo ! Ahnnn ! Di nuovoooohhhh ! Ahnnn ! ”
Mario cercava di dominarsi, ma io sapevo che era questione di meno di un minuto poi sarebbe esploso in me. Interruppi il coito con mio grande disappunto; poi voltatami convenientemente ed appoggiatami al sedile gli offrii il mio culo affinché trovasse qualcosa di più stretto con cui far sfogare la sua inevitabile voglia di esplodere. Mi afferrò immediatamente per i fianchi pronto ad incularmi. Dopo un paio di secondi sentii la sua cappella nel mio ano e cercai di immaginare come veniva sodomizzata la sua Lauren contro il tavolo nel suo studio legale. Il suo palo si fece strada da padrone nel mio retto, e per un paio di secondi mi mancò il respiro. Poi accortami che avevo dentro di me una bella porzione del suo missile carnale gli dissi:
“Stringimi le zinne quando mi sbatti ! Che mi reggo io al sedile ! Dai ! Scopami il culo…scopamelo bene ! Sbatti le tue palle sull’inguine ! Ohhhhh ! Sìiiiii ! …dentro tutto Mario ! Tuttooooooohhhh !”
Mario mi sodomizzò totalmente. Mentre mi stringeva le zinne sentivo dolore e piacere senza riuscire a focalizzare né l’uno né l’altro, ma sentire muoversi tutto il mio retto per le sue spinte in avanti aumentava la mia voglia di percepire sia il dolore, sia il piacere. Anche Mario purtroppo non si stava contenendo più…dopo quattro colpi il mio retto si era riempito di qualcosa di tiepido: era finalmente il suo sperma che veniva pompato dentro di me: ora sì che mi sentivo…completata. Per la prima volta mi stavo accorgendo che avevo sudato parecchio: solo che ora cominciavo a sentire realmente freddo. Trattenni Mario nel mio retto facendomi abbracciare da lui che chiudeva il suo abbraccio sul mio seno ancora stretto dalle sue mani. Rimanemmo così una decina di minuti, poi del prurito in vicinanza del mio ano mi aveva fatto capire che il cazzo di Mario era appena uscito dal mio culo e si era diretto verso il pannello di comunicazione; io sporca, sudata, e felice mi ero spostata di poco per riprendere la tuta; sentii Mario riprendere le mie natiche ed un istante dopo la sua lingua me le stava letteralmente lavando; dopo un paio di minuti su di esse pulì il mio ano quindi l’inguine; la mancanza di gravità era meravigliosa: mi voltai e gli offrii il mio sesso che leccò totalmente con metodo, ma così facendo mi aveva stimolata ad urinare. Mario lo aveva capito e mi spinse verso la manichetta con l’aspiratore. Si accese da solo non appena afferrai l’estremità del tubo e della manichetta anatomica. Potei liberarmi; poi analogamente si liberò anche lui. Mario dopo che ebbe finito mi aiutò ad indossare la tuta; poi io aiutai lui ad entrare nella sua. Mario era tornato un cosmonauta; accese le comunicazioni con la Micenea:
“Beeeiiiippp !...Allora Tenente Terry, noi siamo pronti. Quartarelli che fa ? Si sta preparando ?”
“Era pronto mezz’ora fa quando avete iniziato le vostre acrobazie personali Van Brenner ! Se avete finito lo mando con le cose che ha richiesto. Faccia indossare il casco alla signorina.”
Mario si rivolse verso di me e mi fece segno di indossare il casco e di bloccarlo. Mario disse:
“La ragazza è pronta.”
“Controlli quanto ossigeno ha…e riferisca.”
Mario controllò il livello nelle piccole bombole, e letto il livello, riferì alla Terry:
“Quarantotto minuti con l’erogatore a metà.”
“Bene. Quartarelli esce adesso…”
Mario si rivolse verso di me, cercando di apparire freddo e distaccato, come se stesse svolgendo compiti di routine, ma la voce gli tremava: sapeva che entro pochi minuti mi avrebbe persa per sempre…
“Ci metterà una decina di minuti; ver...if…fica le polsiere e bloccale !”
Lo avevo fatto decine di volte durante le mie esplorazioni su Titano; per cui non diedi troppo peso ai bracciali metallici. Mario se ne accorse:
“Il suono non mi è piaciuto ! Sblocca la polsiera e rifai !”
“Dai, va bene !”
“Dai un cazzo ! Rifai !”
“Uffa…!”
Eseguii di nuovo avvitamento e bloccaggio delle polsiere. Mario si stava alterando; anche se era per il mio bene.

“…guarda che fuori c’è il vuoto ! Su Titano la pressione atmosferica non mancava; grossomodo quella della stazione, e della Terra…nel cosmo nel caso di una perdita d’aria ti restano solo un paio di minuti finché non esaurisci anche l’ossigeno dentro la tuta…”
“Fatto ! Adesso è bloccata.”
“Mario !”
“Che farai ?!”
“Ho messo in memoria la rotta d’intercetto della Rossjasia Vessel. Mi prenderanno a bordo come naufrago ! Prima di arrivare su Marte 3 chiederò ufficialmente asilo politico al loro blocco economico…”
“Te lo concederanno ?”
“Sì ! Quasi sicuramente; conosco alcuni segreti tecnologici della Micenea 7. Li baratterò col mio asilo.”
“Bump ! Bump !”
“Cos’è ?”
“Quartarelli è arrivato; non perdere tempo ! Metti il casco e …”
“…e…?!”
“Avvita il collare e bloccalo ! Cazzo ! Dai !...fra poco dovremo decomprimere di nuovo !”
Mentre indossavo ed avvitavo il casco Mario fece altrettanto; quindi armeggiò con la radio a breve raggio delle nostre polsiere. Accese anche la mia.
“Beiiiiippp ! Sei tu Quartarelli ?”
“Sì; ho con me 3 cubi dei rifornimenti che avevi chiesto; ho anche il reader che avevi chiesto. Le tre cariche di C4 plus plus ed il detonatore wireless; è tutto nei pacchi col nastro rosso…adesso mantieni la tua parola e preparati a far uscire la ragazza !”
“Calma ! Adesso apro, e mi passi i pack !”
“Pronto ! Vai pure Van Brenner !”
Mario fece la decompressione pressoché totale; ci vollero forse un paio di minuti; poi aprì il portello. Stavolta l’aria non si mosse perché era stata espulsa del tutto. I due pack vennero sospinti con molta leggerezza, fluttuando ed urtando qua e là…io avevo paura per gli esplosivi…
“Ehi ! Non fate attenzione con i C4 ?”
“Koona ! L’esplosivo plastico C4 plus plus non esplode per urto ! Solo con la giusta scossa elettrica ! Tranquilla !”
Quartarelli che stava spingendo delicatamente i carichi disse:
“Entro con le braccia e afferro la ragazza, ok amico ?!”
“Ok un cazzo ! Resta fuori ! Aspetti che esce lei; quando è fuori per metà la afferri !”
La finestra di apertura si era liberata; vidi la prima volta il nero del cosmo attraverso il portello. E devo confessare che benché ancora dentro la Pegaso era come se sentissi già il disagio del vero vuoto, che non avevo mai provato. Incredibilmente quei due ingombranti contenitori quasi cubici erano ormai passati del tutto dal portello oscurando del tutto la vista di fuori. Mario li prese lentamente uno ad uno, e li sistemò al meglio che poteva in quel momento; poi Quartarelli disse:
“Abbiamo fatto quello che dicevi tu Van Brenner ! Mentre te la spassavi ho collegato la scala telescopica, e l’ho anche estesa come volevi tu: tutti i venticinque metri dietro l’ugello. Il detonatore e gli esplosivi sono dentro. Facci attenzione amico ! Che a bordo siamo certi: ti è venuta una pessima idea... Adesso fai uscire la signorina…”
Io intervenni, ma non sapevo cosa dire…
“…”
“Allora, piccola demone ! Il momento di separarci è arrivato. Controlla che il collare del casco sia chiuso e bloccato.”
Mentre ricontrollavo l’ennesima volta Mario, onde impedirmi di restare con lui, da soli con l’infinito davanti, mi afferrò per i fianchi e mi spinse delicatamente fuori; era tutto nero, che più nero che più nero non si poteva. Cercai con lo sguardo la Micenea, ma non riuscivo a vederla. E mentre cercavo di voltarmi venni afferrata per le spalle; la mia sorpresa durò un paio di secondi, poi le mani diventarono due… e mi cinsero per la vita. Mi sollevò con delicatezza lentissimamente dato che nel cosmo un piccolissimo movimento poteva far prendere molta velocità. L’uomo dietro di me parlò:
“Signorina, la prego stia calma e si muova poco. La porterò verso la Micenea con lo zaino propulsore. Voltai la testa per un ultimo istintivo sguardo verso la Pegaso. Il signor Quartarelli mi riprese di nuovo:
“Non si muova così repentinamente ! Rischiamo di roteare ed allontanarci un po’ troppo…”
La Pegaso aveva ripreso a ruotare, Mario probabilmente aveva richiuso il portello e sicuramente reinserito l’ossigeno. Quartarelli mi stava portando verso la Micenea. Riuscivo a vederla a malapena in quella oscurità.
“Siamo molto lontani, signore ?”
“Cinquanta dal terminale di rifornimento, ma centotrenta metri circa da percorrere in avanti fino all’anello zero-g.”
“Non riesco a vedere la nave…”
“Non siamo dalla parte del sole adesso…da questo lato intendo.”
Naturalmente su Titano sapevo valutare le distanze perché ero su una superficie, e dentro un comodo mezzo di trasporto. Adesso, non fosse stato per il signor Quartarelli, ero già nel panico. Di stelle ce ne erano tantissime, ma tantissime; più di quanto avessi mai sospettato; ma percepivo la loro lontananza. Ed anche la leggerezza del mio corpo in mano al mio astronauta di soccorso. Cominciavo ad avere una certa paura dell’accoglienza a bordo, e soprattutto del tenente Paula Terry; avevo capito che avrebbe preso lei il compito di custodirmi dopo la morte di Johanna.
“Signore…?”
“Sì ?”
“Che tipo è il tenente Paula Terry ?”
“Ah, la Terry ! Un valido ufficiale in terza. Altri dieci anni e sarà comandante ! O istruttore all’accademia ! Quella donna ha le palle signorina ! Ma tanto vi conoscerete fra poco. Il comandante Kränz gli è preso uno scatto d’ira, ed è stato sostituito momentaneamente. Deve smaltire una sfuriata !”
“Non è colpa mia signore !”
“No, infatti…semmai la colpa era del suo…amico…Van Brenner intendo...”
“Tutti tesi a bordo allora !”
“No, un po’ certo, beh sa, curiosi ! Però certo ! Ha fatto andare fuori di testa il vecchio, che oltre tutto era risultato ad un controllo casuale positivo all’alcool test, e così gli ufficiali in seconda ed in terza lo hanno confinato nei propri alloggi. Tutto secondo la legge di navigazione spaziale, che devo dirle fin da ora dovrà osservare anche lei una volta a bordo…”
“Tutto perché Mario si è innamorato di me?”
“Lo ha deluso profondamente. Secondo lui era il migliore a bordo. Signorina, vorrei chiederle mentre viaggiamo, lo ha ucciso lui il collega Yakin ?”
“Greg dice ?”
“Sì.”
“Non so. Io e Johanna lo trovammo già privo di sensi…”
“Uhm, capisco…”
“Signor Quartelli ? Per caso la legge spaziale delle navi ha la pena di morte ?”
“No. A bordo è proibita ! Comunque mi chiamo Quartarelli, non Quartelli…”
“Ok…ok…”
Dopo quell’ingenua domanda rimasi in silenzio, un po’ per istinto, un po’ per prudenza. L’astronauta Quartarelli pensò di non farmi altre domande, ma doveva aver intuito che il mio silenzio valeva mille parole. All’improvviso vidi un luccicore nei miei occhi: erano i fari laterali della Micenea 7, la mia nave-salvezza ! Mi accorsi per la prima volta quanto poteva essere ampia una nave da carico. Più o meno verso l’avanti – o era l’indietro ? – c’era un cilindro massivo che ruotava sul proprio asse a velocità, mi sembrava, costante, mentre il resto della nave era fermo avanti e dietro il cilindro. Ero un po’ …
…boh, non saprei spiegarlo: all’improvviso scoprii che mi mancava Titano Uno, la stazione dove ero regina e prigioniera ad un tempo; è che non ero abituato ad incontrare che pochi esseri umani, tutti potenzialmente ostili verso il mio cane, ma ciò era solo un paravento: dentro di me ero convinta che fossero tutti ostili verso di me; ero già convinta che il tenente Paula Terry non mi sarebbe piaciuta, fin da subito…e nemmeno Mark Ulianov che non mi aveva mai risposto niente circa il mio cane. Quartarelli disse:
“Signorina siamo arrivati ! Tra un minuto saremo al sicuro. Allora ecco…”
Dalla nave, uno sportello quadrato che copriva un volume fermo di due metri di lato circa si era aperto, proprio come avevo visto negli olo muvj, e potei vedere che lì dentro qualcosa si muoveva tranne il volume di spazio interno che ci stava per accogliere: il mio portatore mi disse:
“Afferra quella maniglia, e resta stesa come se fossi a pancia sotto…”
“Stesa come per terra ?”
“Sì, resta cosi. Brava !”
Quartarelli mi mise prona rispetto alla nostra direzione di moto nello spazio prospiciente la Micenea. Dal volume interno era stato fatto uscire un cavo con una maniglia. Afferrata la maniglia, sentii che qualcosa mi stava tirando dentro. Di luce ce ne era poca. Non appena fui entrata continuando a fluttuare venni afferrata per le caviglie: era Mark Ulianov che dapprima mi fece girare distesa verso sinistra, poi mi spinse dolcemente verso l’apertura della zona rotante piena di luce. Vedevo la gente ruotare incollata a quello che doveva essere il pavimento. Sembrava una giostra irreale. Tuttavia era lì davanti a me…Non appena allungai le mani verso di essa sentii dapprima una coppia di mani che mi aveva mancata di poco, poi dopo un attimo di smarrimento una voce fioca, che chiaramente non proveniva dal mio intercom:
“Presa ! Ce l’ho !”
Mi avevano afferrato per i polsi, e tiravano, tiravano. Ulianov, dietro, nell’anello zero-g non teneva più le mie caviglie da diversi istanti. Ero convinta che ancora me le tenesse, invece erano libere. Ero disorientata totalmente: ero convinta di fluttuare ancora, ma sentii all’improvviso, che ero incollata al suolo. Provai ad alzarmi da sola, ma dopo un po’ di giorni a gravità zero dovettero aiutarmi a rialzarmi, e a svitare il casco. Mentre la persona, un uomo che mi aveva afferrata, mi teneva per il braccio sinistro, mi venne tolto il casco, presumibilmente da Quartarelli che mi aveva raggiunta, più pratico di me del transito dall’anello zero-g a quello a gravità rotazionale. Potei vedere con chiarezza la persona che avevo davanti: era una femmina, una donna di colore, drittta sulla schiena, atletica, anche se non tanto scura, con un bel viso pulito, sulla trentina ed i capelli color carbone cortissimi che sembrava fossero una guaina per la sua testa. Aveva auricolare e microfono. Mi sorrise e si presentò:
“Sono il Tenente Paula Terry, comandante in terza di questa nave da carico. Benvenuta nel modulo di comando. Come ti senti Koona ?!”
“…io…”
“Sì !?…”
“…ecco…dov’è il mio cane ?”
“Per il momento nel mio alloggio, in infermeria non poteva restare. Pensi di riuscire a camminare un po’ Koona ?”
Venni lasciata dalla presa sul braccio e accennai qualche passo. Era straordinario sentire di nuovo la gravità. Era la forza centrifuga della rotazione del modulo. Vidi che ero in grado di accennare un paio di passi. Il tenente Terry mi disse allora:
“Seguimi ! Ti accompagnerò in infermeria dal medico per un esame sommario delle tue condizioni.”
La Terry si mise dietro di me, e tenendomi per una spalla, la destra, mi fece percorrere una decina, o forse erano una ventina – dovevo riabituarmi alle distanze lineari – di metri. Apertasi una porta a pannello scorrevole, venni fatta entrare: era l’infermeria della nave, abbastanza simile a quella di Titano Uno, eccettuate alcune cose, come ad esempio che era più piccola, e non c’erano i droidi a servirmi di tutto…che regina che ero su Titano Uno…! Vidi due donne ed un uomo che mi diedero il benvenuto sorridendomi e mi aiutarono a togliere la tuta. Il tenente Terry rimase in disparte sedendo da un lato; si presentò per primo il maschio:
“Salve Koona, io sono Enda !”
Gli diedi la mano dato che mi avevano appena aiutato a togliere i guanti.
“Koona !”
Gli strinsi la mano, poi gli chiesi:
“… ma perché hai un nome femminile ?”
“Non è femminile. Si tratta di un nome gaelico, di un posto chiamato Irlanda…”
L’altra donna infermiera mentre mi aiutava a togliere la tuta disse di chiamarsi Madeleine. Non fece alcun caso alla mancata presa di mano. Aperta e tolta la tuta tutti i presenti si accorsero che non indossavo biancheria intima: ero completamente nuda e piuttosto sudata…il tenente Terry ordinò:
“Enda ! Esca subito ! Che un pilota sedotto e ammutinato basta e avanza !”
L’infermiere Enda uscì all’istante. Peccato mi era simpatico con quella faccetta rosso biondina…
“…” – ero a mio agio anche nuda, ma la Terry mi disse:
“Svegliate l’infermiera Hubbert ! Signorina devo informarti ad ogni modo che il medico di bordo è un uomo, un maschio !”
“…e allora ?”
“Niente ! Comunque ne riparleremo signorina !”
Poi rivolta a Madeleine:
“La lascio a lei infermiera Madeleine, il dottore sta per arrivare !”


- Continua -








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