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La mamma Psicologa


di benves
28.10.2011    |    69.077    |    4 8.9
"La tranquillizzai, invitandola a mangiare in fretta per poi andare nel mio ufficio dove avremmo potuto parlare tranquillamente..."
Mi chiamo Simone.
Mio figlio frequenta la classe 4° elementare.
Inutile dire che tra genitori dei bambini bene o male ci si conosca tutti; tutti sappiamo all'incirca il lavoro svolto da ciascun genitore.
La classe di mio figlio è multietnica e variegata, ci sono figli biologici, figli adottati, figli di genitori separati, figli cui è morto uno dei due genitori...insomma la casistica non manca.
Io da autodidatta, per hobby, mi interesso alle similitudini tra le problematiche derivanti da figli adottati, figli di genitori separati e figli con lutti in famiglia, ma per lavoro mi occupo di ben altra cosa.
Questa mia passione, che scaturisce anche talvolta nella partecipazione a qualche conferenza come “persona informata”, mi porta spesso ad interagire con gli altri genitori, specialmente con le mamme.
Inutile nascondere la mia attrazione, se pur sposato e con prole, verso le mamme, le quali se riesci a portartele a letto sono prive di freni inibitori,lo scoglio più difficile è convincerle, poi una volta a letto, si scatenano come vere assatanate, convinte che trattasi solo di un incontro occasionale poiché entrambi avremmo molto da perdere, la famiglia!
Ebbene dicevo, questa mia “passione” mi ha portato soprattutto a stringere amicizia con una mamma “affidataria” di una bella bambina con gli occhi a mandorla. Questa mamma di professione fa la psicologa e questo mio interesse verso le problematiche infantili deve averla colpita.
Ci frequentiamo oltre che all'uscita della scuola anche in piscina, ove entrambi portiamo i bimbi.
I tempi di attesa dell'attività sportiva ci portano a parlare molto e...a forza di parlare, siamo diventati amici. Amici a tal punto da sfogarsi anche reciprocamente delle eventuali problematiche familiari.
Io sono della teoria che “dietro ad una donna che tradisce al 99% c'è un problema di comunicativa di coppia, mentre l'uomo tradisce in quanto per sua natura è un maiale”.
Infatti, durante uno dei nostri colloqui settimanali in piscina, Sara, questo è il nome della mamma psicologa, si sfoga di suo marito, docente universitario di storia dell'arte, il quale o è sempre a giro per il mondo o quando è a casa è sempre sui libri od al computer. Il suo lavoro lo assorbe al punto da isolarsi dal resto del mondo. Questo crea oltre che delle problematiche nella coppia anche dei problemi di rapporto con i figli. Lui non è geloso, vivono il loro matrimonio sotto lo stesso tetto ma su binari paralleli.
Io cerco di analizzare con lei la questione ma subito, da maiale, mi viene in mente di approfittare della cosa, cercando di portarmela a letto.
Mia moglie, da donna di chiesa quale è, sa della mia disponibilità verso gli amici, ed accetta di buon grado il “buon samaritano”...se sapesse invece cosa combino talvolta, cambierebbe idea!
Io non sono bello, anzi il contrario, sono bruttissimo, pelato, grassoccio e con gli occhiali ma, dalla mia ho una buona parlantina e la capacità di adulare le donne; questo, quando si trovano in difficoltà, è un'arma micidiale per riuscire a circuirle.
Sara invece è una ex-ballerina, corpo minuto, alta circa 1,60, seno piccolo, occhi verdi e capelli biondi lunghi, insomma tutto il contrario di mia moglie. Inoltre Sara, si trascura, non si trucca, cerca di apparire più brutta di quanto realmente invece non è!
Dicevo, Sara mi esprime il suo disagio nel comportamento del marito, ed io provo a dare delle spiegazioni ma, il tempo è poco, “dovremmo vedersi con calma per approfondire tutti gli aspetti e le sfaccettature della problematica così da trovare eventuali rimedi”.
E' lei a prendere l'iniziativa ed a propormi una pizza, solo io e lei, in modo da parlare con calma, avrebbe pensato lei, per non destare sospetti, a parlarne sia con il marito che con mia moglie (di cui è molto amica). A me non pareva vero, era musica per le mie orecchie!
Infatti, come promesso, sistemò tutto lei, fissando anche giorno ora e luogo; unica mia preoccupazione, quella di andarla a prendere con la macchina il giorno e l'ora stabilita.
Nessun problema!
Aveva fissato in una pizzeria vicino al mio studio, dove svolgo la professione di commercialista.
A me da subito era parsa una pessima idea, conoscevo quel locale sempre affollato e rumoroso, luogo ideale per mangiare divinamente una pizza ma, poco adatto ad una conversazione.
Come volevasi dimostrare, arrivati al locale e seduti al tavolo, il chiasso era tale da non riuscire neanche a fare l'ordinazione.
Sara era depressa, non saremmo riusciti a parlare. La tranquillizzai, invitandola a mangiare in fretta per poi andare nel mio ufficio dove avremmo potuto parlare tranquillamente.
La cena andò per il meglio, la pizza era ottima, il servizio veloce ed in meno di un'ora eravamo fuori dal locale.
Ci recammo a piedi al mio studio.
Mi accinsi a prepararle un caffè e presi dal frigo-bar una bottiglia di cognac che solitamente uso quando devo dare spiacevoli notizie in ambito fiscale ai clienti.
Ci accomodammo nella sala riunioni accingendomi ad ascoltare il suo sfogo.
Sara parlò per circa 45 minuti, nei quali io rimasi in assoluto silenzio, porgendole talvolta, quando l'enfasi del momento lo richiedeva, un bicchierino di cognac. Al termine del suo sfogo ne aveva bevuti 3. Il mio piano stava prendendo corpo.
Ribattei per circa un quarto d'ora a quanto da lei confidatomi, facendo ricorso alla mia sensibilità e cercando di far apparire quel marito peggio di quanto non fosse realmente ma, il mio scopo richiedeva l'uso di questi mezzucci!
Finalmente Sara mi sorrise, aveva ascoltato il mio discorso, mi abbracciò dicendomi, sei un vero amico, solo tu mi capisci. “Eh ti capisco sì” pensai, “vedrai come ti capisco”!
Per smorzare la pesantezza dei discorsi fino a quel momento fatti le proposi il gioco “della goccia” con il cognac. Chi ha una minima esperienza sa, che trattasi di bere il contenuto di un bicchiere senza che questo, rovesciato, lasci neppure una sola goccia del suo contenuto, in caso contrario il bicchiere va riempito nuovamente e la bevuta ripetuta, fino a quando non si riesce nell'intento. Praticamente è impossibile riuscirci ma è una ottima arma per far ubriacare!
Sara ci provò e ci riprovò ancora. All'ennesimo bicchiere proposi una penitenza, nel caso di non fosse riuscita a bere il prossimo bicchierino avrebbe dovuto darmi un bacio. Lei accetto, ed infatti non ci riuscì! Io allora mi avvicinai a lei baciandola sulla bocca.
Lei non si ritrasse ma, allargò le labbra facendo entrare la mia lingua. Protrassi quel bacio il più a lungo possibile, andando come un polipo, con le mani ad esplorare il suo corpo. Sara non si ritraeva, mi lasciava fare, era brilla al punto giusto. La sollevai di peso adagiandola sul tappeto e ripresi a baciarla. Le mie mani si insinuarono sotto il maglioncino ed ancor più sotto la canottiera priva dell'inutile reggiseno, andando a cercare i seni. Trovai se sue punte ritte e dure come chiodi, iniziando a stuzzicarle. Lei gradiva e me lo fece capire con gemiti di approvazione. Mi feci più audace, le sbottonai i jeans, andando a cercare la parte più intima di lei. Sara godeva delle mie carezze, la stavo masturbando da circa 5 minuti quando prese l'iniziativa, mi agevolò sfilandosi da sola i pantaloni e le mutandine. Era fatta, sarebbe stata mia.
Mi aiutò a sbottonarmi i pantaloni e mi levò i boxer, ponendosi nella posizione del 69.
Leccavamo entrambi le reciproche intimità, godendo!
Riuscimmo a sincronizzarci venendo ciascuno nella bocca dell'altra, poi ci stendemmo tenendoci per mano. A me non bastava, volevo farla mia! Giusto il tempo di recuperare le forze e ricominciai a baciarla, lei stordita dall'alcol rispondeva come un automa. Volevo vederla negli occhi mentre godevo con lei in lei. Mi distesi con l'asta ritta e la invitai ad impalarsi1 Lei come un robot eseguiva ogni mio comando, ma quando le fui tutto dentro, gemette di piacere, iniziando una splendida cavalcata degna di un'amazzone. Il tempo mi parve essersi fermato, eravamo un solo corpo ed una sola anima, fino a quando un sussulto mi pervase e le scaricai dentro una quantità indescrivibile di sperma. Lei sgranò gli occhi, rendendosi solo ora forse, conto di cosa stessimo facendo. “Mi hai messo incinta?”. “Non temere, sono sterile, non ti ricordi che ho adottato mio figlio per questo motivo?”. Ritornò in se, si accasciò sul mio corpo abbracciandomi e baciandomi.
“Voglio essere la tua amante” mi disse. Io le sorrisi.
Ci rivestimmo e la riaccompagnai a casa.
Tante altre volte ci siamo confidati ed amati ma...queste sono altre storie...!
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