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Galeotto..... fu il telefono 2


di sicilturiddu
06.10.2014    |    13.328    |    2 9.7
"Io mi diressi subito in bagno a smanettare il rubinetto d’arresto e a rimuovere il flessibile rotto che aveva provocato l’allagamento dell’alloggio; aspettando..."
Il giorno seguente per me fu un inferno, quella parola pronunciata da ILARIA: “NONOSTANTE….” rimbombava minutamente alle mie orecchie e alla mia mente: “cosa c’è che non va tra ILARIA e MIRKO?” Problemi economici, problemi familiari, oppure problemi sentimentali e non solo? Non seppi darmi una risposta; d’altronde non li conoscevo più di tanto, se non da tre settimane. Mirko ed i bambini come al solito scendevano in spiaggia di mattino verso le 9 circa; mentre Ilaria rimaneva in casa a preparare il pranzo ed a svolgere le faccende quotidiane, come ogni madre di famiglia. Lei andava a raggiungere la famiglia in spiaggia verso le ore 10,30 – 11,00. Capitava, anche se di rado, che io rimanevo in veranda a leggere i mie libri preferiti o a smanettare col PC e connettermi al sito di A69; e che Ilaria si affacciasse in veranda per stendere la biancheria o i panni appena tirati fuori dalla lavatrice. Quella mattina del sabato, mamma era andata con le sue amiche a fare una passeggiata in riva al mare di buon mattino, subito dopo il levar del sole. Sentii un grido lacerante che proveniva dall’interno della casa di Ilaria: “Nooooooooooo, come faccio adesso, aiutoooo……”; uscì in veranda mentre io mi ero già alzato per correrle incontro sul muro divisorio e capire cosa le era successo. Furono attimi di ansia e di terrore per me, suppongo anche per Lei. Io stavo già saltando il muro quando Lei arrivò gridandomi in faccia: “Turi, per cortesia vieni dentro, si sta allagando la casa, non so cosa sia successo e da dove deriva tutta quest’acqua…” Entrammo dentro, io prima di Lei e mi resi conto che veramente il pavimento era allagato, essendo scalzo. Conoscevo discretamente bene la disposizione dell’appartamento, mi diressi subito verso la cucina, per attenzionare la rubinetteria del lavello, tutto perfetto; mi diressi verso il bagno e notai che da sotto il bidet fuoriusciva un getto d’acqua con una pressione impressionante; s’era rotto uno dei due flessibili di alimentazione del bidet. ILARIA mi stava dietro e tremava, era nervosa, pensava di dover ripulire e asciugare tutta quell’acqua; mi guardai intorno all’interno del bagno per intercettare il rubinetto d’arresto che di norma viene installato in ogni bagno, in ogni cucina ed in ogni doppio servizio. Guardai attentamente le quattro pareti, non scorsi nulla, i piedi erano freddi, Lei che mi sollecitava a chiudere quella perdita d’acqua. Io pensavo pure che mi ritrovavo solo con Lei in casa sua senza suo marito, stavo inginocchiato accanto al bidet per tappare con la mano la perdita d’acqua. Lei in piedi con un copricostume rosso addosso abbastanza largo e appena sotto l’inguine; davo spesso un’occhiata verso la giunzione delle sue cosce alte e ben messe, volevo vedere cosa indossasse sotto, ma non mi è stato possibile. Impiegai pochi minuti a spostare i mobiletti da bagno che erano posti perimetralmente, mi muovevo con circospezione e cautela per cercare di non scivolare o di rompere qualche oggetto. Ma non fu così, sotto il lavabo c’era una cassettiera in plastica, con quattro cassetti personalizzati col nominativo uno per ognuno: dal’alto verso il basso LUANA – SANDRO – ILARIA – MIRKO, tentai di spostarla, era abbastanza pesante, ma dovevo spostarla perché era l’unico punto che non avevo ispezionato per trovare il rubinetto d’arresto. La sollevai un pochino da terra, ma i cassetti scivolarono giù in mezzo all’acqua, c’era dentro di tutto: forbicine, pettini, spazzole, pinzette, phon, assorbenti, alcool, cotone idrofilo, acqua ossigenata, cerotti, bastoncini cotonati, carta igienica, qualche giocattolo dei bambini, ed un “oggetto” avvolto con carta che a contatto con l’acqua si aprì in bella vista. Lei precipitosamente si chinò per raccoglierlo, non poté inginocchiarsi per non bagnarsi ancora di più, ma abbassandosi piegando le ginocchia con la schiena dritta, mise in bella vista la sua figa. Non persi un solo attimo a girare gli occhi senza ruotare la testa; mi deliziai a guardare un cespuglio nero sopra le grandi labbra, era depilata con quel ciuffettino sul monte di Venere, quel copricostume era diventato un “belvedere di fica depilata”, non mi scostai gli occhi fino a quando Lei non incrociò il mio sguardo. Accennai una smorfia con la bocca e gli occhi per trasmettergli che non potevo non guardare la miglior parte corporea di Lei; rimasi impalato anche se dentro ero accaldato nonostante i piedi ammollo. Lei strinse le gambe, andando subito a coprire con le sue mani quello ”oggetto”, ma quando lo prese in mano, con la carta ormai sciolta, venne fuori ciò che non mi sarei mai aspettato. Un dildò della lunghezza di circa 25 cm e del diametro stimato di 6 cm, di color carne abbastanza nervato ed il tappo rosso per le batterie. Lei non disse nulla, mi guardò negli occhi, e contemporaneamente scuotè il capo. Abbassai gli occhi e li direzionai nuovamente sotto il copricostume. Non potei trattenermi di cogliere l’occasione per aprire il discorso interrotto qualche giorno prima al telefono, le dissi: “complimenti ILARIA, vesti così sempre di rosso, il colore della passione, della nudità, della trasgressione”, mi rispose: “Si il rosso è il colore del fuoco, quello che ho dentro io e che non riesco mai a spegnere”. Io rimasi basito, non seppi darle né una conferma né una smentita. Mi girai e vedendo che al muro sotto il lavabo dove era accostata la cassettiera c’era ciò che cercavo da qualche minuto. Girai la leva verso destra e di colpo l’acqua cessò di fuoriuscire. Io ero sudato e mi sentivo alla schiena una vampata di fuoco che mi attraversava dalla nuca al fondoschiena. Avevo raggiunto lo scopo di chiudere l’acqua; ma anche quello di parlare di sesso con ILARIA, anche se solo un primo approccio lo avevo avviato. L’acqua pian pianino scendeva di livello, grazie ai fori di deflusso che erano sulle due porte che danno sulla veranda ed una che da sull’uscio di casa. Il mio cruccio era quel dildò che ILARIA ancora teneva in mano, avvolto (tanto per dire) nella carta bagnata quasi inesistente. La fissai negli occhi e poi spostai lo sguardo all’indirizzo delle sue mani, come per chiederle, come mai in casa sua con due bambini piccoli, quell’oggetto stava in uno dei due cassetti del bagno; e se stava nel cassetto di MIRKO o ne cassetto suo. Lei annui e capii, che aveva compreso bene il linguaggio del mio sguardo. Mi disse: “Turi come faccio adesso a usare l’acqua nel bagno se c’è il rubinetto d’arresto chiuso?” Le risposi: “ non preoccuparti, andrò a comprarlo immediatamente e lo sostituirò, non è un’opera d’arte da compiere ma una normale manutenzione.” “Quindi?” ribattè LEI, di rimando io:, “aspettami qui e asciuga l’acqua che è rimasta a pavimento, prima che si assorbe nei mobili, nelle porte ed in tutti gli arredi in legno che poggiano a terra”. Uscii in veranda, saltai il muro divisorio, rientrai a casa, calzai un paio di ciabatte e andai in bici a comprare un flessibile da 25. Ritornai a casa, presi la cassetta degli attrezzi, bussai a casa di ILARIA, non ottenni risposta. Rientrai a casa, mi avviai con la cassetta degli attrezzi ed il flessibile in veranda, scavalcai il muro, entrai dalla porta che avevo lasciata aperta quando uscii. Chiamai ILARIA, per annunciarmi, ma non ottenni alcuna risposta. L’acqua stava ancora a pavimento, non era stata asciugata; con atteggiamento vigile andai in bagno nessuno, in cucina nessuno, aprii una delle due porte che erano chiuse. La visione che si presentò ai miei occhi fu felicemente ed emotivamente celestiale: ILARIA stava coricata a letto con le gambe divaricate, il copricostume alzato fino alla vita, un perizomino rosso che aveva sicuramente indossato prima di mettersi a letto, spostato e il dildò infilato in culo con accanto una confezione di olio per massaggi. Con la mano destra dettava i tempi ed i ritmi del dildò in culo, mentre con la sinistra si trastullava la figa penetrandosi con due dita. Il mio cazzo divenne duro e reclamava i suoi diritti penetrativi. Rimasi sull’uscio a godermi quella celestiale visione di masturbazione femminile, che non avevo mai visto in vita mia a quei livelli di alta sensualità, trasgressione e disinibita voglia sessuale che stava praticando ILARIA. Non gemeva, non emanava mugolii, respirava con un briciolo di affanno, constatata la sua rincorsa a raggiungere il piacere della solitaria masturbazione. Rimasi immobile a godermi il risultato che da lì a poco ILARIA raggiunse, quando aumento il suo respiro, iniziò a mugolare, ad emettere suoni incomprensibili, che testimoniavano, quanto di lucido, di bello, di passione, di gioia di trasgressivo ILARIA stava vivendo in quei minuti che io rimasi lì. Io cominciai a toccarmi il cazzo da sopra i pantaloncini, desideravo avanzare di qualche metro per metterglielo in bocca, godere e sborrare sopra il suo viso, non potevo resistere. Infilai la mano dentro i pantaloncini, raggiunsi MIO FRATELLO GEMELLO, che stava in silenzio ma molto agitato, iniziai a menarlo sempre con più impeto; non volevo godere per non dare a ILARIA l’impressione che non avevo vista mai una DONNA masturbarsi, resistevo; aspettavo che ILARIA mi facesse un segno per avvicinarmi a LEI, ma quel segno non arrivò mai. Guardavo ILARIA e menavo il cazzo, fin quando non vidi che inarcò la schiena alzando il bacino, emise due grida di piacere, che sicuramente furono ascoltati da qualcuno che si trovasse fuori di passaggio, finalmente dalla sua figa uscì una quantità abnorme di umori vaginali che inondarono il letto e tutte le lenzuola che le stavano accanto malamente attorcigliati. Una quantità che non avevo mai visto prima; fu quella visione che mi fece sborrare sul pavimento mentre stavo in piedi, un fiume di liquido seminale che io stesso rimasi piacevolmente meravigliato per la quantità espulsa. Lasciai la sborra a terra e mi ripulii con la federa dei cuscini che ILARIA mi porse, dopo essere sborrata anche LEI e ripulitasi con le lenzuola. SI avvicinò a me dicendomi: “ecco adesso sai a cosa serve l’oggetto che hai fatto rotolare a terra in bagno, sai che ho due mariti, uno sposato in chiesa e legato a me sentimentalmente, affettuoso e pazzamente innamorato della mamma dei suoi figli; l’altro marito è il dildò che utilizzo quasi tutti i giorni quando mi trovo in bagno; sono una pluriorgasmica, a volte mi masturbo due e anche tre volte al giorno. Il periodo più critico è quando ho il ciclo mestruale, in quanto non riesco a trattenermi e masturbandomi ti lascio immaginare cosa succede in giro. Ecco perché lo faccio in bagno, per evitare di lasciare tracce in giro, e per non dare scandalo a MIRKO. Non so come reagirebbe se venisse a sapere che mi masturbo ogni giorno, ma la colpa è anche e soprattutto sua”. L’interruppi io: “in che senso?” Proseguì LEI: “nel senso che LUI è tutto casa e lavoro, pensa che l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore è stato il giorno successivo al nostro arrivo qui in Sicilia. L’ho conosciuto allo Scientifico, Lui all’ultimo anno, io più giovane di Lui, quando l’ho visto e conosciuto, mi sono subito invaghita di LUI, un bel ragazzo, elegante, gentile, premuroso, forse il più IN dell’intero Istituto; non me lo feci scappare; sognai ad occhi aperti; tutte le altre mi invidiavano il fidanzato; io ero orgogliosa e felice di averlo accanto. Nelle nostre uscite intime facevamo solo limonate; niente sesso vero, solo baci e qualche toccatina ai genitali, ma sempre da sopra i pantaloni o sopra la gonna, mai mano toccò i genitali dell’altro o dell’altra prima del matrimonio. Non so LUI, ma io sono arrivata vergine all’altare; ma fin da adolescente iniziai a masturbarmi, ho scoperto la mia femminilità grazie ad una mia cugina di 4 anni più grande. Una sera fui costretta a rimanere a casa sua perché mia madre dovette assistere mio padre in ospedale per un piccolo intervento alla spalla. La zia non aveva altro posto letto per me, in quanto mia cugina come me era figlia unica. Ricordo quella sera e quella notte, come se fosse adesso. La casa era su quattro livelli, a piano terra un grande garage per tre posti auto e l’ingresso alla scala per accedere ai piani superiori; al piano primo un ampio soggiorno-pranzo, la cucina, la lavanderia ed un doppio servizio; al secondo piano la camera da letto matrimoniale, lo studio dello zio, il bagno; al terzo piano la camera da letto di Concetta, il bagno ed un’ampia terrazza. Ci coricammo entrambe nello stesso letto, era estate, io indossavo un intimo di colore bianco, avevo 13 anni; ero diventata donna da due mesi, Lei oramai più grande indossava solamente le mutandine senza reggiseno. Siamo andati a letto abbastanza tardi dopo la mezzanotte, avevamo fatto una passeggiata nella piazza principale del paese; al ritorno eravamo stati avvicinati da un ragazzo abbastanza rozzo, puzzava di sudore, capelli lunghi, sigaretta in bocca con gli abiti che gli puzzavano di fumo. Ci invitò a sorseggiare una bevanda insieme al bar, noi rifiutammo adducendo una bugia, dovevamo andare a letto presto. Durante il ritorno a casa discutemmo tra noi di quel ragazzo: “chissà se il pisello le puzzava pure, e se fosse stato un violento e se ci avesse violentato, che schifo stare accanto ad un uomo che puzza di fumo e di sudore, ma tutti i maschi sono come Lui, ma quando si infila il pisello di un uomo noi donne dobbiamo stare in piedi oppure sdraiate, e se ci fa male quando entra il pisello, come si fa in quei casi, si va dal dottore o si dice alla mamma” mi rispose Lei: “per fugare ogni dubbio meglio essere sicuri di un uomo pulito, che non puzza e che prima di prenderlo in bocca o nella patatina si lavi, e poi per evitare dolori durante la prima penetrazione, meglio farlo con una donna, che non ha il pisello e sa come gestire la situazione di una ragazza alla prima volta”: Tutti questi dubbi furono sciolti a letto, in quanto mia cugina, appena sotto le lenzuola iniziò a sfiorarmi il seno e la patatina con la scusa di girarsi, di coprirsi bene. Io in un primo momento non feci caso a questo strofinio, ma pian piano Lei passò ad accarezzarmi i capezzoli coperti dal reggiseno, mi infilò la sua gamba nel mezzo delle mie cosce, mi sfiorò le labbra con la sua lingua, fino a quando mi disse: fa un caldo torrido perché non ci togliamo l’intimo che abbiamo addosso per respirare meglio? Io acconsentii, ma non fu un togliersi l’intimo come avevo sempre fatto, fu uno spogliarello sex molto malizioso e reciproco, che Lei fece prima a me con le luci accese. A corpi nudi, cominciò a carezzarmi la poca peluria che avevo attorno alla figa, per poi pian pianino provò a conficcarmi un dito dentro, facendolo uscire e poi riconficcarlo con ritmi lenti e delicati; cominciai a percepire delle sensazioni strane che non avevo mai provato prima; sensazioni che mi portarono piacere, che mi fecero sudare la fronte e calore interno. In un primo momento pensai che mi stava accadendo qualcosa di male, ansimavo ed emettevo mugolii che mai avevo emanato e mai ascoltato prima d’allora. Chiesi a Concetta (mia cugina) perché e per quale motivo percepivo quelle sensazioni strane ma piacevoli. Mi rispose Concetta, che stavo raggiungendo l’orgasmo, e cha da lì a poco, forse avrei espulso forse, dalla mia patatina liquido vaginale, causa il godimento orgasmico che avrei raggiunto; ma che non era urina. Fu quella la prima lezione sessuale che mai prima di allora, nessuno/a mi aveva impartito; tranne quei pochi interrogativi di qualche minuto fa mentre eravamo in strada dopo aver incontrato quel ragazzo ruvido che puzzava di fumo e di sudore. Ebbe ragione Concetta, da lì a poco dalla mia patatina uscirono gocce di liquido che mi inzupparono le cosce e bagnarono le lenzuola, mentre io assaporai per la prima volta il piacere del godimento sessuale, a seguito della masturbazione che Concetta aveva esercitato dentro la mia patatina, ma soprattutto sulla mia persona e sulla mia femminilità. Quella sera e quella notte non l’ho mai dimenticata e non potrò mai più dimenticarla; quella fu la mia inizializzazione e la mia scoperta sessuale per mano di Concetta. Ora col senno del poi posso definirla la mia prima ed unica esperienza lesbica; infatti quella notte non finì con il solo mio orgasmo. Concetta pretese che le leccassi la sua patatina, mi invitò a farlo; si posizionò a pancia in su allargando le gambe e con le sue mani le labbra della sua patata; mi disse di mettermi davanti a lei sdraiata con la bocca a portata di figa e di infilargli la lingua dentro e leccargliela come avrei fatto con un dolce gelato. Non fu difficile raggiungere la posizione chiestami da Concetta, la leccai non so per quanto tempo, senza staccarmi mai, lei mi sollecitò anche ad infilargli un dito nel buchetto del culo, mentre lei stessa si toccava la parte superiore della patatina. Proseguimmo per poco, Concetta emanava grida di piacere che mi mettevano paura, stavo facendogli del male con le dita, con la lingua; mi sto comportando contrariamente a come ha fatto lei con me? Le chiedevo di non gridare per paura che dal piano di sotto gli zii potessero ascoltare i suoi lamenti; ma lei mi rassicurò che quando gli zii si mettono a letto si addormentano all’istante perché il mattino successivo si svegliano di buon’ora per andare a lavorare nell’azienda agricola di famiglia a circa 5 km di distanza dal paese; quindi niente paura di essere ascoltati. Concetta non raggiunse l’orgasmo subito, trascorse parecchio tempo a gridare, a gemere e a mugolare, invitandomi a non distogliermi dalla sua patatina e di assecondarla fino all’orgasmo che, per me, non arrivava mai; si contorceva come una forsennata, come un’indiavolata presa dai demoni del piacere e della trasgressione; parlava a vanvera: , io non capivo il perché di questo suo turpiloquio; ma solo adesso da donna e da femmina matura posso capire a cosa si riferiva e cosa chiedeva in quei momenti di pre-orgasmo che stava vivendo sotto la mia lingua ed i miei occhi”. L’ho ascoltata seduto accanto a LEI sul lettone dove aveva fatto l’amore con suo marito solo una volta da quando stavano lì, ogni tanto Le accarezzato la gamba che stava alla mia destra, LEI parlava senza mai degnarmi di uno sguardo; non percepivo le sue emozioni mentre parlava; la voce era normale e non tremante; ma capii che stava esternando tutto il suo dolore e le sue preoccupazioni interiori e sessuali ad uno sconosciuto, conosciuto solo da pochi giorni. Quando smise di parlare, la guardai in viso, aveva gli occhi rossi e lucidi dall’emozione, ma nessuna lacrima. Le presi il viso tra le mani, lo girai verso il mio, la guardai fissa negli occhi, accostai le mie labbra alle sue; mi aspettavo una sua reazione di rifiuto; invece rimase immobile, allungai la mia lingua forzando l’apertura delle sue labbra, Le penetrai la lingua in bocca, fui ricambiato allo stesso modo. Le nostre lingue s’intrecciarono, le nostre labbra si aprirono per donarsi e per ricevere la saliva dell’altra/o. Restammo attaccati con le nostre lingue per parecchi minuti, la saliva e il respiro aumentavano dalla passione del bacio intimo che stavamo scambiandoci; la paura di essere scoperti era altissima, ma il piacere era superiore a ciò che poteva accadere. Dall’esterno sentimmo il rumore di una porta che si stava aprendo e chiudendo; ci staccammo di colpo, Lei afferrò le lenzuola sporche dei suoi umori vaginali e le federe dei cuscini e si diresse verso la porta asciugando alla meno peggio lo sperma che avevo fatto cadere sull’uscio della porta della camera da letto, ancora con la poca acqua che stava lì a stagnare. Io mi diressi subito in bagno a smanettare il rubinetto d’arresto e a rimuovere il flessibile rotto che aveva provocato l’allagamento dell’alloggio; aspettando che Mirko, Sandro e Luana rientrassero a casa; ma non fu così, il rumore dell’infisso che fu aperto e poi richiuso fu quello di casa mia, era mia mamma che rientrò a casa per il pranzo. Sostituito il flessibile del bidet, aiutai ILARIA ad asciugare l’acqua dal pavimento; completammo di asciugare l’intero alloggio in dieci minuti circa. Ci adagiammo sul divano del soggiorno, l’uno accanto all’altro, la strinsi a me con molta passione e sensualità. Squillo il cellulare di ILARIA, era MIRKO che l’avvisava che da lì a poco sarebbero rientrati a casa per il pranzo. A tale notizia riferitomi da ILARIA, le diedi un bacio in bocca e salutandola con la mano, senza dirle una parola mi diressi verso la veranda per tornare a casa. Lei mi seguì sull’uscio dicendomi: “grazie Turi, non è finita qui…., oggi abbiamo consumato solo l’aperitivo…!”
Cosa avvenne successivamente lo saprete solo leggendo…. il seguito!
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