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Tradimento in rete


di Honeymark
24.01.2015    |    20.486    |    8 9.5
"In realtà, anche a me era passata la voglia di scoparla così, allo stesso modo..."
Tradimento in rete.
Prima parte (di due)



Mia moglie mi aveva rotto il cazzo.
Erano passati i classici sette anni di matrimonio e il sesso ormai languiva.
Io dicevo “Mi manca solo di non poter scopare” e lei mi rispondeva “Mi manca solo di dover scopare”.
In realtà, anche a me era passata la voglia di scoparla così, allo stesso modo. Ma prima di cercare outdoor una partner con cui divertirmi a letto, volevo davvero capire se era finito il rapporto fisico.
Il fatto era che io e mia moglie stavamo benone insieme e una scaduta sessuale non era certamente una ragione buona per litigare.
Però dovevo scopare. Non dico tutti i giorni, ma almeno una volta in settimana. Per una volta al mese era disponibile anche mia moglie, ma a me non bastava e comunque non c’è nulla di più afflosciante di una donna che scopa perché deve e non perché vuole.
E fu così che cominciai a cercare i rete, pur restando guardingo e deciso a non procedere oltre il contato virtuale. Il sesso ludico, a volte, aiuta a scaricare quello reale.
Dapprincipio non fu una bella esperienza. Sembrava che tutte quelle che si rivolgevano alla rete fossero fuori di testa. Le più erano ninfomani assatanate, molte volevano farmi entrare nel letto insieme col marito. Altre ancora avevano bisogno di dare sfogo a particolari perversioni naturali. Non male queste ultime, se avessi avuto un buon rapporto di base con mia moglie. Ma quello che cercavo era una sana e consapevole libidine, quella che secondo Zucchero salva l’uomo dallo stress e dall’Azione cattolica.
Le più, purtroppo,avevano semplicemente il marito stronzo. Più o meno come lo era mia moglie con me. La verità è che si hanno ritmi diversi e dopo un certo numero di anni anche piccole differenza si ingigantiscono. Ci vogliono tolleranza e buona volontà, ma da entrambe le parti.
Ed è stata una donna che aveva il marito stronzo come mia moglie quella che ha suscitato il mio interesse in rete. Si chiamava Ivana, o meglio così diceva di chiamarsi, dato che anch’io avevo dato un nome diverso da quello vero. Mi ero presentato come Ugo. Un nome corto e non troppo comune.

Dopo alcune chattate, ci siamo accorti di avere molte cose in comune. Interessi affini ed entrambi desideri sessuali impagati.
Come si usa in internet, abbiamo chiacchierato a lungo di sesso, ragione per cui eravamo lì alle rispettive tastiere, ma Ivana aveva anche una testa e una cultura decisamente intriganti. Non avendo più vent’anni, non mi basta la botta e via. Dovevo sapere cosa chiavavo, e soprattutto chi chiavavo.
A Ivana piaceva il sesso orale, sia farlo che farselo fare. Per mia moglie era un tabù sia l’uno che l’altro…
Ivana desiderava prenderlo in culo, ma a suo marito non poteva importare di meno.
- Ti piacerebbe farti fare un clistere? – Le chiesi una sera, per mettere un filtro.
- Non ci ho mai pensato, - aveva risposto. – Non credo, ma mi eccita l’idea di mettermi in posizione per farmelo fare…
- Davvero?
- Sì.
-Anche a me piace da matti l’idea che mi porgi il culo per fartelo penetrare con qualcosa…
- L’hai mai fatto a tua moglie?
- Mai chiesto.
- Chiediglielo.
- Non ci penso neanche. Se non le vanno le solite cose, figurati il resto…
- A me piace la creatività.
- Tu sei tu…

Un giorno mi aveva scritto disperata che il marito proprio non ha desiderava più.
- Hai un paio di calze e reggicalze e magari un tanghino da indossare al posto delle mutandine? - Le chiesi.
- No.
- Beh, compera il tutto e presentati in camera da letto così. Vedrai che funziona. Almeno, a me funzionerebbe alla gramnde.
- Tu sei tu…

La sera dopo mi annunciò che aveva comperato la lingerie sexy che le avevo suggerito.
- Brava! – Le scrissi, invidiando un po’ quello stronzo di suo marito.
- Se funziona, mi faccio un selfie e te lo mando.
- Eh no, non vale! – Risposi allegro. – Devi mandarmelo comunque. Perché dovrei pagare io le stronzate di un altro?
- Hai ragione. Quando mi preparo, in bagno, mi faccio una foto. Senza viso, ovviamente.
- Certo.

La sera dopo era incazzata nera.
- Mio marito mi ha rotto il cazzo!
- Perché?
- Non mi ha neanche cagata! Uno stronzo infinito…!
- Dio mio, - scrissi. – Siamo messi male…
- Puoi dirlo forte!
- Che coniugi di merda che abbiamo.
- Beh, aggiunse d’improvviso. - stavolta lo inculo.
- Cosa fai?
- Sei solo?
- Sì.
- Ti mando la foto che mi sono fatta.
- Wow…!
Rimasi lì eccitato dall’idea di vedere l’amica in biancheria intima. E dopo un po’ sentii il segnale che era arrivata una foto. Cliccai eccitatissimo e aprii la foto.
Era uno schianto. Il tanghino era rosso e copriva solo il sesso, con le calze aveva indossato anche il reggicalze, che non sapevo neanche che li facessero ancora.
Poi, prima che glielo chiedessi io, mi mandò una seconda foto. Era lei ritratta di culo. Rimasi senza fiato. Col tanghino sembrava nuda e le natiche ovali come piacciono a me mi pareva di poterle toccare. Sfiorai il monitor con le dita.
- Che te ne pare? – Scrisse. – E’ o non è uno stronzo?
- Ti chiaverei. – Risposi.
Non ribatté.
- E ti inculerei. – Aggiunsi. – Prima però ti farei inginocchiare e te lo metterei in bocca…
- Basta, - scrisse. – Fermati! Ho voglia anch’io e mi sembra opportuno smetterla qui.
- No, dai, almeno possiamo masturbarci pensando l’uno all’altra.
- Io lo faccio già, - rispose.
- Anch’io, ma insieme ci si diverte di più.
- Non voglio usare webcam.
- Neanche io.
Si fermò un attimo. Poi, mentre guardavo le sue foto, mi fece una richiesta inaspettata.
- Mi mandi anche tu una foto di come sei fatto?
Mi aveva colto di sorpresa, perché non ci avevo mai pensato. Di solito era l’uomo che voleva guardare la donna nuda…
- Voglio avere una ragione in più per masturbarmi. – Scrisse.
- Non è così facile, - risposi. – Io non ho il selfie ma la reflex.
- Va’ in bagno e fotografati allo specchio.
- Nudo?
- Sì, da davanti e da dietro.
- Non in erezione però.
- E perché no?
- Beh, devo masturbarmi per farlo rizzare e…
- Fai quello che devi. Se mi mandi le foto, te ne mando due di me senza mutandine…
- Domani sera, te le mando.
- Perché non adesso?
- Perché c’è mia moglie in circolazione. E’ sempre a quel maledetto computer.
- Avrà un amante anche lei… Ha ha.
- Magari! Vorrebbe dire che ha voglia… - Risposi. – Ehi, io non ho un’amante.
- Mai tradita?
- Sì, una volta, ma era un’occasione molto particolare e… E tu?
- Anche io, una volta – Rispose, dopo aver pensato se dirmelo o no. – Avevo bevuto un po’ e…
Tutte avevano bevuto un po’…
- Non devi trovare scusanti. E mai pentirsi. Hai mai pensato se lasciare tuo marito?
- No, mai! Scherzi? Io lo amo. E’ solo un incommensurabile stronzo.
- Siamo sulla stessa barca…
- Già.
Parlammo di mille maialate. Piaceva quasi tutto sia a me che a lei.
- Ti piace l’idea di essere frustata? – Arrivai a chiederle.
- La parola frusta mi eccita, ma ne ho paura.
- Certo, era per conoscerti meglio.
- Ma… l’idea che tu mi prenda a sberloni le tette mi, mi…
- Dici sul serio?
- Sì, ogni tanto ci penso. E l’idea che me le dia l’uomo che amo mi turba di piacere…
- E tu ti divertiresti a frustare?
- No. Però quando prendo tra le mani il culo di un uomo, lo graffierei volentieri… Così come a voi maschi piace mordere quello di una donna.
Non riuscii a immaginare come poteva prendere un uomo per il culo, ma non glielo dissi.

Nel corso della giornata successiva provai a fotografarmi come voleva lei. Avendo una reflex, sono andato a procurarmi un telecomando per l’autoscatto. Purtroppo, infatti, le nuove Nikon o Canon non hanno l’autoscatto di una volta, ma un congegno elettronico.
Ho sistemato la macchina su un piccolo cavalletto, ho portato il tutto in bagno e ho cercato un posto con lo sfondo irriconoscibile. Poi ho provato a scattarmi qualche foto. Le prime facevano pena, ma poi ho trovato la posizione giusta e quindi potevo concentrarmi sulla foto.
Alla fine ne isolai quattro che valeva la pena inviare a Ivana. Le altre le ho cancellate.
La sera quando entrai su Facebook, trovai accesa la sua icona. La aprii.
Rispose e chattammo un po’.
- Hai scattato qualche foto? – Mi ha chiesto quasi subito.
- Certo! – Risposi fiero.
- Mandamele, dai!
Le mandai le quattro foto che avevo isolato e attesi i suoi commenti.
- Un cazzo niente male! – Scrisse a un certo punto. – E’ davvero così o ci hai messo mano col fotoshop?
- Eh? Ha ha! No! Non saprei neanche usarlo. Sono così per davvero!
- Niente male! – Scrisse di nuovo. – Quello di mio marito non è così…
- Dai, non esagerare con i complimenti, che magari ci credo!
- E’ bella anche la foto dove mi mostri… il buco del culo. Posso usare questi termini?
- Ma credo bene!
- Devo ammettere che fa venir voglia di venire da te a quattro zampe per prenderlo in bocca…
Perché mi moglie non è così? Mi domandai…
- E non sarebbe male penetrarti con un… diciamo… clistere?
- Tu a me?
- Sì…
- Non ci ho mai pensato, Ha ha! Perversa… Ma confesso che quando mi sono messo in posizione per la foto al culo, ho desiderato che tu mi accarezzassi le palle e che mi mettessi qualcosa nel…
- Senti, - disse dopo una piccola pausa. – Ti ho preparato anch’io due altre foto.
- Sì, sì, mandamele!
Dopo un po’ vidi una figa in primo piano, dolcissima e senza un solo pelo, come piace a me. Devo dire che la foto di una figa così in primo piano non è la più bella visione del mondo, tanto vero che ho sempre detto a mia moglie di lasciare del pelo. Ma nel suo caso sembrava l’allegoria al piacere, l’invito al sesso, l’offerta al suo dio.
Poi mi mandò un primo piano del culo e qui rimasi a bocca aperta. Se era davvero suo, era mille volte più bello di quello di mia moglie…
Fu lì che decisi di progettare un incontro con lei. E che mia moglie andasse a farsi fottere.
- Fantastica… - Scrissi. – Io devo proprio chiavarti…!
- Davvero? Beh, allora pensa come fare. Io sono di Mantova, tu di Vicenza, organizza qualcosa a Verona, così siamo entrambi lontani da casa, ma non troppo.
- Agli ordini! – Scrissi, sperando che le parole non tradissero la mia emozione, dato che in realtà abito proprio a Verona. - Domani sera ti mando una proposta di fattibilità.
Che professionalità nelle mie parole… Mia moglie ne sarebbe andata fiera… ha ha!
- Che serata ti andrebbe bene?
- Il venerdì. Mio marito di solito passa la serata con gli amici il venerdì.

La sera dopo le mandai la proposta.
- Prenoto due stanze al Grand Hotel per venerdì prossimo. – Le scrissi. - Alla reception do i miei documenti e lascio detto che le prenotazioni sono a nome di un certo Ugo e di una certa Ivana. Ognuno darà i propri documenti alla reception, senza che l’altro sappia esattamente chi è.
- Poi - aggiunsi, - saliamo nelle rispettive camere, che sono comunicanti. Hanno due porte opposte. Cioè io ho la mia e tu la tua. Per incontrarci dobbiamo volerlo tutti due.
- Magnifico – scrisse lei. – E… se non dovessimo piacerci?
- Fermiamo tutto.
- Sarebbe un peccato, perché fisicamente io vorrei proprio…
- Anch’io…
- Facciamo così, - suggerì lei. – Indossiamo due mascherine finché non abbiamo socializzato per un po’…
- Ehi, è ancora più intrigante…!
- Io mi metto davanti alla porta che comunica con la tua, aspetto che apri la tua, stando di schiena in lingerie…
- Quella che hai usato con tuo marito?
- No, sarà una mise apposta per te, nera.
- Wow…
- Tu verrai da dietro e mi spoglierai. E’ una cosa che ho sempre sognato.
- Adesso la sogno anch’io.

Fugai gli ultimi dubbi sull’avventura alla cieca che stavo per fare e andai al Grand Hotel di Verona per prenotare le due camere comunicanti.
Diedi il documento alla reception e pagai entrambe le camere, precisando che sarebbe arrivata una signora di nome Ivana, ma il cui vero nome stava scritto nel suo documento di identità.
- Motivi di riservatezza, - spiegai.
- Certo signore. – Rispose il receptionist. Doveva essere abituato a cose del genere, forse anche più misteriose.
La sera scrissi tutto a Ivana e lei mi assicurò che sarebbe arrivata puntuale.
Ero già emozionato e mancavano ancora cinque giorni. Ma la prima volta è sempre la prima volta. E la prima volta è solo una, la prima.
In quei giorni mi preparai mentalmente e mi assicurai che mia moglie non trovasse problemi dell’ultimo momento per non farmi uscire di casa la sera di quel venerdì.
- Vai con gli amici?
- Sì, - risposi. – Il solito. Tu cosa farai?
- Non lo so, - rispose. – Sto bene anche a casa da sola.
Mi sentii in colpa, ma il dado era tratto. D’altronde era lei che mi aveva messo nel letto di un’altra donna. Se solo avesse avuto la mia stessa voglia di fare sesso, sarebbe stato tutto diverso…
Non ci pensai più e attesi il venerdì sera.

Quel pomeriggio uscii di casa più o meno alle 19, perché l’appuntamento era alle 20. Andai al Grand Hotel. Mi feci dare la chiave della stanza e salii. Sembrava tutto a posto. Verificai che la mia porta si aprisse, Telefonai al servizio in camera per vedere fino a che ora la cucina restasse aperta. Fino alle 23. Perfetto. Se tutto andava bene avremmo mangiato qualcosa alle 22. Mi misi in accappatoio e mi sdraiai sul letto col cuore che batteva all’impazzata. Per fortuna nella mezzora che attesi mi calmai. Rischiavo di non funzionare e sarebbe stato un delitto.
Il telefono della camera squillò alle 20.10.
- Sono io. – Sussurrò. - Apro la porta comunicante e mi preparo davanti. Tu apri la tua tra qualche minuto.
- OK.
Appoggiai la cornetta e corsi a chiudere la mia porta comunicante che avevo lasciato aperta.
Accesi la radio della camera, indossai la mascherina, mi guardai allo specchio e poco dopo andai ad aprire la divisoria. Anche lei aveva acceso lo stesso canale della radio, ma aveva messo le luci in modo che di lei si vedesse solo la shilouette. Stava di schiena. Indossava una camicia in raso di seta verde scuro, sotto portava mutandine e reggiseno nero. Era bellissima come mi ero immaginato. Lei si muoveva sinuosa, invitante. Mi avvicinai e palesai la mia presenza con qualche carezza con il dorso delle dita sulle piegoline delle natiche. La vidi fremere e aumentai gradualmente le mie attenzioni. Le mani cominciarono ad accarezzare con sensualità la camicia e giunsi sul davanti della camicia alla ricerca del primo bottone. Lo trovai con difficoltà, poi gli altri si rivelarono da soli… Abbassò le mani per far cadere la camicia e io mi godetti il fruscio della seta che scivola sulla pelle. Inebriante.
L’accarezzai sfiorandola e risalii dalle natiche al gancetto del reggiseno. Glielo slacciai molto lentamente, perché una prima volta è solo la prima volta. Sostituii le mani al reggiseno, prendendole le tette con piccoli palpeggi e poi gliele strinsi quanto bastava per farle tirare in dietro a testa a cercare la mia. Appoggiò la nuca sulla mia spalla destra e la mia guancia si strofinò alla sua. Le mascherine si intralciavano un po’, ma davano ampio risalto alla trasgressione. Stavamo consumando il nostro peccato e nessuno ci avrebbe più fermato.
Lei continuava a muoversi in maniera seducente e quando mi inginocchiai per sfilarle le mutandine la sentii fremere di voglia. Le baciai la natica sinistra e le morsi quella destra. Le abbassai le mutandine alle ginocchia, rimase ferma e io infilai in viso tra le natiche. Poi le abbassai di brutto e lei mi aiutò alzando prima un piede e poi l’altro.
Lasciai cadere il mio accappatoio e andai ad abbracciarla, facendole sentire il pene eretto appoggiato al culo mentre le davo manate alle tette.
Si girò di scatto e mi abbracciò. La strinsi a me prendendola per il culo e lei si abbassò fino a mettersi in ginocchio e prendermelo in bocca. Così mascherata sembrava l’allegoria della trasgressione femminile. La lasciai ingoiare alcune volte il cazzo, poi la alzai la portai al letto con gambe intorno alla vita.
Le diedi delle poderose leccate che le fecero sbattere la testa a destra e a sinistra, poi mi accarezzò, come per dirmi che era ora di chiavarla. Allora sollevai la bocca dal fiero pasto e mi allungai su di lei. Le appoggiai il cazzo alla figa, lei mosse il bacino per guidarmelo dentro e io glielo sbattei fino in fondo di brutto.
Scopammo freneticamente così, con i suoi gemiti liberati, finché non la girai per prenderla da dietro. Comprese al volo e si dispose come volevo io. Glielo sbattei dentro e cominciai a pomparla così.
D’un tratto, quando capì che stavo per venire, si girò e venne a darmi una leccata all’orecchio che mi fece venire i brividi.
A quel punto tolsi la mascherina per essere più libero e la tolsi anche a lei.
E lì accadde il drammatico colpo di scena.
- Ahhhhhhhhhhhhhhhh! Ahhhhhh!
- Haaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Lei cacciò qualche un urlo disperato come se avesse visto satana.
Io mi sentii mancare, come se avessi visto un fantasma.
Era mia moglie.

Fine della prima parte.
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