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Un massaggio per la moglie di Paolo.


di Honeymark
07.02.2016    |    56.866    |    6 9.7
"Poi fece provare nuovamente a me..."
Il tutto era cominciato quando l’ortopedico aveva consigliato a Giorgia di sottoporsi a massaggi curativi alla spina dorsale e in particolare alla parte bassa, coccige e bacino. Lo stare troppo in piedi le aveva provocato un malessere alle gambe dovuto al peso del corpo sul bacino. Niente di particolare, ma visto che avrebbe dovuto continuare a lavorare stando in piedi, era meglio porvi rimedio.
- Un ciclo di massaggi all’anno le avrebbe certamente giovato. – Mi disse Paolo, suo marito. – Conosci un massaggiatore giusto?
Paolo è un conoscente di vecchia data. Famoso per la splendida moglie, si occupa come me di relazioni sociali. Ed era la prima volta che mi confidava un problema di sua moglie.
- Conosco una massaggiatrice, – risposi. – Si chiama Renata.
- Pensi che potrebbe andar bene?
- Sì, – affermai. – Io vado da lei per massaggi rilassanti o stimolanti, ma lei è famosa come kiropratica. E’ in grado di rimettere in piedi un rinoceronte che si è slogato scappando da John Wayne.
- Ha ha! Non chiediamo tanto!
- Beh, voglio dire che è robusta quanto basta da saper sbattere chiunque.
- Vuoi contattarla tu, per favore? Mia moglie è libera solo la sera.
- La sera? Ho paura che Renata non sia disponibile la sera. Aspetta, la chiamo subito.
Renata rispose subito. Mi appartai, parlai a lungo con lei, poi chiusi il telefono e riferii a Giorgio.
- Allora, – cominciai. – La sera, se esce, va a fare servizio a domicilio ma solo presso coloro che non sono in grado di muoversi.
- Allora potrebbe venire a casa nostra?
- No, ti ho detto che lo fa solo per persone che non possono muoversi.
- Posso pagare bene.
- Ah, non è questione di soldi.
- Cosa facciamo?
- Lei ha detto di essere disposta a fare un massaggio preliminare a Giorgia, così vede come è messa. Dopodiché ti saprà dare il suggerimento giusto.
- Beh, questo è già positivo. Riesci a farla venire a casa mia per questa prova?
- È quello che mi ha proposto lei. Vi va bene domani sera?
- Fantastico! Sei un amico. A che ora venite?
- Come sarebbe a dire “venite”, io che c’entro?
- Dai, hai fatto 30, fai 31. Puoi portarla a casa nostra tu? Ce la presenti e vediamo cosa succede, ok?
- Paolo…
- Scusami, dai. Fammi il favore, poi non ti tormento più.

L’indomani sera riuscii a portare Renata a casa loro verso le 9 di sera. Ci accolsero con familiarità. Salutai Giorgia, che francamente non conoscevo molto, parlammo un attimo in piedi, poi io mi sedetti in salotto e loro andarono nel vestibolo, dove avevano fatto sistemare un lettino da massaggi affittato in un negozio di protesi.
Stavo guardando la TV che Paolo mi aveva cortesemente acceso dandomi il telecomando, quando mi raggiunse anche lui.
- Ha iniziato il massaggio? – Chiesi, dopo aver abbassato il volume.
- L’ha visitata, – disse senza sedersi. – Renata chiede se puoi venire di là anche tu.
- Io? – Domandai alzandomi. – Tua moglie è coperta?
- Ehm, non molto per la verità. Ma Renata chiede il tuo aiuto.
- Paolo, non voglio essere invadente…
- Marco, Renata dice che ti ha insegnato a fare i massaggi e che li sai fare bene.
Arrossii un attimo, come se mi avesse beccato mentre gli nascondevo qualcosa, il che era vero.
- Sì, – replicai. – Mi ha insegnato a fare i massaggi, ma in questo caso si tratta ben di più…
- Beh, almeno non ti scandalizzerai se vedrai mia moglie in desabillé.
Non risposi. Semmai sarebbero stati loro a scandalizzarsi…
Lo seguii e vidi il lettino in mezzo alla sala, sul quale stava sdraiata Giorgia, coperta da un asciugamano che le copriva la schiena e il sedere. A latere Renata nella sua mole imponente e il sorriso sulle labbra.
- Non hai detto ai signori che sai fare i massaggi?
- Renata…
- Ti spiego subito il perché serve il tuo aiuto. – Disse risoluta. – La signora ha bisogno di due o massimo tre interventi di chiropratica, da me, ma è necessario che qualcuno mi aiuti e che poi la massaggi tutti i giorni tra un mio intervento e l’altro.
Aveva messo la mano sul fondo schiena di Giorgia per indicarla.
- Spiegati. – Dissi.
- Adesso, col tuo aiuto, le farò pressione al bacino. Prima e poi, però dobbiamo massaggiarla a lungo e con calma per prepararla ricevere la mia applicazione.
- E non puoi farlo da sola?
- No, per l’applicazione mi serve il tuo aiuto, e le prossime sere dovrai continuare da solo. Io verrò fra quattro o cinque giorni e gliene facciamo un’altra. Poi vedremo se ne serve un’altra, ma non credo. La signora è giovane e di sana costituzione. Ma tu devi, diciamo, tenerla in caldo. Massaggiarla come facciamo adesso.
- Renata – obiettai, – per me non ci sono problemi, ma magari i signori non gradiscono che un estraneo, per quanto amico, metta le mani addosso alla signora.
- Ne abbiamo appena parlato. – Tagliò corto. – Loro sono d’accordo perché questa è la soluzione migliore.
Guardai Paolo, che annuì sorridendo amichevolmente. Non guardai Giorgia.
- Dai perditempo, cavati la giacca, lavati le mani e vieni qui.
Paolo mi portò in bagno e mi diede un asciugamano pulito. Mi sentivo fortemente in imbarazzo. Non dissi nulla e tornai da Renata.
- Per via preliminare le facciamo un massaggio rilassante e stimolante insieme, – esordì Renata. – Partiamo dai piedi e saliamo su fino all’inguine.
Mi sentii mortificato alla parola «inguine», ma ormai ero in ballo.
- Ai piedi facciamo il massaggio alle piante? – Domandai prendendomi cura del piede destro.
- Sì, perché gran parte delle sollecitazioni ai piedi si ripercuotono all’intero sistema della vertebrale.
Cominciai a premere sulla pianta del piede, seguendo la manualità di Renata. Era così che facevo ogni volta mi insegnava qualcosa. Vedevo che le gambe di Giorgia si distendevano e si contraevano secondo il nostro massaggio. Risalendo le gambe di Giorgia, gli occhi caddero sulla fessura del culo. Vedere le natiche che ondeggiavano di riflesso attorno al buco del culo e alla figa, provai un senso di vergogna e di eccitazione che non provavo da quando ero adolescente.
Renata notò cosa stavo guardando, ma evitò commenti. In altra situazione avrebbe espresso qualche battuta di complicità.
Cambiammo ritmo e cominciammo a «impastare», come si dice in gergo. Renata non lesinava sull’olio da massaggio, così cominciai anch’io a ungere la paziente di tanto in tanto.
Arrivati alla fine delle cosce, mi spiegò come seguire il nervo sciatico.
- Non ha problemi di sciatica – mi spiegò, – ma non dobbiamo essere noi a provocarla.
La imitai, apprezzando quando dovevo passare sui glutei. Mi domandai cosa pensasse suo marito Paolo. Quando palpammo le natiche, si scopriva la fessura, mostrando il buco del culo e, poco più sotto, la figa. Era perfettamente depilata e, vista così, sembrava proprio un fico maturo, con la goccia. Paolo stava in fondo e vedeva tutto anche lui. Cioè vedeva cosa stavamo facendo.
D’improvviso Renata prese una grande salvietta di carta e la portò alla figa di lei. Pensavo che fosse per coprirla e invece era per asciugarla. In effetti avevo notato che gli umori vaginali colavano sul telo di carta, ma io non mi sarei mai permesso di fare la stessa cosa con suo marito che ci guardava.
- Fallo anche tu domani, – disse, intuendo la mia problematica. – È un riflesso condizionato, nella natura umana. A volte all’uomo si rizza mentre lo massaggi qui, la donna si bagna quasi sempre.
Mi sentii vergognare.
- Ora fai attenzione, – mi disse. – Dobbiamo massaggiarla bene nelle fessure. L’inguine e la divisoria del sedere. Domani farai la stessa cosa.
Prese in mano la vulva e lasciò colare dell’olio da massaggio nella fessura del sedere. Quando giunse alla mani, cominciò a massaggiarla con forza e abilità, sugli inguini e l’interno delle natiche. Con l’olio, il suo culo era diventato una scultura.
- Forza, fallo anche tu. – Insisté, vedendo il mio imbarazzo. – Non ci sono vie di mezzo. O fai i massaggi come si deve o non li fai per niente.
Mi sostituii a lei, prendendo in mano la vulva.
- Non così forte, – sorrise. – E’ un massaggio, non strizzarla come una spugna. Guarda.
Mi fece vedere nuovamente come la sua mano si limitasse ad accarezzare la passera, risalendo fino all’interno della natica sinistra. Poi fece provare nuovamente a me. Stavolta mi riuscì meglio. Sentii le grandi labbra che tendevano a schiudersi, ma riuscii a non allargarle. Risalii anch’io all’interno della natica destra.
Giorgia aveva un culo fantastico. Sodo, ovale, perfetto, elastico e dotato di tutti i particolari che lo rendevano aristocratico: le fossette in alto, le piegoline in basso, la giusta apertura in mezzo.
- Ora stammi a sentire – disse Renata. – Qui comincia il mio lavoro, che deve essere perfetto.
Io continuavo ad accarezzare in senso rotatorio la natica di Giorgia, passando con delicatezza dalla vulva e indugiando un attimo sul buco del culo.
- Dico a te, – sorrise. – Mi ascolti?
- Eh, come? Sì, certo.
- Poggia la mano su entrambe le natiche mentre ti parlo. Il contatto deve continuare.
Appena lo feci, Renata indicò il coccige.
- Qui dobbiamo fare due cose. Una puoi farla anche tu tutti i giorni, l’altra solo io e con una certa distanza una dall’altra.
Mise le mani di taglio alla fine della spina dorsale di Giorgia.
- Questa è la prima – disse – devi strofinare con forza il taglio delle mani avanti e in dietro sul coccige.
Lo fece, strofinandole per qualche secondo.
- Ecco, le abbiamo scaldato il terminale della spina dorsale. – Precisò. – Adesso viene il difficile. La mano sulle natiche la tengo io, tu prendila per le caviglie.
Obbedii e andai ai piedi di Giorgia.
- Solleva un po’ le gambe poi sbattile, falle vibrare.
Provai a farlo.
- Bene così?
- Impegnati di più, Cristo. Devi veder ballare il culo.
Automaticamente le guardai il culo e la figa.
- Allargale un po’.
Le allargai.
- Vai adesso, prova a scrollarle.
Lo feci.
- Ecco bene così. Rifallo un paio di volte.
Obbedii ancora, gustandomi le natiche che ballavano e la figa che pareva cantare “Le mille bolle blu“ di Mina.
- Adesso appoggia le gambe sul lettino e tienile ferme.
Le appoggiai.
Renata mise le mani appaiate sul bacino, appena sopra il coccige di Giorgia.
- Ferma Giorgia, per favore, e tenga il fiato per un attimo… Ecco!
Renata aveva fatto pressione con tutto il suo peso al bacino. Giorgia aveva emesso un gemito come se avesse esalato l’ultimo respiro, mise le gambe in tensione e pian piano le rilassò.
- Continua ad accarezzarla – disse Renata, – poi vieni qui che le massaggiamo la schiena. Altra cosa che puoi fare da solo.
Mi portai di lato e seguii le pratiche di Renata.
- Quello che mi vedi fare adesso puoi farlo sempre anche tu.
Mise le dita a fianco della spina dorsale e, tenendole premute, risalì fino al collo.
- Puoi farlo più volte con crescente pressione, soprattutto dopo il colpo che le ho dato. E che tu non darai mai, chiaro?
- Chiaro.
Lavorammo per un po’ così, sempre sotto gli occhi vigili del marito.
- Ora io vado, – gli disse Renata. – Stanotte la signora dormirà, domani si sentirà a pezzi, ma già la sera, se Marco viene a massaggiarla come gli ho detto, starà molto meglio.
Coprì Giorgia perché non prendesse freddo nel torpore del dopo massaggio. Ci lavammo le mani, e ce ne andammo.
Prima di uscire, Paolo mi fece assicurare che la sera dopo sarei andato a massaggiare sua moglie.
- Paolo, sei sicuro di voler…
- Non preoccuparti, – disse stringendomi il braccio, – va tutto bene.

La sera dopo, con un forte senso di colpa, suonai a casa di Paolo e Giorgia. Magari mi avrebbero preso a calci.
- Grazie per essere venuto, – mi disse invece lui.
- Come sta Giorgia? – Chiesi allora, improvvisando un certo interesse professionale.
- Come ha detto Renata, oggi Giorgia si è sentita come se fosse stata travolta da una locomotiva. Infatti è già in accappatoio, aspetta che la massaggi per poi infilarsi a letto.
- Paolo… – Dissi.
- Non dire niente.
- Se il mio massaggio ti pare troppo invasivo…
- Fai quello che ti ha insegnato Renata.
Quando entrai nello spogliatoio, Giorgia mi aveva sentito arrivare e si era appena tolta l’accappatoio. Era nuda in piedi di schiena.
- Scusa Giorgia, – dissi girandomi.
Non disse niente e andò a sdraiarsi sulla brandina.
- Come stai? – Le chiesi avvicinandomi.
Era bellissima da vedere, così ignuda pancia sotto.
- Meglio, – sorrise. – Ho proprio bisogno che mi fai un massaggio normale, se esistono massaggi normali.
- Come ti senti?
- Come se un dinosauro mi avesse preso in bocca, mi avesse lavorata per un’ora, per poi sputarmi qui…
Chissà se quel «lavorata per un’ora» avesse qualche riferimento agli aspetti più erotici.
- Sono qua. – Dissi. – Sei pronta?
Presi gli oli e le salviette e la predisposi al massaggio. Stavolta era tutta mia. Suo marito si era poetato in fondo per osservare la scena da dietro. Stranamente però la sua presenza mi fece provare un senso di potere inspiegabile. Io che potevo palpare sua moglie davanti a lui… Ora sapevo che mi sarei impegnato a fare tutto quello che dovevo, senza il minimo imbarazzo.
Le presi le caviglie e le allargai le gambe quanto bastava per vederle bene ano e sesso. La fica sembrava proprio un fico…
Cominciai dai piedi e risalii velocemente prima la gamba sinistra e poi la destra, godendomi le natiche che vibravano ai miei colpi e alle mie manipolate. Quando fu il momento di passare al culo, presi anch’io una salvietta e asciugai la vulva di Giorgia. Mi sentivo una via di mezzo tra un professionista del massaggio e un approfittatore del sesso, ma quella era la parte che mi aveva affidato Renata. Il marito mi stava guardando anche quando iniziai a massaggiarle gli inguini, la fessura del culo, per poi asciugare nuovamente la vulva. Così si fa.
Massaggiai a lungo il culo, cercando di allargare le natiche con dolcezza, in modo da godermi il tatto e la vista.
Infine portai le mani al coccige, le misi di taglio e la strofinai per scaldarglielo in profondità come mi aveva insegnato Renata. Questo era in vero massaggio utile per lei. Forse era utile anche quello che feci attorno alla spina dorsale premendo le dita fino alle cervicali. Lì mi ero impegnato a fondo e l’erezione era rientrata.
Dopo un’ora, mio malgrado, dovetti smettere. Coprii il corpo ignudo di Giorgia, che sembrava riposare serena con gli occhi socchiusi e una parvenza di sorriso. Andai a lavarmi le mani e mi rivestii.
- Torna anche domani, per favore. – Mi disse Paolo prima che me ne andassi.
- Se ti fa piacere – risposi, – verrò tutte le sere.
- Ti ringrazio. Anzi, ti ringraziamo.

Ripetei il massaggio per tutte le sere, aumentando sempre più i contatti sessuali. A lei piacevano, a me piacevano, a Paolo… Non sapevo cosa pensare.
Poi una sera tornò Renata.
- Oggi ti chiederò qualcosa di più, – mi disse, mentre arrivavamo al culo e lei asciugava la vulva di Giorgia.
- Dimmi.
- Non dovrebbe esserci il marito quando si fanno queste cose, – disse in premessa. – Ma mi sembra che Paolo sia molto intelligente.
Paolo annuì e io cercai di capire cosa avrei dovuto fare.
- Sei capace di masturbarla? – Mi domandò di brutto. – Voglio dire scientificamente, con calma, dall’esterno, niente invasioni, con cognizione di causa insomma. Col cervello, non con l’uccello. Non deve necessariamente venire, ma deve sentirsi stimolata fino a desiderare l’orgasmo.
Mise la mano alla figa per mostrarmi come fare. La massaggiava con la mano destra come se fosse una spugna, con la pressione al punto giusto, facendo colare olio e umori vaginali.
- Se fai così mentre le premo il bacino, l’aiuterai molto.
Guardai il marito, che annuì nuovamente.
- Vuoi farlo tu? – Gli chiesi poco convinto.
- No, no, – rispose piano. – Andate avanti così, siete bravissimi. Io mi limito a guardare.
- Senza altro attendere, presi dolcemente ma a piena mano, la figa di Giorgia, avvolgendola bene. Sembrava ingrossata dall’eccitazione e certamente era oliata dentro e fuori. Cominciai a dedicarmi al suo sesso, godendomi quella scena quasi surreale, dove il mio compito era quello di masturbare una bellissima donna davanti agli occhi del marito soddisfatto.
- Scambiamoci di posto, – disse Renata. – Ti viene meglio con la destra.
Aveva ragione e si era accorta, la professionista…
-Tienila bene con la mano lì – aggiunse passando ai piedi, – che le scrollo le gambe.
Come la volta precedente diede una scrollatina alle gambe, come per metterle il sangue in circolazione. E come l’altra volta mi gustai le intimità di Giorgia mentre le natiche le tremolavano intorno elastiche.
Giorgia era una strafiga da far paura. Era strano come se ogni volta mi accorgessi che era più bella della volta ore cedente; forse ogni passo avanti alla sua conoscenza mi faceva scoprire dettagli che non avevo visto prima. La sua assoluta mancanza di peli, ad esempio, mi consentì di vedere la perfezione della sua pelle nelle intimità. La sua vulva, poi si ingrossava leggermente ogni volta che la “trattavamo”. Insomma le attenzioni le piacevano almeno quanto piacevano a noi che la manipolavamo.
Io mi ero abituato alla presenza di suo marito, al punto che considerai fortunati entrambi. Giorgia ad avere un marito che la lasciava godere, sia pur per riflesso condizionato, e il marito che aveva una moglie bellissima di cui ammirevolmente non era geloso. Era evidente che i due si amavano e non temevano la concorrenza altrui.
Renata tornò di fronte a me, mi spostò la mano e asciugò la vulva di Giorgia, poi mi diede una salvietta perché potessi asciugarmi anch’io.
- La carezza sul culo. – Ordinò. – Tieni il contatto.
Obbedii e portai la mano di traverso sulle natiche della signora.
Renata appoggiò solidamente le mani al bacino e al coccige di Giorgia.
- Vai a tenerla per le caviglie, – mi disse ancora. – Tieni le gambe leggermente divaricate.
Obbedii con piacere, osservando quello che sarebbe accaduto.
Renata diede il suo famoso colto di peso e Giorgia si mise in tensione quasi inarcandosi. Poi si rilassò tra le mani di Renata che già lavorava sulla schiena.
- La vulva! – Mi disse.
Andai ad asciugarla.
- Tienila in mano con dolcezza finché non ho finito. Ho detto con dolcezza. Chiaro?
- Chiaro.
La tenni così finché non finì il suoi lavoro alla schiena. La mia mano era fradicia, ma la vulva era completamente rilassata. Renata era proprio una brava professionista.
Guardai Paolo tenendo in mano la figa di sua moglie e sorrisi con un certo imbarazzo. Lui non fece una piega.

- Io ho finito, – disse Renata quando si avvicinò alla porta di casa. – Adesso può continuare Marco per qualche giorno, ma poi starà meglio di prima. Magari ci sentiamo tra un anno, OK?
Paolo la ringraziò e la pagò. Io dovevo accompagnarla a casa-
- Ti aspettiamo domani sera, – mi ricordò Paolo. – Vieni vero?
- Eh? Sì, certo…

Finii i massaggi il decimo giorno, poi mi invitarono a cena di sabato. Accettai, domandandomi se mi avrebbero ucciso o solamente storpiato.
Ma ero sereno. Non mi sentivo né in colpa né estraneo.
Arrivai a casa loro con un mazzo di garofani, i fiori che piacciono di più a me.
- Garofani rossi? – Esclamò Giorgia. – Sono i fiori che mi piacciono di più. Sono fiori maschili, mentre le rose sono femminili.
Non ci avevo pensato, ma li aveva graditi.
- Vieni, – disse prendendo i fiori per cercare un vaso. – Paolo sta preparando dei martini.
- Martini? – Esclamai. – Se è dry, è quello che preferisco di più… Lo spumante è femminile e il martini è maschile… Ostia, scusa. Non volevo fare il replicante.
- So che dici (e fai…) sempre quello che pensi… he he
Ci mettemmo a tavola e consumammo una cena a base di crostacei.
- Siete sempre così delicati a tavola? – Domandai alla fine.
- Possibilmente sì, – disse lui alzandosi a prendere dei superalcolici. – Che goccio preferisci? Va bene l’armagnac?
- Fantastico! – Dissi.
- Vieni, che ce lo beviamo in salotto. – Disse.
La moglie spreparò mentre ci gustavamo l’armagnac.
- Di solito abbiamo un aiuto, – disse Paolo. – Ma stasera, che è sabato e abbiamo un ospite col quale parlare di alcune cose riservate, abbiamo preferito fare da soli.
Mi domandai con una certa apprensione di cosa volessero parlare. Ma affrontò l’argomento solo dopo che era venuta Giorgia e si era sistemata anche lei con dell’armagnac. Indossava un vestito svolazzante di seta che invitava il vento a sollevarlo.
- Dunque – cominciò Paolo. – Ti ringraziamo dell’aiuto che ci hai dato. Renata è una risorsa. E tu sei stato una spalla abilissima.
Non sapevo cosa dire. La moglie annuiva e sorrideva sorniona, come se si ricordasse cosa le avevo fatto.
- Volevamo chiederti se hai fatto fatica o ti sei… divertito.
Ahia… – Pensai. – Ci siamo.
- Se alludi alla possibilità di massaggiare tua moglie – dissi prendendo il coraggio per le corna – devo dire di sì. Mi sento un privilegiato.
- Sei stato discreto, – continuò lui. – Nessuno ti ha sentito dire qualcosa.
- Vuoi scherzare? Mi hai mai sentito parlare di donne?
- No, ma qualche donna parla di te,
- Mi spiace…
- Non dispiacerti, parlano bene.
- Sei un gentleman, – commentò Giorgia.
- Veniamo al dunque. – Disse Paolo con un tono che non conoscevo e che non sapevo interpretare. – Cosa ti è piaciuto di più di Giorgia?
- Il portamento, l’eleganza… È leggiadra come un airone anche quando è nuda.
- Va bene – commentò sorridendo per il mio paragone. – Ma mi riferisco ai particolari. Cos’è che ti è piaciuto di più di lei?
- Il sedere! – Dissi, forse troppo in fretta.
- Questo è scontato. Non sai dire nulla di più?
- Il seno è piccolo, ma adeguato e sodo…
- E… il resto?
- Posso parlare liberamente?
- È quello che ti chiediamo.
- La… passera. – Sbottai. Tua moglie ha una vulva che salta fuori come un carico in un mazzo di briscola!
Scoppiarono a ridere.
- Le tue metafore sono incredibili! – Sorrise Paolo. – Qual era l’altra? Ah sì, «Renata è capace di rimettere in piedi un rinoceronte che si è slogato per sfuggire a John Wayne!» Ha ha!
- Mi vengono così… Scusate.
- Senti – disse seriosamente, – abbiano una proposta da farti…
- Ditemi.
- Vorremmo che ogni tanto tu venissi a massaggiare mi moglie…
- Valà?
- Ma vorrei partecipare anch’io.
- Ti credo! Sei suo marito…
- Taci e ascolta. Vorrei che io e te la massaggiassimo insieme a letto.
Lo guardai e ricambiò lo sguardo per farmi star zitto.
- Il tuo massaggio ha intrigato tutti due. – Continuò. – Se le facessimo il massaggio a letto stando nudi tutti tre, cosa faresti?
Mi domandai se era una domanda a trabocchetto.
- Beh, ti lascerei dirigere il gioco e mi adeguerei.
- E se lasciassimo te a dirigere il gioco? – Disse Giorgia, accavallando le gambe quasi provocatoriamente.
Stavolta mi sentii arrapare. L’intervento della moglie mi aveva fatto sognare.
- Posso parlare a ruota libera?
- Certo. – Disse Giorgia, mentre Paolo annuiva.
- Io… Io vorrei… Baciare la passera di Giorgia…!

Pochi minuti dopo eravamo a letto tutti tre. Nudi. Cominciammo a massaggiarla in due, anche se Paolo si defilava sempre di più. Giunto al culo cominciai a morderlo e baciarlo tenendola per la figa. Lei mugugnava di piacere e suo marito partecipava solo marginalmente.
Ad un certo punto la girai pancia in su e cominciai a baciarle la figa. Lei raccolse le ginocchia e le allargò per farmi spazio. Cominciò ad accarezzarmi come per dirigere il mio gioco. Non mi accorsi della presenza di Paolo, che forse si era messo a guardare «attivamente».
Poi però lui venne a baciarla sulle labbra mentre io lavoravo di lingua. Impiegai poco. Quando venne urlava come se le stessi spaccando la vulva. Poi mi fermò con una carezza.
Restammo fermi così per un po’, ma suo marito continuava a baciarla sulla bocca. Allora ne approfittai e mi avvicinai per penetrarla. Lei si dischiuse e facilitò il mio compito. Baciava lui e si faceva montare da me. Vista la scena familiare, cercai di essere delicato, in modo che la mia penetrazione si raccordasse con il loro bacio.
Poi però si girò pancia sotto, mise suo marito in modo da poterglielo prendere in bocca e sollevò un po’ il bacino per farsi penetrare così da me. Scivolai dentro con tutto il mio cazzo, che francamente sembrava il doppio di quello di Paolo. E più lungo: quando arrivavo in fondo lei sobbalzava di piacere. E queste botte si ripercuotevano all’uccello del marito che stava lavorandosi con la bocca. Allora la presi per il copino e le mossi la testa per farle sbocchinare il cazzo al ritmo giusto, il mio.
A quel punto andammo avanti fino a venire tutti due.
Fu un’esperienza bellissima. Riposammo un po’, quindi capii che dovevo andarmene. Mi rivestii e me ne andai, soddisfatto.

Meno di un mese dopo, Paolo volle incontrarmi.
- Verresti ancora a casa nostra per una cena di piacere? – Mi disse alla fine.
- Come l’altra volta?
- Sì, però con più libertà per te.
- Cioè?
- Puoi dirigere tu il gioco?
Era quello che avevo fatto quella sera, ma il messaggio era chiaro: avrei potuto saltare i preliminari del massaggio.
- A voi sta bene?
- Dall’ultima volta abbiamo ripreso a scopare come se ci fossimo appena messi insieme. E questo grazie a te.

Da allora, quando ne hanno voglia mi chiamano. Siamo d’accordo che io non lo chiederò mai. L’iniziativa sarà sempre loro, poi a letto l’iniziativa la prendo io.
Sono un oggetto nelle loro mani, è vero, ma sono felice di esserlo.

Fine.
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