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Ho tradito il mio ragazzo con un Avversario


di Milla90
21.07.2015    |    165.253    |    24 9.5
"Sentivo un formicolio al basso ventre, e la posizione assunta non mi aiutava per niente..."
Era un pomeriggio di sole, uno come tanti agli inizi di Luglio. La sessione esame alle porte, le giornate afose, pantaloncini corti, canotte e aria condizionata sparata a mille.
Mi chiamo Federica, sono una ragazza di 24 anni, fidanzata da due e studio ingegneria gestionale. Sono piuttosto alta rispetto alla media, lunghi capelli castani chiari, pelle liscia, una terza decente, un culetto tutto sommato rotondo e sodo, visto che non ho mai fatto molto sport in vita mia. Vita stretta, gambe lunghe. Dicono abbia un viso piuttosto accattivante e sexy… io sinceramente non me ne sono mai accorta.
Per il fatto di essere sempre andata in scuole private sono una persona snob nei confronti di tutti quelli che non conosco e che non frequento. So che è una cosa stupida, ma è sempre stata la mia natura, non riesco a cambiare!
Il giorno che capii quanto sbagliavo, era appunto un giorno come gli altri. Faceva caldo, ed io avevo seguito il mio ragazzo che giocava in un torneo di calcio. Il campo si trovava in un club privato, in una zona ricca della città. Semifinali. Sette contro sette. Erano le cinque del pomeriggio, il sole picchiava forte. Io ero arrivata in macchina decisamente in ritardo. Ovviamente non ci tenevo a vedere tutta la partita, sarebbe stata una noia mortale, ma dovevo fare questo piacere al mio fidanzato, Luca. Ci teneva così tanto che andassi, che se solo avesse saputo come sarebbe andata a finire avrebbe di certo insistito perché restassi a casa.
Come dicevo, era una partita piuttosto importante per la squadra di Luca, e chi vinceva andava in finale. Luca aveva segnato due gol, almeno di quello ero felice e la sua squadra conduceva per 2 a 0. Da quando arrivai io, nel giro degli ultimi 20 minuti, un tizio della squadra avversaria sembrò decidere di giocare più seriamente di quanto già non stesse facendo, e infilò la difesa degli avversari per tre volte. Tre gol. Da qualche tifoso capiì che questo ragazzo si chiamava Marco. Il solito tamarretto di periferia che gioca la partita come se fosse una rissa. Capelli ingellati, fisico scolpito, ogni due parole una bestemmia, insomma un classico ignorante. Su per giù doveva avere almeno cinque anni meno di noi.
Infatti, passarono meno di 2 minuti dall’ultimo gol che Luca per un calcione ricevuto, cominciò a spintonarsi proprio con quel tamarro, arrivando persino a mettersi le mani in faccia. Si sarebbero pestati se gli altri giocatori non fossero intervenuti a dividerli. Io allora un po’ preoccupata per Luca gridai: - Dai amore, non ti preoccupare. Tu pensa solo a segnare! - Purtroppo non dovetti portare molta fortuna, perché la partita fini sul risultato del 3 a 2.
Corsi a consolare Luca e nonostante il sudore, lo baciai. Poi salutai i suoi compagni, cercando di tirar loro su il morale, con tipiche frasi di circostanza. Sono una frana a consolare persone, men che meno quando si tratta di cose che proprio non mi interessano. Dopo quei pochi convenevoli, andarono negli spogliatoi sotto la doccia. Ero tranquilla, seduta a farmi i fatti miei al cellulare, che sentii dei passi dietro di me e poi – Un ragazzo tranquillo, il tuo! – mi girai e vidi quel Marco.
Fortunatamente indossavo gli occhiali da sole, così non poté vedere la faccia di disgusto che avevo in quel momento –cosa vorresti dire? Sei stato scorretto? –
-Scorretto? Perché ho fatto 3 gol? O perché gli ho dato merda per tutta la partita? – continuò lui, con l’evidente intanto di darmi fastidio, toccandosi il pacco attraverso i pantaloncini da calcio.
Dio mio che decerebrato, pensai. Che schifo.
- Senti, non mi interessa. Non l’ho nemmeno vista la partita… - sperai di levarmelo di torno.
Marco rimase piuttosto stizzito, e dopo essersi voltato si girò e si incamminò verso gli spogliatoi, mentre io mi lasciai sfuggire – mezzasega… -.
Marco si rigirò istantaneamente e disse – puoi farmene una intera di sega –
Io senza girarmi risposi ridendo beffarda – ti piacerebbe! –
- Saprei ricambiare, fidati. Almeno staresti con un vero uomo, non un nano da giardino come il tuo ragazzo-
Queste battute cominciarono a stancarmi, ma per il mio modo supponente di fare dovetti avere l’ultima parola – Il mio cuore appartiene già ad un altro –
- Quello scarso? –
- Corri alle docce ragazzino, o non ti rimarrà più acqua calda! – dissi nella speranza di farlo sparire, notando che si stava di nuovo toccando il pacco.
- Questo ragazzino, sarebbe capace di farti felice più del tuo ragazzo –
Io, per tutta risposta, ormai dandogli le spalle e dimentica di questo breve e fastidioso colloquio alzai il dito medio. Pochi secondi dopo lo sentii sbuffare e riprende – ti propongo una scommessa. Io te lo mostro, se non rimani stupita, allora sono pronto ad andare a scusarmi con il tuo ragazzo per quella rissa in campo… -
Io tutto subito rimasi senza parole. Ma convinta di avere davanti un ragazzino troppo sicuro di sé, e volendogli smontare le poche certezze che aveva decisi di accettare. Che sarà mai? Mi chiesi.
- Una cosa veloce – risposi pentendomi già della mia scelta da stupida. In che guaio mi ero cacciata lo scoprii solamente dopo pochi minuti.
- Qui dentro – mi ordinò aprendo uno spogliatoio. Io esitai. – Dai muoviti, è quello delle ragazze, oggi non ce ne sono! – aggiunse, mentre aprì la porta.
Io mi infilai dentro con il cuore che batte all’impazzata, per la paura di aver fatto la scelta sbagliata. Lo spogliatoio non era nient’altro che una stanza di piccole dimensioni con alcune panche e appendiabiti ai lati, poi un muro divisorio con quattro docce.
Mi sedetti su di una panca, poggiando la borsa al mio fianco, e tirando su gli occhiali sulla testa – vediamo di fare in fretta! – ti dico.
Marco rise e rimanendo in piedi davanti a me, senza troppi convenevoli – agli ordini – e si tirò giù i pantaloncini e i boxer assieme in un gesto solo.
Quello che uscì dai pantaloni fu un vero e proprio serpente che pendeva pesante da in mezzo alle gambe di quel ragazzo. – Dio mio! – mi sfuggì questa esclamazione, che ovviamente lui prese come complimento, oltre ai miei occhi sgranati.
- Cosa ne dici? -
- Sembra una lattina di cocacola – non sapevo cosa rispondere per il troppo imbarazzo, e così spiegai il primo paragone che mi veniva mentre guardavo il più grosso uccello che avessi mai visto. Non fraintendetemi, non ho visti molti in vita mia. Avevo avuto in totale 4 ragazzi compreso Luca, fino ad allora. Ma l’uccello di quel ragazzino, anche se moscio sembrava già ben più grande di quello del mio ragazzo e dei miei ex.
Marco rise della mia descrizione – ho avuto due soddisfazioni oggi. Ho battuto quel cretino del tuo ragazzo e ora so anche di averlo più grosso di lui –
Evidentemente era nell’età puberale quando i maschi riducono tutto alle dimensioni del proprio pisello, ma non si poteva di certo dire che a fare certi paragoni avesse torto.
- I tuoi compagni di squadra non hanno sensi d’inferiorità mentre vi fate la doccia? – gli chiesi, cercando di portare il discorso su qualcosa di ironico e che nel frattempo lui si ricoprisse.
Invece per tutta risposta si sfilò la maglietta rimanendo completamente nudo davanti a me. La sua pelle era bianca come il latte e con qualche pustola qua e là, mentre il sudore che imperlava il suo petto . Doveva essere davvero tanto più giovane di me.
- Loro? Fanno battute, ma ad alcune delle loro fidanzate non spiace affatto, credimi – aggiunse, mentre cominciò a toccarselo.
Lo avevo proprio davanti agli occhi, perché continuai a rimanere seduta, mentre lui rimase nudo in piedi davanti a me. Pareva una proboscide e sembrava che pesasse parecchio. Non ne avevo mai visto uno così grosso in vita mia. L’uccello tra le mani del ragazzo, sotto costante stimolazione, cominciò ad ergersi, diventando prima dritto e poi curvandosi verso il soffitto. Le vene cominciarono a gonfiarsi e a dilatarsi, l’uccello comincio a gonfiarsi più di quanto avessi previsto. Era spaventoso ed io rimasi a fissarlo in contemplazione.
- Toccalo… - mi disse.
- Ma no! Sono fidanzata… Hai vinto la scommessa e ti ho già detto che madre natura è stata generosa con te! – mi giustificai. Di certo non avrei toccato l’uccello di un completo sconosciuto, nonostante la curiosità di capire che effetto facesse avere un cazzo di quelle dimensioni tra le mani.
Dopo aver sbuffatto ricominciò – mettimi alla prova dai –.
La situazione stava sfiorando l’inappropriato. Anzi, a ben pensarci, lo avevamo già superato. Ero chiusa in uno spogliatoio vuoto, con un completo sconosciuto, più giovane di me, che mi mostrava orgoglioso i suoi genitali.
- Ti ho detto di no… Il mio ragazzo mi starà già cercando! E fatti una doccia, che puzzi… - gli intimai di lavarsi, perché l’odore del suo sudore cominciava a darmi alla testa. Oltretutto da quando gli si era rizzato quel palo sentivo un odore ancora più forte ed intenso. Probabilmente viste le sue doti abnormi sudava parecchio nei pantaloncini.
Lui cominciò allora a prendere nella sua borsa da calcio l’asciugamano, lo shampoo, il bagno schiuma e le ciabatte ed entrò nelle docce. Non potei fare a meno di notare quanto le sue dimensioni gli fossero d’impiccio a camminare. Certo, ero fidanzata, ma pur sempre una donna, e non si poteva certo dire che quella fosse una vista spiacevole.
Lo vidi infilarsi sotto l’acqua e cominciare a lavarsi con particolare attenzione alle parti intime. Quando cominciò a masturbarsi, decisi che era il momento di andarsene. Lui se ne accorse e mi anticipò – Ehi! Ho vinto io… -
- E quindi? – chiesi io ormai sulla porta.
- Quindi se ti azzardi ad uscire da qui senza il mio permesso sono pronto a seguirti fuori, nudo come mi vedi. Immagino che sarebbe imbarazzante per te. Qualcuno potrebbe vederti. –
Io sbiancai. Se qualcuno mi avesse visto uscire da là dentro con lui completamente nudo, non so a cosa avrebbero potuto pensare.
- Stai scherzando? – gli chiesi.
- No, ora vieni più vicino a me. Non usciamo di qui finchè non ho finito. Avanti, non avere paura – disse lui in tono calmo, continuando a toccarsi l’asta e le palle.
Io, ormai presa in contropiede, o forse semplicemente curiosa, mi avvicinai alle docce, fissando meglio quel palo di carne. Indossavo ancora gli shorts di jeans, la canotta nera e gli occhiali sulla testa.
Cominciò a masturbarsi più forte, fissandomi. Sentivo i suoi occhi sul mio corpo. Ma non potevo fare altro che rimanere lì e cercare di non fissargli l’uccello.
- Quando hai finito mi lascerai andare? –
- Si, te l’ho già detto…. – ansimava, mentre entrambe le sue mani scorrevano lungo l’asta.
- Promesso? – lo incalzai.
- Promesso… -
Appagata dalla risposta, e forse anche dalla vista, gli chiesi – non hai una ragazza? –
- Ho tante amiche. Non so se mi capisci – ghignò lui - due di queste dovrebbero essere qui fuori. Le ho viste in panchina a fare il tifo -.
- Spero vivamente non siano ragazze gelose, e che non ci abbiano seguito – non avrei voluto trovarmi in una situazione spiacevole e incrociare quelle due troiette mentre sarei uscita di li.
- Tranquilla, so gestirle. Perché mi hai fatto questa domanda? –
- Niente, pensavo che fossi fidanzato. E ci avrei tenuto a farti sentire in colpa… - risposi io saccente.
- Pensavi che lo fossi? E perché? – rise mentre con una mano ora si masturbava e con l’altra si toccava le palle che sembravano diventate anche loro di pietra.
- Bhè… - mi trovai spiazzata – visto quell’affare, pensavo ci fosse una ragazza che ti avesse fatto suo. Ho delle amiche che uscirebbero volentieri con uno come te –
- E tu? – disse ansimando più forte. Era quasi al punto.
- Io… - ero troppo concentrata a fissarglielo per pensare a cosa rispondere, poi dissi – non pensavo potessero diventare così grossi! –
Lui per tutta risposta diventò rosso in viso, le vene si ingrandirono ancora, le sue mani presero a stringere l’uccello ancora più forte e la cappella si inturgidì ulteriormente, fino a quando non esplose in un fiume di sperma.
I primi due schizzi furono talmente forti da colpire i miei short di jeans e la mia maglia, mentre il terzo schizzo colpì direttamente una mia gamba. Schifata mi ritrassi ancora più indietro, senza smettere di fissarglielo. Andò avanti quasi due minuti a cercare di svuotarsi, poi piano piano, i fiotti diminuirono e cominciò a colargli copiosamente dalla punta.
- Che schifo! – dissi guardando il disastro sui miei vestiti. Ben sapendo che erano macchie che non sarebbero andate via sul momento con un po’ d’acqua. Sulla mia coscia invece delle gocce cominciarono a scendere verso il ginocchio. Il senso di nausea mi pervase, ma per qualche ragione, non scappai come forse avrei fatto in una situazione simile.
- Mi spiace… Dovevo avvertirti – disse lui, forse seriamente spiaciuto.
- E’ terribilmente imbarazzante – dissi io, guardando i miei vestiti e avvicinandomi al lavandino pensando al da farsi. Mi ero appena fatta venire addosso da un completo sconosciuto, ma la cosa non mi mandò ai matti, come avevo sempre pensato sarebbe successo se uno sconosciuto avesse fatto determinate cose.
- Sciacquali subito. C’è il phon attaccato alla parete, li asciughiamo in fretta… - disse lui, mentre spense la doccia.
- Non posso, non ho altro con cui coprirmi… - dissi io, timidamente.
- Scherzi? Mi hai appena visto nudo, e ti fai problemi a rimanere in intimo? Perché hai l’intimo, vero? – mi chiese, avvicinandosi ancora completamente bagnato e con il cazzo ancora duro.
Io cominciai a sentire caldo, deglutii e presi una decisione – ok, ma non guardarmi. Anzi, stammi proprio lontano… - mentre comincia a sfilarmi la canotta nera, poi le scarpe e infine i pantaloncini.
Sotto indossavo un intimo molto semplice nero. Una brasiliana e un reggiseno nero a coppa. Mi fissai allo specchio e notai come quel reggiseno schiacciava la mia terza e la faceva apparire più gonfia e grande del dovuto. Dimentica di Marco, cominciai a strofinare la maglietta. Che stupida sono stata. Non sapevo che così facendo, gli davo la spalle e gli mostravo la schiena e il mio culo praticamente (s)coperto dalla brasiliana. Probabilmente rimase cinque minuti seduto a fissarmi, a guardare i miei capelli scendere lunga tutta la schiena, a fissare la mia vita, le mie gambe, ed il mio culo.
Quando pensai di avere finito con i vestiti gli chiesi del sapone per la mia gamba e in quel momento qualcosa tocco le mie natiche. Alzai subito lo sguardo, fissando lo specchio. Marco mi stava dietro, sovrastandomi in altezza. Io abbronzata, con il mio intimo nero, lui ancora bagnato, completamente nudo, e la sua pelle bianca. Ancora una volta ebbi la riprova che non era per niente un bel ragazzo, e che soprattutto non rientrava nella categorie di persone che frequentavo. Le sue mani ero lungo i suoi fianchi, dunque cos’era che mi accarezzava in mezzo ad entrambe le natiche?
- Non dirmi che è quello che penso io… - gli dissi fissandolo allo specchio.
- Si – rispose lui con un sorriso impercettibile, - alza una mano che ti metto il sapone per lavarti.
Io non risposi, ma non mi mossi ed obbedii, alzando la mano al mio fianco e aspettando che ci mettesse sopra il bagno schiuma. Fu di parola e così cominciai a strofinarmi la coscia con il suo sperma sopra, mentre dovetti appoggiare il mio bacino al lavandino per evitare il contatto con il suo uccello.
- Hai un gran bel culo, sai? – disse lui, mentre lo sentii infilare l’uccello tra le mie gambe a stretto contatto con il tessuto della brasiliana.
- Stai fermo, non ti ho dato il permesso di farlo – gli dissi, tornando a guardarlo dallo specchio. Sentivo il suo uccello duro come una quercia farsi strada tra le mie gambe, strofinando l’asta tra le mie chiappe. I ragazzi con cui ero stata ci mettevano sempre una mezz'ora prima di tornare all'erezione, questo ragazzino invece dopo cinque minuti sembrava essere più duro di prima. Che ingiustizia, pensai, doti sprecate in un soggetto così misero.
Mentre sentivo che continuava a sprofondare tra le mie gambe, fissai verso il basso, notando la sua cappella spuntarmi da sotto l’inguine e fermarsi. Contemporaneamente sentii il suo bacino appoggiarsi alle mie natiche.
- Scusa ma… te lo sei mai misurato? – chiesi stupita.
- Non lo so, una ventina su per giù… - mi rispose ridendo.
- Direi anche di più… - ero ormai completamente rossa in viso. Sentivo un formicolio al basso ventre, e la posizione assunta non mi aiutava per niente. Era piuttosto eccitante.
Lui cominciò a muoversi avanti e indietro, lentamente. Facendolo strusciare contro di me.
- Stai fermo. Vuoi combinare un altro pasticcio? – gli chiesi io, mentre imi resi conto che cominciavo a bagnarmi, - Sono fidanzata! – aggiunsi più per farmi forza, che non per opporre resistenza.
- Finchè lo struscio soltanto, non è tradimento. - mi sussurrò lui all’orecchio.
In effetti, aveva ragione, pensai. Ma lo pensai perché davvero ci credevo? O perché non volevo che quella splendida sensazione finisse? Rimasi zitta, e tornai a guardare la sua cappella che ora compariva e scompariva dalle mie cosce. Proprio in quel momento vidi allargarsi una macchia più scura sulle mie brasiliane nere. Mi aggrappai al lavandino che avevo davanti, cercando di coprirmi il volto con i capelli, abbassando la testa.
- Che c’è? – mi chiese.
- Niente, non ti preoccupare – gli risposi con un filo di voce.
- Bene, allora continuo – lo sentii ghignare. Detto ciò, preso il filo della mia brasiliana, quello che passa in mezzo alle natiche e lo sentii tirarlo. Se lo stava annodando al cazzo. Fece due giri attorno all’asta e poi tornò ad inserirla tra le mie cosce. Così facendo, ora la sua asta era completamente a contatto con le mie labbra vaginali. Un brivido di goduria mi scosse.
- Che fai? – gli chiese, un po’ rinsavita.
- Stai tranquilla, te le lascio le mutande – mi tranquillizzò lui, sporgendosi in avanti, accostando la sua testa affianco alla mia, e aggrappandosi anche lui al lavandino, con le mani di fianco alle mie. Sentii il suo petto bagnato spalmarsi sulla mia schiena, e sentii le vene della sua asta strusciare contro le mie labbra vaginali. Nel giro di pochi secondi, i miei umori ricoprirono il suo uccello. Li potevo sentire colarmi lungo le cosce e impregnare la sua mazza da baseball perfetta. In questo modo, la sua cappella essendo curvata verso l’alto si strofinava contro il mio clitoride, causandomi dei sensi di vertigine. Non so se fosse la situazione, con il mio ragazzo nello spogliatoio di fianco, le sue dimensioni, o il fatto che fosse un completo sconosciuto. Quel che so è che mai in vita mia mi bagnai come in quel momento.
- Lo sento scivolare molto meglio, non noti? – era visibilmente soddisfatto del suo operato.
Io vergognandomi gli intimai di tacere. Probabilmente, se avessi detto di più mi sarebbe sfuggito un gemito. Indossavo ancora gli occhiali sulla testa, quando me ne accorsi. Caddero nel lavandino davanti a me, perché i suoi colpi cominciarono a farsi più violenti. Le mie labbra stavano letteralmente mordendo la sua asta, ruvida e cosparsa di vene.
- Fermati! – gli ordinai, cominciando a mordermi le labbra dal piacere.
- Ne sei sicura? Preferisci che lo infili dentro? – non accennò a smetterla di strusciare il suo ruvido uccello contro i miei genitali.
- Non ti è bastato vincere la partita? Ora vuoi pure scoparti la ragazza di un tuo avversario? – gli chiesi, ormai in stato confusionale. Non sapevo più cosa volevo. Da una parte volevo fuggire, dall’altra ero completamente paralizzata.
- Il tuo ragazzo non doveva mettermi le mani addosso – si arrabbiò e cominciò a strusciarsi più violentemente. Quello peggiorò ulteriormente la situazione. Sentivo ad ogni affondo le mie chiappe adagiarsi al suo bacino, e la sua cappella strusciarsi contro il mio clitoride. Poi riprese – solo la punta, poi usciamo, ok? –
Io stetti zitta un attimo, poi accettai e feci cenno di si con la testa, guardandolo allo specchio. Lui per tutta risposta slegò l’asta dal tessuto della mia brasiliana, si chinò e me la fece sfilare. Alzai i piedi e lui la tolse. Rimanevo nuda davanti ad uno sconosciuto, con solo un reggiseno nero addosso e con il mio ragazzo nello spogliatoio di fianco a pochi metri di distanza. Sentii i suoi denti mordermi il sedere, e le sue labbra baciarlo, questo mi riportò alla realtà. Che stavo facendo? Stavo permettendo a un ragazzino più piccolo di me di toccarmi? Nemmeno lo conoscevo, e il mio ragazzo a quest’ora poteva essere in giro a cercarmi.
Marco passò una mano tra le cosce ed esclamò – Dio mio! Sei bagnata fradicia… -
Era vero e non potei fare a meno di starmene zitta e subire quello che per me era un’umiliazione, ma che alla fine mi stava provocando un piacere mai provato prima. Guardandomi allo specchio mi ricordai che erano due settimane che non andavo dall’estetista, e un sottile strato di peluria scura ricopriva il mio pube, e me ne vergognai.
Lui si rialzò stando dietro di me e pose la punta del suo pene a contatto con il più sacro dei miei buchi.
- Solo la punta… - ribadii io, tentando di mantenere una parvenza di orgoglio.
- Promesso, dammi una mano – disse lui, che senza aspettare me la prese e la portò indietro tra i nostri due corpi. Mi fece afferrare la sua asta. Resistetti un attimo, poi la presi in mano e la impugnai. Era davvero lungo e duro, oltre che completamente ricoperto dei miei umori altamente viscosi. Sembrava ferro battuto ancora bollente. Come faceva un ragazzino così brutto ad avere delle doti simili? Continuavo a non capacitarmene.
- Tienilo in mano e fammi entrare tu quanto vuoi – disse cominciando a spingere dentro di me.
Io lo tenni in pugno, e lo rallentai nell’entrata. Era talmente grosso che mi provocò un dolore non da poco. Poi però i miei umori essendo usciti copiosi ed essendogli colati addosso per una buona decina di minuti, fecero il loro lavoro e lo agevolarono nell’entrata. Le mie labbra si schiusero ulteriormente e accolsero l’oggetto del desiderio dentro di me. Penetrò pian piano, senza fretta. Lo sentii affannarsi. Gli piacevo eccome, pensai con una nota d’orgoglio. Ci mise qualche secondo prima sprofondare fino a dov’era posizionata la mia mano, ma notai solo allora che era già dentro tanto quanto lo era il mio ragazzo quando me lo metteva tutto. Quel bastardo sapeva che una volta arrivati alla mia mano eravamo solo a metà dell’opera. Io gemetti, mentre lui cercò di spingere ancora. Allora lo strinsi di più con la mano – Fermati! –
Dovevo fermarlo perché era talmente tanta l’eccitazione del momento che stavo già per venire. Incredibile, non mi era mai successa prima una cosa del genere. Era bastato penetrarmi per farmi arrivare all’apice. Purtroppo qualcosa andò storto, bastò che lui mi desse un bacio sul collo mentre cercò di spingersi più dentro di me, che una morsa mi prese alla sprovvista. Sentii arrivare l’orgasmo e il corpo prese sopravvento sulla mente. La stretta sul suo uccello si allentò e tornai ad afferrare di nuovo il lavandino con la mano. Il suo cazzo scivolò d’un colpo dentro di me, senza incontrare ne resistenze ne ostacoli. Arrivò subito dove nessuno era mai arrivato prima. Lo sentivo nelle ovaie, era una sensazione nuova, mai provata ed io cedetti. Per il godimento improvviso spinsi il culo verso di lui, cercando di prenderne di più dentro di me. Lui capii il momento propizio, e posizionate le sue mani sulle mie sul lavandino, spinse contro di me con il bacino. L’orgasmo fu esplosivo. Un rombo squarciò il cielo, ed assieme ad esso tutte le mie certezze sul sesso. Quando poteva essere bello e soddisfacente un rapporto avuto con una persona con simili doti?
- DIO! – esclamai forte, facendo uno strano verso subito dopo. Come uno sforzo liberatorio tanto atteso. Le mani strinsero talmente tanto la ceramica del lavandino che cominciarono a dolermi e a tremare. Fu una sensazione oltre che fortissima anche bellissima. Questo ragazzo mi stava regalando emozioni uniche. Non pensavo che il sesso potesse essere così bello. Mi piaceva anche prima certo, ma quell’orgasmo aprì un portone che era sempre stato chiuso e da esso uscirono molte curiosità e tanta voglia di riprovare lo stesso godimento. Sentii i muscoli uterini contrarsi, e i muscoli vaginali stringersi attorno all’asta perfetta di Marco. Il suo cazzo rimase ben piantato dentro di me, mentre venivo scossa da forti tremiti. Essi cominciarono dalle gambe, e si diramarono al resto del corpo. Quando raggiunsero la testa, sentii i brividi e fui soggetta a pelle d’oca. Mai provato nulla del genere in tutta la mia vita. Le forze però subito dopo mi abbandonarono, i muscoli si rilassarono e le mie gambe cedettero per un attimo. Il mio amante ebbe i riflessi pronti e con un braccio, cingendomi in vita, evitò che cadessi. Avevo le ginocchia molli, e non riuscivo a rimettermi in piedi. Il suo cazzo però rimaneva impalato dentro di me. Lo sentivo pulsare. Doveva essere il suo flusso sanguigno.
- Scusami… - dissi affannata, mentre con una mano mi rimettevo a posto i capelli davanti alla faccia e cercavo di ritrovare un equilibrio. Pensai di essermi fatta una figura di merda di dimensioni mondiali. Una ragazza di 24 anni va a vedere la partita di calcetto del suo fidanzato, e crolla in un orgasmo violentissimo con un completo sconosciuto, avversario del proprio ragazzo e per di più con qualche anno in meno di lei.
- A qualcuno è piaciuto – disse lui, donandomi un altro bacio sul collo. A suo modo pareva affettuoso dopotutto.
Io cercai di ricompormi e di riguadagnare un po’ di credibilità – non mi era mai capitato nulla del genere -. Feci fatica a parlare, perché le parole quasi mi si strozzavano in gola per l’affanno che avevo. Il cuore mi scoppiava nel petto.
Lui scoppiò in una sonora risata, ma sentivo che il suo cazzo rimaneva duro dentro di me. Immobile, impassibile. Una lancia di marmo dentro il mio utero.
- Resti li? – gli chiesi, mentre lo fissavo tramite lo specchio davanti a me.
- Ah scusa, pensavo ti piacesse – e mentre lo diceva, cominciò a sfilare l’uccello da dentro di me. Lo sentii scorrermi lungo tutto l’utero, sembrava non finisse mai. Poi proprio quando stava per uscire, con un colpo di reni me lo rinfilò dentro di colpo. Altri brividi percorsero la mia schiena e le mie braccia, e i miei occhi si chiusero – Ancora? – gli chiesi ansimando.
- Io devo ancora finire dolcezza – rispose lui, infilzandomi di nuovo.
Stavamo scopando, ormai non c’era più dubbio. Se prima poteva sembrare una cosa capitata quasi “per caso”, ora era sicuro che stavamo facendo sesso. Ma io ero consenziente o no? Non lo capii subito. Non almeno fino a quando, pochi colpi dopo, lui non mi infilò le mani tra le gambe e cominciò a giocare con il mio clitoride. Sembrava che andasse a fuoco, ora che lo stava toccando. Sembrava dovesse esplodere. Lo pizzicava e lo accarezzava, mentre i suoi colpi si fecero più radi, ma più forti. Mi stava di nuovo facendo impazzire. Una cosa dovetti ammetterla: non era solo dotato, ci sapeva anche fare. Parecchio.
Poi cambio modo di penetrarmi, e cominciò a scoparmi dal basso verso l’alto, facendomi salire il cazzo nello stomaco. O così mi sembrava. Cercava sempre di uscire quasi totalmente e poi rinfilarlo, e ogni volta che lo faceva, venivo scossa da un godimento che mai prima di allora avevo conosciuto.
Sfinita, appoggiai la schiena al suo petto, portando le mie mani sulle sue tra le mie cosce. Volevo fermarlo inizialmente, ma quell’idea sparì subito dalla mia mente, e cominciai ad accarezzargliele. Inclinai la testa all’indietro, cercando appoggio su una delle sue spalle, inarcando la schiena, permettendogli di scoparmi meglio. Dopo altri due colpi, degni di questo nome, portai le mani dietro la mia schiena e presi a slacciarmi il reggiseno.
- Mi chiedevo quando te lo saresti tolto – disse lui, ansimando.
Io me lo sfilai di dosso e lo lasciai cadere per terra, liberando così la mia terza soda. Ora eravamo entrambi nudi, lui dietro di me, che mi scopava da in piedi.
- Te le dovevi meritare – gli risposi ridendo, stando ormai al gioco.
- Pensavo di essermele meritate qualche minuto fa – così dicendo, portò una delle due mani a strizzarmi i seni e a tirarmi i capezzoli già duri come chiodi.
Io risi anche a quel gesto. Ero euforica, e portai le braccia indietro, cercando di aggrapparmi alla sua testa.
- Non ti bastava vincere la partita oggi. Dovevi anche scoparti la ragazza di un tuo avversario… - gli dissi io, gemendo più forte di quanto pensavo avrei fatto. Sentivo crescere l’orgasmo. Ma non capivo se fossi vaginale o clitorideo. Poi lo capii, erano entrambi contemporaneamente. Una cosa che non mi era mai successa prima. Rimasi talmente colpita che mi spaventai quasi da quello che poteva succedere.
Stavo preparandomi a godere ancora, quando qualcuno bussò alla porta dello spogliatoio.
- Federica! – era la voce di Luca. – Federica sei li? E’ un’ora che ti cerco – altri colpi sulla porta.
Io rinsavii dallo stato di trance in cui ero e temetti che il mio ragazzo aprisse la porto e che ci trovasse lì dentro.
Marco dovette capire la mia preoccupazione, e aumentando la forza dei colpi mi confidò di aver chiuso la porta a chiave mentre cercavo di lavare i miei vestiti, poco prima.
Più Luca bussava alla porta, più io ero vicina all’orgasmo e più l’eccitamento cresceva portandomi in uno stato di libidine superiore.
Quando poi il mio ragazzo provò ad aprire la porta inutilmente, allora Marco cominciò a scoparmi più forte, sempre più forte. Sentivo il rumore dei nostri corpi che sbatteva l’uno sull’altra e solo per mezzo secondo mi preoccupai che qualcuno potesse sentirci, dopo di che non mi importò più di nulla. I due orgasmi arrivarono assieme e questa volta, ci mancò poco che persi i sensi. Caddi in ginocchio però e Marco per continuare a starmi dentro mi seguii anche lui per terra. Mi spinse la schiena in avanti, facendomi mettere a pecora e cominciò a sbattermi in quella posizione. Lui in ginocchio dietro di me ed io a quattro zampe. Dico a “sbattermi” perchè era quello che ormai stava facendo. Anche su di lui la libidine prese il sopravvento e cominciò a dare anime e corpo prima di esplodermi dentro. Non mi chiese nemmeno se potesse farlo, ma mentre inondò le mie ovaie del suo sperma, sentii la voce del mio ragazzo di fuori che si chiedeva che fine mai avessi fatto. I fiotti di sperma dentro di me mi portarono ad un ennesimo rapido orgasmo, mentre lui imperterrito continuò a tirarmi dei colpi per svuotarsi completamente. Qualche minuto dopo rallentò e finì la sua opera. Rimanemmo in silenzio ed ansimante per un po’ di tempo, fermi in quella posizione. Poi lui si mosse sfilando l’uccello ormai moscio da dentro di me. Mi sentii vuota, come se un pezzo del mio corpo mi avesse abbandonato. Assieme ad esso uscì anche una buona dose di sperma che cominciò a colare per terra.
Io mi tirai su per sedermi senza fiato su una delle panchine. Mentre lui rimase in ginocchio davanti a me. Glielo fissai ancora una volta, mentre vedevo il suo sperma gocciolargli dalla cappella sul pavimento. Anche così sembrava essere più grosso di quello del mio ragazzo. Che vergogna.
- Non dici niente? – mi chiese lui accennando ad un sorriso.
- Non ho le forze – gli risposi.
- Anch’io sono esausto, ma è meglio che tu ti vesta e che torni là fuori o il tuo ragazzo impazzirà –
- Hai ragione – gli dissi, mentre stavo già raccogliendo i miei vestiti da terra.
Andai allo specchio. La mia faccia era quella di una drogata. Occhi enormi, volto tirato, capelli scompigliati. Quel ragazzo mi aveva distrutto, ma mi aveva regalato quattro orgasmi indimenticabili. Cercai di rassettarmi alla bell’e meglio. Feci talmente in fretta che mi scordai di sciacquare via dal mio intimo il suo sperma e i miei umori che avevano irrigato tutto l’interno coscia. Sperai che Luca non lo notasse.
Feci per uscire, quando mi girai a fissare Marco, cercando di trovare qualche cosa da dire. Dopotutto era stato il miglior sesso della mia vita, ma lui mi anticipò – Ho vinto la scommessa quindi –
Dopo un attimo di esitazione gli risposi – te lo sei meritato – e uscii di soppiatto dallo spogliatoio.
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