Racconti Erotici > trio > Schiavi per sempre - Seconda parte
trio

Schiavi per sempre - Seconda parte


di Honeymark
22.03.2015    |    8.357    |    1 9.5
"Sbocchinai il cero facendomelo scorrere in bocca fino in fondo e sfilandolo con accurata lentezza..."
Seconda parte

Quando entrò il Fuoricorso eravamo terrorizzati. Se avesse voluto che ci uccidessimo, penso che lo avremmo fatto.
- Bene bene bene, - disse il nuovo Padrone, come se fosse l’orco della casa nel bosco. - Ecco qui due “minus quam merdam”. Ma oggi vi eleverò di grado e vi consentirò di divertirmi in maniera ampia e confortevole. Con potere mirato e culturalmente profondo.
Ci stava guardando i culi, pensai terrorizzato, e cercai di allargare di più le natiche in modo che potesse guardarmi senza difficoltà. Poi si portò davanti a noi e mise i piedi vicino alle nostre facce. Capì prima lei cosa dovevamo fare e io la imitai. Aveva le scarpe, ma non perdemmo un attimo per metterci a leccargliele con la massima dedizione. Il gusto amaro e pregnante del cuoio era così schifoso che pensai di renderlo doppiamente felice e aumentai l’impegno. Sembravamo due cani intenti a leccare la scodella.
Poi si allontanò e si portò dietro di noi. Sentii nuovamente i suoi occhi che mi guardavano le intimità, il buco del culo e l’uccello.
- Sapete perché vi ho comperato? – Domandò, senza attendere risposta. – Perché avete un bel culo e perché il maschietto ha un cazzetto piccolo così. Una coppia ideale.
Non sapeva che io e lei non ci conoscevamo neanche.
- Allargate bene le gambe, - aggiunse sereno, come se ci offrisse da bere, - che vi metto un cero nel culo.
A quelle parole sentii un brivido e forse lui lo vide, ma la mia compagna invece obbedì allargando le gambe, spingendo un ginocchio verso di me. Allora mi allargai di più anch’io e rimasi in attesa con l’ansia che non mi faceva respirare.
Sentii armeggiare qualcosa, poi si avvicinò a lei. Sentii che stava facendo qualcosa, ma con il viso appoggiato a terra non potevo vedere nulla. E poi preferivo tenere gli occhi chiusi. insomma avevo deciso dentro di me di fare l’oggetto e non reagire a nulla. Sentii la coscia di lei strofinarsi sulla mia, ma era solo perché lui la stava forzando. Lei emise solo un piccolo gemito.
- Oh… Là! – Disse lui alla fine, e si spostò indietro per guardarla. – Non male, - aggiunse.
Poi venne da me e io, pienamente soggiogato, mi augurai - pensate - di compiacergli.
- Rilassati, - disse. – E’ lubrificato. Il cero è grosso e lungo, ma sopportabile.
Evidentemente ero teso come la corda di un violino… Provai a rilassarmi per compiacerlo, ma quando mi appoggiò la base del cero al buco del culo non riuscii a impedirmi una reazione spontanea.
- Ha ha! E’ la prima volta che prendi qualcosa nel culo? E’ meglio che collabori allora, così soffri meno. Dai, rilassati. Spingi in fuori, come se dovessi defecare
Mi rilassai spingendo in fuori proprio come voleva lui, come se volessi evacuare. Lui lo capì e ne approfittò, inserendo la prima parte della base del cero. Sentii il buco del culo che si allargava e sperai di reagire come voleva lui. Era enorme e temetti che non ce la facesse. Spinse ancora un po’ e mi parve di lacerarmi. Ma dopo un poco l’ano si adattò all’intrusione e mi disposi ad accettarlo. Quando sentì che stava scivolando dentro bene, spinse di forza fino in fondo al retto.
Il fresco scivolare del cero nel culo mi provocò una reazione di piacere che non conoscevo e mi dispiacque perché probabilmente lui non voleva che godessi. Ma era più forte di me. Sentire che mi aveva inserito il cero nel culo mi fece provare un senso di gioia malvagia nei confronti di me stesso. Ero felice di essere umiliato da lui. Restai così, con il cazzo in erezione, in attesa di disposizioni, di ordini. Capii che si era allontanato un po’ per vedere il frutto del suo potere. Poi parlò.
- Bene ragazzi, - Disse poi. – Ora alzatevi in piedi di schiena.
Entrambi ci alzammo piano, impacciati dall’ingombro rettale. Non avevo mai ricevuto nulla nel culo e mi faceva una certa impressione. Quando fummo eretti, ci sfiorammo con i fianchi.
Ora allargate un po’ le gambe, - disse.
Obbedimmo. Ci stava guardando mentre, nudi, tenevamo il suo cero col culo. Provai una certa sconcia eccitazione all’idea che gli piacesse vederci così. Adoravo sentirmi umiliato, forse perché stavo subendo il potere generato dal carisma dello studente anziano.
- Ora abbracciatevi, - ordinò.
Con un certo imbarazzo, entrambi ci girammo a guardarci senza vederci. Eravamo degli automi.
- Forza, abbracciatevi come per fare un ballo.
Io le misi una mano alla vita e le presi la sua con la sinistra.
- Bravi, - disse, e venne da noi.
- Ora vi accenderò i ceri che vi ho messo nel culo – spiegò, - poi ballerete un valzer per me. Spero che sappiate ballare, altrimenti vi restituisco all’orda che vi ha venduto.
Io sapevo ballare il valzer, perché allora i liscio lo conoscevamo tutti. Qualcuno aveva imparato il rock n’ roll e io anche il twist. Ma tutti sapevamo fare il valzer e il tango. Ci mettemmo in posa e lui venne ad accendere i seri, cominciando da me.
- Non preoccupatevi che non vi brucerete, - aggiunse. - I ceri sono abbastanza lunghi.
Dopo aver acceso anche il suo, andò al giradischi portatile che stava sul mobile e avviò un 33 giri di vinile.
- E’ il Valzer delle candele, - disse con una certa soddisfazione. – Voi me lo ballate senza uscire dal telone di nailon, dopodiché avrete finito. O quasi, insomma.
Non l’avevo notato, ma in effetti il pavimento era coperto da un largo foglio di nailon. Era per non spargere cera dappertutto…
- Pronti? – Disse, senza attendere risposta. – Ballate!
Il giradischi suonò il Valzer delle candele e noi due cominciammo a muoverci impacciati contando i passi 1-2-3, 1-2-3.
Tutto sommato andavamo bene, ma l’effetto che provavamo era decisamente assurdo. Allargando le gambe sentivamo l’aria fresca accarezzare le nostre intimità e quando le avvicinavamo sentivamo il calore della fiammella della candela. Perché tutto andasse bene dovevamo muoversi davvero insieme a passo di danza. Per fortuna il ritmo lo sentiva anche lei, per cui riuscimmo a cominciare a girare in quella situazione assurda quanto stupefacente. Vedevamo vibrare sulle pareti la luce che lasciavano i nostri ceri anali, ma soprattutto eravamo stimolati dall’effetto che il cero nel culo trasmetteva all’interno dei nostri corpi. Era come se ci stessimo masturbando con i nostri stessi passi di danza… Dapprincipio sembrava folle tutto, dalla situazione alle sensazioni che provavamo, dalla vergogna al piacere di essere umiliati, dalla volontà di ubbidire al nostro grande Padrone all’impegno che dovevamo mettere al ballo. Poi entrammo in sintonia io e la mia compagna di ballo, e anche qui mi resi conto della situazione invereconda. Nuda anche lei, sodomizzata anche lei con un cero, più ubbidiente di me, impegnata a fare le cose in modo da soddisfare il nostro sidereo Padrone.
Non avevo ancora avuto il tempo di guardarla bene, eppure a pensarci bene era qualcosa di eccezionale averla tra le mani e ballare con lei, entrambi nudi. Dovevo essere stato proprio sotto shock per non aver visto le sue bellissime tette che ora venivano ad appoggiarsi al mio petto… Allora non ero in grado di valutare la loro misura, ma oggi penso che fossero state della terza. Insomma giuste. Ogni tanto le gambe si toccavano e alcune volte ebbi lì impressione di sentire il piacevole ruvido del suo pelo.
- State più vicini per favore. – Ordinò il sidereo Padrone, e lei mi strinse a sé per la paura che io non volessi farlo.
Ora la sentivo bene, ma soprattutto lei sentiva me. Il mio cazzo, che era sempre rimasto eretto, si trovava manipolato tra il mio e il suo basso ventre. Era una cosa che in condizioni normali non avrei mai fatto, perché già quando andavo a ballare mi seccava far sentire che ero eccitato. Ma adesso la colpa non era mia e a volere il contatto erano ordini superiori e la volontà di lei ad assecondare il Padrone.
La presenza del cero nel culo, che dapprincipio era qualcosa di spaventoso per quanto dovuto, ora si andava adattando all’angusto alloggiamento. Era come se il retto volesse masturbare il cero. Per me – ma forse anche per lei – qual cero non era qualcosa di inanimato ma una parte del nostro padrone che si era inserito dentro di noi. Ci sentivamo suoi, delle marionette erotiche pronte a fare qualsiasi cosa per fargli piacere, perché così avremmo goduto anche noi…
Avevamo preso a ballare bene, con movimenti ampi ed eleganti, con il cero che disegnava magnifiche volute di luce, con il fresco che scivolavo indiscreta nelle nostre intimità e il calore della fiammella ne stimolava l’esibizione
Quella sensazione, anche se lo capii più tardi, era il profondo senso del piacere generato dalla parte masochista che sta dentro ognuno di noi. L’insostituibile appagamento dell’essere umiliati.
La musica finì e io conclusi in valzer con il movimento d’uso, facendola girare e guardarle così il cero che fuorusciva dal suo culo. Vedendolo, temetti di venire, ma per fortuna il tutto si fermò alla mia massima erezione, anche se piccola.
Lei mi strinse un attimo per sentire il cazzo, poi attendemmo disposizioni.
Lui andò a sedersi sul divano.
- Venite qui in ginocchio ad adorarmi. – Ordinò.
Ubbidimmo. Ci inginocchiammo davanti a lui, culo in su e testa in giù come se lo stessimo adorando come un dio. Un dio al quale avevamo il privilegio di piacere. E che adesso ci consentiva di leccargli le scarpe.
- Vi faccio una proposta, - Disse. – Mi piacete, siete una bella coppia, ubbidiente, servizievole e brava. Avete il culo come piace a me. Lui, poi, ha un cazzo piccolo adatto al ruolo dello schiavo. La domanda che vi faccio è questa.
Restammo ad ascoltare a testa china sui suoi piedi, sapendo che ogni suo desiderio per noi sarebbe stato un ordine.
- Adesso vengono a prendervi. E’ quasi mezzanotte e tra un po’ possono portarvi a spasso così, con i ceri nel culo a sfilare nel centro cittadino costretti a cantare “noi siam come le lucciole”.
Sentii l’amica tremare all’idea.
- E’ così che funziona la prima serata delle matricole. Gli anziani si divertono fino a mezzanotte e poi diventano gioco per tutti. Ma se siete d’accordo, io vi terrei qui,,,
Sentii lei che mi toccò con la gamba come per dire “accetta!”.
- Come sapete, ho il diritto-dovere di mettervelo in bocca. Una questione legata alla giurisprudenza…
Ricordavo infatti che a quei tempi se il violentatore lo metteva anche in bocca, l’accusa di violenza cadeva automaticamente. Chi si fiderebbe di metterlo in bocca a una donna o a un uomo incazzato? Oggi, per fortuna, non è più così, ma allora…
- Se accettate di passare la notte con me, more uxorio, non vi lascio andar via.
More uxorio?
- More uxorio significa “come marito e moglie”, spiegò.- Se accettate, leccatemi i piedi.
Si tolse scarpe e calzetti e noi ci mettemmo a leccarglieli con il massimo impegno.
- Ecco, bravi, - disse godendosi la nostra sottomissione. – Avete fatto la scelta giusta.
Bussarono alla porta.
- Ecco, solo loro, i monatti.
I monatti erano quelli che, secondo i Promessi Sposi, venivano a prendere i cadaveri dei morti di peste.
- Vado a dirgli che siete vivi e che restate qui. Però mettetevi in bella mostra. Culo in su e gambe larghe. Voglio che ostentiate il vostro cero acceso nel culo. Una questione di immagine.
Obbedimmo immediatamente, contenti di averla scampata e di essere suoi. Andò ad aprire la porte, scambiarono alcune battute.
- Capo, - disse la ragazza riferendosi ai nostri culi candelati. – Sei sempre il migliore. I tuoi candelabri umani sono un capolavoro. Sei unico.
Poi chiuse la porta e tornò a sedersi davanti a noi. Ci portammo automaticamente a leccargli i piedi, ma lui aveva altre idee.
- Giratevi sul fianco destro, - disse, - restando in ginocchio.
Ubbidimmo.
Mi ritrovai a guardare da vicino il culo della mia compagna di sfortuna. Non avevo mai potuto guardare un culo, anche se era la cosa che più desideravo. Quindi lo guardai con gli occhi sgranati e allupati. Quel cero conficcato nel culo e con la fiammella che aveva consumato parte del cero mi diede alla testa. Il buco del culo allargato che si serrava intorno al cero mi provocava un senso indescrivibile di piacere libidinoso che non avevo mai provato prima di allora.
- Devi spegnere il cero con la bocca, - mi disse. – Poi sbocchinerai il cero come se volessi farle un pompino così.
Non ero sicuro di aver capito bene, ma una cosa era certa: dovevo spegnere la candela con la bocca,
Non esitai e la presi in bocca, spingendo la lingua in modo che la spegnesse subito. Ci riuscii, ma il sapore della cera era davvero forte, nauseante. Me la spinsi in gola più che potevo, poi la sfilai.
- Bene, - ordinò allora. - Succhiale il cero così per qualche minuto, come se fosse un cazzo e volessi farlo venire.
Mi misi all’opera con foga, perché volevo assecondarlo a tutti i costi. Sbocchinai il cero facendomelo scorrere in bocca fino in fondo e sfilandolo con accurata lentezza. La cera aveva un sapore disgustoso, ma vista la situazione lo trovai accettabile. Feci attenzione a non grattare con i denti la cera. Non lo sapevo, ma in quella maniera stavo imparando a fare un pompino.
Dopo qualche minuto di lavoro stancante ma soddisfacente per lui, sentii che la mia compagna cominciava ad avere reazioni strane. Si mise addirittura a mugugnare. Era come se il cero fosse vivo, come se fosse parte di lei. Pareva incredibile, ma sbocchinandole la parte rimasta fuori le sollecitavo l’interno del retto senza saperlo. Non sapevo neppure che la donna (o l’uomo) potesse avere l’orgasmo anale e io francamente allora non avevo mai visto neanche quello vaginale. Fatto sta che a un certo punto lei cominciò a dare colpi di bacino, rendendomi difficoltoso tenere il cero in bocca. Poi ebbe delle contrazioni sempre più ravvicinate e mi resi conto di averle fatto qualcosa di orribile o di fantastico. Io mi ero limitato a obbedire al Padrone.
- Puoi fermarti, - ordinò poi.
Sfilai il cero e guardai il culo di lei, col cero che usciva dal culo se le natiche che ancora si contraevano attorno a lui facendolo sobbalzare come se gli avessi fatto una sega.
Quando si placò, toccò a lei. Il Padrone ci fece girare e adesso ero io a dare il culo candelato a lei.
- Fagli la stessa cosa, - le ordinò. – Fagli un pompino al cero.
Non perse un attimo, desiderosa anche lei di assecondare il nostro Padrone con la massima solerzia. Cominciò a prendere il cero in bocca, spegnendolo così, e a succhiarlo come avevo fatto io. Ogni tanto la sentivo avvicinarsi al culo e la cosa mi faceva impazzire. Il cazzo mi si era gonfiato all’inverosimile, anche se di natura era piccolo piccolo. Temetti di venire, ma lasciai che fosse l’anziano a comandare.
E infatti la fermò prima che venissi. Peccato, pensai. Una sega interrotta è una sega perduta. Ma lì non ero io a dover godere, ma solo il Capo. Sperai che col tempo si ripetesse una situazione così…
- Bene ragazzi, - disse. – Ho visto che vi impegnate e allora vi porto a letto. Mi leccherete dappertutto, partendo dai piedi. OK?
Non attese risposta e ci precedette nella sua camera da letto, con noi costretti a camminare a quattro zampe col cero, spento, nel culo.
Si spogliò nudo e si buttò sul letto a X, pancia sotto, gambe e braccia allargate.
- Forza! – Comandò e si rilassò in attesa delle nostre lingue. – Partite dai piedi e arrivate al culo.
Gli guardai il culo così aperto e all’apparenza disponibile, felice perché ce lo lasciava guardare. Potevamo guardare il culo del grande Padrone. Mi sentii lusingato e cercai di renderlo felice anche io. Anche noi.
Ci portammo all’altezza dei suoi piedi e cominciammo a leccargli ognuno la pianta del proprio piede.
Io, ma credo neanche la mia compagna di sventura, non avevo mai leccato i piedi a nessuno. Me lo avessero chiesto, avrei dubitato sulla salute mentale del richiedente. Ma in quel momento, l’unica cosa che volevo fare era leccargli i piedi, nella speranza convinta di fargli piacere. Cominciammo quasi insieme e lui un po’ alla volta sembrò rilassarsi sotto le nostre leccate. I piedi avevano un sapore non molto piacevole, ma certamente inebriante. Quello che stavamo facendo era l’adorazione di un dio, che solo noi avevamo il privilegio di fare. Quanti avrebbero potuto leccare i piedi del grande Padrone?
Quando la mia compagna si staccò dal piede per risalire le gambe, lo feci anch’io. Leccammo su fino al culo e ci soffermammo a leccare la base del culo, ognuno la propria piegolina. Il sapore adesso era quello della carne fresca e pulita. Il suo culo era un feticcio e noi eravamo i sacerdoti abilitati ad adorarlo. Tutti due volevamo arrivare a leccargli il buco del culo, certi che avrebbe gradito l’atto di umiltà, ma non era così facile. Lui lo capì e allora si mise un cuscino sotto al ventre per esporci meglio il culo e poi allargò di più le gambe per esporci meglio il suo buco del culo. Lieto di aver suscitato il suo interesse, mi dedicai subito in mezzo alle natiche per arrivare con la lingua all’ano. Non era facile lo stesso e quando lei mi sostituì le vidi scomparire il viso tra le regali natiche del fuoricorso. Era faticoso e ci dovemmo alternare più volte. Quando vidi le palle del Padrone, pensai di fargli piacere a leccargliele. E così fu, dato che arrivato lì si dispose per rendermi più facile l’uso della lingua- Entrambi eravamo felici di avergli dato piacere.
Era ormai bagnato di saliva e noi ebbri del piacere generato dalla sottomissione, quando si girò pancia in su e ci chiamò a leccargli le ascelle. Temevamo che fosse finito tutto e invece stava incominciando la parte più bella, dato che lui era eccitatissimo. Sapevamo di essere importanti, anche se “minus quam merdam”. Nessun altro in quel momento era così vicino al Capo assoluto.
Le sue ascelle avevano sudore fresco e sudore vecchio, per cui il sapore si faceva più intenso. Sicuramente a freddo mi avrebbe fatto schifo, ma lì mi eccitava il potere che mi dava il farlo eccitare. Questo valeva anche per la mia collega, che lo leccava con una lena fantastica.
Poi il capo ci fece capire di rivolgerci al suo uccello. Era giunto il momento di farlo venire? Non ci illudevamo tanto, ma provammo a metterci di impegno. Prima andammo a leccargli l’inguine, e lui si schiuse s noi porgendo più libero il suo regale cazzo. A confronto col mio, il suo era un signor cazzo, sua maestà il Cazzo. Pensai che sarebbe stato impossibile prenderlo in bocca, ma prima di darmi una risposta vidi l’altra baciarglielo e scoprirgli il glande. Temetti una cattiva reazione di lui, che invece mugugnò di piacere. Provando una certa gelosia per il suo successo, mi affrettai ad andare a leccargli le palle. Forse non lo gradiva, ma certamente era un atto di adorazione. Ma lo gradì moltissimo e ci lasciò fare. Quando la mia collega si scostò per prendere fiato, la sostituii velocemente, prendendo in bocca il cazzo del capo.
Fu una sensazione indimenticabile sentire la morbidezza del suo prepuzio scoperto, così come il sapore amarognolo mi faceva sentire soddisfatto. E il fatto che lo gradisse mi diede una piccola erezione. Lo sbocchinai come avevo fatto col cero e lui rispondeva alle mie sollecitazioni come se fosse mio.
Lei mi scostò e proseguì il pompino, mentre passai alle palle. Ma quando prese nuovamente fiato, lo persi in bocca e lo spinsi più che potei in gola, finché a un certo punto non lo sentii fremere. Stava venendo La mia sensazione fu idilliaca e attesi lo sperma in bocca, Non tardò molto. Prima una goccia che si disperse nel palato, poi una serie di getti di sperma si susseguirono a riempirmi la bocca e la gola. Inghiottii tutto per poter continuare la mia azione, che fu fermata solo da lui.
Mi sentii ripagato ampiamente per la mia devozione. Non avevo mai scopato, non mi avevano mai fatto un pompino, ma io ero riuscito a farlo alla persona più carismatica e potente dell’intero Ateneo. Mi piacciono le donne, sia ben chiaro, ma essere stato scelto da lui e, insieme alla mia sventurata compagna, obbligato a fare tutto quello che giustamente voleva in onore alla sua posizione, mi inorgogliva. Pensare ai colleghi obbligati a mille vessazioni generiche, umiliati da tutti senza un’attenzione di sorta, mi faceva capire che ero stato fortunato.
Mi gustai i rimasugli sperma in bocca e deglutii ancora con calma, mentre la mia compagna si era sostituita a me per raccogliere eventuali gocce perdute. E perché piaceva a lui.
Il quale si era placato e si godeva un breve riposo dopo il mio assalto. Ma vidi che pian piano gli si rigonfiava l’uccello sotto le cure della giovane compagna. Dopo una decina di minuti l’asta era di nuovo in resta e stavolta prese lui l’iniziativa.
- Ora ti chiavo, - le disse. – Siediti sopra. – Poi si rivolse a me. – Aiutala tenendola per il cero.
Lei, con le inevitabili difficoltà provocate dal cero che aveva tuttora nel culo come me, si portò con le ginocchia ai lati delle gambe del Sidereo e piano si abbassò verso il cazzo. Io capii allora cosa voleva dire e la afferrai per il cero che sporgeva. Fu una sensazione stupenda, ma purtroppo dovevo concentrarmi su qualcosa di cui sapevo poco. Non avendo esperienza di penetrazioni, cercai di andare d’istinto. La guidai sul cazzo di lui, che presi in mano gratificato dal poterlo fare, e lo appoggiai alla figa. Lei proseguì da sola e la vidi scendere sul cazzo che spariva dentro di lei.
Fu un momento fantastico e mi sarei fatto volentieri una sega se non fossi stato impegnato nel ruolo dello schiavo.
- Aiutala a scendere e salire, - mi ordinò. – Forza, chiavatemi.
Non fu difficile avviarla, ma presto continuò da sola. Ero ipnotizzato da quella scena del cero che scendeva piano e del cazzo che entrava u usciva scorrendo nell’alloggiamento femminile.
- Forza, aiutala!
In realtà non aveva bisogno di aiuto, ma solo di sentirmi coinvolto alla sua seconda polluzione.
Venne nuovamente gridando come se gli stessimo spaccando il cazzo.
Una volta sopito, lei si sfilò e diede qualche colpo di bacino che mosse la candela in maniera surreale.
Restammo sdraiati così a lungo, finché non si alzò.
- Seguitemi, - disse. – Vi porto nella vostra camera.
- Ma noi - osservai, - abbiamo le nostre cose a…
- Zitto, - fece lei. Io azzittii.
- Andrete a prendere la roba domani. – Aggiunse il capo.
- Lo seguimmo a quattro zampe nella camera degli ospiti, dove c’era un letto matrimoniale pronto.
- Ecco, -disse. – Potete dormire qui, così domattina a colazione vi faccio una ulteriore proposta.
Se ne stava uscendo, quando ci disse un’ultima cosa.
- Sfilatevi i ceri e buttateli belle spazzature dopo averli avvolti con la carta igienica. In bagno trovare della crema per aiutare il buco del culo a tornare come prima, usatela.
Se ne andò, lasciandoci soli.

- Come ti chiami? – Le chiesi.
- Giada. E tu?
- Mario. Lui ci crede morosi e non conoscevamo neanche i nostri nomi…
Sorrise, guardando il letto.
- Dovremo dormire insieme…
- Se vuoi, dormo per terra.
- Ha ha! Dopo quello che abbiamo fatto? Dormiamo insieme che è meglio, valà…
Ci aiutammo a sfilare i ceri, applicammo la crema, ci sistemammo a letto e dormimmo abbracciati.

La mattina dopo ci svegliò lui, il Sidereo fuoricorso, dicendo che la colazione era pronta. Meravigliati ci vestimmo e andammo in cucina, dove aveva preparato caffè, latte e cornetti caldi.
- Servitevi, - disse, servendosi. – Ogni mattina mi portano i cornetti e ne ho fatti portare anche per voi.
- Grazie. Davvero gentile.
Mangiammo tutti tre con avidità.
- Volevo farvi una proposta, - disse poi il sidereo Padrone.
Restammo ad ascoltare con ansia.
- Io tra un mese do la laurea e poi me ne vado. – Disse. – L’appartamento è pagato fino alla fine dell’anno prossimo. Se restate con me tutto il mese che mi manca, sempre more uxorio, vi lascio l’appartamento gratis fino alla fine.
- Sei gentile, - riuscii a dire. – Non so cosa dire…
- Vi ho preparato i papiri, con i quali non sarete più molestati dagli anziani. Anzi, se un anziano lo chiede, potete anche partecipare alle sevizie dei vostri colleghi di matricola.
- Diomio… - Disse Giada, senza parole. – Davvero?
- In cambio, vi vorrei come schiavi per tutto il mese… La vostra presenza mi aiuterà a studiare per la tesi. Ho chiesto la lode e devo essere preparato.
- Accetto! – Esclamai.
- Anch’io! – Esclamò entusiasta Giada.
Non avevamo casa né soldi e quello che ci proponeva era immenso per quei tempi.
- Calma ragazzi. – Continuò. – Sapete cosa significa essere miei schiavi?
- Vuoi che ti facciamo le pulizie, - dissi.
- Vuoi che prepari da mangiare. – disse lei.
- No, - sorrise. - Ho chi viene a fare le pulizie e la sera ho anche la cuoca.
Doveva essere ricco…
- No, - continuò. – La sera i miei schiavi devono essere sempre nudi, devono sempre mostrarmi il culo, nel quale devono sempre avere qualcosa che palesi la mia presenza anche quando sono distratto. Poi devono sapere usare la lingua come si deve, gradire la frusta quando ne ho voglia e farmi venire due volte al giorno. Naturalmente tolte le due ore di studio che vi servono. Allora, siete ancora intenzionati ad accettare?
- Sììì! – rispondemmo in coro
- Bene, così sarà molto più proficuo a lavorare sulla tesi.
- Possiamo andare a prendere la nostra roba?
- Sì, poi andate pure a lezione. Dalla mattina alla sera sarete perfettamente liberi di fare quello che volete.
- Grazie.
- Magari, prima di uscire, non sarebbe male se ogni volta mi mostraste il culo, tanto per dimostrare la vostra devozione.
Andammo da lui, io abbassai pantaloni e mutande, lei alzò le gonne e abbassò le mutande. Lui ci accarezzò con dovizia di particolari, poi ci diede il buffetto per farci andar via.
- Ah, un’ultima cosa. Concluse. – Se porto a casa una matricola da seviziare, dovrete farmi da boia. A parte voi, un anziano non deve… sporcarsi le mani con i minus quam merdam… he he
Andammo a prendere le nostre cose, le sistemammo nella camera degli ospiti, dove avremmo dormito insieme finché ci fosse stato il sidereo Fuoricorso, poi andammo alle lezioni, forti dei “papiri” che ci davano l’impunità.

Per oltre un mese siamo stati disposizione del Padrone, il quale perlopiù amava sodomizzarci col cero, per poi venire come gli piaceva di più. Di solito nella mia bocca e nella sua figa.
Era il nostro Signore e Padrone, felici di essere i suoi schiavi. Onorati di farlo felice.
Non portò a casa altre matricole, però alla sua laurea si divertì a farci intervenire, forti del potere che ci aveva conferito.
Giada riuscì a mettere mano a tre sue compagne di scuola e un compagno. Io non avevo amici e mi limitai a farle da braccio. Mi chiese di fare il carciofo a una di loro per portarla in una vetrina, dove poi le sfilai le mutandine. Mi fece mettere un’altra sulla cavallina con le mani legate dietro in modo che lei potesse molestarle la figa senza che potesse impedirlo.
Preparai il ragazzo a fare da “Musichiere”. Valeva dire tenerlo nudo con le gambe larghe su due sedie e, quando un’altra ragazza cantava perché faceva il juke box, chi capiva la canzone dava un colpo alle palle del povero disgraziato. Il quale urlava e il più veloce poteva dire il titolo della canzone e farsi fare un pompino.
La terza ragazza me la fece mettere in ginocchio, nuda ovviamente, con i polsi legati alle caviglie e un cero nel culo per tenerla ferma. Poi, mentre io la tenevo ferma per il cero, lei le ha schiaffeggiato le tette (una quinta misura davvero meritevole). La poverina urlava come un pollo, ma ho visto che si bagnava come una lumaca…
Insomma, con la scusa che era il fuoricorso a ordinarcelo, ne approfittò per cavarsi qualche sassolino dalle scarpe… E io mi divertii a fare da braccio secolare.

Il Padrone di casa (e di noi) se ne andò una mattina, dopo averci guardato il culo per l’ultima volta.
Avevamo le lacrime agli occhi.


Fine seconda parte.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.5
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Schiavi per sempre - Seconda parte:

Altri Racconti Erotici in trio:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni