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Regina della notte


di Membro VIP di Annunci69.it ReginadiNapoli
07.06.2015    |    12.059    |    41 9.5
"Regina si riavvicinò, questa volta più agguerrita che mai..."
Regina - una creatura furtiva, ambigua, dal portamento e lineamenti androgini, giovani e delicati - quella sera aveva appena cominciato a passeggiare senza una meta come aveva già fatto qualche altra volta, nel centro storico di Napoli. Calava la notte, il silenzio era tombale, qualche macchina qui e lì, il clacson di un tassista insistente, un gruppo di colombi intenti a beccare delle briciole di pane stantio.

Camminava come se qualcosa la spingesse sempre oltre, oltre ed oltre. Regina era una leggenda per molte guardie giurate rimaste in città a lavorare in una Napoli desolata alle porte di ferragosto. Nessuno conosceva il suo vero nome, nessuno conosceva la sua vera identità. Dopotutto Regina esisteva davvero? Era vero quel che si diceva? I suoi glutei erano davvero così generosi e abbondanti, di un colore così intenso e delicato? Pochi avevano avuto la ventura di incontrarla e molti credevano solo alla sua leggenda. I suoi grandi occhi verdi avevano davvero solcato quelle strade? E quel suo silenzio che valeva più di mille suoni?

Il rossore delle guanciotte si faceva sempre più insostenibile, ma non era per il caldo. Il suo passo nella notte si faceva sempre più sicuro, insistente. Un portone, un altro ancora, un'occhiata. Una guardia giurata rimasta sola soletta, un sorriso. I suoi grandi occhi verdi fissavano quell'uomo ma senza alcun cenno. Un sorriso ricambiato ma non era lui la vittima, non era ancora tempo, non era il momento propizio. La luna avrebbe trasformato molto presto Regina.

Il cielo stellato, i fianchi morbidi, generose rotondità nella notte, quella volta Regina era tornata ma non lo sapeva ancora. In cosa si sarebbe trasformata stavolta? L'ultima volta si era trasformata in una bimba monella che aveva giocherellato col papino (un uomo sulla 30ina, negli scantinati di un palazzo). E questa volta? Cosa l'aspettava? Era un mistero anche per lei stessa. Intanto la luna le faceva compagnia nel suo cammino.

Passo dopo passo era ora di riposarsi e diede un'occhiatina ai messaggini sul cellulare:

"E' stato bello ieri sera"

"Ehi domani incontrami ti prego"

"Regina, vuoi uscire con me? Sono Gianni"

"Dove sei? Ti voglio"

La metropolitana semivuota, i palazzi di città si susseguivano, forse era davvero tempo di ritornare a casa? Scese alla sua fermata, un passo, 300 metri da casa, ma ancora quella strana sensazione, quel calore che saliva tra le cosce, i glutei e che faceva diventare le guanciotte di un rosso accesso inconfondibile. Lo riconosceva ora, era proprio lui, era ancora quel rossore, quel calore intenso, aveva paura di lei stessa quella notte. Quella strana voglia di trasgressione, quella voglia di insolito, quella voglia di peccato sublime. Il viso da angioletto in lontananza aveva appena scorto un uomo intorno ai 45 anni, distinto, mediterraneo, proprio in quello spiazzale vicino casa, un uomo rimasto di guardia ai cantieri della nuova metropolitana - tutto intorno la mezzanotte o giù di lì, era tempo, la luna era alta nel cielo.

Da buona cittadina Regina sarebbe stata proprio curiosa di vedere come procedevano i lavori. Si avvicinò a quell'uomo, il cuore batteva forte, il suo fremito era inarrestabile, sculettante, avanzava, morbosità e rotondità in piede di guerra.

"Ciao, ma quando verranno inaugurati i cantieri della metro?"

L'accento era quello di un napoletano di provincia, molto forte: " E nun o saccie, je da poco fatico ca (non lo so io da poco lavoro qua)"

"Posso dare un'occhiatina giù? Da buona cittadina vorrei vedere come stanno procedendo i nuovi lavori della metro".

"No no, non ti posso far trasire (entrare) è vietato, solo addetti."

"Tu dici? Neanche per un po'?'"

"Eh no, mi fai passare un guaio."

Si allontanò, ma Regina non cedette, i suoi occhi da medusa continuavano a scrutare la sua essenza di maschio mediterraneo, e un sorriso accattivante, deciso, da maschio predatore non si fece attendere troppo. La tutina di Regina, stretta e aderente, intanto lasciava intravedere le sue morbosità in fremito, lui abbassò gli occhi e cominciò a realizzare davvero quelle peccaminose fasce muscolari - poi ritornò a fissarla in quegli occhi verdi, non una parola!!!! E' tutto chiaro, era lui il nuovo prescelto.

Una mano in tasca, ma Regina continuava ad allontanarsi, finse di accomodarsi i capelli ma non ne aveva alcun bisogno.

Lui sorrise ancora una volta, fece dietro front, entrò nel cantiere, Regina non lo perse di vista; si inarcò a 90 verso un palo della luce, cominciando a ridacchiare come la più becera delle Lolite, un'adolescente durante le sue prime voglie e fremiti. Nell'oscurità del cantiere lui continuò a sorridere.

Regina si riavvicinò, questa volta più agguerrita che mai. Passo svelto, guanciotte rosse, sguardo da gatta, è fatta! La trasformazione è arrivata. Oddio, cosa sono ora?

Una vacca?

Una pornostar?

Una bimba monella come l'altra volta?

Una spietata mangia membri?

Oddio, sono nel cantiere, puzza di piscio degli operai a lavoro durante i giorni lavorativi, fango qui e lì. Lui sorride, un sorriso tetro, pietrificato, calcolatore.

"Allora? Vuò verè abbascio? (allora vuoi vedere giù?)."

"Tu avevi detto che non era possibile."

"Vieni vieni, scendi giù e vedrai, vieni, attenta alle scale."

Scendo quelle scale come posso, lui è dietro di me, sono la prima in città a vedere quel cantiere. Lui è dietro di me, ormai non ho scampo. E' la Regina ormai è la Regina della notte, sono tornata!

"Allora qua abbascio songo i binari, vedi? (allora qua sono i binari, vedi?)."

"I treni però ancora non ci sono? Io adoro i treni."

Si girò di scatto verso di me: "To rong io nu bellu tren (te lo dò io un bel treno)."

Il suo membro spavaldo verso di me, già di marmo, in men che non si dica mi ritrovo in ginocchio, pompo come una vacca, sì perchè fui una lurida vacca quella sera, soffoconi dopo soffoconi, commenti.

"Azz e che zucculon stasera! (che zoccolona stasera)."

Soffoconi, ancora e ancora, ingoio la cappella nel mio vortice di piacere, le palle mi sbattono sul mento, e quelle goccioline di saliva e di liquido preseminale colano sul pavimento fradicio. Nel mentre il mio visino lo fissa dritto negli occhi, è inarrestabile, mi afferra i capelli.

"Zuccullloooooooooooooooo (zoccolonaaaaaaa), mamma mà... mamma mà....vai vai zucculoooooooo."

Ormai la mia bocca è diventata la sua figa calda e accogliente, mi dirige come vuole, non ho scampo, sono afferrata, scopata nelle vie orali, ma poi riprendo io il gioco. Ancora pompate, soffoconi con la media di 2 ogni 5 secondi, viso rossissimo, la trasformazione da vacca è avvenuta completamente....

Sento le palle piene piene sbattere ancora contro il mio mento, la cappella ormai mi ha sfondata la gola, gocce di saliva e liquido preseminale che scorrono sulle mie tettine, dolci ciliegine....

"Mamma e che puttanone, mamma mà."

Sono inginocchiata, affannata, devastata. In ginocchio, come una città sotto assedio.

"Vieni vieni, vieni da zio vieni, fammi vedere sto culo che c'hai. Mamma do carmine (mamma del carmine). Senza prendere ormoni? E' proprio il tuo culo questo?"

"Sì sì, affannosamente."

"Vieni vieni, vieni da zio."

Sono appoggiata a 90 su un cumulo di mattoni, sono completamente vacca. Le mie mutandine leopardate abbassate senza ritegno, sto per essere violata. Due mani avide e possenti sui miei fianchi.

"E mò te sta zitt (ora stai zitta). Hai voluto la bicicletta? Mò pedala."

Uno schiaffo, il suono che rimbomba nella galleria vuota, solo io e lui, io su quel cumulo di mattoni come l'ultima delle bagasce della terra. Oddio fermati, fermati, il guanto!

"Ma che guanto, sta ferma, sono sposato e ho figli, devo stare attento, mica faccio sempre ste cose io. Zitta troia." Ancora un altro schiaffo, ancora un rimbombo, un eco.

La cappella, la sento, il ponte è a metà, il ponte del suo cazzo dentro di me, quasi tutto dentro. Le mie montagne si allargano sempre più per fargli strada, le mie montagne del piacere.

"Azz, bella cavera cavera (bella calda calda), megl e na pukkiak (meglio di una fica)."

Un colpo netto, mi inarco a 90, mi alzo un po' di botto ma non me lo permette, ancora altri colpi più potenti, le palle contro le natiche, le mutandine abbassate, colpi su colpi senza pietà.

"ooooooooo.....ooooooooo"

"oooooooooo"

I miei lamenti si susseguono, i suoi colpi sempre più violenti, il mio viso schiacciato su quei mattoni. Aperta, completamente aperta e inarcata.

Un colpo, ancora uno, un altro ancora, poi il suo volto rivolto verso il soffitto della galleria e le vene del collo gonfie all'inverosimile...

UUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU
UUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU

Si accascia su di me come un guerriero appena tornato da una lunga e faticosa battaglia. Il mio viso su quei mattoni, i miei occhi persi nel vuoto, poi il silenzio. Finalmente si stacca da me. Si riallaccia i pantaloni come se niente fosse successo, intanto la mia fica anale regala tanto nettare bianco e gocciolante. Ora sono una vacca appena fecondata.

Mi alzo, senza dire niente, i silenzi di Regina, ciao.

"Ciao, quando vuoi tesoro (ride maliziosamente). Martedì prossimo sto qui, giovedì invece sto in un cantiere al porto, dammi il tuo numero."

Ma regina non risponde, sale quelle scale, supera l'antro buio, una voce dietro di lei. Dei passi che mi seguono.

"Oooo????? Oooooo???? Dai, dai, dai..."

Ha di nuovo inizio la leggenda, Regina della notte.



























































































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