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Non tutti i mali vengono per nuocere


di orchidea_nera
29.07.2016    |    7.377    |    4 9.9
"Ne approfittai per fare i miei bisogni, fare un bel bidet pulendomi per bene dietro fin nell’intimità..."
“Signorina, ha fatto tombola! Disco e spingidisco, la frizione l’è proprio andata!”
Cavolo, ero appiedata. Quel catorcio, che avevo comprato per 200 mila lire, mi aveva abbandonata. La riparazione mi sarebbe costata più del valore dell’auto! Così decisi di lasciarla al meccanico per 20 mila lire. Avrebbe pensato lui alla rottamazione.
In quel paesino sulla Futa c’era una fermata dell’autobus per Bologna, il meccanico me l’aveva indicata e la raggiunsi. Mi toccava aspettare più di un’ora. Per fortuna c’era un bar tabacchi che avrebbe reso meno noiosa la mia attesa. Entrai per prendere un caffè e le sigarette.
Nel bar non c’era quasi nessuno. Un barista alto, magro, con una giacca rossa, una vecchia signora alla cassa, un bambino che faceva i capricci e la madre che cercava di tenerlo buono. Un ragazzo giocava al flipper in fondo alla sala. Un vero squallore!
Oltre al caffè presi un cornetto e le sigarette. Sedetti al banco su una di quelle sedie alte senza spalliera (non so come si chiamino). La mia gonna di jeans strettissima era salita tutta su e, praticamente, lasciava completamente scoperti i miei fuseaux colorati. Mentre sedevo notai lo sguardo del ragazzo che giocava a flipper che si era fermato per mettere giù un gettone per una nuova partita. D’istinto, per farmi notare meglio, ruotai un po’ verso di lui accavallando le gambe. D’altro canto l’eccessiva vicinanza della sedia al bancone mi obbligava a ruotare per avere lo spazio sufficiente per muovere le gambe.
Poi ero sprofondata nei miei pensieri non curandomi più degli altri avventori. Pensavo che con le ventimila ricavate dall’auto ci avrei potuto fare ben poco. Forse non avevo fatto un buon affare… Ad un tratto mi accorsi che il ragazzo del flipper era venuto a sedersi accanto a me ed aveva ordinato una birra.
“Posso offrirti da bere?” – mi disse.
“Un bicchiere d’acqua, grazie”
“Dai, qualcosa di serio…”
“No, grazie, sono a posto così…”
Certo, pensai, è proprio un bel ragazzo e se lo spinge dentro con la foga con cui spingeva il flipper…
“Di dove sei? Non ti ho mai vista da queste parti.”
“Sono di Bologna.” – dissi.
“Dall’accento non sembri di Bologna, sembri meridionale.”
“Di origine sono siciliana ma vivo a Bologna.”
Che conversazione del cavolo. – Pensavo – Certo è carino ma tra meno di un’ora sarò via da questo cacatoio, chi se ne frega. Non lo rivedrò più. Poi è noioso con queste chiacchere stupide!
Così, mi feci indicare la toilette dal barista, mi scusai col ragazzo, lo salutai e mi avviai tirando giù la gonna con le mani perché da sola non si rimetteva a posto.
Una specie di corridoio divideva il locale del bar dalla toilette vera e propria che era composta da un’unica stanza, sorprendentemente larga, e dotata di tazza, bidet, lavabo con ampio specchio sopra.
Ne approfittai per fare i miei bisogni, fare un bel bidet pulendomi per bene dietro fin nell’intimità. Presagio? No, più semplicemente era un’abitudine che avevo acquisito vivendo a Bologna. Mi tenevo sempre pulita e accogliente perché qualche approccio poteva accadere in un qualsiasi momento. Siccome il detergente intimo lasciava le mucose rettali un po’ asciutte completavo, sempre, l’operazione con un po’ di lubrificante acquoso che le rendeva morbide e lubrificate. Era quella la mia fighetta e la mantenevo accogliente!
Finite le pulizie, aprii la porta del bagno per uscire ma, pronto, il ragazzo del flipper si infilò dentro. Evidentemente era in attesa dietro la porta.
“Che fai?” – Gli dissi.
“Dai, non ti spaventare, ti devo chiedere un favore.”
“Un favore?”
“Si, dai, ti prego… Mi sei piaciuta dal primo momento che t’ho visto… beh…. ecco… non ho mai fatto sesso con una trans…”
“Sei scemo? Ci vedono uscire da qui assieme che penserà la gente?”
“Beh, tanto, oramai, se qualcuno ci vede uscire penserà che l’abbiamo fatto anche se non abbiamo fatto niente. Tanto vale…”
“Che ragionamenti…”
“Dai ma non ti piaccio proprio? Ti prego… la mia ragazza non se lo fa mettere dietro, dice che ce l’ho troppo grosso… Ti prego… muoio dal desiderio di metterlo in un bel culetto come il tuo… Ti prego…”
Accompagno le sue parole abbassandosi e pantaloni e mettendo a nudo il suo sesso, in piena erezione, grosso e superbo da far venire l’acquolina in bocca a una moribonda.
Era splendido! Non molto lungo ma largo da fare paura. A quello splendore si attaccavano due palle molto grosse e piene. I peli erano stati rasati e si poteva ammirare quel portento in tutto il suo fulgido splendore.
Rimasi impietrita. Un languido desiderio si stava impossessando di me. Volevo che quel meraviglioso cazzo mi squassasse le viscere. Volevo essere inculata selvaggiamente. Sentire quel bastone carnoso infilarsi dentro di me allargandomi all’inverosimile.
Lui intanto mi aveva abbassato fuseaux e mutandine e il mio cazzettino faceva capolino essendo in erezione per il desiderio.
“Vedi che sei eccitata pure tu…” – con la mano mi scappellò il cazzetto e… “ce l’hai piccolino come immaginavo. Da come accavalli le gambe si capisce che c’è poca roba in mezzo.”
Mentre me lo menava dolcemente con due dita cominciò a baciarmi… Prima le labbra, il collo, i lobi delle orecchie. Poi scese e le nostre bocche si incontrarono con grande voluttà mentre la sua lingua esplorava la mia riempiendomi la bocca. Poi si portò dietro di me, mi scostò e i capelli con una mano e cominciò a baciarmi il collo dietro, sotto l’attaccatura dei capelli. Come d’istinto portai di scatto il culetto dietro e lui si appoggiò a me per farmi percepire tutta la sua mascolinità.
“Sei proprio come ti desideravo, col cazzetto piccolo, innocuo e un culo… un culo da mille e una notte.”
Mentre continuava a sfregare il suo sesso fra le mie natiche.
“Hai un culo bellissimo, lo voglio!”
Come di scatto, mi girai, mi abbassai e presi il suo sesso in bocca. Cominciai a succhiarlo con ingordigia. Gli leccai la cappella, scesi con la lingua lungo la verga fino alle palle. Erano così grosse che in bocca non mi entravano. Leccavo e succhiavo freneticamente, ero come invasata. Un solo pensiero: volevo essere sfondata da quel meraviglioso cazzone e sentire quelle palle sbattere contro le mie natiche freneticamente ad ogni colpo di quel maglio. Sentirmi letteralmente sfondare!
Fui presto accontentata.
Il mio pompino non durò a lungo. Lui si ritrasse e mi fece alzare.
“Sei troppo brava a fare pompini, così mi fai venire subito ed è il tuo culo che voglio!”
Mi fece girare, con le natiche rivolte a lui, mentre mi reggevo con le mani sui bordi del lavandino.
Si abbassò dietro di me, mi allargò le natiche e cominciò a leccarmi il buchetto.
“Sei già bagnata, troietta… Hai un culo… fatto per essere scopato.”
Si alzò e mi poggiò la punta del cazzo contro lo sfintere.
Peccato, pensai. Mi piaceva essere leccata. Evidentemente a lui interessava altro!
Sentire la sua pressione dietro e sentirmi allargata e posseduta fu un tutt’uno. Ce l’avevo tutto dentro e cominciavo a sentire le sue grosse palle sbattere contro le mie. Lui mi stantuffava dolcemente ma io ero più infoiata di lui e comincia a muovere le natiche freneticamente per imprimere un ritmo più serrato all’amplesso.
“Sfondami tutta, porco.”
“Si, troia, ora te lo spacco tutto il culo.”
Mi costrinse a sdraiarmi a terra, faccia in giù e le natiche un po’ alzate verso di lui. Lui me lo infilò dentro di scatto poggiandosi con tutto il busto contro le mie spalle. In quella posizione riusciva a dare più slancio dinamico al suo bacino. Ad ogni colpo il mio culetto si apriva all’inverosimile accogliendolo dentro in tutto il suo splendore.
Mi stava veramente sfondando. Si lasciava cadere su di me a corpo morto in modo da sprofondarmelo dentro qualche centimetro oltre la sua lunghezza e strappandomi qualche gridolino di piacere misto a un po’ di dolore. La secrezione naturale delle mie mucose rettali era diventata così copiosa che il mio liquido usciva fuori bagnando le mie natiche e le sue palle.
Non so se fu questo a farlo arrapare ancora di più ma mi assestò tre o quattro colpi che fecero tremare tutta la stanza e me che gemevo scossa da fremiti di piacere misti a dolore. Il culmine del mio orgasmo anale non tardò ad arrivare. Ero tutta bagnata e pure dal mio cazzettino usciva liquido seminale. Violenti sussulti scuotevano tutto il mio corpo proiettandomi fuori dal mondo reale, in una realtà onirica dove dolore e piacere si fondono in un tutt’uno e traggono forza vitale l’uno dall’altro. Non c’era più nulla, solo io e quella trivella che mi squassava le viscere provocandomi quei sussulti spasmodici di piacere.
Dopo, lui cominciò ad ululare come un lupo e ritrasse un po’ il cazzo portandolo all’imbocco del mio orifizio. In questo modo avrei assaporato meglio la fuoriuscita del suo seme. Cominciò a spruzzare il mio buchino poi me lo infilò dentro nuovamente mentre continuava a zampillare con fiotti violenti che riempivano le mie viscere. Il mio corpo tremava tutto pervaso da un piacere che raramente aveva raggiunto tanta forza.
Lui si accasciò accanto a me, io mi girai e ci baciammo.
“Grazie, tesoro, sei meravigliosa. Il tuo culetto è la fine del mondo, mi hai fatto fare la scopata più bella di tutta la mia vita.”
Non ebbi il tempo di gustare quei momenti dopo l’amplesso perché sentimmo bussare alla porta.
“Occupato!” – Rispose al alta voce il ragazzo.
Sentimmo la voce del barista da dietro la porta che diceva: “Signorina, la corriera per Bologna è arrivata. Si ferma solo 10 minuti, faccia presto”.
Il ragazzo si affrettò ad uscire. Io cercai di ricompormi alla men peggio e lo seguii a ruota. Non potevo perdere quel autobus, mi avevano detto che era l’ultimo della giornata.
Avevo dimenticato a spegnere la luce e uscendo mi accorsi che la porta del bagno aveva dei buchi che lasciavano filtrare la luce che veniva da dentro. Guardando bene la porta, dal lato esterno, all’altezza della cintola, pareva bagnata. Toccai il bagnato con la punta del dito e capii che era sperma. Qualcuno doveva essersi segato guardando lo spettacolo di noi che scopavamo dentro.
Sorrisi, uscii di corsa senza guardare gli avventori del bar e mi fiondai sulla corriera. Partimmo subito.
Non ricordo più il nome di quel paesino dell’appennino tosco-emiliano ma quella scopata non la dimenticherò mai. Anzi, se quel ragazzo di allora, leggendo questo mio racconto dovesse riconoscersi… Beh… ora sa come rintracciarmi… se vuole!
Tanti anni dopo, tornata in Sicilia, non più da transgender ma da trav in privato (ruolo a cui mi sono autodeclassata per viver tranquilla) ho tentato di rivivere quell’eccitante esperienza. L’ho fatto in un cinema a luci rosse di Catania. Un tizio, seduto vicino a me, mi aveva invitato a seguirlo il bagno ma, dopo un paio di colpi di lingua alla sua cappella, era venuto come una fontana. Dopo avermi dato un buffetto sul viso, manco fossi stata una bambina che aveva fatto la brava, si era sistemato i pantaloni ed era tornato subito in sala. Sigh…!
Una cosa l’ho imparata: se non voglio restare a becco asciutto e bocca bagnata è opportuno che impari a tenere la lingua a freno! Ahahahaha…

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