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Un carabiniere una sera d’estate…


di passivocaserta
31.07.2014    |    13.223    |    6 9.7
"Iniziai a succhiargli i lobi delle orecchie, il collo e poi piano piano scesi più giù..."
Prima di iniziare il mio racconto, per dovere di cronaca – e di sincerità- devo precisare che su di me la divisa ha sortito sempre un grande fascino; mi riferisco al fatto che ho trovato sempre irresistibili poliziotti, carabinieri, finanzieri, arruolati nell’esercito, pompieri ed anche vigilanti, purché ovviamente boni e giovani o tutt’al più giovanili. Insomma la divisa per me contribuisce ad accrescere enormemente il desiderio di un maschio già bono e desiderabile di per sé.
Avevo avuto già esperienze con maschi in divisa. So di cosa sto parlando.
Nei primi giorni del mese di Luglio, in una serata afosa e senza impegni, decisi di realizzare un mio desiderio un po’ folle ma molto eccitante: travestirmi ed uscire con l’auto alla ricerca di situazioni eccitanti.
Parte dell’eccitazione derivava dal fatto che non ero mai uscito trav perché fino a quel momento mi ero travestito solo nel privato delle mura domestiche. Quella sera, forse a causa di una di quelle intense noie estive dove si arriva a percepire un senso profondo di vuoto, decisi di osare. Accadesse quel che doveva accadere.
Indossai un vestitino scollato in raso nero, corto , con applicazioni dorate a motivi greci stile versace, un paio di calze a rete con il filo nero posto centralmente sulla parte posteriore, un paio di sandali color oro, una parrucca nera liscia lunga , un make up non pesante ma fatto a regola d’arte –stile orientale- e una spruzzata di un profumo ad essenze floreali dove le note base predominanti erano il bergamotto, il giglio bianco e l'orchidea.
Il primo ostacolo da superare era riuscire a guidare con quelle scarpe: non avevo mai guidato con tacchi a spillo alti ben 14 centimetri. Tuttavia quella sera dovevo vincere una batatglia con me stesso, dovevo superare delle paure che non avevo mai avuto il coraggio di affrontare.
Salii sulla mia utilitaria, compagna di viaggio da diversi anni, e uscii di casa.
Il mio cuore era preda ad una tachicardia. Se durante il tragitto qualcuno mi avrebbe riconosciuto, cosa avrei detto? Cosa avrei fatto? Non potevo permettere a quei pensieri di occuparmi la mente altrimenti mi sarei rovinato una serata che doveva essere di divertimento e di relax.
Per stare tranquilla decisi di giocare fuori casa, avrei preso l’autostrada a Caserta Sud alla volta di Napoli, città che la sera diventa ancora più affascinante ed eccitante del solito.
Mentre stavo attraversando Viale Carlo III in direzione del casello autostradale, intravidi da lontano una macchina dei carabinieri appostata lungo il vialone.
Cominciai a tremare, pregando che non mi fermassero per controlli proprio quella sera. Ovviamente avevo tutto in regola: assicurazione, bollo, revisione auto, patente, etc. Ma se mi avessero fermato e chiesto i documenti, come avrei giustificato il mio abbigliamento?
Quando si dice che uno le cose se le chiama: un carabiniere col berretto che gli copriva mezzo viso esibendo e muovendo la paletta in direzione della mia visuale, mi fece segno di accostare.
Un suo collega era intento, all’impiedi e ad una certa distanza, a controllare la situazione.
E adesso? Certo che la fortuna mi perseguitava ! Restando in auto abbassai il finestrino.
Il carabiniere si avvicinò e allungando lo sguardo mi chiese di esibire patente e libretto. Frugai nel cassetto dell’auto per reperire il libretto nel mare di carte che occupavano il vano e dalla borsetta estrassi la patente.
Controllò i documenti e, fissandomi con sguardo curioso e intrigato, me li restituì dicendomi che voleva dare un’occhiata al contenuto del cofano dell’auto. Mi chiese di scendere dall’auto e di aprirgli il cofano.
Con enorme imbarazzo scesi dall’auto stando attenta a dovevo mettevo i piedi per non inciampare con i miei tacchi 14.
Non sono molto alta, appena 170 cm, ma con 14 cm di tacco raggiungevo 184 cm di altezza.
Appena scesi dall’auto osservai bene il carabiniere che in quel momento mi stava “regalando” attimi eterni di tensione e paura. Rimasi folgorata da quanto fosse bono: due occhi verdi si incastonavano in un colorito bruno mediterraneo, capelli nero-blu , almeno 187 cm di un corpo da adone.
Mentre stavo aprendo il cofano dell’auto, mi abbassai leggermente e il mio vestitino di raso nero fece intravedere il mio perizoma in pizzo nero.
Mi scostai per consentirgli di controllare. Notai che la patta dei pantaloni gli era cresciuta.
Dopo il controllo di rito, chiuse il cofano e mi ridiede le chiavi. Nel ridarmele mi disse bisbigliando per non farsi sentire dal suo collega: “Per questa volta vada pure, la prossima volta farò controlli più approfonditi”. Poi con un tono di voce ancora più basso aggiunse : “ Appena salita in auto mi scriva su un foglietto il suo numero di cellulare e me lo porga dal finestrino con discrezione”.
Salii in auto mezzo intontita, estrassi dalla borsa un blocchetto di fogli e scrissi sopra un foglietto il mio recapito di telefonia mobile. Nel consegnare, attraverso il finestrino dell’auto, il foglietto al bel fusto del carabiniere, notai ancora una volta il suo pacco enorme e gonfio che aumentò il volume della parte posteriore del mio vestitino di raso nero. Ebbene sì, mi ero eccitata alla massima potenza.
Mi fece l’occhiolino e stavolta per farsi sentire chiaramente dal suo collega mi disse : “Tutto a posto, può andare!”.
Lo ringraziai per la gentilezza e piena di imbarazzo ed eccitazione pensai che quella serata, nonostante i momenti di tensione appena vissuti, era iniziata alla grande.
Mi diressi sicura verso il casello autostradale di Caserta Sud ma “l’incidente di percorso” mi aveva messo addosso un’eccitazione che dovevo appagare al più presto. Pensai che a Napoli sarei potuta andare tranquillamente un’altra volta e che una meta più vicina , e parimenti eccitante, poteva essere l’Autogrill di San Nicola posizionato tra il casello di Caserta sud e quello di Caserta Nord.
Dopo pochi minuti di viaggio entrai con l’auto nell’area dell’Autogrill di San Nicola . Era sera tarda. Nel parcheggio erano presenti diversi camion. Scesi dall’auto e mi appoggiai alla stessa facendo finta di effettuare una chiamata al cellulare.
Passò un giovane camionista con una birra in mano e mi chiese se poteva offrirmi qualcosa da bere.
Non era particolarmente bello ma molto maschio ed io avevo un urgente bisogno di cazzo.
Accettai. Mi invitò sul suo camion dove, dopo pochi convenevoli, scopò per bene ogni buco del mio corpo. E questo non una volta sola. Nel giro di due ore venne la bellezza di quattro volte.
Tornai a casa soddisfatta della serata ed ancora eccitata per l’incontro col carabiniere. Mentre mi spogliavo dei vestiti ancora pregni dell’odore di sudore e sesso col camionista, pensavo al bel carambos : “Chissà se mi chiamerà davvero”.
Trascorsero alcuni giorni e del carabiniere nessuna traccia.
Un tardo pomeriggio, afoso e annoiato, squillò il cellulare. “Pronto? Chi è? “, risposi.
“Ciao sono Salvio, il carabiniere dell’altra sera”, questa fu la sua presentazione.
“Ciao Salvio, che piacere sentirti. Non ci speravo più in una tua chiamata”, gli dissi.
“Ascolta, sto per smontare dal mio turno, potrei fare un salto da te tra mezzora per due chiacchiere, sempre se ti fa piacere”, mi disse con voce calda e convincente.
“Sì, per me va bene. Il tempo di farmi una doccia e ci vediamo tra mezzora. Ti esprimo però un mio desiderio,una sorta di preghiera, vorrei che tu venissi da me in divisa”, replicai. Gli lasciai il mio recapito di casa e mi disse che col navigatore avrebbe trovato con facilità il posto in cui abitavo.
Ero eccitatissima per l’incontro. Mi feci una doccia rapida e mi preparai di tutto punto, molto ma molto più a troia della sera in cui avevo deciso di uscire da trav con l’auto.
Tempo mezzora e Salvio citofonò alla mia porta. Entrò in divisa così come lo avevo conosciuto.
Lo feci accomodare e gli offrii qualcosa da bere. Mi disse che preferiva un bel caffé “napoletano” che gli preparai con molta cura.
Mamma mia che pezzo di ragazzo. Mi disse che era siciliano, che era fidanzato e che la fidanzata viveva giù in Sicilia. Aggiunse che dopo vari tentativi andati a vuoto, aveva finalmente ottenuto il trasferimento e tra una settimana sarebbe tornato giù in Sicilia.
Mentre preparavo il caffé, venne a posizionarsi dietro di me e cominciò a strusciarsi contro la mia gonna. Sentivo il suo cazzo duro che premeva contro le mie natiche. Mentre le sue mani , che mi cingevano il busto, mi strizzavano i capezzoli, sentivo la sua lingua lungo il collo, sul lobo dell’orecchio.
“Quanto mi ecciti! Sei una troia di gran classe. Lo senti quanto sono duro per te? Non sono eccitato, di più. Sto scoppiando !”, mi disse sussurrando all’orecchio.
Smisi di preparare il caffé e mi appoggiai al lavandino della cucina. Mi alzò la mini e abbassò il viso sulle mie natiche. Iniziò a slinguarmi il culo , a mordicchiarmelo, a darmi piccoli schiaffi sui glutei.
Spostò il perizoma e iniziò a passarmi la lingua sull’ano e poi sempre più dentro.
Si alzò, si aprì la patta del pantalone e così in divisa come stava iniziò a fottermi da dietro mentre io mi reggevo al lavandino.
Aveva un pesce bello doppio ed almeno 20 cm lungo. Assestava i suoi colpi con decisione e ad ogni colpo gemeva di piacere. Gioiva nel sentirmi gemere dal dolore, mi stava sfondando per bene.
I suoi gemiti stavano crescendo fino a che mi disse che stava per arrivare. Lo tirò fuori e mi spruzzò completamente tutto il culo, mi riempì le natiche di sborra calda e densissima.
Che sensazione bellissima sentire gettiti di sborra, come se fossero lava vulcanica, che ti spruzzano il culo.
Andò in bagno a pulirsi e quando tornò lo feci accomodare sul divano.
Continuammo a parlare un po’ di noi, di quella serata strana in cui ci eravamo conosciuti. Tempo un quarto d’ora e il suo cazzo era di nuovo enorme, pronto ancora a compiere il suo dovere.
Era ancora in divisa. Si tolse la giacca e restò solo in camicia e pantaloni.
Gli feci togliere anche pantaloni, camicia e calzini e rimase solo con gli slip.
Ora era quasi nudo. Che bellezza d’uomo, una bellezza siciliana doc.
Volevo godermelo ogni centimetro. Ci avrebbe pensato la mia lingua a lavorarselo.
Volevo assaggiare ogni anfratto della sua pelle , dalla testa ai piedi.
Iniziai a succhiargli i lobi delle orecchie, il collo e poi piano piano scesi più giù.
Gli succhiai i capezzoli e feci scendere la mia lingua sul suo addome fino a dove iniziava lo slip.
Sentivo il suo pesce pulsare sotto gli slip e contro la mia faccia, ma doveva attendere. Non era ancora il suo turno.
Iniziai a leccargli le cosce e con la lingua scendevo sempre più giù. Che pezzo di manzo nascondeva quella divisa.
La sua voglia svettava da sotto gli slip che erano diventati enormi.
Mi avventai sul suo cazzo e iniziai a mordicchiarglielo da sopra gli slip.
Mi alzò la testa ed iniziò a baciarmi avidamente: le nostre lingue si avvolgevano l’una all’altra come serpenti in una lotta senza fine.
Tirai fuori la cappella di lato dagli slip e con passione e travolgimento iniziai a slinguarla. Sentivo il pesce che pulsava, ardeva dalla voglia della mia lingua.
Passavo la cappella del suo pesce attorno al mio contorno labbra per fargli gustare l’effetto rasatura che, nonostante non si vedeva perché coperta totalmente dal trucco, ci stava e si faceva sentire.
La cappella del suo pesce godeva quando entrava a contatto coi peli rasati del mio contorno labbra.
Era al massimo dell’eccitazione.
Gli feci togliere gli slip. Ora era nudo sul divano e tutto mio.
Mi inginocchiai tra le sua massicce cosce e iniziai a sbocchinarlo come non avevo mai fatto in vita mia, nemmeno con gli altri uomini in divisa con cui ero stata.
Mi affondò il suo pesce in bocca fino alla gola. Lo sbocchinavo con passione e avidità. Volevo il suo nettare, il nettare di un dio greco incontrato per caso in una sera di Luglio.
Ogni tanto prendevo fiato e nel frattempo mi gustavo la sua cappella che ormai era già bagnata da un pezzo.
Continuai a sbocchinarlo con passione finché non mi accorsi dai suoi gemiti che stava per sborrare. Continuai a succhiarlo ancora più forte fino a quando non mi riempì la bocca della sua sborra. Mmm che goduria. Non sprecai nemmeno una goccia di quel prezioso latte siciliano.
Mi disse che prima di partire per la Sicilia avrebbe avuto il piacere di rivedermi.
Gli risposi che ero ben lieta della cosa e poi aggiunsi mentre lo accompagnavo alla porta : “ La sera che mi hai fermato mi hai detto che la prossima volta avresti fatto controlli più approfonditi. Oggi pomeriggio ti ho dato l’opportunità di conoscermi “in profondità”. Scoppiò in una risata calda e facendomi l’occhiolino andò via. In divisa, così come era venuto. In divisa, così come lo avevo conosciuto.







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