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esibizione in hotel approfittando di un convegno


di amoreandrogino
20.10.2015    |    9.863    |    0 7.1
"Data la sua posizione, non ero il solo a poter vedere le sue cosce e ci accorgemmo subito che altri due signori che stavano conversando seduti in poltrona, ..."
Quella mattina avevamo deciso di incontrarci direttamente davanti alla porta girevole del grande albergo di buon livello dove si teneva un importante convegno (di cui non ci importava un fico secco!) e dove pensavamo di fermarci un paio d’ore per incrociare qualche ignaro guardone per soddisfare il nostro comune capriccio di esibirci in pubblico.
Ci eravamo conosciuti per caso, a una festa, e la nostra occasionale relazione era cominciata proprio perché, mentre alcuni parlavano di una vicenda di cronaca accaduta nel quartiere, un fatto di esibizionismo, noi ci siamo confidati di provare piacere nel farci guardare mentre facevamo le porcherie, con la voglia di sorprendere degli sconosciuti, scandalizzandoli ed eccitandoli nello stesso tempo. Io confessai che avevo già una certa esperienza in questa pratica, mentre per lei era solo un desiderio realizzato pochissime volte, e in maniera superficiale e con grande impaccio: per le donne, si sa, il desidero di mostrarsi si concentra soprattutto sul seno e lei, sebbene molto femminile nell’aspetto, di seno non ne aveva affatto perché era una travestita.
Una splendida trav, devo dire, che dopo la metamorfosi, con gli abitini sexy e il trucco pesante da mignotta, era talmente diversa dalla persona di prima da poter uscire en femme senza doversi minimamente preoccupare di essere riconosciuta per strada o nei locali in cui andava, compreso il supermercato sotto casa; doveva solo stare un po’ attenta quando usciva dalla porta del suo appartamento o passava per le scale del palazzo dove abitava, perché qualcuno del condominio si sarebbe chiesto chi fosse quella signora così appariscente, e dove andava con le minigonne e il tacco16.
Lei scese dal taxi con un trucco leggero e vestita in maniera elegante ma discreta, come le avevo consigliato, per essere più consona alla situazione di quanto non fosse stata se avesse indossato il suo consueto abbigliamento provocante. Sembrava proprio una donna in carriera, la frequentatrice ideale di un convegno sugli scenari economici, come quello che si teneva nell’albergo: indossava un leggero tailleur di lino chiaro, aveva una piccola valigetta di foggia maschile e portava addirittura delle scarpe basse, tanto che io stesso restai meravigliato. Lei se ne accorse e mi rassicurò che aveva in borsa tutto il necessario per ridarsi il trucco e accentuare l’aspetto sexy della sua femminilità.
Entrammo nell’hotel e ci confondemmo tra l’altra gente che stava nella hall, tra cui molte persone che erano venute per il convegno e già si stavano registrando al desk dove consegnavano una cartellina con dei documenti. Anche noi ci andammo a registrare e lei –pazza più del solito – riempì la casella del nome con “Elena”, quella del cognome con “Di Troia” e, nella casella del cellulare mise un numero che cominciava con 369 a cui seguivano un altro sessantanove e poi 27 e 16, di cui tutti conoscono il significato.
Il convegno cominciava alle nove (che a Roma significa le 9,30) e avevamo ancora un bel po’ di tempo per prepararci alle performance che pensavamo di realizzare quella mattina, approfittando della confusione del convegno che invade gli ambienti normalmente tranquilli di un hotel frequentato, oltre che dai turisti facoltosi, solo da persone “per bene”!
Anche se mi era sembrato che lei avesse adocchiato un giovanissimo fusto di colore che lavorava alla portineria e stava portando delle valigie nel locale adibito ai bagagli degli ospiti in partenza.
Facemmo una rapida puntata al bar, affollato di convegnisti, dove lei veniva molto ammirata mentre io mi dovevo preoccupare di starle accanto continuamente per evitare tentativi di abbordaggio, e poi lei si diresse verso il locale delle toilette per signore per darsi una sistemata. Si fermò quasi dieci minuti e, quando ne uscì, era completamente trasformata: da donna di classe a femmina appariscente, una metamorfosi sulla metamorfosi! Aveva cambiato anche le calze e indossava un paio di sandali, la gonna sembrava che si fosse accorciata, non so come, e aveva appesantito il trucco. Intanto le hostess stavano invitando il pubblico a prendere posto e una di loro, molto bella, la scrutò con un’evidente ammirazione e con un’espressione maliziosa, come se avesse capito qualcosa, indicandoci due poltroncine libere nella sala che si stava riempiendo completamente. Ci toccò ascoltate, o far finta di ascoltare, la relazione introduttiva che, per fortuna, duro meno di un quarto d’ora.
Quando ci sembrò che potevamo alzarci senza dare nell’occhio, uscimmo dalla sala e ci mettemmo a gironzolare indisturbati per i locali dell’albergo. Indisturbati ma non certo inosservati, per cui ci andammo ad accomodare sulle poltrone sistemate in un ampio locale posto tra la hall e il bar. Lei tolse la giacca del tailleur appoggiandola sul bordo del divanetto su cui si era seduta e, naturalmente, le sue gambe svettarono dalla gonna stretta mostrando ampiamente l’attaccatura del reggicalze scarlatto. Data la sua posizione, non ero il solo a poter vedere le sue cosce e ci accorgemmo subito che altri due signori che stavano conversando seduti in poltrona, non molto distanti da noi, le stavano ammirando con un certo imbarazzo. Cominciammo ad eccitarci e lei, casualmente, si scoprì ancora di più tanto che ora si poteva intravedere il bozzo che aveva tra le gambe e che spuntava dalle mutandine. Io non ero ancora molto eccitato perché, a parte la situazione intrigante, mi attizzo soprattutto quando guardano le donne, specie se molto giovani, e avrei preferito che, invece che due signori attempati, davanti a noi ci fosse quella hostess che avevamo incrociato poco prima.
Mi era sempre piaciuto mostrarmi davanti alle donne, e lo avevo fatto nelle situazioni più diverse e, spesso, pericolose: in treno, davanti a una scuola media, da una finestra, sia da solo che in compagnia di una donna sporcacciona come me che non avevo dovuto faticare molto a convincere. Non amavo per niente andare nei posti “ufficiali” dove mostrarsi diventa una pratica ordinaria, alla presenza di guardoni che io definisco “professionisti della sega” e che aspettano di poter palpare un culo o una zinna sapendo che è molto raro essere toccati o spompinati (come sognano) da una donna che non sia una vecchia smandrappata. Il perverso piacere dell’esibizionismo sta soprattutto nello scoprire la sorpresa negli occhi della persona che si trova involontariamente davanti a un membro in erezione o ad assistere a una scena di sesso; il piacere non è quello di spaventare o impaurire, ma quello di sorprendere e di sconvolgere piacevolmente, suscitando curiosità e, talvolta, eccitazione complice in chi guarda. E, da questo punto di vista, il mio più grande successo lo avevo avuto con una giovane suora veneta che non aveva mai visto un cazzo in erezione e mi aveva chiesto se fosse una disfunzione da curare, ma poi aveva continuato a guardarlo con interesse mentre io me lo menavo e glielo avvicinavo alla faccia su cui, alla fine, avevo schizzato il seme, scappando via subito dopo. Allora mi piaceva ancora esibirmi da solo, ma col tempo le mie fantasie si erano evolute ed avevo cominciato a praticarlo prevalentemente in coppia, eccitandomi perché altre persone potessero ammirare le forme e le performance della mia compagna di turno. Solo dopo aver conosciuto lei, la trav, mi era venuta voglia di mostrare non solo il mio, ma anche il suo cazzo per offrire una sorpresa nella sorpresa.
Ora lì, sbracato su quella poltrona dell’albergo, mi potevo godere l’eccitazione per l’idea di farlo in un luogo insolito e lei mi fece avere una completa erezione avvicinando la sua mano alla patta dei pantaloni e sussurrandomi all’orecchio che avrebbe voluto succhiarmelo “ingoiando tutto per non sporcare il tessuto del divano. Intanto sbirciavamo i due che stavano assistendo alla scena e ci accorgemmo che erano come inebetiti e non dicevano più una parola tra loro. “Vedi, mi disse lei, sono proprio due come piacciono a me! Quando mi guardano, o devono essere dei maschi arrapati come i camionisti o dei signori molto distinti, di una certa età, che a tutto penserebbero meno che a voler osservare come si fa un bocchino!”
Dicendo questo, cominciò a sbottonarmi i pantaloni e me lo tirò fuori per prenderlo in bocca e sarebbe certo andata avanti fino alla fine, interrompendo di tanto in tanto il pompaggio solo per guardare i due che stavano sbirciando, oramai eccitatissimi e fuori controllo, così che io la dovetti fermare perché volevo andare avanti per tutta la mattina, approfittando di tutte le occasioni che ci sarebbero potute capitare in un albergo così grande. A pochi metri da noi c’era l’addetto ai bagagli che potevamo provocare e che probabilmente ci avrebbe invitato a seguirlo in un luogo appartato dell’hotel, e c’era la giovane hostess che forse, quando ci aveva accompagnato a sedere nella sala del convegno, aveva sentito profumo di cazzo, doppia razione!
La mattinata era tutta per noi.
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